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Commenti sul Libro "FORSE DIO E' MALATO" di Walter Veltroni



Commenti sul Libro "FORSE DIO E' MALATO" di Walter Veltroni, Ed. Rizzoli.


Caro On. Veltroni,
un amico, che conosce il mio interesse e il mio impegno quasi trentennale
per le tematiche legate agli ingiusti rapporti fra il nord e il sud del
mondo, mi ha pregato di leggere "Forse Dio è malato" e di dargliene un
parere.

Questa lettura ha suscitato in me una serie di considerazioni che desidero
comunicare anche a lei.

Se l'autore di questo diario di viaggio fosse stato uno studente
universitario che ha trascorso un mese o due in Africa con una borsa di
studio direi che il libro è discreto, scritto con stile scorrevole anche se
con toni a volte troppo marcatamente melodrammatici e non privo di qualche
ingenuità.

Purtroppo invece il libro è stato scritto da lei, laureato di 45 anni,
deputato del parlamento italiano ed europeo, giornalista, direttore della
stampa e della propaganda del PCI fin dal 1980, membro della Commissione
Cultura, Scienza e Istruzione della Camera dei Deputati dal 1987, direttore
del quotidiano "L'Unità" dal 1992 al 1995, vice-premier nel Governo Prodi e
infine attuale Segretario dei DS; e allora il mio giudizio cambia. Trovo
infatti addirittura scandaloso che una persona con una carriera come la sua
abbia scoperto i drammi dell'Africa con trent'anni di ritardo rispetto a me
che sono una insegnante in pensione.

Tre quarti del mondo soffre e muore perché l'altro quarto controlla e
consuma tutte o quasi le risorse disponibili e in questo quarto c'è anche
l'Italia. Questo, Zanotelli lo ripete da anni, così come da anni denuncia
il traffico e la produzione di armi nel quale sono coinvolti governi,
aziende e banche anche italiani; per questo è stato estromesso dalla
direzione di "Nigrizia", per questo si è autoconfinato a Korogocho da dove
continua a parlare e ad essere la "spina" nel fianco del sistema.

Alla fine del suo libro lei scrive che per aiutare l'Africa"anche da qui si
può fare molto" e conclude "Io intendo farlo" (pag. 130).

Quello che mi meraviglia è che in tutto il libro lei neanche una volta
abbia sentito il bisogno di scrivere "mi dispiace di non avere fatto
qualcosa prima". Comunque meglio tardi che mai; il compito che l'aspetta
non è da poco data la sua posizione.

Partendo da alcune frasi che lei ha scritto vorrei indicarle i
comportamenti che ne dovrebbero conseguire.

Descrivendo la visita a un ospedale (pag.93) lei scrive "E' la
malnutrizione che uccide queste creature...sono ammazzate dalla guerra,
dallo squilibrio del mondo, dalla corruzione, dal nostro egoismo".

Riferendosi alle guerre africane lei cita le parole di Philippe Leymarie,
giornalista di "Le Monde Diplomatique": "Ci sono i conflitti tribali, gli
odi etnici. Ma a far parlare le armi sono anche le risorse minerarie,
petrolio e diamanti, soprattutto".

Ma, le armi all'Africa chi gliele vende? Non solo gli Stati Uniti che
fondano il loro miracolo economico sulla produzione e sul commercio delle
armi ma anche molti paesi europei, fra cui l'Italia.

"Armi: nei conflitti africani spopola il made in Italy" così si intitola un
lungo articolo de "Il Giornale della Natura" del settembre 2000.

Nel 1999 l'esportazione italiana di armi è aumentata con il beneplacito del
Ministero del Tesoro che autorizza l'esportazione di armi in cui
intervengono finanziamenti bancari.

Lei davvero non si sente minimamente responsabile di questo?

Molte banche italiane assicurano lauti dividendi ai loro soci perché usano
i risparmi a loro affidati per finanziare loschi traffici fra cui anche il
commercio delle armi.

Che rapporti hanno lo Stato italiano, il governo di centrosinistra, il suo
partito ed infine lei stesso con le cosiddette "banche armate" quali
Unicredito Italiano, Banca Commerciale Italiana, Gruppo San Paolo, Banca
Nazionale del Lavoro, ecc.... che finanziano l'esportazione di armi?

Se affidiamo i nostri soldi a queste banche anche noi finanziamo le guerre
e allora, per favore, non piangiamo sull'Africa!

A pag. 61 lei cita la "Grameen Bank", la cosiddetta "banca dei poveri" nata
in Bangladesh per dare piccoli prestiti a tassi bassi a persone povere ma
che hanno progetti artigianali e agricoli validi. Lei sa che in Italia
esiste qualcosa di simile? Si chiama Banca Popolare Etica e finanzia solo
progetti di utilità sociale. L'obiettivo primario di Banca Etica è un
cambiamento della cultura economico-finanziaria imperante basata sul
massimo profitto immediato ad ogni costo.

D'ora in poi utilizzerà lei stesso e farà utilizzare questo prezioso strumento?

"L'Africa è un continente ricco di materie prime" lei scrive a pag. 62.
"Non solo petrolio e diamanti, oro e ferro. Ma anche grandi campi da
coltivare". Un vero paradiso terrestre, se a sfruttare queste risorse non
fossero le multinazionali! Sa di che cosa parlo? Unilever,Nestlè, Del
Monte... ma anche aziende italiane. Il Centro Nuovo Modello di Sviluppo
nella sua "Guida al Consumo critico" spiega chiaramente i comportamenti
delle multinazionali nel Terzo Mondo. Faccia leggere questa preziosa guida
ai dirigenti dei Supermercati Coop che tanto si vantano del loro "alto
grado di solidarietà"; in questi supermercati infatti la maggior parte dei
prodotti venduti provengono proprio da quelle multinazionali che basano i
loro profitti sullo sfruttamento dell'uomo e dell'ambiente.

Come alternativa a questi prodotti esistono quelli diffusi dalla Rete del
Commercio Equo e Solidale che assicurano una retribuzione dignitosa ai
lavoratori e salvaguardano la natura. Lei li conosce? Li acquista? Sostiene
la qualità e la diffusione di questi prodotti con la sua azione politica in
Italia e in Europa? Ad esempio come ha votato lei a Bruxelles per la legge
che permette di sostituire nel cioccolato il burro di cacao con gli oli
vegetali? Ha votato a favore degli oli vegetali e quindi a danno dei
produttori di burro di cacao africani e sudamericani come ha scritto "Il
Manifesto" oppure contro?

Per tornare alle multinazionali, sono sempre loro che controllano anche le
produzioni agricole (monocolture per l'esportazione) e i"grandi campi da
coltivare" che lei cita (pag. 62). Questi campi senz'acqua non producono
nulla e dietro certe guerre, sbrigativamente descritte come "tribali", c'è
invece il controllo di queste risorse indispensabili.

Secondo lei l'Europa si interessa poco dei problemi africani (pag. 58);
purtroppo questo non è vero, in realtà l'Europa è molto presente in Africa
come venditrice di armi, addestratrice di eserciti, sfruttatrice di materie
prime; dietro le guerre africane ci sono sempre nazioni occidentali, molte
delle quali europee, che si combattono "per interposta persona" per la
conquista delle risorse. Lei non se n'è accorto?

La scrittrice sudafricana Nadine Gordimer (pag.64) le ha detto che la
globalizzazione è un fenomeno che finora sta beneficiando solo i vertici e
anche Zanotelli le ha parlato delle "distorsioni della globalizzazione"
(pag. 21) e dei pericoli degli accordi NAFTA per l'Africa. Non lo
dimentichi quando incontrerà in sedi italiane ed europee industriali ed
economisti.

"L'Africa,"- lei scrive a pag. 54- "la sua economia come la sua vita
civile, sono strangolate dal debito verso i paesi esteri".

Su questo argomento mi sembra che una breve poesia di Pedro Casaldàliga
pubblicata su CEM/Mondialità (Dossier Aprile 2000) dia tutte le risposte:




Quando ci pagheranno l'oro,
la foresta, il sangue
la pace e il futuro
che ci hanno strappato?
Pagare il debito estero
è morire,
e noi vogliamo vivere!
"Non ucciderai",
non riscuoterai
debiti mortali.
Pagheremo, certo,
tutti insieme,
l'unico debito dell'amore.
E saremo una sola famiglia,
la famiglia umana di Dio.



A pag. 58 lei scrive "Ai cinici e agli egoisti si dovrebbero squadernare i
problemi che, per le nostre floride economie, possono provocare flussi
emigratori eccezionali o il diffondersi anche in Europa di malattie
mortali".Insomma, una specie di invito all'Europa a fare qualcosa per
l'Africa non tanto per un senso di giustizia verso gli africani quanto per
evitare che ci sommergano con le loro persone (immigrazione) e con le loro
malattie (AIDS).

Un po' riduttivo come progetto, non le pare? Anche perché per assicurarci
un futuro tranquillo non basterà pensare ai mali dell'Africa, infatti, per
evitarle ulteriori spiacevoli sorprese, la informo che anche in Asia e in
America Latina si soffre e si muore per fame, guerre e malattie.

Quello che occorre è un cambiamento planetario del modello economico
attuale che non sia governato dalla legge del massimo profitto. Insomma una
globalizzazione della giustizia.

Mercoledì 14 giugno 2000 è apparso su "Il Manifesto" un articolo di Jean
Chesneaux intitolato "I Cecchini del Globo"; nel sottotitolo si leggeva
questa frase "Il modello di sviluppo dei paesi ricchi sta rendendo
invivibile l'ambiente. Il nord deve pagare il prezzo delle proprie scelte
per offrire al sud un'altra via d'uscita alla miseria e non vendere
permessi di inquinare".Secondo Chesneaux "Bisogna soprattutto riflettere
sulla nuova responsabilità degli stati di fronte alla situazione ecologica
mondiale

ma troppo spesso (gli stati)indugiano e adottano strategie dilatorie, con
lo scopo di mettersi d'accordo con le forze economiche dominanti".



On. Veltroni, pensi ad esempio alla Fiat, multinazionale italiana,
coinvolta nella produzione delle armi e per la quale il parlamento italiano
ha scodellato una "splendida" legge sulla rottamazione delle auto. Ricordi,
dopo questo libro, lei queste cose non deve farle più!

Tornando alle parole di Chesneaux sembra quindi che le responsabilità delle
sofferenze di tre quarti dell'umanità non risiedano nella momentanea
"indisposizione" di Dio ma piuttosto nelle scelte, spesso freddamente
consapevoli, fatte da quel quarto di umanità ricca al quale anche io e lei
apparteniamo.

Se vogliamo invertire una tendenza, il nostro compito non è da poco.



Cordiali saluti. Marcella Morelli, Insegnante in pensione



Faenza, 27 settembre 2000

Via Giuliano da Maiano 13- 48018 Faenza