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Diario dal Centrafrica 5 - LA DONNA CENTRAFRICANA




From: "COOPI Bangui"
Subject: Donne
Date: Sun, 18 Feb 2001 10:37:25 +0100



LA DONNA CENTRAFRICANA

Ho avuto pochissimi contatti con la popolazione femminile di questo 
paese, ad eccezione delle donne M'Bororo che vengono a vendermi il 
latte, ma non parlano francese, le donne del mercato centrale e qualche 
ragazza che viene a vendermi manghi e avocado. L'unica persona 
centroafricana di sesso femminile con cui ho avuto a che fare per 
motivi di lavoro è la Maire, cioè il sindaco. Un enorme  omone dalla 
faccia simpatica e dai vestiti variopinti. Mi era stata presentata a 
suo tempo da Leon, che aveva tenuto a precisare che era una donna 
illeterata e che aveva ottenuto quel posto per nomina presidenziale in 
quanto vedova di un colonnello dell'esercito presidenziale. Ci siamo 
poi reincontrate in altre occasioni, ufficiali e meno, e mi è sembrata 
una persona degna di ogni considerazione.  Mi è cominciata  a diventare 
simpatica quando mi sono resa conto che molti uomini, primo fra questi 
Leon, non tollerano che una donna gli sia gerarchicamente superiore ed 
è perciò che le rendono la vita un po' difficile. Forse ha letto nei 
miei occhi una certa solidarietà, visto che una mattina, alla fine di 
un incontro di lavoro abbastanza formale, durante il quale era 
circondata da numerosi consiglieri che avevano tutta l'aria di prendere 
le decisioni definitive, malgrado tutte le richieste venissero fatte 
formalmente a lei, mi ha sussurrato "Sono contenta di avere a che fare 
con donne dirigenti, da queste parti è una cosa rara, ed è sempre un 
piacere intendersi fra donne". Mi dispiace che la situazione e le 
circostanze non mi lascino, almeno per ora,  il tempo per coltivare un 
rapporto di tipo personale. Lei comunque qui rappresenta il partito di 
governo, dell'etnia del presidente, che è di questa regione, e suo 
figlio è ministro dell'insegnamento secondario. In questo paese il 
presidente ha la facoltà di nominare direttamente qualunque funzionario 
dell'amministrazione pubblica, dal sindaco al  ministro.

Torniamo alle donne. Una mattina in ufficio Leon si lamentava 
ripetutamente di qualcosa di Elisabetta, fino a che non ho dovuto 
dirgli che doveva dirlo a lei e non a me e gli ho domandato se per caso 
aveva paura di parlarle, visto che ne aveva avuto piu' volte occasione. 
Mi ha guardato come se lo avessi insultato ed ha cominciato a 
comportarsi in modo strano. Quando gli ho chiesto una spiegazione, 
visto che dovevamo finire un lavoro insieme e lui faceva il sostenuto, 
mi ha spiegato che nella sua cultura africana la sola insinuazione che 
un uomo possa avere paura di una donna era una grave offesa. Ha usato 
queste testuali parole "Un africano può essere accusato di aver paura 
di qualunque cosa, persino di un animale domestico, anche di un 
cagnolino, e non ha nessuna importanza, ma dirgli che potrebbe avere 
paura di una donna, che vale meno di un cane, è il peggiore insulto che 
gli possa venire rivolto." Ho dovuto chiedergli scusa cercando di 
spiegargli che non lo avevo offeso deliberatamente, ma gli ho suggerito 
di vedere la cosa anche da un altro punto di vista. Gli ho ricordato 
che stava parlando con una donna, e che se ognuno si trincerava nella 
sua cultura, a questo punto ero io che avevo tutti gli elementi per 
poter fase l'offesa. Nella mia cultura, con la sua affermazione, lui 
offendeva me insieme a tutte le donne, affermando che valevo meno di un 
cane (con tutto il rispetto per i cani). Ha accettato la cosa, ci siamo 
chiesti scusa a vicenda ed è finita li, ma non ho potuto dimenticare 
l'episodio. Mi chiedo se anche per lui non sia la stessa cosa.

Lunghe  conversazioni con altri centroafricani e con Alfredo, che vive 
in questo paese, dove ha messo su famiglia, da circa vent'anni, mi 
hanno poi rivelato molte altre cose.

Nella struttura familiare locale i figli appartengono al padre, e la 
madre, dopo averli allattati per due anni, si stacca bruscamente da 
loro senza avere più alcun contatto fisico. In caso di separazione, i 
figli vanno sempre al padre, ma la madre ha il diritto a tenerli fino 
all'età di sei anni, dopo di che il padre li prende in consegna 
definitiva previo pagamento di una quota stabilita. Quando ho chesto se 
si trattava di una vendita mi è stato risposto di no, è solo un 
rimborso forfettario come indennizzo per l'alimentazione che la madre 
ha fornito fino a quel momento. In nessun caso i figli vengono affidati 
alla madre. Esistono delle tariffe base per l'indennizzo, ed il costo 
delle femmine è piu alto, ma solamente perchè il padre le considera un 
investimento, visto che al momento delle nozze il marito dovrà pagare 
una cifra abbastanza alta per averle. Se il marito non paga, la donna, 
in caso di separazione, può tornare nella casa paterna, in caso 
contrario no, visto che il padre dovrebbe restituire i soldi, quindi 
non le resta che arrangiarsi o sopporta le peggiori angherie e non si 
separa solo perchè non ha un posto dove andare. Non sono casi molto 
rari questi, visto che a causa del costo della vita non tutti i mariti 
possono permettersi di pagare la dote della sposa, cosi ne viene pagata 
solo una parte simbolica, e le nozze vengono momentaneamente 
rinviate.  La coppia si costituisce di fatto e comincia a fare figli. 
Quando abbiamo analizzato le domande per il posto di animatori nel 
nostro progetto, moltissimi nello stato civile si dichiaravano celibi, 
ma avevano tutti almeno tre figli. In caso di separazione quindi la 
donna ha molto da perdere.

Ho iniziato delle lezioni private di francese con il preside del Liceo 
di Paoua, della mia età, il quale mi ha raccontato che ha due mogli e 
diciasette figli, otto femmine e nove maschi, di cui dodici sono della 
prima moglie. Secondo le suore cattoliche ne ha anche una terza, visto 
che manda tre bambini alla loro scuola e dai documenti risultano tutti 
di madri diverse.

Le suore qui sono comunque molto pettegole, ma anche se non le 
frequento mi arrivano loro notizie in continuazione.

a presto altre notizie.

un abbraccio

Maria Nina