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Africanews ITA. Luglio 2000 - Kenya



AFRICANEWS - Versione Italiana
Nr.28  - LUGLIO  2000


Kenya
Donne imprenditrici ma che fatica!.
Di Mary Mukandia


Mentre imperversa la lotta per il riconoscimento del contributo
femminile allo sviluppo economico, e' divenuto evidente che le donne,
qualora siano concessi loro i mezzi e le possibilita', sanno essere
costruttive tanto quanto la loro controparte maschile.


Josephine Karimi, in affari da tredici anni, puo' rilassarsi e
sorridere deliziosamente mentre racconta con vivacita' le difficolta'
della vita che e' stata in grado di superare. Josephine racconta di
essersi ripromessa solennemente di buttarsi  anima e corpo ad
affrontare il futuro riponendo tutta la fiducia nella propria miglior
conoscenza e capacita' di fare affari, sfidando tutti i pregiudizi
culturali africani che pretendono che la donna rimanga in cucina.

Josephine e' una dei milioni di donne africane che a causa di problemi
economici famigliari non vanno oltre le elementari.
"Avevo buoni voti in settima classe ed ero stata ammessa alle medie,
ma il destino ha voluto - ricorda Josephine con tono contrito - che da
quel momento non mettessi piu' piede in una classe."

La maggioranza, e di questa fa parte il padre di Josephine, sostiene
che non sia il caso di portare avanti negli studi neanche le ragazzine
piu' promettenti in quanto le ragazze prima o poi si sposano, mettono
su famiglia e non e' il caso che perdano tempo con la scuola per poi
finire a restare a casa a fare le mamme. Josephine si prese a cuore la
vita matrimoniale, mantenendo la mente lucida pero', come spiega,
dicendo: "Non avevo nessuna intenzione di finire come tutte quelle che
abbandonano la scuola, indifesa, schiacciata da una miseranda
condizione economica; mio marito faceva il facchino al mercato
centrale di Nairobi, non guadagnando neanche abbastanza per garantirci
i due pasti quotidiani, ma nonostante tutto sono riuscita a mettere da
parte un gruzzoletto con l'intenzione di avviare un piccolo
commercio". In un anno Josephine aveva raggiunto il suo obiettivo di
mettere da parte mille scellini, ovverosia quattordici dollari
americani, con i quali cominciare a fare la venditrice ambulante di
pomodori sui marciapiedi della citta'.

Il piccolo commercio mano a mano si ingrandiva, allargandosi alle
granaglie, dai fagioli al riso, mentre il marito, Frederick Kathurima,
decideva di lasciare il suo precario lavoro di facchino per dare una
mano alla moglie a mandare avanti quella che ormai era divenuta una
piccola impresa famigliare." Il piu' delle volte io sono quella che si
occupa della vera e propria vendita al minuto mentre "il capo" va in
giro alla caccia della merce da acquistare", dice Josephine, che passa
in media undici ore al giorno al suo posto al mercato, aggiungendo che
non si tratta certamente di una vita facile dal momento che,
contemporaneamente, deve prendersi cura di una giovane famiglia con
quattro figlie femmine ed un maschio.

"I bambini hanno le loro naturali esigenze di attenzione e assistenza
da parte della madre, ma ho trovato in qualche modo una
soluzione."Dice Josephine aggiungendo che, nonostante abbia
conquistato l'indipendenza economica, di questi tempi resta ben poco
da portare a casa alla fine di una dura giornata di lavoro, in
confronto agli anni passati. "I bisogni sono gli stessi" dice "ma il
potere d'acquisto e' ridotto ai minimi termini. La nostra prima figlia
che ha tredici anni come la nostra piccola impresa famigliare,
frequenta la seconda media, mentre l'ultimo, il maschio, ha cinque
anni e fa l'asilo vicino al lavoro, dove badano a lui fino alle tre
del pomeriggio quando chiudono e lo vado a prendere."

Kathurima e' riconoscente alla moglie per aver introdotto in famiglia,
lei di soli diciassettenne anni, l'idea del commercio, dicendo "Non
avrei mai pensato di lasciare il mio lavoro di facchino se non fosse
stato per mia industriosa moglie, Josephine. "Le cose andavano meglio
una decina d'anni fa quando acquistai questo stand di una cinquantina
di metri quadri per tremila scellini, nel 1989", dice Josephine. Lei
e' comunque dell'idea che le donne debbano essere adeguatamente
sostenute nei loro sforzi diretti ad avviare piccole iniziative
generatrici di reddito, considerando l'attuale generale  pesantezza
economica in Africa. I Kathurima sono fieri proprietari dello stand
dove vendono le loro merci al minuto. Il valore del loro magazzino si
aggira sui cento cinquantamila scellini, (circa quattro milioni e
mezzo di lire italiane), ma coloro che si avventurano oggi in questo
mondo del piccolo commercio non sono altrettanto fortunati come lo fu
Josephine a suo tempo in quanto lo stesso stand costa oggi sui
settantamila scellini, (circa due milioni di lire). Sebbene vada detto
che cio' non significa che Josephine abbia ricevuto allora il suo
stand su di un piatto d'argento, in quanto, un migliaio di scellini a
quei tempi era una cifra assolutamente di tutto rispetto.

L'unico grosso problema che Josephine ha incontrato nello sviluppo
del suo lavoro commerciale per guadagnarsi onestamente da vivere e'
stato la mancanza di un magazzino adeguato per le sue merci. Spiega
che l'assunzione di un guardiano, detto maasai, da parte degli
associati del mercato di Gikomba non e' bastata ad evitare il furto
delle merci e che a volte, arrivando al mattino, si trova il deposito
completamente ripulito, mentre i piu' fortunati trovano ancora
qualcosa lasciato dai ladri che di notte hanno portato via quasi
tutto! I sacchi sono pesanti ed ingombranti da portar via ogni sera,
spiega Josephine, e per coloro che non dispongono di altre soluzioni
d'immagazzinaggio non resta che lasciar li' tutto, coprendo le merci
con una tenda, a proprio rischio e pericolo.
Lo stesso problema affligge anche Faith Nyambura, una collega di
Josephine, le cui merci, nonostante non siano tanto ingombranti quanto
quelle della vicina, sono di natura molto delicata; essa tratta,
infatti, vestiario e stoffa per indumenti di donne e bambini.

Il deposito notturno costa 40 scellini, mezzo dollaro, e la Nyambura
impiega stabilmente un facchino per gli spostamenti quotidiani della
merce, al mattino e alla sera. Oltre ad aver conseguito nel 1995 la
licenza superiore, la Nyambura era stata cosi' fortunata da trovare un
posto nel college dell'universita' locale, ma, racconta che, dopo non
aver combinato niente per due anni, le era venuta una gran voglia di
buttarsi negli affari, pur non disponendo del pur minimo capitale per
cominciare. Dopo molte insistenze, ottenne dal padre di essere messa
alla prova per due mesi avendo a disposizione un capitale di
novantamila scellini, (circa due milioni e mezzo di lire),
perfettamente consapevole che se le fosse andata male non avrebbe piu'
potuto godere d'alcun aiuto ulteriore dai genitori.

A venticinque anni la Nyambura se la cava molto meglio della maggior
parte delle sue ex compagne di scuola. e' gia' riuscita a restituire
48.000 scellini al titolare "ombra" dell'attivita' col quale si era
accordata sulla base di 68.000 scellini complessivi pagabili a rate.
La chiave del suo successo commerciale e' stata l'adesione ad una
sorta di "confraternita di commercianti" presente nell'incontrollato
mercato di Gikomba. Questo circolo comprende ventiquattro membri
sostenitori.

La Nyambura, pero' si lamenta pesantemente delle pratiche commerciali
scorrette di alcuni colleghi della stessa confraternita ma di essere
soddisfatta del profitto che ricava in quanto la mette in condizione
di pagare tutte le spese necessarie limitandosi ad attingere al fondo
per altre piccole spese.
Si lamenta pero' delle limitate possibilita' d'accesso al credito,
dovute alla pletora di regole e adempimenti che impediscono del tutto
ai piccoli imprenditori di avere accesso ai servizi delle  banche
erogatrici di prestiti.

La massima aspirazione della Nyambura e' quella di diventare una
grossista mentre per quanto riguarda il matrimonio ha le idee chiare
sul tipo di uomo che vorrebbe per se. Costui dovrebbe amare e
rispettare il lavoro che lei fa nella vita ed avere la volonta' di
associarvisi per sempre. La Nyambura pranza sul luogo di lavoro in
quanto e' da sola e non puo' abbandonarlo. Infine afferma che se non
fosse per il costo eccessivo che comporta, si prenderebbe un'aiutante,
perche' il lavoro la affatica talmente che a volte si domanda dove
l'indomani trovera' l'energia per continuare. Le donne sono
assolutamente in grado di cambiare la condizione di una famiglia e
addirittura dell'intera societa', sempre che vengano garantite loro le
condizioni per farlo. Questo e' il punto che  chiaramente emerge dai
risultati delle indagini socioeconomiche.

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