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Notizie Est #301 - Serbia/Montenegro
- Subject: Notizie Est #301 - Serbia/Montenegro
- From: "Est" <est at ecn.org>
- Date: Wed, 9 Feb 2000 19:32:52 +0100
- Posted-date: Wed, 9 Feb 2000 19:45:42 +0100
- Priority: normal
"I Balcani" - http://www.ecn.org/est/balcani ======================================== NOTIZIE EST #301 - SERBIA/MONTENEGRO 9 febbraio 2000 ======================================== IL MONTENEGRO VERSO IL CAOS? a cura di Andrea Ferrario - (fonti varie) ["Notizie Est" riprende le pubblicazioni, dopo una pausa forzata di tre settimane, con questo lungo panorama sugli ultimi sviluppi in Montenegro, riportati in un ordine più o meno cronologico - a.f.] L'agenzia AIM ha pubblicato il 17 gennaio scorso un lungo articolo sul Montenegro ("Ko je zaboravio Milosevica?" di Esad Kocan), che riassumiamo qui di seguito. Il presidente jugoslavo Milosevic ha concesso a fine anno una lunga intervista a "Politika", nella quale, tra le molte altre cose, ha dichiarato: "Per il Montenegro la migliore soluzione e' quella che conviene al popolo montenegrino. Se il popolo montenegrino ritiene che la vita al di fuori della Jugoslavia sara' migliore, ha il diritto di scegliere tale vita. E viceversa", aggiungendo inoltre: "La vita in comune e' bella e facile per coloro che desiderano vivere insieme, ma e' difficile e brutta per coloro che sono costretti a vivere insieme. Quando si sta insieme per costrizione, la vita non solo non e' ne' facile ne' bella, ma non ha nemmeno alcuna prospettiva". Non e' la prima volta che Milosevic rilascia dichiarazioni di questo tono, ma in questa occasione lo ha fatto in maniera piu' diretta e piu' provocativa del solito. Le sue dichiarazioni sono state seguite tuttavia da quelle di Vojislav Seselj, leader dell'estrema destra radicale e vicepremier serbo, il quale ha affermato che il presidente jugoslavo "ha espresso solo la sua opinione personale e la separazione del Montenegro non puo' essere presa in considerazione", aggiungendo che "con il Montenegro bisognera' parlare la lingua delle armi" se cerchera' di diventare indipendente. A Podgorica, paradossalmente, le dichiarazioni di Milosevic sono state riportate dal quotidiano "Pobjeda", controllato da Djukanovic, e censurate invece dal quotidiano "Dan", controllato dal primo ministro federale e alleato di Milosevic, Momir Bulatovic, che ha pubblicato l'intervista omettendone i passi sul Montenegro. Tuttavia, lo stesso Momir Bulatovic, ha reso pubblicamente dichiarazioni analoghe a quelle di Milosevic a fine gennaio, affermando che "il Montenegro ha il diritto costituzionale di confermare la volonta' del popolo con un referendum e di avviarsi verso l'indipendenza statale" ("Danas", 26 gennaio 2000). Tra le reazioni registrate a Podgorica riguardo alle dichiarazioni di Milosevic, il giornalista Kocan registra quella di Miodrag Vukovic, consigliere del presidente Djukanovic: "E' possibile che ci troviamo di fronte al proseguimento di una manipolazione che dura ormai da dieci anni e che vede Milosevic dire qualcosa e pensare invece qualcos'altro e quello che pensa lo realizzano poi i suoi Seselj". Il presidente dell'Unione Liberale (all'opposizione rispetto a Djukanovic e al governo Vujanovic), Miroslav Vickovic, ha da parte sua affermato: "Sembra che la dichiarazione di Milosevic metta Djukanovic e i suoi in una posizione di scacco matto. La responsabilita' per non avere organizzato il referendum sullo status del Montenegro viene cosi' scaricata interamente sulle loro spalle e su quelle del principale mentore occidentale di Djukanovic, il cui attuale interesse politico e' quello della conservazione della federazione jugoslava e della sua rivitalizzazione per mezzo di Djukanovic e della 'variegata' opposizione serba". Secondo il giornalista Kocan quella di Milosevic sarebbe una manovra diversiva, volta a togliere terreno a Djukanovic, che "da due anni riesce a tenere insieme dietro di se' il Montenegro grazie alla paura della 'coppia presidenziale' " [Milosevic e sua moglie Mirijana Markovic]. Le dichiarazioni di Milosevic sono state commentate con ansia anche da esponenti dell'opposizione serba, come Mladjan Dinkic, dei G-17, e Ivan Kovacevic, della SPO, preoccupati soprattutto che il regime montenegrino sappia attendere ed essere prudente, nell'attesa che la situazione politica a Belgrado cambi e, aggiunge ironicamente Kocan, la questione montenegrina possa cosi' essere definitivamente liquidata. Il 12 gennaio e' stato pubblicato, sempre dall'agenzia AIM, un articolo sui piu' recenti sviluppi riguardanti l'introduzione del marco come valuta parallela in Montenegro ("Dinar na izdisaju" di Goran Vujovic), di cui riportiamo qui di seguito le parti essenziali. Nei primi giorni del nuovo anno Dimitrije Vesovic, alto esponente della finanza pubblica di Podgorica, aveva affermato che entro la fine di gennaio il dinaro sarebbe stato messo completamente fuori dalla circolazione in Montenegro: "non ci sono scelte", queste le sue parole, "bisogna trovare una nuova valuta, oppure stampare buoni al posto dei dinari". Siamo gia' nella seconda settimana di febbraio e cio' non e' avvenuto. In realta', osserva il giornalista Vujovic, l'introduzione del marco come valuta parallela ha causato grossi problemi e ha spinto in una direzione in cui e' necessario prendere delle decisioni piu' che difficili per il governo di Podgorica. Scrive Vujovic: "L'autorita' monetaria della Banca Nazionale Jugoslava (NBJ) [...] dovra' essere sostituita da un'altra forma di autorita'. La Banca centrale del Montenegro e' stata chiusa nel 1992, in un clima di euforia e di valutazioni errate dei motivi della catastrofe economica nella quale era caduto il Montenegro, ed e' stata trasformata da istituzione 'indipendente' in filiale della NBJ". Il governo di Podgorica starebbe preparando un programma per la creazione di una Banca centrale, una soluzione non condivisa da tutti e che ha come propria principale alternativa la creazione di un Consiglio valutario, come quello gia' esistente in Bulgaria, per esempio (sotto il controllo del FMI). Ma dalla fine dell'anno scorso la soluzione del Consiglio valutario sembra avere perso terreno, anche se recentemente un funzionario del FMI ha insistito per la sua applicazione. Tra gli altri motivi che spingono alla creazione di una banca centrale, secondo quanto scrive Vujovic, vi e' il fatto che "con l''uscita di scena' del dinaro e l'interruzione da parte della Serbia del pagamento dei conti con il Montenegro, la capacita' delle banche commerciali di sopravvivere e di proseguire in qualche modo le proprie attivita' senza il sostegno di un'istituzione flessibile, come una banca centrale, sono ridotte a zero". Secondo le opinioni raccolte dal giornalista montenegrino, l'eliminazione del dinaro costringerebbe il governo a provvedere a un meccanismo monetario centrale e a leggi sul sistema bancario. Se verra' fatto, "verranno a galla i problemi del sistema bancario, che nei fatti e' inesistente, nonche' il triangolo di conti non saldati tra stato, banche e imprese". Oltre a questo "rischio", va tenuto presente anche il fatto che l'economia montenegrina non e' piu' in grado di produrre e di funzionare [per maggiori dettagli, si veda piu' sotto]. L'assenza di un'economia reale e di cosiddette fonti reali di spesa, scrive Vujovic, ha tradizionalmente portato a un connubio tra banche e potere politico mirato a coprire le enormi spese per il mantenimento del sistema esistente e per il salvataggio dei maggiori centri di sperpero - le cosiddette industrie strategiche - semplicemente stampando denaro". Inoltre, continua Vujovic, "togliendo il dinaro dalla circolazione, il governo montenegrino perde progressivamente anche una comoda giustificazione per il bilancio catastrofico di questi anni di transizione. Ora che tutti sanno cosa 'cova sotto la cenere', le pressioni di Belgrado e del dinaro jugoslavo svalutato sembrano essere materiali di propaganda politica di cui non si puo' fare a meno. [...] Alla fine dell'anno scorso, Steve Henke, il consigliere economico del presidente Djukanovic [...] ha dichiarato che i preparativi per il passaggio a un nuovo sistema monetario sono terminati e che ora si tratta semplicemente di decisione politiche. [...] Sembra tuttavia che nelll'imminenza di elezioni locali e federali in Montenegro attualmente non ci sia nessuno in grado di prendere decisioni chiare e inequivocabili anche solo in merito al sistema monetario". Il 14 gennaio, il quotidiano on-line "Albanian Daily News" ha diffuso la notizia secondo cui il ministro dell'ordine pubblico albanese, Spartak Poci, aveva visitato il giorno precedente due campi profughi, quello di Rrushkull, a 37 chilometri da Tirana e in grado di ospitare 5.000 persone, e quello di Katund i Ri, a 34 chilometri da Tirana. "Dobbiamo prenderci cura di questi campi, perche' potrebbero servire come centri per accogliere profughi dal Montenegro, nell'eventuale scenario peggiore dello scoppio di un conflitto tra tale repubblica e la Serbia", ha dichiarato Poci durante la visita. Uno dei maggiori quotidiani albanesi, "Koha Jone", ha subito ripreso la notizia con grande evidenza in prima pagina, mentre un altro importante quotidiano, "Gazeta Shqiptare", citava le parole di un funzionario della compagnia di trasporto Alaska Cargo Company, che aveva appena trasportato a Durazzo 6.500 tonnellate di farina donate dagli Stati Uniti all'Albania "per i profughi", secondo cui tale primo contingente e' solo una piccola parte degli aiuti che verranno congelati in attesa della crisi dei profughi. La societa' di trasporto ha un contratto con il Dipartimento di Stato per il trasporto in Albania di 40.000 tonnellate di grano e 10.000 tonnellate di farina, riso e olio, ha affermato il funzionario. Della distribuzione degli aiuti dovrebbe essere incaricata la ONG Mercy International. "Gazeta Shqiptare", citando fonti anonime, ha affermato inoltre che le due repubbliche jugoslave potrebbero "entrare in conflitto tra la fine di febbraio e l'inizio di marzo". Sempre il 14 gennaio, a Podgorica si sono svolte pacificamente le celebrazioni per il capodanno serbo, per le quali molti avevano previsto lo scoppio di gravi incidenti. Al termine delle celebrazioni, il premier jugoslavo Bulatovic, oppositore di Djukanovic, ha dichiarato in una conferenza stampa: "Grazie alla mia alta posizione, sono venuto a sapere che si sta preparando un complotto internazionale per la preparazione di campi destinati alla deportazione di montenegrini in Albania" ("Monitor" [Podgorica], 21 gennaio 2000). Il 21 gennaio, infine, "Albanian Daily News" riportava la smentita del premier Ilir Meta che l'Albania si stia preparando a ricevere un'ondata di profughi dal Montenegro. La notizia e' stata il primo della lunga serie di "allarmi" relativi all'imminente scoppio di un conflitto tra Serbia e Montenegro. Trasmessa prima da un tam-tam di operatori umanitari, e' stata infine raccolta con svariati giorni di ritardo da "Der Spiegel" e, piano piano, da vari altri media europei. Negli USA, gli organi di stampa e i politici hanno cominciato a parlare di un ipotetico imminente conflitto solo nei primi giorni di febbraio. Appena dopo il capodanno ortodosso e' scoppiata una crisi all'interno del governo montenegrino, la cui scintilla e' stata il divieto alla chiesa ortodossa autocefala montenegrina, da parte delle autorita' governative, di celebrare pubblicamente la festivita' nel centro di Podgorica, mentre alla chiesa ortodossa serba (il cui metropolita Amfilohije e' in ottimi rapporti con il criminale Arkan [si veda piu' sotto] e gode dei favori del partito di Djukanovic) e' stato invece consentito. Uno dei partner di coalizione del DPS di Djukanovic, lo SDP (Partito Socialdemocratico), una delle forze piu' favorevoli all'indipendenza, ha minacciato di uscire dall'esecutivo per protesta. Inoltre, nello stesso periodo il ministro degli esteri Branko Perovic ha dovuto dare le dimissioni a causa delle inchieste sulle sue collusioni con la mafia aperte dalla magistratura italiana. La crisi e' stata parzialmente risolta a fine gennaio con un rimpasto di governo, i cui esiti danno un'idea delle lotte, ancora lungi dal risolversi, ai vertici del regime montenegrino, come rileva il settimanale di Podgorica "Monitor" nell'articolo di Zoran Radulovic pubblicato il 4 febbraio 2000. Sono in particolare due gli avvicendamenti ai vertici dei ministeri che danno la misura di tale situazione irrisolta: il ministro degli esteri Perovic e' stato sostituito da Branko Lukovac, che dopo la disgregazione della Jugoslavia socialista si era dimesso in segno di protesta contro le tendenze revansciste di Belgrado, mentre a ministro per la religione (una carica delicata, vista la spaccatura tra chiesa serba e montenegrina che si riflette anche ai vertici di Podgorica) e' stato nominato un ultranazionalista della prima ora, Budimir Dubak, noto per la sua partecipazione, in passato, a importanti manifestazioni a sostegno delle politiche di Milosevic. Ecco cosa scrive "Monitor" in merito al rimpasto: "La nomina di Dubak a ministro per la religione porta a chiedersi chi decide la composizione del governo, il premier Vujanovic, o il metropolita della chiesa ortodossa serba Amfilohije [di cui Dubak e' un sostenitore]? Il fatto che si sia atteso svariati giorni al fine di ottenere la benedizione del metropolita, senza il quale Dubak non voleva accettare la carica di ministro, nonche' l'incapacita' del premier di trovare, nell'attuale situazione di conflitto all'interno della coalizione (e all'interno del suo partito, il DPS), un'altra soluzione - hanno dimostrato la significativa limitazione dello spazio di manovra di cui dispone l'esecutivo montenegrino. E' risultato chiaro, quindi, che programmare i cambiamenti e' molto piu' facile che realizzarli. E questo e' dovuto soprattutto alla lotta silenziosa che e' in corso all'interno del DPS per il controllo del partito e delle istituzioni statali. I centri di potere del partito che fanno riferimento a Djukanovic e Marovic non sono riusciti nel corso della riunione del loro direttivo, tenutasi il giorno prima del rimpasto e durata ben sei ore, a concordare i punti di vista sui "cambiamenti radicali" promessi. Dei cambiamenti significativi comporterebbero anche sconvolgimenti all'interno del partito e la perdita di un monopolio costruito pazientemente per anni. Per questo all'improvviso si e' spento ogni desiderio di svolte effettive. La lotta che ora e' cominciata continuera' anche dopo il rimpasto e ne risentiranno, a giudicare da tutto, soprattutto i popolari [il Partito Popolare forma con il DPS e lo SPD la coalizione di governo], che hanno sopravvalutato le loro forze [...] o si sono eccessivamente avvicinati a una delle ali del DPS". Negli stessi giorni in cui a Podgorica si apriva la crisi di governo, dopo le temute celebrazioni del capodanno ortodosso, e in cui in Albania si diffondevano le voci sull'imminente scoppio di un conflitto aperto tra Serbia e Montenegro, a Belgrado, il 15 gennaio, veniva ucciso Arkan. Molte fonti hanno sottolineato i buoni rapporti che Arkan intratteneva in passato con il regime di Djukanovic/Bulatovic e come ultimamente egli sembrasse avere optato per il primo, anche se i legami del noto criminale con il regime serbo sono stati senz'altro molto piu' intensi e costanti. Il fatto e' che spesso si dimentica come Djukanovic sia stato fino al 1997, insieme a Momir Bulatovic, uno dei piu' ligi sostenitori delle politiche scioviniste e militariste di Milosevic. Il giornalista Milka Tadic, in un articolo pubblicato da "IWPR Report" il 18 gennaio 2000, ricorda come all'inizio degli anni '90 Arkan fosse intervenuto in Montenegro per proteggere da manifestazioni antimilitariste il metropolita della chiesa ortodossa serba Amfilohije, sostenuto ancor oggi dal partito di Djukanovic. Il giornalista dell'agenzia AIM, Branko Vojicic, ripercorre altri momenti dei favori di cui Arkan ha goduto, in passato e recentemente, in Montenegro. Innanzitutto, quando nel 1997 vi sono state le cruciali elezioni presidenziali che hanno visto Djukanovic opporsi al candidato Bulatovic, il partito di Arkan aveva dato pubblicamente il suo sostegno al primo. Negli ultimi due anni, il comandante delle "Tigri" ha continuato a sostenere Djukanovic, arrivando addirittura a paragonarlo all'eroe e poeta nazionale Njegos. Vojicic riporta alcuni esempi di come il giornale montenegrino "Pobjeda", sempre strettamente controllato dal governo, scrivesse in passato di Arkan. Nel settembre del 1991, "Pobjeda" scriveva che la sua Guardia era formata da serbi non schierati politicamente provenienti dal Montenegro e dalla Serbia e che il loro scopo era quello di "difendere la serbita', il culto di San Sava, la famiglia e l'unione tra i serbi". Il 9 dicembre 1992 "Pobjeda" pubblicava un'intervista ad Arkan, nel quale quest'ultimo affermava: "Salutatemi i valorosi fratelli montenegrini e dite loro che Dubrovnik [assediata allora da unita' montenegrine - N.d.T.] deve essere nostra o di dio. Questa estate verro' a Dubrovnik ad ascoltare il suono della 'gusla'. E poi con i miei soldati ci riprenderemo Scutari". Infine, il giornalista della AIM formula qualche commento: "Il Montenegro si e' impegnato a collaborare con il Tribunale dell'Aja, e quindi a consegnargli coloro che sono accusati. Tuttavia, nel corso degli ultimi due anni Arkan ha soggiornato svariate volte in questa repubblica. L'ultima volta che si e' recato a Podgorica e' stato all'inizio di dicembre dell'anno scorso [per una partita della sua squadra "Obilic"]. Ha passeggiato tranquillamente per le vie di Podgorica ed e' stato ospite del noto hotel "Crna Gora", il luogo di ritrovo preferito dell'e'lite di governo montenegrina [...]. E' possibile che il motivo fondamentale dell'uccisione di Arkan siano stati i suoi contatti segreti con la giustizia belga e indirettamente con il Tribunale dell'Aja. Ma e' altrettanto possibile che anche la sua vicinanza al vertice statale montenegrino nel corso degli ultimi due anni e mezzo (dalla divisione al vertice del DPS) sia stata una delle gocce che hanno fatto traboccare il vaso. [...] Secondo fonti informate, inoltre, Arkan era l'uomo attraverso il quale la polizia montenegrina riusciva ad avere una "radiografia" delle possibili azioni di Belgrado. [...] L'uccisione di Arkan potrebbe essere a suo modo un avvertimento: il regolamento finale dei conti e' cominciato con tutti. E con ogni mezzo" (AIM Podgorica, 18 gennaio 2000). A fine gennaio la corte costituzionale federale jugoslava ha dichiarato illegale l'amnistia concessa in Montenegro a tutti i coscritti che si erano rifiutati di combattere in Kosovo nell'esercito jugoslavo. L'amnistia era stata votata l'anno scorso dal parlamento montenegrino e riguardava tutti coloro che si erano rifiutati di rispondere alla chiamata alle armi, o avevano disertato dall'esercito, nel periodo dal 1 giugno 1998 al 31 giugno 1999. In realta', da un punto di vista costituzionale, la legge e' difficilmente applicabile e stando alla lettera della costituzione l'esercito federale avrebbe sempre potuto arrestare i renitenti e i disertori, cosa che non ha fatto fino alla fine di gennaio quando, in coincidenza con la sentenza della corte costituzionale, la polizia militare federale ha cominciato perquisizioni e battute in varie zone del Montenegro per cercare le persone da arrestare. In molti casi sono stati denunciati maltrattamenti. Si tratta di uno sviluppo che preoccupa direttamente un gran numero di famiglie montenegrine, perche' secondo le statistiche sono circa 15.000 i montenegrini renitenti o disertori coperti dall'amnistia (AIM Podgorica, 29 gennaio 2000). Il 21 gennaio la Reuters ha pubblicato un servizio da Londra del suo "diplomatic editor", Paul Taylor, che di norma scrive i pezzi politicamente piu' rilevanti. Nel servizio Taylor riferisce che un "alto diplomatico NATO" ha dichiarato che "il Montenegro non deve attendersi che gli Stati Uniti o la NATO interverranno per salvarlo se dichiarera' l'indipendenza dalla Jugoslavia, scatenando un confronto con la Serbia". Il diplomatico, prosegue Taylor, ha affermato che "l'Occidente reagirebbe piu' probabilmente limitandosi a rafforzare le sanzioni economiche contro la Serbia, nel caso in cui Milosevic dovesse lanciare un attacco contro la repubblica". Secondo il giornalista della Reuters, "Djukanovic si trova ad affrontare pressioni interne sempre piu' forti per indire un referendum sull'indipendenza". Il diplomatico NATO anonimo citato dalla Reuters ha proseguito dicendo che "il dilemma che stiamo affrontando e' quello di come agire per prevenire una prova di forza [...] [Djukanovic] dovra' stare molto attento a non provocare una prova di forza, perche' non potra' contare su un salvataggio da parte degli USA o dei suoi alleati". Taylor nota che si e' trattato del secondo avvertimento di tale tono nel corso della settimana, il primo essendo stato quello dell'alto inviato occidentale in Bosnia, Wolfgang Petritsch, secondo il quale ogni mossa verso l'indipendenza scatenerebbe una guerra. Il diplomatico NATO citato da Taylor, tuttavia, conclude affermando di non vedere nuvole di tempesta a breve termine in Montenegro, perche' entrambe le parti sono consce dei rischi (Reuters, 21 gennaio 2000). Successivamente, le dichiarazioni riguardo ai possibili scenari di un precipitare della situazione in Montenegro non si sono piu' contate. Da quella di un altro funzionario anonimo della NATO, citato dall'agenzia SENSE, secondo cui l'Alleanza "segue la situazione e non si fara' cogliere impreparata", alle raccomandazioni fatte da Gran Bretagna e USA, rispettivamente al presidente Djukanovic e al premier Vujanovic, affinche' non facciano in questo momento mosse verso l'indipendenza, alla dichiarazione del capo della CIA Tenet, secondo cui un confronto tra Milosevic e Djukanovic e' quasi inevitabile - "sia Milosevic che Djukanovic cercheranno di evitare un confronto serio, per ora, ma sara' difficile evitare una prova di forza finale, che ritengo avverra' in primavera" (AFP, 3 febbraio 2000). Il quotidiano di Belgrado "Danas" e il settimanale montenegrino "Monitor" hanno affrontato in due loro articoli pubblicati tra fine gennaio e i primi di febbraio la gravissima situazione economica e sociale in cui versa il Montenegro. Lo stesso "Danas" aveva pubblicato un breve, ma efficace articolo nello scorso dicembre, che rimane completamente attuale: "La recente introduzione del marco tedesco come valuta parallela ha provocato dei veri e propri sconvolgimenti tettonici nel livello di vita dei cittadini. I prezzi sono drasticamente saliti, il marco ha messo a nudo la miseria sociale che il governo ha cercato di nascondere con promesse demagogiche, e' cominciata una serie di scioperi dei lavoratori dei quali ormai si era persa memoria, centinaia di autocarri con merce provenienti dalla Serbia vengono trattenuti per giorni dalla polizia serba al confine serbo-montenegrino [la settimana scorsa e' scattato un ulteriore inasprimento del blocco delle merci verso il Montenegro da parte della Serbia, trasformatosi quasi in un embargo], mentre l'opposizione approfitta della situazione per prendere nuovo slancio contro il governo e chiedere elezioni e un referendum sullo status statale-giuridico del Montenegro... Perfino l'Unione dei Sindacati Indipendenti del Montenegro, del quale si afferma che e' una cinghia di trasmissione del governo, ha dichiarato che sara' costretta a indire uno sciopero generale se non verra' arrestato il rapido immiserimento dei lavoratori. Il sindacato ha esplicitamente accusato il governo di avere contribuito alla miseria che ha colpito la popolazione. Dopo l'introduzione del sistema a doppia valuta, tutti i commercianti hanno aumentato i prezzi, e in questo sono stati aiutati dal governo, che ha aumentato il prezzo della benzina, dell'energia elettrica e dei servizi postali, afferma il sindacato. Ironia ancora piu' grande, al sindacato ora ritengono che lo stipendio minimo in Montenegro dovrebbe essere di 82 marchi, una cifra mensile che per la famiglia media di quattro persone e' appena sufficiente a comprare giornalmente due pagnotte e due litri di latte! Il sindacato non spiega chi mai si adatterebbe a vivere in una tale miseria. [Ma] a dare una risposta a questa spiacevole domanda dovrebbe essere in realta' il governo, per il quale ormai il marco tedesco e' diventato l'opposizione piu' forte. E forse anche un pericolo ancora piu' grande delle milizie e della parapolizia delle quali ha parlato il generale Perisic" ("Danas", 1 dicembre 1999). La situazione nel frattempo non e' certo migliorata. Lo stesso "Danas" scrive il 22-23 gennaio 2000 che "il cosiddetto 'paniere' comprendente i 43 generi di prima necessita' indispensabili per la sopravvivenza di una famiglia media di quattro persone, in ottobre aveva un costo pari a 3,25 stipendi medi, mentre a meta' dicembre per lo stesso paniere ci volevano 3,66 stipendi medi, vale a dire 550 marchi. Se a questo paniere di spesa si aggiungono le voci recentemente rincarate, come quelle relative all'affitto, ai servizi comunali- igienici, all'energia elettrica e al riscaldamento, nonche' per il telefono, per i fabbisogni culturali e scolastici fondamentali, per il trasporto, l'abbigliamento e simili, il prezzo del 'paniere di spesa' arriva a piu' di 800 marchi tedeschi! [...] Riuscira' in una tale situazione il Montenegro a introdurre una nuova, propria valuta che, secondo le visioni di alcuni esperti finanziari, costituirebbe l'unica vera soluzione? Non lo si sa, ma e' sicuro che affinche' sia possibile e' necessario un "piccolo" presupposto - un'economia robusta. Il Montenegro in questo momento si trova nella disperazione generale. Per questo, sia con il dinaro che senza di esso, sia con la banca centrale che con il consiglio valutario, ogni ottimismo [come quello espresso da Djukanovic] e' del tutto irrealistico". Il settimanale "Monitor" del 4 febbraio 2000 scrive che "la produzione industriale [del Montenegro] arriva appena al 40% del livello del 1989. In molti settori dell'industria i livelli sono di gran lunga inferiori, addirittura meno del 10%. [Inoltre], secondo dati dell'Unione dei Sindacati, il numero dei posti di lavoro negli ultimi dieci anni e' diminuito del 30% e la disoccupazione, rispetto al numero complessivo degli occupati, e' arrivata a quasi il 60%. Il livello di occupazione effettivo, in realta', e' decisamente inferiore, come conferma tra le altre cose il dato secondo cui circa 20.000 lavoratori (formalmente occupati) sono in ferie forzate. [...] Se si tiene conto del fatto che il governo nella sua politica economica non prende nemmeno in considerazione la creazione di nuovi posti di lavoro e che non ci sono mezzi per la riqualificazione ad altri settori di lavoro, si puo' essere sicuri che il problema della disoccupazione effettiva continuera' a essere una delle caratteristiche chiave del panorama sociale montenegrino". Chiudiamo questo panorama sul Montenegro con alcuni brani del commento di Esad Kocan, pubblicato dal settimanale "Monitor" nel suo ultimo numero: "[...] In una cosa i vertici montenegrini sono assolutamente coerenti: dal loro arrivo al potere hanno sempre trattato il Montenegro come parte di un contesto estraneo. Durante i lunghi anni di guerra, lo hanno trattato come ala portante dell'epopea milosevicana e, dopo la sconfitta, come strumento ausiliario per scalzarne il potere. Cosi' come Milosevic a suo tempo ha allegramente sfruttato i servizi dei 'condottieri' montenegrini, oggi questa funzione servizievole viene favorita dai potenti circoli dell'Occidente. Quasi nessuno di coloro che giungono nel nostro paese, quando si comincia a parlare dei destini del Montenegro, si astiene dal porre la domanda fatale: e cosa succedera' con Milosevic, cosa succedera' con l'opposizione serba? Di fronte ai divani cosi' comodi sui quali si svolgono queste conversazioni, di fronte agli obiettivi cosi' altisonanti che vengono formulati, uno si sente un po' imbarazzato a porre la domanda del tutto terrena: e, mi si perdoni, cosa succedera' a me? Ma non tutte le speranze sono perdute. Il governo montenegrino, a testimonianza della sua completa disponibilita' a essere parte della schiera di vassalli ribelli dell'ex impero di Milosevic, ha proposto una Piattaforma per la ridefinizione dei rapporti all'interno della federazione jugoslava. E qui [...] regna la confusione piu' completa. L'opposizione a Belgrado continua incessantemente a ripetere che il Montenegro deve essere paziente - bisogna solo aspettare che, unendo le forze, si arrivi alla caduta di Milosevic, e si vedra' brillare il sole per tutti. Riguardo alla Piattaforma, invece, tace. Questo piccolo particolare e' stata fatto rilevare questa settimana dal vicepresidente del governo e presidente del Partito Popolare, Novak Kilibarda. 'Evitare di affrontare la Piattaforma, o nominarla solo distrattamente, ha la conseguenza di generare dubbi sul fatto che le forze democratiche serbe, dopo la rimozione del regime di Slobodan Milosevic, faranno piazza pulita del pericolo unitarista che minaccia il Montenegro da parte serba'. [...] [Non ha mancato di fare sentire la propria voce] nemmeno il Partito Popolare Socialista (SNP, il partito di Momir Bulatovic), meta' dell'anima del quale si e' fatta sentire a Belgrado, nella Camera delle Nazioni, promettendo che la federazione jugoslava verra' difesa e protetta e che il Montenegro non sara' mai... schipetaro. L'altra meta' dell'anima del SNP sta in agguato per afferrare il momento piu' adatto per saltare giu' dall'ala di Milosevic e accodarsi al piu' vasto movimento di riforma: per la federazione jugoslava, per la pace nazionale e, se necessario, per una Piattaforma leggermente addomesticata. La cosa piu' importante e' che il DPS attraverso tutte le bufere e le tempeste e' riuscito a conservare lo status di partito della moderazione e del compromesso. Lo stesso era avvenuto durante gli anni della produzione organizzata di caos. Da una parte c'erano gli 'estremisti', che combattevano contro i crimini di guerra, dall'altra i piu' aperti esecutori di tali crimini di guerra. In mezzo a loro, come esempio supremo di moderazione, svettava il DPS, sordo alle sofferenze altrui, ai destini della gente, a tutto quello che non era la conservazione del proprio potere. Ora sono arrivati i tempi dell'oblio organizzato. [...] La Piattaforma del governo montenegrino non e' nient'altro che un riparo dalle tempeste, mirata a una sicura e durevole conservazione del potere. [...] ("Monitor", 4 febbraio 2000). __________________________________________________________ "Notizie Est" e' una mailing list di notizie sui Balcani e l'Europa Orientale, pubblicata dal sito web "I Balcani" e archiviata su web all'indirizzo: http://www.ecn.org/est/balcani Se desiderate abbonarvi (gratuitamente) o essere rimossi da questa lista e' sufficiente che lo comunichiate a: est at ecn.org
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