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Africanews ITA. Luglio 2000 - Sudan



AFRICANEWS - Versione Italiana
Nr.28  - LUGLIO  2000


Sudan
Fiotti di sangue e petrolio.
Di John Deng


Le massicce violazioni dei diritti umani da parte delle forze di
sicurezza sudanesi, di varie milizie alleate del Governo e di gruppi
dell'opposizione sono chiaramente collegate allo sfruttamento dell'oro
nero da parte di compagnie petrolifere straniere.


La caccia al controllo dei giacimenti petroliferi, da poco scoperti
nelle regioni del sud del Sudan, e' la ragione di fondo del conflitto
armato che senza sosta continua a devastare l'esistenza di
innumerevoli civili nel paese. Questo e' il dato di fatto secondo un
rapporto di ventidue pagine pubblicato dalla sezione londinese di
Amnesty International.

Secondo il rapporto di Amnesty, intitolato: "Il petrolio in Sudan
incide negativamente sui diritti umani", nella regione del Western
Upper Nile decine di migliaia di persone dall'inizio del 1999 sono
state terrorizzate al punto da farle fuggire dalle loro abitazioni.
Per esempio, si riporta che intorno alla citta' di Bentiu truppe
governative abbiano sgombrato l'area dai residenti usando elicotteri
armati, alcuni forse pilotati da irakeni, nonche' ricorrendo a
bombardamenti d'alta quota utilizzando bombe a grappolo lanciate da
aerei Antonov. Questa regione ospita alcune delle installazioni
petrolifere di cui si parla.

Nello stesso tempo i cinesi di una societa' costruttrice
dell'oleodotto sono stati apparentemente coinvolti, durante i lavori,
nell'allontanamento forzato e senza alcun compenso di civili. Infatti,
civili sudanesi, scampati agli attacchi, hanno riferito che i cinesi
erano armati e sembravano decisi ad usare le loro armi. Si parla anche
del fatto che le societa' impegnate nella costruzione dell'oleodotto
siano ricorse, per difendere il personale e gli impianti, a mercenari
Mujahedin afgani e a malesi. Elicotteri pilotati da stranieri sono
stati usati per trasportare reparti militari stavolta dell'opposizione
in aree di combattimento, mentre queste stesse truppe si sarebbero
macchiate in seguito di atrocita' nei confronti dei civili.

Aggiungendo il danno alla beffa, si riferisce anche che truppe
governative hanno cacciato diversa gente dalle loro case commettendo
gravissime violazioni dei diritti umani, eseguendo omicidi di massa
degli uomini e inchiodando agli alberi donne e bambini. In altri
villaggi si dice che i soldati abbiano squarciato la gola dei bambini
ed ucciso gli uomini, dopo averli interrogati, martellandogli chiodi
nella fronte. Il rapporto di Amnesty condanna anche delle forze
ribelli che sono state accusate di aver attaccato e saccheggiato
civili nel tentativo di garantirsi il controllo di aree ricche di
petrolio. Un loro ex-comandante, del resto, ha confermato che questi
reparti hanno perpetrato esecuzioni sommarie di civili, violentato e
sequestrato  le donne e distrutto le loro case appiccando il fuoco.

Il rapporto asserisce categoricamente che il petrolio risulta essere
"il combustibile" che alimenta questa guerra che ha gia' causato quasi
due milioni di vittime dal 1983. D'altronde e' un dato di fatto che le
operazioni militari con cui inizio' l'attivita' della guerriglia
d'opposizione erano dirette contro i tecnici della compagnia
petrolifera Chevron che aveva intenzione di costruire un oleodotto che
andasse dai campi petroliferi del sud fino alle raffinerie del nord,
localizzate a Port Sudan.

Pubblicando il rapporto, Amnesty, l'organizzazione internazionale che
lavora in difesa dei diritti umani, intende mettere in luce il legame
esistente fra le massicce violazioni dei diritti umani messe in atto
nel paese dalle forze governative in collaborazione con varie milizie
che le spalleggiano e l'attivita' di ricerca e sfruttamento delle
societa' petrolifere. A questo proposito, Maina Kiai, direttore per
l'Africa di Amnesty International, ha dichiarato che la popolazione
civile residente nelle aree petrolifere e' stata deliberatamente
oggetto di tremende violazioni dei diritti umani, di deportazioni,
bombardamenti aerei, mitragliamenti da elicotteri, omicidi, torture,
stupri e rapimenti. Amnesty, ancora, accusa le societa' petrolifere
straniere di chiudere un occhio davanti a queste violazioni dei
diritti umani commesse dalle forze di sicurezza governative e dai loro
alleati, in nome della salvaguardia della sicurezza nelle zone di
estrazione. Il rapporto a questo proposito afferma che il rispetto dei
diritti umani dovrebbe essere fondamentale per ogni impresa che opera
in un contesto di guerra come quello del sud Sudan e che il silenzio
di potentissime societa' petrolifere di fronte all'ingiustizia non
puo' essere tollerato.

Fra le multinazionali che estraggono petrolio in Sudan c'e' la GNPOC
(Great Nile Petroleum Oil Corporation) i cui principali azionisti sono
la CNPC (China National Petroleum Corporation), la Petronas, una
societa' statale malesiana e la canadese Talisman Energy. Un'altra
grossa societa' presente e' la IPC (International Petroleum
Corporation), completamente di proprieta' della Ludin Oil AB di
Stoccolma. Operano anche l'AGIP, l'Elf Aquitane francese, la Gulf
Petroleum Company del Qatar, la National Iranian Gas Company e la
TotalFina francese. Per concludere, la Royal Dutch Shell, olandese,
possiede una raffineria a Port Sudan.

E ora, alcuni dati assai significativi. Si stima che le entrate
petrolifere giornaliere del governo del Sudan, derivanti
dall'attivita' delle societa' di cui sopra, ammontino ad un milione di
dollari (oltre due miliardi di lire), la stessa cifra che lo stesso
governo spende nella guerra del sud e che l'OLS (Operation Lifeline
Sudan), l'organizzazione internazionale coordinatrice dello sforzo
umanitario, impegna in aiuto alle popolazioni colpite dalla guerra del
Sudan!

Il rapporto inoltre denuncia la chiara connessione fra la
disponibilita' finanziaria derivante dalle vendite di petrolio e la
parallela capacita' del governo di spendere nell'acquisto di armi: lo
stesso giorno della esportazione dei primi 600.000 barili sono stati
sbarcati a Port Sudan venti carri armati polacchi T-55.    Questa
fornitura del governo polacco, secondo Amnesty, avveniva in aperta
violazione di un vecchio embargo delle Nazioni Unite sulla fornitura
di armi al governo sudanese. Del resto, sono state segnalate anche
altre forniture di armi da parte di Cina e Bulgaria.
Questo rapporto e' stato pubblicato anche sulla base delle
testimonianze oculari di Derek Hammond, responsabile di Faith in
Action, un'agenzia umanitaria cristiana, che ha rivelato al mondo i
contorni della tragedia che avviluppa il paese. La testimonianza di
Hammond si riferisce ad una sua visita di una settimana nell'area
petrolifera di Bentiu, cosi' come pure in un'altra zona, quella di
Melut, nel Northern Upper Nile. In questa regione egli ha visto
migliaia di persone sfollate nascondersi sotto gli alberi della fitta
boscaglia per proteggersi da continue incursioni delle truppe
governative; gente senza cibo che si nutre di foglie, bacche e fiori
acquatici. Hammond e' stato testimone di tutto cio' e ne possiede la
documentazione filmata. Egli aggiunge di aver visto, infine, bambini e
vecchi in condizioni disperate, molti di loro, gravemente ammalati e
senza la possibilita' di ricevere alcuna assistenza medica, andare
incontro alla morte.
Derek Hammond, che ha viaggiato all'interno del Sudan una ventina di
volte dal '77 e, solo quest'anno, otto volte sia nelle regioni
petrolifere che nelle montagne Nuba, racconta lo stato di precarieta'
in cui vive la gente, che non costruisce ripari o capanne nel timore
che questi diventino immediatamente obiettivo dei raids delle truppe
governative o delle loro milizie. Qui i membri delle famiglie  sono
costretti a vivere separati, individualmente, cercando rifugio e
protezione sotto gli alberi. Aggiunge di esser stato testimone in
prima persona del fatto che questa povera gente attende il calare del
sole e la protezione  dell'oscurita' per cercare un posto sicuro per
dormire sotto un albero nella boscaglia. Sempre Hammond riferisce che
nella regione dell'Upper Nile, solo nel corso delle ultime settimane,
sono state uccise 105 persone mentre a 26 giovani, sospettati di
essere fiancheggiatori dei ribelli, e' stato dato il "buon viaggio sul
fiume" mutilandoli degli arti e gettandoli nel Nilo legati in un
sacco.

Anche Derek Hammond, come il rapporto di Amnesty, ha testimoniato un
legame netto fra il petrolio e l'abuso di diritti umani nel Sudan.
Egli afferma infatti che e' evidente che una crisi umanitaria da
incubo sta sconvolgendo la regione dell'Upper Nile, mentre all'Ovest
si stanno firmando contratti di sfruttamento petrolifero. E lo dice
uno che ha girato in lungo e in largo la regione incontrando molti
villaggi abbandonati e distrutti, riscontrando la mancanza di
disponibilita' di alimenti e la presenza di molti giovani e vecchi in
pessime condizioni, sofferenti e malnutriti. Amnesty lancia un appello
al governo del Sudan, all'SPLA (Sudan People's Liberation Army), ad
altri gruppi dell'opposizione e alla comunita' internazionale
affinche' condannino pubblicamente le violazioni dei diritti umani
commesse contro i civili nelle regioni petrolifere del Western Upper
Nile e dovunque nelle zone di guerra.

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