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NON RUBIAMO IL CROCIFISSO AI CROCIFISSI



----- Original Message -----
From: Luigi De Paoli
To: Undisclosed.Recipients@small-4.inet.it
Sent: Sunday, April 15, 2001 2:49 PM
Subject: I: buona pasqua

Carissimi/e, vi allego una riflessione di E.Melandri apparsa sul "Mattino"
di Napoli. Shalom, Gigi
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NON RUBIAMO IL CROCIFISSO AI CROCIFISSI





Non ci sono lapidi o monumenti sulla strada che da Beni porta a Butembo,
nel Nord Kivu, in Congo. Eppure, mi dicono, su questa strada sono state
fatte migliaia di vittime. La gente ha dovuto abbandonare i villaggi e
fuggire sulle montagne. Torna ogni tanto, durante il giorno, per cercare di
coltivare i campi. Poi la sera, per sicurezza, deve rifugiarsi fra gli
alberi. Sono diversi milioni le vittime di questa guerra. Qualcuno l'ha
definita la prima guerra mondiale d'Africa. Otto stati implicati. Una
miriade di gruppi irregolari che ormai, stante la situazione, ha scelto la
guerriglia come mestiere. In mezzo la gente che continua a domandarsi il
perché di un conflitto che solo i signori della guerra capiscono e vogliono.

In Sierra Leone si vive una sorta di tregua armata. I cosiddetti ribelli
(ma a nulla si ribellano, cercano solo il controllo dei diamanti) da tempo
non fanno attacchi. Restano. tuttavia, ben saldi a controllare le cave di
diamanti. Fomentando così la triste catena che, attraverso il contrabbando
di queste pietre preziose, continua a riempire il continente africano di
armi. Anche qui la gente soffre soltanto le conseguenze della guerra. Senza
saperne il perché.

Le nuove guerre del tempo della globalizzazione hanno tutte delle
caratteristiche comuni: sono fatte da professionisti - siano essi eserciti
o gruppi irregolari; penetrano negli ambiti vitali della gente civile. Si
combatte, infatti, all'interno dei villaggi in Africa o nei ballatoi dei
condomini nella ex Jugoslavia. Chi ci rimette sono appunto i civili. I
militari sanno come difendersi e come sfuggire al fuoco. In più, dietro
proclamazioni ideali nobili, nascondono sempre interessi molto concreti e
molto ignobili.

Si scopre così che troppe guerre di "liberazione" portano dritte dritte
alle miniere di oro, di diamanti o di coltano. Oppure che dietro lo spirito
nazionale e la difesa della propria identità si celano progetti di egemonia
e volontà di potenza. In fondo a tutto c'è sempre il dio denaro. E ciò fa
in modo che, alla fine di tutto, guerre endemiche che attraversano il
cosiddetto Terzo Mondo, trovino la loro spiegazione vera in Europa o negli
Stati Uniti.

I laboratori di Anversa o le vetrine di Amsterdam trattano i diamanti che
arrivano dall'Angola, dalla Sierra Leone o dal Congo. E si sa, non c'è
nulla di più facile che contrabbandare un diamante: incolore, inodore,
insapore. Un calcolo per difetto stima che almeno un terzo dei diamanti in
circolazione non abbia seguito le vie legali per arrivare fino da noi.

Tutti sanno che il coltano è un materiale raro e prezioso che serve per la
l'industria elettronico-digitale. Pochi invece sanno che uno dei più
implicati nella sua lavorazione è Bush senior, padre dell'attuale
presidente degli Stati Uniti.

Ed è solo di qualche settimana fa la notizia che il Ruanda, temendo di
essere costretta ad abbandonare il Sud Kivu, in Congo, sta incrementando
l'estrazione di coltano, inviando ad estrarlo anche i prigionieri di Kigali.

Forse la storia, pur nella sua diversità, continua a ripetersi. E oggi come
ieri, come duemila anni fa, continua a inchiodare sui tanti Golgota del
pianeta, i nuovi crocifissi. E sono tanti. Incolpevoli. Come il Crocifisso,
inchiodato sulla Croce fuori dalle mura di Gerusalemme.

Tanti personaggi, piccoli o grandi, si affacciano intorno a questa
tragedia. Ieri i Grandi Sacerdoti, Erode o Pilato, che si affannavano a
cercare un motivo nobile per affibbiare la croce addosso a Gesù di
Nazareth. Oggi i nuovi padroni che, o in nome del potere, o della
ricchezza, condannano sistematicamente a morte centinaia di migliaia di
persone. Gli uni e gli altri sempre con le mani lavate e pulite. Come
Pilato. Con loro, la folla. Quella gente che, oggi come ieri, vede, ma non
sa reagire. Non sa cosa fare. Non ha potere.

La pasqua di ieri diviene così una sorta di concentrato della realtà di
sempre, anche di oggi. E non si può celebrare seriamente la pasqua senza
tener conto dei crocifissi di oggi. Perché il crocifisso appartiene
innanzitutto ai nuovi crocifissi, E' loro, perché lui ha scelto di stare
con loro. Non lo troveremo se lo cercheremo tra i profumi o gli incensi;
neanche se lo andremo ad imbellettare, o a indorare. Non si trova lì il
crocifisso del Golgota..

E' nascosto tra le donne di Kabul; o tra i bambini schiavi del sesso in
tante parti dove si celebra il turismo sessuale per gli annoiati dei paesi
opulenti; o nei campi profughi abitati da chi ha dovuto abbandonare tutto
per cercare di salvarsi almeno la vita. E' in Armenia, in Kurdistan, in
Iraq a subire l'embargo. E' sulle carrette piene di disperati che solcano
il mediterraneo per cercare in Europa un po' di speranza. E' morto, in
fondo al mare, con quelli che il mare si è portato via nella loro ricerca
di un luogo dove poter vivere dignitosamente.

 Forse sarebbe ora che, cristiani o non cristiani, tutti quelli che si
commuovono di fronte alla morte di Gesù di Nazareth, capissero che non sarà
possibile incontrarlo in chiesa se non si accetta di incontrarlo e di
onorarlo prima di tutto nella persona dei tanti che ogni giorno sono
costretti a salire sullo stesso golgota.

I teologi si sono domandati come fosse possibile per Dio essere ad
Auscwihtz. Non c'era bisogno di andare molto lontano per trovare la
risposta. Il Dio di Gesù di Nazareth c'era. Non - se ci fosse stata - nella
cappella del lager, ma nei forni crematoi. Vittima tra le vittime. Non
rubiamo il Crocifisso ai crocifissi. Trasformeremmo in idolo quello che si
trova in chiesa..

Il Vangelo ci consegna come segno della Risurrezione la Tomba vuota
lasciata da Gesù il terzo giorno dopo la sua morte. Oggi, in tante parti
del mondo si continuano a scoprire fosse comuni piene di cadaveri. E'
ancora lontana la domenica di Pasqua.

Eugenio Melandri







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