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[asia] PICCOLE VITE SPEZZATE DA GUERRA E POVERTA'
- Subject: [asia] PICCOLE VITE SPEZZATE DA GUERRA E POVERTA'
- From: "PIER LUIGI GIACOMONI" <pierluigi.giacomoni at fastwebnet.it>
- Date: Thu, 8 Jan 2004 23:04:38 +0100
La Repubblica - Mercoledì 7 gennaio 2004 - LA TESTIMONIANZA PICCOLE VITE SPEZZATE DA GUERRA E POVERTÀ ALBERTO CAIRO KABUL - In Afghanistan ci sono bambini ovunque. Cinque per famiglia in media. Gli adulti si aspettano da loro cose impensabili in Occidente. Lavori anche pesanti, pericolosi, in posti malsani, pagati niente. Ma che fare, tutti devono contribuire al magro bilancio familiare. E così, marmocchi vengono affidati a sorelline di ben poco più grandi, nonni infermi a nipotini ancora troppo piccoli. Ad una età in cui dovrebbero solo pensare a giocare e andare a scuola. Chi questa mano d´opera in erba non ce l´ha in casa deve affittarla, rivolgendosi a famiglie povere, ben contente di liberarsi di una bocca da sfamare. Munès ha sette anni. Da due lavora a tempo pieno. La madre, vedova, fa la lavandaia per i vicini. Ha tre sorelle piccole. Vivono tutti in una stanza. Fortunati perché è ampia e luminosa. Dalle sette la mattina fino al tramonto, Munès accompagna Ziauddìn, cieco. Cosa Ziauddin faccia in giro tutto il giorno non è chiaro. Visita amici, va per negozi, chiacchiera facile, discute, litiga. Camminare per le strade di Kabul è diventata un´impresa, il traffico è caotico, i guidatori indisciplinati. Munès si deve districare nella confusione, attraversare incroci senza semafori, fare cenno agli autobus e ai taxi di fermarsi. Sempre a disposizione. Ziauddin è un brav´uomo, ma è esigente. Chissà quante volte al giorno Munès vorrebbe andarsene, correre a giocare. Invece resta, ben conscio che il suo magro stipendio è un tesoro per i suoi. Qualche settimana fa un fabbricante di tappeti mi ha confidato che gli affari gli vanno male. «Nessuno compra?» ho chiesto. «No, i tappeti sono richiesti. È che hanno riaperto le scuole. Ci vanno pure le bambine...», risponde scuotendo il capo. E già, non ha più la mano d´opera in passato disponibile in gran numero: occhi buoni, dita piccole e svelte, che imparano in fretta. A stipendi da ridere. In genere rifiuto di visitare fabbriche di tappeti: bambini come polli in batteria, stanze fredde e mal aerate. Una tristezza. Ma se per i ragazzini più piccoli la riapertura delle scuole rappresenta una speranza per il futuro, per molti adolescenti è troppo tardi. Nati e vissuti nella guerra, hanno perso tempo irrecuperabile. E che dire dei bambini poliomielitici (ce n´è ancora di nuovi ahimè), che tre gocce di vaccino avrebbero potuto mettere al riparo da ogni rischio, e di quelli saltati e che saltano sulle mine? Negli ospedali e nei centri ortopedici della Croce Rossa Internazionale quanti ne sono passati per ricevere una protesi. Vite minate. E che rabbia pensare a quei farabutti che chiedevano ai ragazzini di raccogliere per loro pezzi di metallo tra le macerie delle case colla promessa di pochi centesimi, sapendo che molti ne sarebbero morti? E come dimenticare il triste primato dell´Afghanistan che vede venti bambini su cento non arrivare ai cinque anni? A Kandahar ieri ne sono stati uccisi parecchi. Li vedo, curiosi e divertiti, intrufolarsi ovunque, inarrestabili, il rischio nel sangue, gli occhi vivaci, neri e furbi. Alla notizia, uno dei nostri guardiani si è chiesto commosso «non è abbastanza quello che i nostri figli hanno pagato?» ( lavora per il Progetto Ortopedico della Croce Rossa Internazionale in Afghanistan) PIER LUIGI GIACOMONI
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