Notizie Est #282 - Kosovo



"I Balcani" - http://www.ecn.org/est/balcani

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NOTIZIE EST #282 - KOSOVO
25 novembre 1999
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DOSSIER: LE SPECULAZIONI SULLE VITTIME IN KOSOVO 
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[In questa prima parte riportiamo i fatti 
essenziali, mentre nella seconda parte 
compariranno i relativi approfondimenti. In 
calce al messaggio potete trovare i link alla 
documentazione di riferimento]

Il 23 settembre scorso, uno dei maggiori 
quotidiani spagnoli, "El Pais", ha pubblicato un 
articolo che, come pochi altri relativi al 
Kosovo, ha avuto un'enorme fortuna editoriale in 
tutto il mondo. Il pezzo riporta alcune 
dichiarazioni di un perito e di un ufficiale 
della polizia spagnoli (rispettivamente Emilio 
Perez Pujol e Juan Lopez Palafox) che hanno 
lavorato in una zona limitata del Kosovo alla 
ricerca di resti di kosovari massacrati durante 
le operazioni compiute dalle forze serbe tra 
fine marzo e i primi di giugno. Pujol e Palafox 
facevano parte di un team appositamente nominato 
dal governo spagnolo. I governi di vari paesi 
della NATO presenti in Kosovo (piu' Svizzera e 
Finlandia), hanno infatti ricevuto dal Tribunale 
Internazionale per la Ex Jugoslavia il mandato 
di formare loro gruppi di esperti, incaricati di 
cercare fosse comuni nelle rispettive zone del 
Kosovo. I dati effettivi che il pezzo fornisce 
sono pochissimi: il team spagnolo ha esaminato 
la limitata area di Istok (6% circa della 
superficie del Kosovo), controllata dal 
contingente di Madrid, e hanno "trovato e 
analizzato 187 cadaveri in 9 villaggi, sepolti 
in tombe singole". Stando alle parole di Pujol, 
essi erano orientati "per la maggior parte verso 
la Mecca". Questi sono gli unici fatti che 
riferisce l'articolo, se si eccettua l'ultimo 
breve paragrafo, che riguarda non la ricerca di 
fosse comuni, ma gli albanesi uccisi da bombe 
NATO e polizia serba presso la prigione di 
Istok. I due spagnoli non forniscono nessun 
altro particolare: chi erano le vittime (uomini, 
donne, bambini o anziani), come sono state 
uccise e dove esattamente sono state ritrovate. 
Si tratta di una lacuna subito evidente, se si 
confronta la testimonianza personale di Pujol e 
Palafox (i due infatti non parlano ufficialmente 
a nome del team spagnolo), raccolta da "El 
Pais", con le decine di altri articoli, 
dichiarazioni e rapporti ufficiali pubblicati da 
luglio fino all'articolo del quotidiano 
spagnolo, che descrivono nei dettagli i 
particolari relativi ai cadaveri ritrovati fino 
ad allora in altre fosse comuni (si vedano i 
link piu' sotto che rimandano alla 
documentazione relativa al presente dossier). Il 
resto dello scarno articolo sono congetture dei 
due, accompagnate da due dati privi di ogni 
riscontro. Pujol afferma, sempre a titolo 
personale e non ufficiale: "Ci hanno detto che 
stavamo andando nella zona peggiore del Kosovo. 
Che ci saremmo dovuti preparare a piu' di 2000 
autopsie. Che avremmo dovuto lavorare fino alla 
fine di novembre. Il risultato e' molto diverso. 
Abbiamo trovato solo 187 cadaveri e ora stiamo 
per tornarcene". Pujol si guarda bene dal dire 
CHI gli ha detto che si doveva preparare a piu' 
di 2000 autopsie, rendendo cosi' impossibile 
ogni eventuale smentita o verifica. E' chiaro 
che chiunque, soprattutto se, come Pujol, parla 
in veste non ufficiale, potrebbe inventarsi di 
sana pianta un "mi e' stato detto questo, e 
invece ho riscontrato quello", senza citare 
fonti e suggerendo cosi' dubbi sulle stime delle 
vittime. Questo dato privo di qualsiasi 
riscontro e' seguito da alcune dichiarazioni del 
perito e del poliziotto il cui obiettivo e' 
evidente: "i serbi non sono cosi' cattivi come 
sono stati dipinti", "nella ex Jugoslavia sono 
stati commessi dei crimini, [...] ma derivavano 
dalla guerra", c'e' "l'impressione che i serbi 
abbiano dato alle famiglie una possibilita' di 
abbandonare le proprie case. Se alcuni membri 
del clan, per qualsivoglia motivo, decidevano di 
rimanere, al ritorno venivano trovati morti". A 
livello fattuale, lo ripetiamo, l'articolo non 
contiene altro. Ci troviamo qui di fronte a 
meccanismi simili alla campagna di 
disinformazione lanciata sul massacro di Racak: 
una fonte "mononazionale" di ambito NATO (per 
Racak, francese, qui spagnola e in settore KFOR 
spagnolo/italiano), fa affermazioni prive di 
riscontro e le condisce in tutta una serie di 
insinuazioni ben mirate, di distorsioni e di 
cose non dette. 

L'articolo di "El Pais", come abbiamo detto, ha 
avuto grande fortuna e le dichiarazioni di Pujol 
e Palafox sono state riprese da numerose fonti 
in tutto il mondo, oltre ad avere una 
larghissima circolazione in Internet. Una vera e 
propria campagna, tuttavia la si e' avuta solo a 
partire dalla seconda meta' del mese successivo, 
con la pubblicazione il 17 ottobre di un lungo 
pezzo dell'agenzia di intelligence "Stratfor", 
che ha un'ampia diffusione in Internet. 
Dall'articolo di "El Pais" a quello della 
"Stratfor" sono passati 24 giorni, senza che 
intervenisse alcuna novita' particolare in 
merito al conteggio delle vittime. Il pezzo 
della Stratfor non dice nulla sui dati 
disponibili in quel momento. Riprende pari passo 
le dichiarazioni rese da Pujol alla fine di 
settembre, aggiungendo solo, a livello di dati, 
un elenco di fosse comuni in cui non sono 
(ancora) stati trovati corpi: le miniere di 
Trepca (700 presunti uccisi), il villaggio di 
Pusto Selo (106), il massacro di Izbica (150), 
gli scomparsi da Klina (96). Per il resto 
aggiunge solo, ancora una volta, congetture, 
affermazioni prive di alcun riscontro, 
insinuazioni e anche qualche bugia. Per fare 
solo alcuni esempi, la "Stratfor" scrive che 
"ricerche condotte da noi e indagini di 
funzionari indicano che il numero delle vittime 
finora e' dell'ordine delle centinaia, non delle 
migliaia". Punto e basta. L'agenzia accusa nel 
suo pezzo di poca chiarezza gli altri soggetti 
che hanno formulato ipotesi sui corpi ritrovati 
fino a quel momento, ma poi si rivela essere 
quella che piu' di tutti vaga nella nebbia 
assoluta: "ricerche condotte da noi", scrive, 
senza specificare come, dove e quando; "indagini 
di funzionari", senza dire che indagini e quali 
funzionari; "indicano che il numero delle 
vittime e' nell'ordine delle centinaia, non 
delle migliaia", cioe' sulla base di nulla, la 
"Stratfor" parla, si badi bene, di VITTIME 
nell'ordine delle centinaia e non delle 
migliaia. Ma "vittime" e' un'espressione che si 
riferisce all'intero complesso degli uccisi 
durante due mesi e mezzo di guerra, mentre il 17 
ottobre i soli CORPI RITROVATI in fosse comuni 
erano gia' sicuramente ben piu' di mille (si 
veda la documentazione contenuta nei link piu' 
in basso). Nel costruire il proprio castello di 
carta, la "Stratfor" ricorre anche alle bugie 
vere e proprie, quando scrive che il 2 agosto 
"Bernard Kouchner aveva detto che circa 11.000 
CORPI ERANO STATI TROVATI in fosse comuni in 
tutto il Kosovo". In realta', se si verificano 
le dichiarazioni rilasciate allora da Kouchner 
(Reuters, 2 agosto 1999), si vede che egli ha 
detto che "le fosse comuni sparse in tutto il 
Kosovo CONTENGONO UN NUMERO STIMATO di 11.000 
corpi" e, piu' sotto, si specifica che secondo 
"le stime, 11.000 albanesi giaciono nelle fosse 
comuni che [gli investigatori del Tribunale ONU] 
HANNO COMINCIATO a scavare". Nessuno, cioe', ha 
mai detto che "11.000 corpi ERANO STATI TROVATI 
in fosse comuni", come invece, mentendo, fa la 
"Stratfor" - si trattava invece solo di una 
stima, una cosa ben diversa. Il pezzo 
dell'agenzia statunitense (che fornisce servizi 
informativi ad aziende del settore difesa e ad 
altre multinazionali americane) sembra una vera 
e propria mini-antologia destinata a fornire 
frasi preconfezionate da ripetere a giornalisti 
disposti a raccogliere l'invito. L'obiettivo 
avra' pieno successo: di li' a poco comparira' 
una marea di articoli sulla stampa di tutto il 
mondo, dalle grandi testate, alle testate di 
provincia, a quelle "militanti", che 
costruiranno articoli, a volte lunghi, 
utilizzando pari passo quanto scritto dalla 
"Stratfor" (spesso senza citarne nemmeno la 
fonte) o quanto dichiarato da Pujol, senza 
confrontarlo con altre fonti. Tutti i pezzi 
comparsi riprendono unicamente questi due testi, 
senza aggiungere nulla di nuovo. Per citare solo 
alcuni di quelli che siamo riusciti a 
ricuperare: a livello internazionale "Los 
Angeles Times", "The Times", Reuters, "Toronto 
Star", "The Spectator" e, in Italia, "L'Unita'", 
"Avvenimenti" e perfino giornali di provincia 
come la "Nuova Venezia". Successivamente, anche 
dopo la pubblicazione dei dati da parte del 
Tribunale Internazionale, molte altre grandi 
testate continueranno nella sostanza ad aderire 
ai "dubbi" di "Stratfor" e Pujol (per es. il 
"New York Times" e "Newsweek"), senza aggiungere 
nulla di nuovo. Il perito spagnolo, in alcune 
altre dichiarazioni citate dal "Times" di Londra 
il 31 ottobre, aggiungera' la sua valutazione 
secondo cui il numero finale delle vittime "non 
sara' superiore a 2.500", un'affermazione che 
non si capisce su cosa si basi, visto che egli 
ha lavorato solo per due mesi in una zona 
limitatissima del Kosovo, a differenza dei molti 
altri che hanno operato in altre, e piu' vaste, 
zone, proseguendo il loro lavoro da fine giugno 
a fine ottobre e interrompendolo solo per motivi 
climatici.

Il 10 novembre, Carla Del Ponte, procuratore 
capo dell'ONU, ha comunicato che nei poco piu' 
di quattro mesi di ricerche effettuate su fosse 
comuni (e interrotte, come era stato anticipato 
da lungo tempo, per il congelamento del terreno 
ai primi di novembre), erano stati riesumati in 
Kosovo 2.108 cadaveri. I corpi sono stati 
ricuperati da 195 fosse comuni su 529 segnalate 
fino a quel momento. Le denunce relative a tali 
529 fosse riguardano complessivamente un numero 
di 11.334 persone. Le 195 fosse oggetto di 
indagini fino a quel momento dovrebbero 
contenere complessivamente, secondo le denunce, 
4.266 cadaveri. Questo non vuol dire 
assolutamente che le vittime effettive siano in 
realta' la meta', perche' il lavoro riguardo a 
tali fosse non e' finito, ve ne sono alcune (le 
piu' grosse) con chiari segni di asportazione o 
di alterazione, come ha dichiarato la Del Ponte: 
"il numero dei corpi ricuperati non riflette 
necessariamente il numero delle vittime 
effettive, perche' c'e' un numero significativo 
di siti dove il numero dei cadaveri non puo' 
essere contato. In questi siti sono stati 
effettuati passi per nascondere le prove. Molti 
corpi sono stati bruciati" (Reuters e Associated 
Press, 11 novembre 1999). I siti piu' grossi di 
cui riferisce la "Stratfor" rientrano in questa 
categoria, ed e' una cosa scontata: sono quelli 
ampiamente denunciati dalla stampa tra aprile e 
maggio scorso ed e' perfettamente logico che le 
forze regolari e i paramilitari serbi si siano 
premurati di cancellarne le tracce (e infatti in 
alcuni di essi, come a Izbica e Ljubenic, sono 
state rilevate chiare tracce di manomissione - 
si veda piu' avanti). Hanno avuto tutto il tempo 
e la comodita' per farlo, visto che la maggior 
parte delle stragi sono state compiute in 
aprile, e all'inizio di maggio le forze serbe 
avevano letteralmente svuotato meta' del Kosovo 
dalla sua popolazione albanese. Inoltre, tra la 
firma dell'accordo il 3 di giugno (ma un accordo 
era nell'aria gia' ai primi di maggio) e il 
momento in cui le truppe NATO hanno preso il 
controllo della maggior parte del Kosovo sono 
passati circa dieci giorni, un altro intervallo 
di tempo in cui operare in larghe fasce di 
territorio prive di testimoni scomodi. A 
differenza del caso bosniaco, il Tribunale 
Internazionale per i Crimini di Guerra esisteva 
gia' molto prima della guerra e le forze serbe 
nella loro azione pianificata hanno senz'altro 
tenuto conto di cio'. E' molto facile nascondere 
i crimini in una situazione come e' stata quella 
del Kosovo di deportazione in massa e 
pianificata di centinaia di migliaia di persone: 
i famigliari e i conoscenti degli uccisi vedono 
il luogo dove le persone vengono uccise, che e' 
poi l'unico che possono denunciare, ma se gli 
aguzzini, svuotato il villaggio, trasportano 
semplicemente le vittime a pochi chilometri di 
distanza, magari in diversi punti, il lavoro di 
ricerca puo' durare anni. E' stato ampiamente 
fatto in Bosnia, dove per esempio solo di 
recente, a quattro anni dalla fine dalla guerra, 
e' stata "ricostruita" quasi per intero una 
fossa comune dalla quale i cadaveri erano stati 
asportati e portati in 20 "minifosse" diverse 
(si veda nel sito web ufficiale ONU: 
http://www.un.org/icty/bulletin21-e/index.html). 

Riguardo al conteggio, tuttavia, vi sono altre 
cose da tenere presenti. Innanzitutto, il 
Tribunale Internazionale, come ha dichiarato la 
Del Ponte, ha come proprio "compito primario 
quello di raccogliere prove relative alle accuse 
penali contro il presidente jugoslavo Milosevic 
e altri leader e perpetratori di crimini contro 
l'umanita', e non quello di effettuare un 
censimento dei morti". Non e' un particolare 
secondario, anche perche' vi sono ONG che non 
operano per il Tribunale e che svolgono 
anch'esse indagini. Il Tribunale, inoltre, non 
conduce indagini sui singoli casi di persone 
uccise e, soprattutto, sulle persone scomparse: 
i numeri raccolti da diverse ONG (Fond za 
Humanitarno Pravo di Belgrado, Croce Rossa 
Internazionale, Centro per i Diritti Umani di 
Prishtina) riguardo ai "desaparecidos" 
concordano a tale proposito su una cifra, 
provvisoria, compresa tra 2.000 e 4.000 persone. 
Inoltre, il lavoro di raccolta e verifica delle 
denunce (non basta che uno dica "c'e' una fossa 
nel punto x" - si raccolgono testimonianze 
dettagliate e si fanno riscontri incrociati, un 
lavoro che puo' durare settimane o mesi) non e' 
terminato. Lo dice, tra le altre cose, un dato 
che si evince da tutte le fonti citate, anche 
dalla "Stratfor", la quale pero' si astiene dal 
prenderne nota nei suoi altrimenti verbosi 
articoli: il 17 ottobre la "Stratfor" parla, 
come le altre fonti, di 400 fosse denunciate, 
mentre ai primi di novembre esse sono gia' 529 
(dato citato anche in un successivo, breve 
commento dell'agenzia, 11 novembre 1999). Il 
numero delle fosse in merito alle quali le 
denunce sono risultate sufficientemente fondate 
da dare il via a delle ricerche, e' aumentato di 
1/3 in meno di un mese perche' il lavoro di 
raccolta delle denunce prosegue. In generale, 
sui meccanismi della ricerca dei corpi degli 
uccisi nelle repressioni, vale la pena di 
riportare per intero le dichiarazioni rilasciate 
in merito da Natasa Kandic al settimanale serbo-
bosniaco "Reporter" (10 novembre 1999). Per 
completezza, specifichiamo che la Kandic dirige 
da anni il "Fond za Humanitarno Pravo" ("Centro 
per il Diritto Umanitario) a Belgrado, 
un'organizzazione indipendente che, gia' 
attivatasi in passato per la Bosnia, quest'anno 
e' stata l'unica a cominciare indagini sui 
crimini in Kosovo quando ancora i bombardamenti 
erano in corso, ma ha anche fatto un lavoro di 
capillare 
documentazione delle violenze sistematiche contro i rom, cosi' come dei 
rapimenti e delle uccisioni di serbi compiuti negli ultimi mesi da albanesi. 
Ecco alcuni brani del servizio di "Reporter": 
"La Kandic afferma che il legale spagnolo 
[Pujol] parlava solo di quello che aveva visto 
lui personalmente. 'In questo momento nessuno 
dispone di dati precisi riguardo a quanti civili 
siano stati uccisi in Kosovo', dice Natasa 
Kandic, che, con i suoi collaboratori, durante 
tutto il periodo dei bombardamenti NATO e ancora 
oggi, si e' recata di frequente in Kosovo per 
indagare i crimini compiutivi. Raffrontando i 
dati sulle tragedie del Kosovo con gli effetti 
delle recenti guerre verificatesi in altre zone 
della ex Jugoslavia, gli investigatori del 
Centro per il Diritto Umanitario sono giunti 
alla conclusione che fino a oggi non vi sono mai 
stati tanti casi di occultamento delle prove 
relative a uccisioni. Natasa Kandic, pur non 
escludendo la possibilita' che alcune prove non 
verranno mai nemmeno scoperte, rimane convinta 
che 'un giorno qualcuno parlera''. 'E' pieno di 
luoghi dove sono evidenti le tracce di cadaveri 
bruciati, di dispersione delle ossa, come e' il 
caso di Ljubenic, Cusk, Stara Dvoran, Zahac, 
Pavljan, Ruhot', dice Natasa Kandic. In due 
delle decine di villaggi nei quali sono stati 
trovati tali tracce (Ruhot e Ljubenic), gli 
attivisti del Centro, secondo le sue parole, 
hanno incrociato anche gli esperti del 
Tribunale. Secondo i dati del Fondo, le vittime 
piu' frequenti degli omicidi sono uomini tra i 
13 e i 55 anni, ma vi sono anche fosse comuni in 
cui sono stati trovati i corpi di donne e 
bambini uccisi (come a Velika Krusa). Un altro 
problema nello stabilire il numero delle 
uccisioni e' rappresentato dal grande numero di 
scomparsi - 
secondo le parole di Natasa Kandic vi sono dati relativi alla scomparsa di 
alcune migliaia di persone. I testimoni con i quali hanno parlato gli 
investigatori affermano che in molti luoghi (Meja kod Djakovice, Korenica, 
Rajac) da una colonna di profughi sono stati separati gruppi di uomini del cui 
destino non vi sono piu' informazioni. Natasa Kandic ritiene che tra i circa 
2.000 prigionieri albanesi portati in Serbia 'si trovano 100 o 200 di coloro 
segnalati come scomparsi' e che probabilmente hanno dato dati errati su di se'. 
Ma e' una cifra di gran lunga inferiore a quella degli scomparsi. 'Sulla base 
delle mie esperienze, ritengo che la maggior parte degli scomparsi non siano 
piu' vivi', dice Natasa Kandic. La Kandic respinge anche i sospetti in merito 
alla veridicita' dei dati che vengono acquisiti sulla base delle dichiarazioni 
dei testimoni: 'Gli interrogatori incrociati 
condotti dagli esperti del Tribunale nel corso 
di mesi di indagini possono lasciare passare 
forse solo un testimone in malafede su mille', 
afferma, precisando che esistono delle domande 
molto specifiche di fronte alle quali testimoni 
potenzialmente in malafede 'crollano' ".

Anche il giornalista Ian Williams, 
corrispondente dall'ONU per il settimanale "The 
Nation", conferma il fatto che se in alcuni siti 
non sono stati ancora trovati corpi, questo non 
significa in alcun modo che le denunce siano 
false ("IWPR's Balkan Crisis Report", 12 
novembre 1999): "[il portavoce del Tribunale] 
Risley afferma che gli investigatori hanno 
ancora testimonianze oculari credibili secondo 
cui 700 corpi sono stati portati [a Trepca] per 
essere eliminati. Solo alcuni dei pozzi 
dell'esteso complesso minerario sono stati 
oggetto di ricerche, afferma, e molti di essi 
sono inondati. Se i corpi sono stati bruciati in 
una o piu' delle numerose strutture industriali 
dell'area e le ceneri eliminate in acque 
sotterranee, sarebbe quasi impossibile trovarli 
[come conferma anche un articolo del 
corrispondente di "Liberation", 25-26 settembre 
1999 - a.f.]. A Izbica, per esempio, [...] nel 
momento in cui la NATO e' arrivata in estate, le 
fosse erano gia' state svuotate e i corpi 
asportati. Sul sito vi erano tracce visibili 
lasciate da camion pesanti e da altri 
macchinari". Riguardo a Izbica, inoltre, quando 
la "Stratfor" scriveva il suo pezzo era gia' 
disponibile da lungo tempo, fra le altre 
numerose testimonianze, il reportage di Paul 
Watson, del "Los Angeles Times", che era 
arrivato sul posto prima delle truppe NATO e 
appena dopo che quelle serbe se ne erano andate 
e aveva descritto con dovizia di particolari, 
nel suo articolo pubblicato dal giornale il 16 
giugno, i segni di manomissione rilevati sul 
sito della fossa (l'articolo e' contenuto nei 
file di documentazione che accompagnano questo 
dossier - si vedano i link piu' sotto).

Non si puo' infine non citare il caso bosniaco, 
al quale abbiamo accennato sopra. Ancora in 
questi mesi, a quattro anni di distanza dalla 
firma della pace di Dayton, vengono scoperte in 
Bosnia fosse comuni. Per citare solo alcuni dati 
relativi agli ultimi mesi, da meta' settembre 
all'8 ottobre nella sola zona di Bosanski Novi 
(Reppublica Serba di Bosnia) sono state trovate 
tre fosse comuni, l'ultima delle quali conteneva 
59 corpi (AFP, 8 ottobre 1999). A Jelec, il 28 
ottobre sono stati riesumati 52 corpi da fosse 
comuni e singole, mentre si cercano ancora altre 
decine di cadaveri (AFP, 28 ottobre 1999). A 
Gacko, nei pressi di Mostar, tra settembre e 
ottobre sono stati ritrovati in diverse fosse 
104 cadaveri (AFP, 30 ottobre 1999). In 
quest'ultimo caso, si trattava di persone uccise 
nel lontano 1992. Sempre in questi giorni, e' 
stato infine pubblicato il rapporto ONU sul 
massacro di Srebrenica, a quattro anni di 
distanza dal crimine 
(http://www.un.org/News/ossg/srebrenica.htm). Il 
caso di Srebrenica e' stato anch'esso oggetto 
per anni di tesi negazionistiche o 
giustificative - ora le dinamiche di quel 
crimine premeditato (7.500/8.000 uccisi a sangue 
freddo) sono state anch'esse finalmente 
documentate, non solo dall'ONU, ma anche dal 
lavoro, ancora in corso, di associazioni 
indipendenti (come "Physicians for Human 
Rights").


**LINK AI FILE DI DOCUMENTAZIONE**

- I principali articoli della campagna di 
disinformazione, da "El Pais", "Stratfor", 
"L'Unita'" e altre fonti (in italiano e in 
inglese): 
http://www.ecn.org/est/balcani/kosovo/camfcc.htm 
(35 Kb)

- Una selezione di articoli di fonti varie sulle 
fosse comuni e sulle vittime in Kosovo (in 
inglese): 
http://www.ecn.org/est/balcani/kosovo/mssgv.htm 
(35 Kb)

- Due lunghi pezzi, rispettivamente del "Los 
Angeles Times" e della AIM, sui massacri in 
Kosovo e i successivi ritrovamenti (in inglese): 
http://www.ecn.org/est/balcani/kosovo/latkandic.h
tm (58 Kb)

- Un dettagliato articolo del "Chicago Tribune" 
che espone le modalita' delle indagini del 
Tribunale Internazionale, in particolare per 
quanto riguarda il Kosovo (in inglese): 
http://www.ecn.org/est/balcani/kosovo/chitrib.htm
 (25 Kb)

- Una serie di rapporti di "Human Rights Watch" 
sui massacri in Kosovo (in inglese): 
http://www.ecn.org/est/balcani/kosovo/hrwrep.htm 
(142 Kb)

- Dispacci di agenzia su ritrovamenti, a 
distanza di anni, di nuove fosse comuni in 
Bosnia nel corso degli ultimi due mesi, piu' un 
comunicato di "Physicians for Human Rights" (in 
inglese): 
http://www.ecn.org/est/balcani/kosovo/fssbosnia.h
tm (11 Kb)


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e l'Europa Orientale, pubblicata dal sito web "I Balcani" e 
archiviata su web all'indirizzo:

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