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Jugoslavia: Danubio ultimo ponte
- Subject: Jugoslavia: Danubio ultimo ponte
- From: "Davide Bertok" <bert.hawk at tiscalinet.it>
- Date: Mon, 22 Nov 1999 16:17:25 +0100
- Priority: normal
Da "Il Manifesto" del 17 novembre DOPOGUERRA I FRUTTI VELENOSI DELL'EMBARGO Danubio ultimo ponte La principale via fluviale di comunicazione tra i Balcani e la Mitteleuropa paralizzata dalle macerie della guerra e dalle sanzioni. Ma il fronte filo- Nato scricchiola - LORIS CAMPETTI - DI RITORNO DA BUCAREST Quando gli aerei della Nato centrarono ripetutamente il petrolchimico di Pancevo con le bombe umanitarie, gli abitanti di Timisoara e della regione del Banato non ebbero bisogno di leggere il giornale per sapere quel che era successo: una terrificante nube chimica portò in città la notizia dei bombardamenti e rimase nei cieli rumeni per giorni e giorni prima di essere spazzata via dal vento. Ci furono manifestazioni in città e nella regione dove i molti serbi che vivono nel Banato si mescolarono nei cortei ai rumeni preoccupati dall'effetto guerra sul loro paese. Quella nube e le acque del Danubio che in Serbia sono state violentate dai resti chimici dei missili intelligenti sulle fabbriche, hanno avvelenato le campagne della zona di confine tra la Romania e la mini-Jugoslavia. E' difficile avere dati precisi sul disastro ambientale, nessuno ha interesse a parlarne per evitare tensioni sociali, tanto in Serbia quanto in Romania. Ma basta vedere lo stato della frutta e della verdura nelle campagne rumene bagnate dal Danubio per intuire una realtà nascosta persino dai contadini del Banato che temono di non riuscire più a vendere i miseri prodotti del loro lavoro. Solo dopo qualche bicchierino di grappa trovi qualcuno disposto a sfogarsi al mercato di Timisoara: "Li vedi quei cavoli? Dopo la guerra nascono di un colore giallastro mai visto e non diventano più grossi di una patata. Ti sembra normale?". La guerra divide, è persino banale ricordarlo. Ma la guerra contro la mini- Jugoslavia divide forse più di tutte le altre guerre. Il bombardamento dei ponti sul Danubio ha spezzato la circolazione delle merci - e degli uomini - tra la Bulgaria, la Romania, la Serbia, l'Ungheria, la Slovacchia e l'Austria. La via fluviale più importante del continente che lega economie, lingue, culture e storie dei Balcani a quelle dell'Europa centrale è stata ferita a morte e la circolazione è interdetta dalle macerie dei ponti. Una buona parte della flotta rumena, per esempio, è bloccata in Serbia, vicino al confine, non può salire né scendere. E il resto della flotta che è in Romania, naturalmente non può risalire il fiume per raggiungere la mittel- Europa a causa degli stesso ostacoli. E così, in un paese che negli ultimi mesi ha visto scendere in piazza per le ragioni più diverse tutti gli strati sociali, ora tocca agli armatori l'onere di vestire i panni dei contestatori: chiedono al governo di centrodestra di Radu Vasile di fare pressione sull'Occidente e sulla Nato perché cessi, o comunque si ridimensioni l'embargo contro la Jugoslavia per consentire la liberazione del Danubio e la ricostruzione dei ponti. Soltanto così il Danubio potrà tornare a unire i paesi che la guerra ha diviso. E questo non è un problema che riguardi soltanto i serbi e i rumeni: è di pochi giorni fa il voto dei parlamenti di Praga e di Bratislava per chiedere ai rispettivi governi di battersi per la "liberazione" del Danubio. I parlamenti premono ma i governi asserviti alla Nato fanno orecchie da mercante. Anche se, ultimamente, la pressione che arriva dalle direzioni più diverse comincia a scheggiare le subalterne certezze filo-atlantiche. Seppure con diplomazia e molti distinguo, persino il ministro rumeno dell'economia, Radu Berceanu, comincia a a vacillare. Quando gli abbiamo domandato come pensa di muoversi il suo governo rispetto alle rivendicazioni degli armatori, nonché degli operai portuali e dei naviganti, ci ha risposto: "La navigazione sul Danubio è stata bloccata dal bombardamento dei ponti, è vero. Ma in Jugoslavia esistono canali alternativi per la circolazione fluviale che aggirano gli ostacoli. Il fatto è che a decidere chi può passare e chi no attraverso quei corsi d'acqua navigabili è Milosevic e Milosevic le navi rumene non le lascia passare". Per quale ragione? "Perché Belgrado - risponde il ministro - ha deciso di farcela pagare per la nostra fedeltà atlantica: prima durante e dopo i bombardamenti il governo rumeno ha sempre rispettato le decisioni della Nato, noi l'embargo l'abbiamo fatto sul serio, mica come gli altri paesi confinanti con Belgrado. E ora, per ricatto, alle nostre navi è interdetta la circolazione in Jugoslavia, con gli effetti economici che si possono immaginare". Dunque, ministro, è tutta colpa di Milosevic e voi non farete alcun passo con l'occidente per sbloccare la circolazione sul Danubio? "Non dico questo, credo che i paesi occidentali debbano togliere ogni arma di ricatto dalle mani di Milosevic favorendo la liberazione del corso del Danubio". C'è del vero nelle parole diplomatiche ma inequivocabili del ministro Berceanu: ormai è acquisito che l'embargo rafforza Slobodan Milosevic mentra piega il popolo serbo e lo riduce alla fame. L'odio contro un Occidente che continua a uccidere persone colpevoli solo di essere tiranneggiate da Milosevic, fa terra bruciata delle opposizioni. E l'uomo di Belgrado si fa applaudire tagliando il nastro con cui inaugura i primi ponti ricostruiti sulla Sava e sul Danubio. *-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-* Davide Bertok e-mail: bert.hawk at tiscalinet.it # ICQ: 48920057 "Tutto quello che vi hanno detto è falso! Vi hanno sempre mentito. I ricordi, le sensazioni, gli avvenimenti, la storia passata, presente e futura... Tutta la vostra vita è una menzogna. Dovete svegliarvi dal torpore ipnotico in cui giacete fin dalla nascita; dovete conoscere e accettare la realtà. Farlo vi costerà, tutto ha un prezzo, in questo caso è molto elevato. Siete disposti a pagarlo? Avete il coraggio di ingoiare la vostra pillola rossa e di divenire finalmente liberi?" Morpheus - Matrix
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