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L'Africa di Machiavelli su WarNews



L'Africa di Machiavelli

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06/11/03 di <mailto:fam.fago@libero.it>Matteo 
<mailto:fam.fago@libero.it>Fagotto

<http://www.warnews.it/index.cgi?action=topics&viewcat=editoriali>
editoriali
  Guardando l'attuale situazione politica africana, la prima considerazione 
che mi viene da fare è che numerosi leader africani devono aver letto "Il 
principe" di Niccolò Machiavelli e devono essersi ispirati alle sue teorie 
nella gestione del potere.

L'Africa contemporanea assomiglia infatti in maniera impressionante 
all'Italia rinascimentale: uomini venuti dal nulla, con spesso alle spalle 
carriere più o meno brillanti nelle Forze Armate, conquistano il potere in 
paesi dimenticati da Dio, quasi sempre attraverso golpe militari o manovre 
politiche comunque poco limpide. Una volta giunti al potere, governano lo 
stato con pugno di ferro, attenti a non lasciare spazio allo sviluppo di 
una società civile e alle opinioni dell'opposizione.

Spesso e volentieri però i loro sogni di gloria non si fermano qui, 
spingendo questi sedicenti capi di stato ad impegnarsi in "guerre 
incrociate" condotte molto spesso per procura attraverso gruppi ribelli; 
come i signori cinquecenteschi organizzavano incessantemente complotti e 
attentati contro i loro nemici, i dittatori africani contemporanei sono 
sempre pronti a sostenere i vari gruppi ribelli che nei paesi confinanti 
muovono guerra all'establishment locale per i motivi più svariati, 
economici, etnici o religiosi. Con l'unico risultato di spingere le altre 
nazioni ad adottare lo stesso metodo nei loro confronti.

Che cosa spingerà questi novelli Orsini, Sforza e Medici a imbarcarsi in 
queste imprese logoranti e fallimentari? Il sogno di creare delle potenze 
regionali africane simili agli imperi antichi? E così, da ormai 50 anni a 
questa parte, gli stati africani si logorano in queste "guerre per procura" 
che hanno come unico risultato certo il progressivo esaurimento dei 
contendenti, che in questi conflitti senza fine gettano una quantità 
impressionante di soldi, ricchezze naturali e risorse umane che potrebbero 
essere meglio impiegate.

Senza contare come le ambizioni di questi signorotti siano spesso 
strumentalizzate dalle nazioni occidentali, anche qui per i motivi più 
svariati: per tentare di inglobare gli stati africani nei due blocchi 
durante la Guerra Fredda, per motivi più strettamente economici al giorno 
d'oggi, dove le grandi multinazionali mettono le mani sulle immense 
ricchezze naturali africane svendute da stati indebitatisi fino al collo 
nei loro miopi giochi di potere.

Il punto di svolta arriva solo quando gli stati non ce la fanno più a 
sostenere il peso di questi conflitti ed i signori africani perdono anche i 
favori delle cricche economico-militari che li mantengono al potere. Così, 
un nuovo, giovane ed energico Orsini rovescia il Signore precedente, 
guadagnandosi il favore dell'esercito e dei notabili locali e dichiarando 
di voler governare per il bene del popolo e per lo sviluppo della nazione. 
Ed il ciclo ricomincia, incessante...

Negli ultimi anni, un elemento di novità è stato l'intervento dell'ONU, che 
attraverso trattative di pace ed aiuti economici tenta di fare uscire 
l'Africa da questo circolo vizioso. I risultati, però, al momento non sono 
molto incoraggianti, visto che parecchi stati, dopo qualche anno di 
pseudo-democrazia pilotata dalla comunità internazionale, ricadono sotto le 
grinfie di qualche ambizioso generale locale.

Nella sua breve storia l'Africa indipendente ha vissuto questo processo 
innumerevoli volte. Limitandoci alle guerre in corso attualmente, possiamo 
citare il Sudan e l'Uganda, che sostengono vicendevolmente i gruppi ribelli 
operanti nei due stati e che portano avanti due guerre civili che durano 
rispettivamente da 20 e da 17 anni; o il Burundi, il Rwanda e ancora 
l'Uganda, impegnatisi nel conflitto congolese e che vedono i rispettivi 
gruppi ribelli foraggiati da Kinshasa; o ancora il fallito colpo di stato 
di poche settimane fa in Burkina Faso, per il quale le autorità locali 
hanno accusato la Costa d'Avorio e il Togo, per non parlare delle guerre 
civili in Sierra Leone e in Liberia.

Il caso liberiano

E proprio il conflitto liberiano, con i suoi recenti sviluppi, permette di 
analizzare in maniera dettagliata questa "machiavellizzazione" del 
continente. Un recente rapporto di Human Rights Watch ha infatti messo in 
luce il ruolo degli stati confinanti nella guerra civile che sconvolge il 
paese dal 2000 e che ha visto lo scorso agosto la fuga dal paese dell'ormai 
ex-dittatore Charles Taylor, rifugiatosi in Nigeria.

HRW sottolinea come tutti i protagonisti della guerra potessero contare su 
numerosi aiuti oltre confine: le truppe di Taylor erano sostenute dal 
Burkina Faso, i ribelli del MODEL (Movement for Democracy in Liberia) 
avevano appoggi forti in Costa d'Avorio, mentre il principale gruppo 
ribelle, il LURD (Liberians United for Reconciliation and Democracy) godeva 
del supporto della vicina Guinea.

In particolare, il rapporto si sofferma sui legami tra il LURD e la Guinea, 
il cui supporto sarebbe stato fondamentale nell'offensiva scatenata dai 
ribelli nella capitale Monrovia la scorsa estate, un'offensiva che ha 
portato alla fuga di Taylor e alla morte, in pochi giorni, di migliaia di 
persone indifese sotto i colpi dei mortai ribelli.

Numerose prove e testimonianze portate da HRW mostrano come l'establishment 
della Guinea si sia impegnato in prima persona nel conflitto liberiano: il 
principale accusato è il Ministro della Difesa, che avrebbe materialmente 
organizzato la fornitura di armi provenienti dall'Iran e trasportate in 
Guinea da numerosi cargo appartenenti ad una linea aerea ucraina.

Per stessa ammissione dei ribelli del LURD, le armi che arrivavano 
all'aeroporto di Conakry (la capitale guineana) venivano poi fatte arrivare 
al confine liberiano in diversi modi: via mare, su camion o addirittura 
portate dai profughi liberiani rifugiatisi nei campi della Guinea, 
costretti a rimpatriare e a portare con sé mortai e kalashnikov da 
consegnare ai ribelli.

E' importante notare come il traffico allestito dalla Guinea sia stato 
organizzato in totale spregio dei trattati internazionali e delle 
risoluzioni dell'ONU. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (in cui 
quest'anno siede anche la Guinea!) ha infatti decretato un embargo sul 
traffico d'armi in Liberia, imposto originariamente nel 1992 e rinnovato 
nel 2001 in occasione dello scoppio della guerra civile. Quel che è più 
grave, al traffico d'armi avrebbero partecipato anche i soldati guineani 
facenti parte dell'UNMIL, la missione ONU in Liberia.

Ma anche l'ECOWAS (la comunità economica che raggruppa numerosi stati 
dell'Africa occidentale), di cui la Guinea fa parte, ha approvato nel 1998 
una moratoria che impegna tutti i membri a non importare ed esportare armi 
leggere.

Al disastro liberiano non sarebbero estranee neanche le autorità americane, 
che negli anni 2002-2003 hanno avviato un programma di addestramento per le 
truppe guineane e hanno fornito a Conakry numerosi aiuti militari, senza 
accertarsi che questi aiuti non venissero poi inviati sul fronte liberiano. 
Le responsabilità dell'amministrazione americana, comunque, sarebbero 
causate più dalla negligenza nel richiedere informazioni alle autorità 
guineane piuttosto che dall'aperto sostegno al traffico d'armi.

Conclusioni

Questo articolo non vuole comunque essere un atto d'accusa limitato alla 
Guinea: le responsabilità degli altri paesi confinanti, come Burkina faso e 
Costa d'Avorio, non sono minori. Come non sono minori le responsabilità di 
chi continua a foraggiare queste inutili guerre africane, che come 
ribadiamo non fanno altro che ridurre in ginocchio stati che già di per sé 
sono le ultime ruote del carro dell'economia internazionale. Per non 
parlare della popolazione civile, costretta a immani privazioni e a 
innumerevoli sofferenze per soddisfare le brame di potere di pochi uomini 
avidi, violenti, corrotti e ignoranti.

Forse sarebbe ora di far sapere a questi signori che le guerre 
rinascimentali italiane hanno portato solo al declino economico e civile e 
alla dominazione straniera della nostra penisola; che le armi moderne fanno 
molti più danni e distruzioni delle spade e dei moschetti cinquecenteschi; 
e che, nella società attuale, non c'è più spazio per gli Orsini e i Colonna.

Matteo Fagotto