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"Imbrogli di guerra" 2
- Subject: "Imbrogli di guerra" 2
- From: "giorgio glr" <glr_y at iol.it>
- Date: Tue, 23 Nov 1999 12:14:26 +0100
- Organization: (not) exceptional
- Priority: normal
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------- Forwarded message follows ------- From: "Coordinamento Romano per la Jugoslavia" <crj at marx2001.org> To: "Coordinamento Romano per la Jugoslavia" <crj at sigmasrl.it> Subject: "Imbrogli di guerra" Date sent: Mon, 22 Nov 1999 21:17:35 +0100 IMBROGLI DI GUERRA Esce in questi giorni nelle librerie "Imbrogli di guerra", volume frutto del lavoro del comitato nazionale "Scienziate e scienziati contro la guerra". Il libro e' edito dalla casa editrice Odradek e costa 20mila lire. Di seguito riportiamo: * L'indice * La presentazione editoriale sulla quarta di copertina * Due primi appuntamenti di presentazione del libro * La prefazione del comitato e l'introduzione del curatore === Imbrogli di guerra. Scienziate e scienziati contro la guerra INDICE - Alberto Di Fazio, Le connessioni fra la guerra dei Balcani e la crisi energetica prossima ventura - Vito Francesco Polcaro, L'imbroglio dell'intervento chirurgico - Silvana Salerno, Effetti aspecifici della guerra sulla salute umana - Lucio Triolo et al., Gli effetti dell'inquinamento chimico, causato dai bombardamenti, sull'ambiente e sulla salute umana in Serbia e nel Kosovo - Nicola Pacilio e Carlo Pona, Uranio impoverito - Angelo Baracca, Una svolta epocale e un'ipoteca sul futuro - Raniero La Valle et al., Appello per la ricostruzione del diritto e della democrazia internazionale dopo la guerra - Fulvio Grimaldi, Il ruolo dell'informazione - Antonino Drago, Il ruolo degli scientifici nell'interposizione nonviolenta contro l'ultima superpotenza - Elisabetta Donini, Scienza, genere e guerra - Michele Emmer, La matematica della guerra - Andrea Martocchia, Scienza e guerra "fin de siecle" Curatore: Franco Marenco === Presentazione editoriale "quarta di copertina" A cura della casa editrice Odradek Un libro per coloro che vogliono approfondire, fuori dai clamori e al riparo da interferenze mediatiche, cause e conseguenze del recente conflitto e di cui consigliamo vivamente l'adozione nelle universita' e nelle scuole superiori. Raccoglie contributi e interventi che le "scienziate e scienziati contro la guerra" hanno prodotto in un seminario sul conflitto nei Balcani, tenutosi a Roma il 21 giugno 1999. Sono testi ricchi di grafici e tabelle, meditati e documentati, che analizzano un vasto spettro di temi e di ambiti a partire da metodologie scientifiche diverse, attenti a riferire e stimare soprattutto, ma non solo, sulle conseguenze ambientali e sanitarie del recente conflitto. Sono testi scientifici che non vogliono ignorare le connessioni economiche tra universita', ricerca ed industria bellica - che affrontano, di nuovo, la responsabilita' della scienza e degli scienziati nei confronti del Pianeta e della sua popolazione. In un contesto culturale di profonda crisi, laddove molti intellettuali sono spiazzati dagli eventi, altri latitano, ed altri ancora si vendono al miglior offerente, qualcuno s'interroga... === Iniziative di presentazione A tutt'oggi (20/11/1999) ci risultano programmate due iniziative di presentazione del libro: A ROMA giovedi 2 dicembre a partire dalle ore 12:30 circa si terra' su RADIO CITTA' APERTA (FM 88.850 MHz), emittente di Roma e del Lazio, una trasmissione radiofonica con la partecipazione di alcuni degli autori del libro e dei membri del comitato. Si potra' intervenire in studio telefonando al numero 06-4393512 Per informazioni si puo' fare riferimento allo stesso numero di telefono. A TRIESTE sabato 4 dicembre a partire dalle ore 17:30 alla Trattoria Sociale di Kontovel/Contovello si terra' una conferenza-dibattito con la proiezione del video "Missioni Umanitarie" di E. Giardino. Interverranno anche esponenti di organizzazioni locali contro la guerra e saranno messi a disposizione video, libri e materiali di controinformazione. Sara' presente uno degli autori del libro. Per informazioni scrivere agli indirizzi: glr_y at iol.it, martok at sissa.it Per ULTERIORI INFORMAZIONI e per l'eventuale organizzazione di altre iniziative si puo' invece mandare un messaggio alla lista del comitato "Scienziate/i contro la guerra": scienzaepace at iac.rm.cnr.it === Prefazione Spesso, avvenimenti che ci fanno mettere in gioco le parti piu' profonde della nostra coscienza sembrano allontanarci dal nostro quotidiano, renderlo quasi accessorio rispetto ad altro agire che sentiamo piu' urgente ed opportuno. La guerra e' sicuramente uno di questi, ed in particolare lo e' stata la guerra contro la Jugoslavia che ha visto direttamente coinvolto il nostro paese a fianco degli altri stati membri della NATO. Nell'aprile del 1999, quando da ormai un mese la NATO bombardava la Federazione Jugoslava e noi tutti eravamo vittime di un bombardamento mediatico senza precedenti, un gruppo di ricercatrici e ricercatori lancio' un appello al mondo della ricerca: <<Questa guerra non e' una guerra giusta perche' e' dettata da interessi economici, politici, militari che nulla hanno a che vedere con ragioni umanitarie. A questa guerra dobbiamo opporre la ricerca del dialogo, della tolleranza e dell'accettazione dell'altro>>, si diceva nell'appello, che raccolse molte adesioni e diede il via al comitato ``scienziate e scienziati contro la guerra''. Le conseguenze di oltre due mesi di bombardamenti cominciano ora ad essere evidenti. Sono state usate armi bandite da tutte le convenzioni, come l'uranio impoverito, le bombe a grappolo. I danni ambientali rischiano di mettere in crisi la possibilita' del popolo jugoslavo addirittura di nutrirsi o comunque di farlo sapendo di avvelenarsi lentamente con VCM, PCB, Uranio, metalli pesanti e quant'altro. Si sono volute colpire le strutture del paese in modo tale da distruggerne le capacita' per decenni. Il diritto internazionale e' stato stracciato, la NATO si e' fatta sberleffi dell'ONU, delle varie convenzioni di Ginevra, del suo stesso trattato, del diritto agli interventi ``umanitari''. I paesi membri hanno fatto a pezzi le loro costituzioni. Le nostre societa' hanno subito un imbarbarimento nei rapporti tra le persone: e' di questi giorni la circolazione di filmati che testimoniano i risultati disastrosi della ``missione Arcobaleno'', in termini di corruzione, istigazione all'illegalita', sfruttamento sessuale delle donne profughe. Allora tutto cio' era completamente oscurato dal mito dell'intervento ``umanitario'' per riportare la ``pace'' in Kosovo. A giugno il comitato ha organizzato una prima giornata di lavoro per mettere a confronto informazioni, dati e riflessioni sulla guerra. Un tentativo di portare nel quotidiano del nostro lavoro le nostre azioni contro la guerra e per la costruzione della pace, oggi in Jugoslavia, ma domani in tutti gli altri luoghi ove la soluzione di conflitti dalle diverse origini sembra, senza scampo, affidata solo al potere degli eserciti e delle armi. E' un tentativo di capire come le scienze, ed in particolare le donne e gli uomini che svolgono un'attivita' scientifica, con i loro saperi e il loro metodo di ricerca e di lavoro possono avere un ruolo nel processo di costruzione della pace. Le proposte emerse dalla giornata di lavoro sono state molteplici e riguardano sia il nostro contributo di esperti da sottoporre alla societa' civile, che le nostre riflessioni interne riguardo ai meccanismi di decisione in ambito scientifico. Nel primo ambito ci proponiamo di organizzare dibattiti tematici nelle universita' sugli argomenti trattati, di mettere a disposizione le nostre competenze in incontri pubblici organizzati da altri gruppi, di organizzare conferenze stampa per diffondere i risultati delle nostre ricerche, di sviluppare azioni di ricerca e/o solidarieta' in Serbia/Kosovo o altre zone di guerra, di porre all'attenzione del pubblico l'uso (e l'abuso) della scienza e della tecnica a fini bellici e di dominio da parte dei paesi occidentali, primo fra tutti gli Stati Uniti. In un ambito piu' interno al mondo della ricerca (ma aperto al contributo di chiunque si renda disponibile a questo lavoro) sono emerse le proposte di costituire gruppi di studio tematici (sul ruolo della scienza e contro il riduzionismo scientifico, sui cambiamenti climatici e i conflitti futuri), di creare contatti con ricercatrici e ricercatori jugoslavi, di proporre l'istituzione di dottorati di ricerca di Tecnologie di Pace, di costruire un Progetto Finalizzato ``Scienza per la pace e la solidarieta' tra i popoli'', di trovare le vie perche' i nostri Enti supportino le ricerche connesse con la guerra e la pace e supportino centri di ricerca jugoslavi, di prendere contatto con possibili gruppi omologhi all'estero e in Italia (ad esempio l'Unione Scienziati per il Disarmo). Alcuni di questi progetti hanno cominciato a prendere forma (sono stati avviati contatti durante un viaggio in Jugoslavia, cominciano ad arrivare inviti a partecipare a dibattiti sulla guerra). Intanto questo libro, che raccoglie gli atti della giornata, e' un nostro primo contributo che mettiamo a disposizione di chiunque vuole cercare di capire le tracce lasciate da quella devastante guerra. Ringraziamo la Casa Editrice Odradek per la disponibilita' a pubblicarlo, le autrici e gli autori che hanno fornito il loro contributo. Un ringraziamento particolare va a Franco Marenco, che ha curato la raccolta e la rielaborazione grafica dei lavori. Lo sforzo e' collettivo, il filo conduttore e' l'impegno delle scienziate e degli scienziati nella ricerca della pace, le idee espresse da autrici ed autori sono, ovviamente, personali. Scienziate e scienziati contro la guerra === Introduzione La guerra ha ripreso il suo posto in Europa, dopo la parentesi di Yalta. "La guerra combattuta nei Balcani introduce un nuovo scenario in cui sono rimessi in gioco i rapporti tra i grandi poteri mondiali e lo stesso ordine giuridico internazionale", ci fa notare Raniero La Valle. Luigi Cortesi scrive su Giano: "non e' un buon inizio del Duemila quello che vede la distruzione sistematica, ai limiti del sadismo attribuito ai nazisti, di una grande capitale europea". Lo scenario che si va delineando, dalla Guerra del Golfo in poi, non e' affatto rassicurante e l'attacco alla Jugoslavia e' tutt'altro che un fatto isolato. Andrea Martocchia denuncia le "operazioni militari che ad esempio il nostro paese conduce, ormai a ripetizione da anni, contro i dittatori ed i barbari di turno". Il "benessere nazionale dei cittadini occidentali e' lo scopo dichiarato spudoratamente del nuovo modello di difesa", ci ricorda Antonino Drago, mentre Angelo Baracca ci mette in guardia per il futuro: "il bilancio degli USA per la difesa sta crescendo in maniera preoccupante" e "la Russia si sente umiliata, assediata, aggredita"; inoltre denuncia gli "innegabili crimini contro l'umanita', e distruzioni di massa, commessi dai vincitori". Dobbiamo stare tutt'altro che allegri: la guerra balcanica e' solo l'ultima, in termini cronologici, di una spaventosa escalation, e un domani la violenza di cui sono stati vittima gli Jugoslavi potrebbe riversarsi contro qualsiasi altro popolo d'Europa, anche della parte occidentale e ricca in cui viviamo. Alberto Di Fazio osserva che "la gravita' delle crisi ambientali globali, soprattutto quella energetica e quella climatica -- cosi' intimamente connesse -- deve far riflettere sugli scenari di conflitto che diventeranno via via piu' probabili e che potranno portare prima o poi al confronto con il blocco asiatico e con l'Islam. E' probabile che l'Europa non abbia in realta' questo obiettivo, ma in tal caso il distacco dagli USA deve avvenire per tempo". La lotta per il controllo delle risorse del Pianeta e' gia' iniziata, e nelle sedi diplomatiche si svolgono, nell'assenza di informazioni per il pubblico, aspre negoziazioni sul `diritto di inquinare'. Nello scenario balcanico destano grave preoccupazione, oltre ai numerosi morti e feriti direttamente dalle bombe, i danni irrimediabili che sono stati causati all'ambiente ed alla salute pubblica con l'immissione nell'aria e nei fiumi di pericolosi cancerogeni in grandi concentrazioni. Lucio Triolo et al. ci avvertono: "nelle regioni colpite dai bombardamenti della NATO si sono configurati rilevanti rischi di danni cronici irreversibili per gli ecosistemi e per le popolazioni, le cui attuazioni si manifesteranno purtroppo nei prossimi anni, dando tragica continuita' alle azioni militari dei tre mesi di guerra". Oltre all'inquinamento chimico propriamente detto, bisogna tenere conto anche di quello radioattivo, derivante dall'uso di armi contenenti uranio impoverito, sostanza che "provoca il cancro quando penetra nell'organismo e la sua tossicita' chimica causa danni ai reni". Pacilio e Pona ci rammentano che "la pericolosita' dell'uranio impoverito e' nota all'esercito statunitense da oltre 20 anni, ma pur tuttavia questo materiale, che viene classificato all'inizio del ciclo produttivo come `scorie nucleari', quando e' trasformato in proiettile diventa, secondo gli USA, un `armamento convenzionale' ". E osservano che "l'uso di queste armi e' contrario a tutti i principi e le convenzioni internazionali firmate da tutti i paesi nel corso del XX secolo". A cio' si sommano le sofferenze della popolazione, ben descritte da Silvana Salerno, dovute alla combinazione di guerra ed embargo, con conseguenze oltre che sulla salute fisica, anche su quella mentale e sociale: "l'obiettivo della guerra e' proprio quello di distruggere la salute sociale della popolazione, costruita in anni di convivenza, alterando le relazioni sociali e determinando effetti sulla salute che non possono comportare vincitori ne' vinti". Essa aggiunge: "gli effetti a lungo termine delle armi usate nelle guerre rappresentano talora dei veri e propri laboratori sperimentali dove scienziati senza etica espongono anche propri connazionali a studi specifici per l'affinamento delle tecniche distruttive". A recepire questa situazione, nel nostro paese ritroviamo una societa' estremamente frantumata, senza punti di riferimento fidati, impossibilitata ad accedere ad informazioni indipendenti, ed incapace di azioni autonome su larga scala. La televisione impera, e un potere totalitario e' nelle mani di un'informazione banalizzata e fuorviante. Il legame fra le persone e' stato reciso: ciascuno e' solo di fronte alle istituzioni ufficiali e alle notizie che vengono diffuse. Come ci ricorda Fulvio Grimaldi: "sul luogo di un avvenimento le grandi agenzie, i grandi network e i grandi giornali arrivano con un apparato, con una potenza economica e con una potenza numerica talmente importanti, e con mezzi finanziari talmente forti, da escludere qualsiasi possibilita' che qualcun altro si possa inserire con una minima efficacia". Tutte le energie del pensiero vengono dedicate "a cercare cio' che divide anziche' a valorizzare cio' che unisce". Elisabetta Donini ci ricorda come "a cominciare dalla guerra del Golfo si e' affermato il linguaggio della guerra `pulita', condotta a forza di `interventi chirurgici' e `bombe intelligenti' ". Antonino Drago denuncia "l'uso capzioso delle parole" e Andrea Martocchia ne conclude che "siamo precipitati nella societa' della propaganda". Francesco Polcaro richiama un articolo del Generale Carlo Jean, che spiega come la "guerra delle informazioni" sia contemplata come un'importante opzione militare: "da un lato fare apparire il nemico come una banda di criminali guidati da un dittatore che opprime il suo stesso popolo e dall'altro far credere che dalla guerra i soldati del proprio esercito non corrano rischi di sorta e che anche la gente comune della nazione attaccata riportera' pochi danni in cambio dell'enorme dono della liberta'". Terribile e' l'impotenza degli insegnanti e degli educatori di fronte allo strapotere del `pensiero unico', testimoniata da Michele Emmer e che la dice lunga sulla nostra nuova `liberta'': "Noi, insegnanti, educatori, non riuscivamo a trovare un ruolo, non riuscivamo a discutere, a confrontare le idee, anche per la mancanza di interesse per questi temi da parte degli altri docenti e anche della grande massa degli studenti". Questo conflitto ha evidenziato anche la profonda crisi in cui versa il movimento pacifista, forte negli anni Ottanta e fino alla Guerra del Golfo. Il pacifismo risente del clima culturale complessivo, e la critica alla guerra si perde a volte in giochi semantici (ad esempio sul significato stesso di `guerra' e `pace'), mentre talune organizzazioni `per la pace', a detta di molti, non sanno essere veramente `contro la guerra'. Esse vengono accusate di un opportunismo che si traduce nell'essere equidistanti ad oltranza e di non saper distinguere fra i popoli balcanici, aggrediti, e gli Alleati, loro aggressori. Gli approfondimenti e l'analisi rigorosa suscitano avversione, in quanto rischiano di essere troppo schierati e caratterizzati politicamente: si preferisce invece rincorrere il `politically correct'. D'altra parte, paradossalmente, `pacifisti' (ma con l'elmetto) sono anche i settori del governo che manda gli aerei, come pure i transnazionali pannelliani, che giustificano l'uso della forza proprio in quanto si dicono contrari ad ogni guerra e `nonviolenti'. Essi ritengono di essere investiti della missione di combattere contro `le forze del male', come in una guerra santa. Pero', questa guerra e' fatta di micidiali bombe, sganciate dalle maggiori potenze nucleari, da una forza armata formidabile, da un'alleanza invincibile, contro un paese di circa 10 milioni di abitanti gia' in preda a gravi difficolta' economiche. In questo contesto, Elisabetta Donini ci fa notare che la scienza viene percepita come portatrice di morte: "Oggi il portato scientifico che va permeando le mentalita' diffuse e' quello delle `realta' virtuali' e dell'universo della simulazione" e "la scienza fornisce le strutture logiche essenziali in base alle quali le guerre vengono fatte apparire non solo moralmente lecite, ma razionalmente irrinunciabili". Piu' freddo il commento di Drago: "Negli anni '80 si stimava in 600.000 il numero degli scientifici dedicati alla ricerca militare sui 2 milioni e piu' del totale. La presenza massiccia di questi scienziati cambia radicalmente l'immagine ingenua della scienza, come impresa dedicata al benessere dell'umanita'". Ma diamo uno sguardo a questo mondo scientifico che si affaccia alle soglie del 2000: esso, ancora piu' della societa' nel suo insieme, e' caratterizzato da un'estrema frammentazione, coltivata alimentando in parallelo il precariato e le ambizioni individuali dei ricercatori di ruolo (rappresentate dalla carriera, dall'erogazione dei fondi per poter portare avanti i propri progetti, e sempre di piu' dall'idea di potersi sentire tutti manager, facendo di ciascuno un `capo-progetto'). Un ruolo decisivo viene inoltre svolto dall'estrema specializzazione, alimentata con curriculum formativi compartimentati e appositi corsi di dottorato. Su questo piano, e' degna di nota la denuncia di Andrea Martocchia nei confronti della sacralizzazione degli `esperti' e della "rigida strutturazione per competenze e per feudi del lavoro intellettuale", mentre Elisabetta Donini mette l'accento sulle "contraddizioni piu' stridenti tra il respiro universale che i risultati scientifici e tecnologici dovrebbero rivestire e l'appropriazione particolaristica di cui sono invece fatti oggetto, tra laboratori esclusivi, brevetti, segreti industriali, know how inaccessibili e cosi' via". Essa prosegue ricordandoci come "per esorcizzare il ruolo avuto nella corsa all'arma piu' micidiale, la comunita' scientifica ha messo in campo vari strumenti per rilegittimarsi e deresponsabilizzarsi in nome della purezza della ricerca fondamentale, disinteressata e innocente, lasciando ad altri soggetti il compito di occuparsi delle applicazioni". Al seminario interdisciplinare del 21 giugno una cinquantina di scienziate e scienziati, che neppure si conoscevano e provenienti da diverse citta' italiane, hanno discusso del loro orrore per il delitto che si stava compiendo nel nome delle liberta' occidentali e della scienza: il risultato e' il lavoro riportato in questo libro. L'auspicio e' quello del ritorno di un tempo in cui il lavoro svolto collettivamente e quello di utilita' sociale possano riprendere il posto che loro spetta, e in cui gli scienziati tornino a riconoscere e a considerare la responsabilita' del loro ruolo nel contesto piu' ampio dell'intera comunita'. E che la societa' tutta intera, oggi piegata `sotto il giogo della democrazia', sappia riprendersi la dignita' che le spetta e ritornare ad essere protagonista della propria storia. Facendo in questo modo vacillare l'Impero e fermandone l'escalation di avventure militari. Franco Marenco borsista dell'Agenzia Spaziale Italiana, Roma --------- COORDINAMENTO ROMANO PER LA JUGOSLAVIA ----------- RIMSKI SAVEZ ZA JUGOSLAVIJU e-mail: crj at sigmasrl.it - URL: http://marx2001.org/crj ------------------------------------------------------------ ------- End of forwarded message ------- -----------------------------------------------------------end -------------------- Message Forwarded by : Giorgio Ellero <glr_y at iol.it> --------------------
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