Notizie Est #273 - Serbia/Montenegro



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NOTIZIE EST #273 - SERBIA/MONTENEGRO
1 novembre 1999
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[Seguono due commenti sulle trattative 
recentemente apertesi tra partiti serbi e 
montenegrini riguardo al futuro della 
federazione jugoslava: il primo e' dal 
settimanale montenegrino "Monitor", il secondo 
dal quotidiano serbo "Danas"]

LE TRATTATIVE TRA I PARTITI SUL FUTURO DELLA 
FEDERAZIONE JUGOSLAVA
di Dragoljub Vukovic - ("Monitor" - Podgorica - 
29 ottobre 1999)

Lunedi' 25 ottobre, una delegazione del Partito 
Democratico Socialista (DPS) [il partito del 
presidente montenegrino Djukanovic - N.d.T.] 
guidata dal premier Filip Vujanovic, ha ospitato 
a Sveti Stefan una delegazione del Partito 
Radicale Serbo (SRS), il cui leader e' Vojislav 
Seselj, guidata dal vice di quest'ultimo, 
Tomislav Nikolic. Il giorno seguente, importanti 
esponenti del Partito Socialista Serbo (SPS) e 
della JUL, hanno ospitato a Belgrado, in diversi 
luoghi e in diversi momenti, un'altra 
delegazione del DPS, guidata da Svetozar 
Marovic, vicepresidente del partito e presidente 
del parlamento montenegrino. Questi incontri, 
svoltisi su iniziativa dei partiti di Belgrado, 
sono stati interpretati all'interno del DPS come 
un cambiamento della posizione dei partiti di 
governo serbi nei confronti del documento del 
governo montenegrino relativo ai nuovi rapporti 
tra Montenegro e Serbia, e spiegati come un 
preludio piu' o meno logico a future trattative 
a livello dei governi delle repubbliche. Ma dopo 
gli incontri di Sveti Stefan e di Belgrado, si 
puo' effettivamente parlare di un cambiamento 
delle posizioni di SPS, SRS e JUL? La 
prosecuzione logica di questa domanda e' se il 
cambiamento ha a tal punto condizionato 
l'abbandono della posizione dura da parte della 
dirigenza del DPS da fare si' che le trattative 
sui destini dello stato federale passino 
immediatamente dal livello di incontri tra 
partiti, a quello statale? E mentre su una 
significativa svolta del triumvirato al governo 
in Serbia per ora si possono fare solo 
congetture, l'ammorbidimento della posizione 
iniziale del DPS e' assolutamente evidente. Non 
solo le trattative a livello di partiti 
proseguiranno, ma, a giudicare dalle 
dichiarazioni di Svetozar Marovic e' imminente 
qualche forma di dibattito pubblico sulla 
ridefinizione dei rapporti all'interno della 
federazione. Si prevede che in tale dibattitvo 
verranno coinvolti esponenti dei governi 
repubblicani, ma il punto essenziale sta nel 
fatto che e' stato abbandonato, o almeno 
estremamente relativizzato, tutto quello su cui 
nei giorni scorsi aveva ostinatamente insistito 
Podgorica. Il fatto che SPS, SRS e JUL abbiano 
dato prova di buona volonta' nel discutere con 
il DPS i destini dello stato comune, puo' essere 
direttamente interpretato come un'evoluzione 
positiva. Nulla, tuttavia, dimostra che si 
tratti nemmeno di un abbozzo di serio 
cambiamento nelle posizioni della Belgrado 
ufficiale. Al contrario, molti elementi portano 
alla conclusione che si tratti solo di 
cambiamenti tattici. Gli interlocutori del 
triumvirato al governo in Serbia hanno fatto 
chiaramente intendere ai dirigenti del DPS che i 
rapporti all'interno della federazione possono 
essere ridefiniti unicamente nei modi previsti 
dall'attuale Costituzione federale. "Possiamo 
cambiare la Costituzione, se ci accordiamo in 
merito, ma dobbiamo cambiarla secondo modalita' 
previste dalla Costituzione stessa, vale a dire 
con una maggioranza dei due terzi dei voti nella 
Camera dei cittadini e nella Camera delle 
repubbliche", ha detto il radicale Nikolic in 
un'intervista concessa a "Glas Crnogoraca" 
subito dopo l'incontro sulla nota isola 
montenegrina. Gorica Gajevic, segretario 
generale del SPS, ha dichiarato, dopo gli 
incontri di Belgrado, che le modifiche ai 
rapporti interni alla federazione "devono 
evolversi in modo legale e attraverso il sistema 
delle istituzioni". Goran Matic, membro della 
direzione della JUL, e' stato anch'esso preciso 
nell'esprimere la posizione secondo cui "tutte 
le modifiche verranno apportate in conformita' 
alla Costituzione e alle modalita' stabilite 
dalla legge". Non ci sono quindi dilemmi: i 
radicali di Seselj, i socialisti di Milosevic e 
la sinistra unita di Mira Markovic non hanno 
cambiato di una virgola la propria posizione. E 
non solo, a giudicare dalle loro interpretazioni 
delle trattative, hanno anche convinto i 
funzionari del DPS che i loro punti di vista 
sono giusti. [...] Dopo le trattative tra le 
delegazioni di DPS e SRS e' rimasto non chiarito 
se i negoziati tra i partiti sarebbero 
proseguiti. Dopo quelle di Belgrado, questo 
dubbio e' stato cancellato - continueranno. Non 
e' vero quindi, quello che ha detto Miodrag 
Vukovic, presidente del Comitato Esecutivo del 
DPS, secondo cui l'"eventuale offerta di 
continuare trattative a livello di partito non 
ha senso, perche' questa non e' una Piattaforma 
di partito e non possiamo continuare trattative 
solo all'interno dei partiti o tra partiti". Se 
si tiene conto dell'estensione e, 
conseguentemente, del potrarsi dei dibattiti 
annunciati da Svetozar Marovic, non vale piu' 
nemmeno la posizione di Vukovic secondo cui "sta 
per scadere l'ultimatum per una risposta da 
parte del governo serbo". Il DPS ha sminuito 
anche la propria posizione secondo cui la 
Piattaforma del governo montenegrino e' il 
minimo sotto il quale non si andra', nonche' il 
significato di tale documento. "Non si tratta, 
naturalmente, di un documento ideale e 
definitivo", ha dichiarato Marovic a Belgrado. 
"Si tratta di un documento del quale noi 
discuteremo, spero non solo oggi, ma ancora 
svariate volte - intendo sia i rappresentanti 
del governo che i rappresentanti dei nostri 
gruppi parlamentari, cosi' come i rappresentanti 
del mondo economico, quelli della vita pubblica, 
e non solo uomini e partiti di governo...", ha 
detto il vicepresidente del DPS e presidente del 
Parlamento montenegrino. I socialisti 
montenegrini, a giudicare dai fatti, non hanno 
sofferto di eccessiva coerenza. A Belgrado hanno 
dato prova di notevole flessibilita', offrendo, 
almeno da quanto si puo' giudicare al momento, 
qualcosa in cambio di niente. [...] Il DPS ha 
gia' lasciato intendere che non farebbe lo 
schifiltoso di fronte ad alcune offerte del 
governo serbo. In concreto, accetterebbe di 
entrare nella Camera delle repubbliche [causa il 
rifiuto di Belgrado di riconoscere le elezioni 
del 1997, nella Camera delle repubbliche siedono 
ancora i rappresentanti del precedente governo 
montenegrino, guidati da Momir Bulatovic, 
attuale premier federale e uomo strettamente 
legato a Milosevic - N.d.T.] e il posto di 
premier federale, con la condizione che "in 
Serbia si accetti la necessita' di impostare i 
rapporti tra Serbia e Montenegro su una base 
come quella proposta dal governo del Montenegro 
o simile a essa". Le parole che abbiamo appena 
citato sono di Milo Djukanovic, presidente del 
Montenegro, che ha espresso tale possibilita' lo 
scorso agosto in un'intervista rilasciata al 
settimanale di Sarajevo "Dani". Forse il segreto 
dell'arrendevolezza del DPS sta proprio nel 
fatto che ora a Belgrado gli e' stato offerto 
quello a cui e' stato promesso gia' in 
precedenza un assenso? Di questa offerta non si 
e' parlato pubblicamente, ma vi sono 
informazioni secondo cui se ne potrebbe essere 
parlato. "Se arriveremo a un accordo, noi di 
DPS, SRS, SPS e JUL metteremo in atto tale 
decisione anche in presenza della limitata forza 
numerica del DPS nel parlamento federale, 
perche' possiamo assicurare da soli una 
maggioranza dei due terzi", cosi' ha anticipato 
la soluzione finale Tomislav Nikolic, numero due 
del SRS. Sulla stessa lunghezza d'onda e' anche 
la dichiarazione del SNP [il partito di Momir 
Bulatovic - N.d.T.] secondo cui quest'ultimo 
sarebbe pronto a rinunciare al posto di premier 
federale, se lo richiedesse l'interesse supremo 
dello stato. Se il DPS si e' lasciato 
coinvolgere (o si lascera' coinvolgere) in 
questo tipo di accordi, dove tutto dipende da 
belle frasi, si e' coscientemente esposto al 
rischio di possibili raggiri. Cio' non sarebbe 
un problema se fossero in gioco solo interessi 
di partito, di qualsiasi genere. Ma quando si 
tratta delle "Basi per nuovi rapporti tra il 
Montenegro e la Serbia", in nessun modo si 
tratta di qualcosa che riguarda unicamente il 
DPS. Il documento e' stato approvato dal governo 
montenegrino, del quale il DPS e' il membro piu' 
forte e dalle maggiori responsabilita', ma ci 
sono anche i popolari e i socialdemocratici. E' 
in gioco quindi anche l'interesse degli altri 
partner politici e, nel complesso, della 
maggioranza del Montenegro. I socialisti di 
Djukanovic hanno gia' dato prova di sufficiente 
scorrettezza escludendo fin dall'inizio i propri 
partner di coalizione dalle trattative su un 
documento unitario dei governi delle due 
repubbliche. Tali partner, naturalmente, non se 
la sono presa piu' di tanto, poiche' ritenevano 
che le trattative a livello di partito fossero 
solo preliminari o, come assicurava Miodrag 
Vukovic, "una fase intermedia, la verifica delle 
posizioni dei partiti che formano i due 
governi". Ma cosa succedera' se verra' fuori che 
il risultato delle trattative tra il DPS e i 
partiti di governo serbi sono molto piu' di una 
"verifica delle posizioni"? Il DPS non ha forse 
cosi' fin dall'inizio indebolito la posizione 
contrattuale del Montenegro, scuotendo con dubbi 
e diffedenza i rapporti all'interno della 
coalizione di governo? Le prime reazioni dei 
socialdemocratici alle trattative di Belgrado e 
di Sveti Stefan confermano direttamente questa 
ipotesi. [...] E' stato il governo, e non il 
DPS, a chiedere poco tempo fa al parlamento di 
appoggiare le sue attivita' "relative alla 
Piattaforma proposta per risolvere in maniera 
democratica i rapporti tra il Montenegro e la 
Serbia". Il futuro della Jugoslavia, dello stato 
comune serbo-montenegrino, non sembra certo piu' 
roseo dopo la prima tornata di incontri tra gli 
alti funzionari del DPS e i colleghi dei partiti 
che governano la Serbia. Il ghiaccio della 
diffidenza, forse, ha cominciato a sciogliersi, 
le dichiarazioni dei relativi attori sono tali 
da dare l'impressione che sia possibile un 
accordo su una nuova forma di convivenza tra 
Montenegro e Serbia, ma tutto, pero', ricorda 
irresistibilmente qualcosa di gia' visto. In 
questa fase, fa pensare anche a un'"inutile 
umiliazione del DPS", come, in via non 
ufficiale, ha commentato di fronte ai 
giornalisti un ministro montenegrino. Chissa' se 
e' proprio per questo che gli alti funzionari 
del DPS, il giorno dopo le trattative di 
Belgrado, hanno evitato i giornalisti, 
spiegando, attraverso un rappresentante, che 
devono prima concordare le posizione al vertice 
del partito.


L'AVVIO DELLE TRATTATIVE TRA I PARTITI SERBI E 
MONTENEGRINI
di Ivan Torov - ("Danas", 30-31 ottobre 1999)

[...] Anche se nelle numerose reazioni sono 
state date le interpretazioni piu' svariate, da 
quelle secondo cui le trattative sono fallite 
fin dallo stesso inizio, a quelle secondo cui si 
e' trattato solo di un tastare il polso o ancora 
a quelle secondo cui coloro che fino a poco fa 
erano "compagni ideologici di partito" si 
accorderanno facilmente in merito a una 
spartizione del potere, domina la sensazione che 
entrambe le parti in questa fase abbiano 
ottenuto quello che volevano - guadagnare tempo. 
E' una cosa, in particolare, di cui hanno 
direttamente bisogno Milosevic e Djukanovic per 
consolidarsi nelle proprie poltrone e nei propri 
ambienti, attendendo lo sviluppo della 
situazione, soprattutto in Serbia, determinando 
la strategia e la tattica future per 
un'eventuale proseguimento delle trattative 
sulla base dei nuovi elementi che emergeranno. 
E' evidente che a nessuna delle parti in questo 
momento conviene un accordo, soprattutto non un 
accordo che comporti un radicale allontanamento 
dalla propria piattaforma e concessioni 
all'altra parte. Cercando di dare l'impressione 
di essere disponibili a dialogare su ogni 
opzione, Belgrado e Podgorica cercano di 
continuare a dare ciascuna l'impressione di 
essere in vantaggio e di attendere che "gli 
altri" facciano un primo segno di 
arrendevolezza. In realta', Milosevic in questo 
momento si trova in una situazione estremamente 
delicata. Lo stato alla cui guida e' giunto 
grazie al benestare assolutamente (in)aspettato 
di Djukanovic di due anni fa, nei fatti non 
esiste piu' e nella stessa Serbia si sono aperti 
per lui molti focolai che mettono seriamente in 
discussione la stabilita' del suo potere: 
l'economia e' in rovina, l'iperinflazione bussa 
alle porte, i fondi di bilancio si sono 
esauriti, l'insoddisfazine sociale e' sempre 
piu' esplicita, il Kosovo e' sulla via per 
diventare in primavera un discorso 
definitivamente terminato. Anche se con le sue 
mosse, e grazie all'incapacita' congenita 
dell'opposizione serba di opporsi unita al 
regime, ha ammortizzato la nuova ondata di 
dimostrazioni e di proteste di strada nelle 
citta' serbe, per Milosevic i nemici politici 
interni continuano a essere una preoccupazione 
fortissima, almeno fino alla primavera, quando 
potra' essere piu' chiaro se dovra' fare delle 
serie concessioni all'opposizione (che chiede 
l'apertura di una tavola rotonda e libere 
elezioni anticipate), oppure se sara' nella 
posizione di determinare da solo la direzione in 
cui si risolveranno i fatti oppure si 
sviluppera' un nuovo nodo di crisi profonda in 
Serbia. Anche se sono girate voci secondo cui - 
al fine di distrarre l'attenzione dell'opinione 
pubblica serba - egli si muovera' verso un 
radicale regolamento dei conti con Djukanovic, e 
forse con le forze della KFOR in Kosovo, alla 
fine non si puo' che concludere che tali mosse 
per il regime serbo sarebbero una catastrofe. Le 
ultime dichiarazioni di un generale 
dell'Esercito jugoslavo, secondo cui 
quest'ultimo tornera' in Kosovo quando l'UNMIK 
avra' terminato il suo mandato, cosi' come 
quelle di vari politici (Dacic, Seselj, 
Nikolic), secondo cui la Serbia non impedira' 
con la forza un'eventuale secessione del 
Montenegro, sono indicatori dell'intenzione di 
Milosevic, tuttavia, di orientarsi a impedire 
che l'opposizione serba si unisca e proceda a 
una nuova offensiva contro il suo potere. E di 
tempo ha bisogno anche per le sue aspettative di 
un allentamento delle pressioni delle grandi 
potenze su di lui, soprattutto se riguardo al 
Kosovo, e in particolare al Montenegro, 
dimostrera' un alto grado di cooperativita', 
ignorando il fatto che questa volta la comunita' 
internazionale ha definitivamente rinunciato ai 
suoi servizi.

L'IMBARAZZO DI DJUKANOVIC
Ma anche Djukanovic non si sente assolutamente a 
suo agio, sebbene, non vi e' dubbio, si trovi in 
una posizione decisamente migliore di quella di 
Milosevic, se non altro perche' su di lui non 
pesa la minaccia del Tribunale dell'Aja, perche' 
il Montenegro poco a poco si sta liberando dalle 
sanzioni e, infine, il suo rating internazionale 
e' continuamente in ascesa. Il suo imbarazzo 
viene dal fatto che le grandi potenze non sono 
favorevoli alla secessione statale del 
Montenegro, un fatto che gli lega in grande 
misura le mani. Sempre che l'opzione 
dell'indipendenza sia veramente un'intenzione 
seria, e non una vuota minaccia propagandistica 
indirizzata contro Milosevic per ottenere il suo 
accordo al fine di stabilire dei nuovi rapporti 
confederali tra la Serbia e il Montenegro. Il 
capo di stato montenegrino in questo momento si 
trova ad affrontare alcuni ostacoli a livello 
interno, che limitano il suo spazio di manovra: 
non e' sicuro di ottenere il sostegno della 
popolazione in un eventuale referendum per 
l'indipendenza, da una parte e, dall'altra, se 
sara' troppo arrendevole nei confronti di 
Belgrado, rischiera' che la sua coalizione di 
governo "Viviamo meglio" si disintegri 
rapidamente. Inoltre, egli e' esposto alla forte 
pressione della lobby politica serba in 
Montenegro, alle difficolta' di una situazione 
economica e sociale certo non invidiabile, e al 
forte influsso dell'instabilita' monetaria in 
Serbia sulla situazione montenegrina. Per questo 
molti osservatori ritengono che la notizia 
secondo cui il Montenegro starebbe per 
introdurre, anche se temporaneamente, una valuta 
straniera come mezzo parallelo di pagamento al 
fine di difendersi dall'"aggressione" monetaria 
del dinaro jugoslavo, sara' il test in base al 
quale si potra' giudicare se Djukanovic 
effettivamente vuole andare verso un ulteriore 
allontanamento di Podgorica da Belgrado, oppure 
se tutto finira' con le minacce. 
Indipendentemente dal fatto che il sostegno 
internazionale gli da' una sufficiente sicurezza 
e fiducia, al presidente montenegrino e' chiaro 
che non deve sopravvalutare le proprie forze e 
sottovalutare quelle di Milosevic. Tanto piu' 
che ha potuto vedere che la collaborazione con 
una parte dell'opposizione serba non lo ha 
affatto aiutato e che tale opposizione non e' 
riuscita a scuotere la decisione con cui 
Milosevic difende a tutti i costi il proprio 
potere. A tale proposito, alcuni osservatori ed 
esperti montenegrini della tecnologia di governo 
di Djukanovic non escludono la possibilita' di 
un nuovo avvicinamento interessato degli ex 
compagni di partito Milosevic e Djukanovic, per 
il semplice motivo che i politici montenegrini 
fanno sapere che per loro la cosa piu' 
importante e' assicurare alla loro repubblica 
uno status piu' vantaggioso e che la sorte del 
regime e dell'opposizione serbi ha ai loro occhi 
un'importanza marginale. Un fatto confermato 
dalla rassegnazione con cui a Podgorica si 
afferma che il potere ufficiale a Belgrado e' 
piu' benevolente nei confronti della piattaforma 
proposta dai montenegrini di quanto non lo siano 
gli "alleati" dell'opposizione serba. 
D'altronde, Djukanovic ha gia' vinto una 
battaglia - e' riuscito a ottenere con questa 
apertura di trattattive che Milosevic nei fatti 
abbia riconosciuto il suo governo, da 
quest'ultimo fino ad ora contestato con l'accusa 
al presidente montenegrino di avere falsificato 
le elezioni. Tenendo presente tutto questo, e' 
del tutto naturale che l'avvio delle trattative 
tra i partiti serbi e quelli montenegrini si sia 
svolto all'insegna del reciproco accordo di rito 
tra ex amici e che lo scontro tra i due 
"montoni" sia stato rimandato a tempo 
indeterminato. Se mai ci sara'!



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