Notizie Est #270 - Kosovo



"I Balcani" - http://www.ecn.org/est/balcani

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NOTIZIE EST #270 - KOSOVO
22 ottobre 1999
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[In Notizie Est #259 del 20 settembre scorso 
abbiamo pubblicato alcuni brevi brani di un 
articolo che riassumeva un'inchiesta sulla 
composizione sociale dell'UCK nel momento della 
sua smobilitazione. Riceviamo ora da Franz 
Gustincich (che ringraziamo) e pubblichiamo qui 
sotto, a titolo documentativo, un articolo piu' 
diffuso sullo stesso argomento, comparso 
recentemente sul settimanale kosovaro Pasqyra 
(Specchio), una pubblicazione stampata in 
Germania che ha fatto la sua prima comparsa il 7 
ottobre 1999, presentandosi con un aspetto 
moderno, ben impaginato e con discreto risalto 
alle immagini. Piu' sotto riportiamo la 
traduzione di un breve riassunto del rapporto 
della International Labour Organization 
intitolato: "Occupazione e protezione dei 
lavoratori in Kosovo"]


IL PROSSIMO FUTURO DEI COMBATTENTI (dell'UCK 
N.d.T.)
di Iliriana A. Bajo - (Pasqyra)

Per la prima volta nella sua storia il Kossovo 
ha le proprie truppe di difesa.

Dopo 60 giorni dalla firma dell'accordo per il 
disarmo con le forze internazionali, il TMK, 
Trupa Mbrojtiese te Kosoves (Truppe difesa del 
Kossovo, ex UCK, N.d.T.) e' ora operativo.

Il TMK deve essere presente anche nel processo 
di rinnovamento del Kossovo, devono pero' 
prepararsi ad affrontare le emergenze civili. 

Il TMK conta 5000 uomini tra i quali 2000 
riservisti.

Una parte di questo "esercito" viene dalle fila 
dell'UCK, un'altra parte sta per essere 
arruolata tra la popolazione civile. Fonti 
internazionali sostengono che la creazione di 
questo corpo e' il risultato della 
collaborazione tra KFOR, UNMIK e UCK.

Profilo del soldato dell'UCK

Scolarizzazione

L'International Migration Organization ha 
censito i militari dell'UCK per conoscere la 
situazione sociale, la scolarizzazione e le 
professionalita' prima, durante e dopo la 
guerra.. Sono stati registrati piu' di 10700 ex 
soldati dell'UCK nel quadro dei programmi di 
integrazione sociale. Il 99% sono stati 
arruolati tra il 1998 ed il 1999, di questi il 
13% erano comandanti ed ufficiali con diverse 
responsabilita' ed incarichi, il resto 
costituivano la truppa, tra i quali soldati 
circa il 30% non avevano finito la scuola 
superiore, ed il 16% avevano frequentato le 
scuole commerciali (3 anni di corso anziche' 4).

Tra gli ufficiali il 34% possedeva il diploma di 
scuola media superiore, il 20% erano i laureati 
e l'11% avevano il diploma di laurea breve, 
quindi soltanto il 4% ha terminato gli studi 
universitari. Un altro 11% si e' arruolato 
interrompendo l'universita'.

I due terzi dei militari registrati erano di 
eta' compresa tra i 19 e 26 anni, il 13% erano 
al di sotto dei 18 anni: il 93% erano comunque 
soldati al di sotto dei 39 anni.

Situazione sociale

La stessa fonte dell'OIM fa sapere che 9000 
soldati sono capifamiglia, responsabili di 
70.000 persone, tra cui 10.000 bambini.

Il 19% del totale dei registrati attualmente 
vive in villaggi diversi da quelli di nascita ed 
hanno dichiarato di voler tornare, mentre il 
restante 81% non si sono mai allontanati dalle 
loro case. Il problema per il ritorno e' la 
mancanza di rifugi, poiche' la maggior parte 
delle case dei militari dell'UCK sono state 
danneggiate o distrutte. Tra questi il 17% hanno 
case che possono essere riparate facilmente, 
mentre il 16% hanno case distrutte ed hanno 
bisogno di ricostruirle totalmente. Solo il 12% 
ha la casa abitabile ed un altro 1% ha trovato 
la propria abitazione occupata da altre famiglie.

Cio' rasenta l'emergenza, poiche' cio' significa 
che quasi 70.000 persone hanno problemi 
abitativi.

A questo si aggiunge la disoccupazione: il 36% 
dei soldati erano disoccupati anche prima di 
arruolarsi, solo circa il 13% avevano un lavoro 
permanente in diverse aziende di cui il 3% nel 
pubblico impiego. Il 9% erano commercianti, ed 
il 16 % era occupato nell'agricoltura. I 
restanti, pur lavorando non godevano di un 
salario costante.

3500 soldati chiedono di ricominciare il proprio 
"business" (commercio casuale, nell'accezione 
comune, N.d.T.), pero' c'e' una barriera 
costituita dalla mancanza di capitale.

La maggior parte dei soldati non vuole tornare 
nei posti di lavoro occupati precedentemente, la 
ragione e' la stessa per tutti: desiderano 
iniziare un lavoro nuovo, migliore e piu' 
sicuro. La mancanza di specifiche 
professionalita' rappresenta spesso un ulteriore 
ostacolo alle aspirazioni.

Un terzo vorrebbe essere impiegato per lo 
sminamento del Kossovo, un'altra parte vorrebbe 
essere arruolata nelle forze di polizia che si 
stanno costituendo, gli ex militari in genere, 
hanno richiesto di essere inquadrati 
nell'amministrazione civile.

Questa e' la radiografia dell'UCK, o meglio dire 
degli undicimila censiti, realizzata nel corso 
di un mese dall'OIM, dalla KFOR e dell'UNMIK.

Tutte queste informazioni sono state approvate 
dall'UCK che ha anche collaborato per la 
raccolta.

Per evitare ulteriori problemi sociali, sara' 
necessario aumentare di alcune migliaia il 
numero di ex soldati arruolati nelle truppe di 
difesa (TMK), come sostengono anche gli ideatori 
della trasformazione dell'UCK.

(Traduzione a cura di Franz Gustincich)


IL MERCATO DEL LAVORO DEL KOSOVO IN UNO STATO 
"CROLLATO"
da "ILO News"

Ginevra, 19 ottobre 1999

Almeno due terzi della popolazione del Kosovo in 
eta' di lavoro e' ufficialmente senza lavoro e 
coloro che hanno un'occupazione lavorano in 
quello che un rapporto preparato per la 
International Labour Organization ha descritto 
come una "vasta economia grigia", in condizioni 
di impiego che rappresentano un "vuoto legale".

Un rapporto intitolato "Occupazione e protezione 
dei lavoratori in Kosovo", reso pubblico oggi a 
Ginevra, descrive nei dettagli un'economia e una 
societa' in cui le istituzioni fondamentali del 
mercato del lavoro si sono deteriorate in misura 
catastrofica durante un decennio che ha visto 
tensioni civili e guerra combinarsi con un 
disastroso calo del PIL generale del 50%.

Il rapporto nota che, anche se e' estremamente 
difficile ottenere dati affidabili (visto che 
moltissimi documenti ufficiali risultano 
inaffidabili o distrutti) l'attuale popolazione 
del Kosovo e' stimata come pari a circa 1,8-1,9 
milioni di persone, una cifra diminuita rispetto 
al dato di 2,3 milioni nel 1997 [oltre al 
recente esodo di serbi e rom, il rapporto 
segnala, nella parte non tradotta di questo 
testo, che il numero di albanesi del Kosovo che 
lavora all'estero e' stimabile in 400.000 - 
N.d.T.].

In termini demografici, la popolazione e' 
preponderantemente giovane. All'inizio degli 
anni '90, il 58% dei kosovari aveva meno di 25 
anni e il decennio ha visto un tasso di nascite 
costantemente alto.

Sulla popolazione del Kosovo in eta' di lavoro, 
circa 1.330.000 persone, solo il 35% (circa 
469.000) puo' essere descritto come 
economicamente attivo, mentre il 65% (861.000) 
e' economicamente inattivo o disoccupato. Le 
attivita' agricole danno lavoro a 106.300 
persone, circa il 23 per cvento della forza 
lavoro attiva. Le donne sembrano essere colpite 
in modo particolarmente duro dalla 
disoccupazione visto che, come osserva il 
rapporto, "un'ampia percentuale della 
popolazione economicamente attiva e' composta da 
uomini".

"Parallelamente al sistema dell'occupazione", 
afferma il rapporto, "in Kosovo e' crollato 
anche il sistema dei salari". Anche se molte 
imprese hanno continuato a pagare stipendi, 
durante e dopo la campagna NATO, i danni della 
guerra hanno portato a una chiusura temporanea 
di alcune delle principali fonti di occupazione 
dell'economia del Kosovo. Nessuno stipendio 
viene pagato nei servizi pubblici, che sono 
stati abbandonati dai serbi. Le imprese 
pubbliche erano responsabile di ben l'80% del 
PIL del Kosovo e coprivano infrastrutture chiave 
come la produzione di energia, il rifornimento 
idrico, i trasporti e le telecomunicazioni, 
tutti essenziali per il resto dell'economia.

Anche le strutture amministrative e legali si 
sono degradate in maniera analoga. Il rapporto 
dice che i sistemi di protezione sociale (che 
gestiscono le pensioni di anzianita' e di 
disabilita', nonche' i sussidi sanitari e per i 
disoccupati), gia' mal funzionanti prima della 
guerra, nonche' il sistema legale e giudiziario 
complessivo che governa l'occupazione e le 
relazioni collettive di lavoro, sono anch'essi 
in generale in stato di collasso.

La conseguenza, secondo Lajos Hethy, autore del 
rapporto ed ex Segretario di Stato del Ministero 
del lavoro ungherese, e' sempre lo stesso: "la 
perdita simultanea di tutte queste strutture 
significa che le persone occupate vedono 
scomparire i loro stipendi, senza che nessuna 
prospettiva di impiego sia disponibile, mentre i 
pensionati e i disoccupati hanno visto i loro 
redditi diminuire drasticamente".

"Il mercato del lavoro e i sistemi sociali 
attuali", ha insistito Hethy, "devono essere 
aggirati al fine di ottenere impieghi, redditi e 
protezione sociale assolutamente indispensabili 
per una popolazione che risente in maniera molto 
grave di una situazione altamente volatile".

Il rapporto sottolinea che il problema 
dell'occupazione non e' dovuto alle prestazioni 
economiche in declino e alle azioni militari, ma 
puo' essere fatto risalire a svariati fattori 
interagenti, tra cui la legislazione e le 
pratiche di assunzione, entrambe 
discriminatorie, messe in atto dalla Repubblica 
Federale di Jugoslavia durante gli anni '90. 
L'adozione della Legge della Federazione 
Jugoslava sul Lavoro in Circostanze 
Straordinarie ha avuto come esito il 
licenziamento di 145.000 albanesi del Kosovo 
dall'amministrazione civile, dai servizi 
pubblici e dalle imprese economiche [...]



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