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povera chiesa, poveri noi!
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- Subject: povera chiesa, poveri noi!
- From: "Nadia & Giovanni" <nadia.joe@tiscalinet.it>
- Date: Wed, 8 Nov 2000 10:08:29 +0100
Da Jesus - Nov. 2000
I progetti dei lefebvriani
La marcia su Roma
di Vittoria Prisciandaro e Annachiara Valle
Ufficialmente, sono scomunicati e scismatici. Ma loro, i seguaci di
monsignor Lefebvre, non si sentono fuori dalla Chiesa cattolica. E anche il
Vaticano gli tende più di una mano. Con il rischio, però, di dimenticare il
Concilio Vaticano II.
La crociata in nome della "Tradizione" è partita da qui. Tra i filari di
vite e i tralicci della centrale elettrica. Poche case sparse nella campagna
e un'imponente chiesa in pietra con annesso seminario. Ecône è tutta qui: un
campanile romanico adagiato sulle Alpi svizzere. Monsignor Lefebvre la
scelse trent'anni fa come patria per i giovani «che vogliono conoscere la
verità», come dice l'attuale rettore del seminario, l'abbé Benoît de Jorna.
E nell'88 da qui disse il suo no a Roma, ordinando quattro vescovi senza l'
autorizzazione del Papa.
Oggi i seminari sono sei, ma Ecône - dove tra l'altro riposa il fondatore -
resta il cuore della Fraternità. La domenica alla Messa solenne delle dieci,
donne con veletta, anziani e giovani con il messalino. I futuri preti
indossano la talare. Nella cripta sei cappelle con altare a parete per le
celebrazioni individuali. Fossimo 40 anni indietro tutto sarebbe normale: il
prete volta le spalle ai fedeli, prima del Vangelo c'è un'unica lettura, la
liturgia è in latino. L'opuscolo che giace su un tavolino all'ingresso, Ni
schismatique, ni excommunée, è praticamente ignorato.
Sono 60 i giovani che frequentano il seminario di Ecône: «Molti arrivano da
famiglie tradizionaliste, altri vengono qui perché la nostra formazione, che
è preconciliare, è la sola che riesce a dare risposta a tutti gli
interrogativi dei giovani», dice padre Benoît, 49 anni.
I seguaci di monsignor Lefebvre durante il "loro" Giubileo,
celebrato a San Pietro l'8 agosto scorso. (Foto Periodici San Paolo/G.
Giuliani)
La formazione, affidata a sei animatori, è divisa in biennio di filosofia e
triennio di teologia. I contatti con l'esterno sono affidati ai grandi
quotidiani nazionali, abolite radio e televisione. «Osserviamo un regime di
silenzio continuato, interrotto solo per un'ora dopo i pasti. Non abbiamo
incontri con personaggi esterni o di altre Chiese, sarebbe inutile: il
seminario è un tempo di formazione, non di discussione». Ma come viene
presentato ai seminaristi il rapporto con Roma? «Diciamo che la Fraternità è
dentro la Chiesa cattolica, il cui capo è Giovanni Paolo II, anche se non
condividiamo tutte le sue posizioni».
Un'onda lunga, che attraversa le Alpi e arriva ad Albano, dove risiede il
precedente rettore di Ecne, l'abbé Michel Simoulin, oggi responsabile del
priorato più importante fra i tre italiani (Montalenghe, vicino Torino, e
Rimini): «Mi sento cattolico al cento per cento, per nulla scomunicato»,
dice l'ex ufficiale di fanteria, 57 anni, vocazione adulta. Dalla splendida
villa che in passato era proprietà dell'Aga Khan, poco lontano dalla
residenza estiva del Papa, Simoulin coordina l'attività di dieci sacerdoti,
di cui sei italiani, in venti cappelle: «In tutto avremo circa 800 fedeli»,
spiega.
Negli uomini della Fraternità sono lontani i toni apocalittici usati da
Lefebvre, ma resta chiara la rivendicazione della difesa di una Tradizione e
di una verità cattolica che sarebbero state tradite dal Concilio. Eppure i
lefebvriani si considerano dentro la Chiesa di Roma. E Roma, con loro,
sembra più indulgente che con altri.
«Non abbiamo nessun interesse a dichiarare che sono un'altra Chiesa, né ad
approfondire la distanza», dichiara monsignor Camille Perl, che ha seguito
la vicenda sin dall'inizio, partecipando nel novembre '87 alla visita
apostolica nei seminari, e diventando poi, dopo la scomunica, segretario
della Commissione Ecclesia Dei. «Sarebbe meglio se rientrassero, anche per
fare da contrappeso agli eccessi di altri. Possono avere un ruolo importante
per la rinascita anche tradizionale della Chiesa, ma non restando fuori,
perché alla fine corrono il rischio di essere una setta», afferma monsignor
Perl.
Ma qual è secondo il Vaticano la posizione giuridica della Fraternità? «Sono
scomunicati prima di tutto i vescovi, che hanno ricevuto e accettato l'
ordinazione, che è valida ma illecita. L'atto scismatico, poi, si perpetua
con la Fraternità, che è nata e coltiva un'opposizione contro il Concilio e
parecchi atti del magistero attuale».
Quanto ai sacerdoti, anche costoro, riconoscendo Fellay come superiore
generale, e consapevoli della scomunica che lo ha colpito, «si associano
allo scisma». Per i fedeli, invece, la cosa è più complicata: «L'adesione
allo scisma è un fatto interiore. Non si sa se chi frequenta le cappelle vi
aderisca o meno». Riguardo poi all'attività pastorale, «il problema si pone
per matrimoni e confessioni, i due sacramenti che non sono validi senza
giurisdizione, vale a dire la delega del vescovo o del parroco», spiega
monsignor Perl.
I seguaci di monsignor Lefebvre durante il "loro" Giubileo,
celebrato a San Pietro l'8 agosto scorso. (Foto Periodici San Paolo/G.
Giuliani)
I numeri dei lefebvriani, 300 mila al massimo, non sono grandissimi, anche
se, secondo Perl, l'ondata tradizionalista «sta crescendo e non può essere
ignorata». Non è un caso che già «dall'84 il Papa abbia chiesto ai vescovi
di concedere ampiamente l'indulto per la celebrazione secondo il rito
tridentino. E di recente lo ha ribadito anche il nuovo presidente di
Ecclesia Dei. Ma molti vescovi non ne vogliono sentire neanche parlare. Ed è
in queste diocesi che la Fraternità apre cappelle e trova fedeli»,
sottolinea monsignor Perl.
Dopo il fallimento degli incontri di qualche anno fa tra teologi cattolici e
alcuni lefebvriani una ripresa ufficiale dei contatti si è avuta con il
Giubileo della Fraternità, l'8 agosto. In quell'occasione il cardinale
Castrillón ha incontrato in una cena riservata i capi dei lefebvriani. «Il
cardinale ha intenzione di avere contatti a livello umano per ricostruire la
comunione. Abbiamo incontri ecumenici con tutti, perché non con loro?», dice
Perl. Quanto ai prossimi impegni, «si auspicava un segnale di apertura da
parte della Santa Sede o del Santo Padre in persona, ma non c'è stato nulla
ancora». Il prezzo da pagare per il rientro? «Bisognerà vedere. La Chiesa
non ha mai accettato vescovi ordinati fuori, ma il Papa potrebbe anche
decidere diversamente. Di sicuro loro dovrebbero dichiarare di accettare il
Concilio e il magistero successivo».
Già, il Concilio. Il nodo è proprio quello. «Il ripristino della messa
tridentina significa disprezzo del Concilio e ferita alla comunione»,
afferma padre Rinaldo Falsini, liturgista. «Il messale di Paolo VI traduceva
lo spirito e la fede del Vaticano II. L'altro rito favorisce il sorgere di
un altro tipo di Chiesa. Per i lefebvriani il sacramento ha una visione
puramente ritualistica, magica. La Parola di Dio è impoverita, manca l'
Antico Testamento, ha solo un centinaio di letture contro le 600 del nuovo
rito».
Altro momento del Giubileo romano celebrato dai seguaci del vescovo
scismatico.
(Foto Periodici San Paol /G. Giuliani)
Il ripristino del messale di Pio V, secondo lo storico Maurilio Guasco,
«vuol dire anche riaffermare la superiorità della cultura latina, tornare a
dire che per essere cristiani bisogna prima diventare occidentali». Ma il
problema è più ampio: «Lefebvre è erede di quella destra francese di
Maurras, dell'Action française degli inizi del '900, che vede la religione
cattolica come unica verità e come elemento portante dell'identità
nazionale. Per questo tipo di cultura l'idea di libertà religiosa è una
follia». Quando il Vaticano II fece un documento su questo tema, monsignor
Lefebvre pensò che la Chiesa avesse deviato dal retto cammino: «Il
problema», nota Guasco, «è che gli epigoni di Lefebvre non hanno cambiato
idea. E mi sembra che oggi Roma sia pronta a fare la pace chiedendo loro di
rinunciare a molte meno cose che in passato».
Quali segnali fanno pensare questo? «Oltre alle aperture sulla messa
tridentina», dice Guasco, «penso allo spirito che c'è dietro agli ultimi
documenti vaticani su libertà religiosa e i rapporti fra le Chiese. Oppure
al ritorno di un modello sacerdotale veterotestamentario, dove c'è un'
identità forte dell'uomo del sacro, separato, formato con un'impostazione
tomista». Per il futuro? «Si tratta di problemi tutti più o meno
risolvibili, bisogna vedere quanto cede l'uno e quanto l'altro. E non è
indifferente il punto dove ci si incontra».
Vittoria Prisciandaro
Annachiara Valle
Altro momento del Giubileo romano celebrato dai seguaci del vescovo
scismatico.
(Foto Ansa/F. Monteforte)
Monsignor Marcel Lefebvre nasce a Tourcoing nel 1905. Dopo una lunga
esperienza in Africa, nel 1969 fonda a Ecône la Fraternità sacerdotale San
Pio X. Per la sua opposizione al Concilio e alla nuova messa viene sospeso a
divinis nel 1976 da Paolo VI. Nel giugno dell'88 ordina quattro vescovi e
viene scomunicato. Muore il 23 marzo 1991.
«Nella dottrina dei Padri lo scisma nasce da un peccato contro la carità»,
afferma Francesco Zanchini, docente di diritto canonico a Teramo. «Ciò
avviene quando una parte della Chiesa recide le pieghe più intime della
comunione, negando fraternità alla "grande Chiesa" e sottomissione al Papa e
al collegio episcopale. I fatti dicono che molti non condividono la linea di
questo pontificato. Ma nessuno ha fondato una Chiesa a parte, consacrando
dei vescovi scismatici come ha fatto Lefebvre».
La Fraternità San Pio X è una società ecclesiastica, con 401 preti, 200
seminaristi, 55 fratelli, e due rami di religiose, 120 suore e 78 oblate.
Secondo le stime fornite dal superiore generale, 150 mila persone
frequentano le chiese e le cappelle della Fraternità: «Si tratta di
parrocchie in senso lato: celebriamo la messa e tutti i sacramenti», dice
monsignor Fellay. «I simpatizzanti sono oltre il doppio. Inoltre sono legati
a noi dieci congregazioni di uomini e venti di suore, domenicani,
benedettini, redentoristi».
La Fraternità San Pio X ha sei seminari. Cura numerosi ospizi per anziani e
scuole di tutti gli ordini che fanno riferimento ai priorati: 70 elementari,
25 licei e due università, a Parigi e a Lione. «Tutte le opere si finanziano
con l'eroica generosità della gente», dice monsignor Fellay. «Non abbiamo
rendite fisse. Negli ultimi cinque anni grazie alle offerte abbiamo
costruito 50 chiese». Nella foto: Benoît de Jorna, rettore del seminario di
Ecône.
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"Call to me
and I will answer you and will tell you great and hidden things
which you
have not known." - Jeremiah 33:3