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NIGRIZIA LUGLIO/AGOSTO 2000 - Matatu




Matatu

SE IL MWANANCHI NON NE PUO' PIU'
Di Renato Kizito Sesana

IL KENYA E' SENZ’ACQUA, SENZA ELETTRICITA', SOFFRE LA FAME. CHI LAVORA DURO
DEVE PAGARE GLI ERRORI DEI CLEPTOCRATI CHE SACCHEGGIANO IMPUNEMENTE IL
PAESE.

Mai come in questi giorni la mitica resilienza (che e' la capacita' di un
metallo di resistere a forze di rottura) del mwananchi - "il figlio del
paese" in kiswahili, cioe' il cittadino keniano - e' stata messa alla prova.
Il mwananchi non ce la fa piu'.

Il 22 maggio la compagnia che produce elettricita' ha annunciato che il
livello dell'acqua nei bacini di produzione idroelettrica e' sceso a livelli
talmente bassi da non poter evitare ulteriori drastici tagli nella
distribuzione.

Nairobi, con 4 milioni di abitanti, si e' trovata senza corrente dall'alba
al tramonto, sei giorni alla settimana. Pochi settori vitali (e qualche
privilegiato mwananchi piu' mwananchi degli altri) sono stati risparmiati.

Uffici, negozi, botteghe artigiane hanno dovuto arrangiarsi. Qualcuno ha
calcolato che in conseguenza di questi tagli almeno 2 milioni di persone
perderanno il lavoro, con un danno complessivo enorme per un'economia gia'
in caduta libera. Gli artigiani chiamati jua kali - cioe' "sole forte",
perche' lavorano all'aperto, sotto il cocente sole equatoriale, costruendo
gli utensili nella baracca che serve anche da casa - sono fra i piu'
danneggiati. A Riruta, sulla strada che mi porta a casa, ce ne sono forse un
centinaio: falegnami, sarti e saldatori. Alcuni, con molti sacrifici, sono
riusciti a comperarsi utensili elettrici. Adesso lavorano la notte, quando
c'e' la corrente.

Cosi' quando rientro a casa a notte fonda - ogni tanto mi capita - la strada
e' illuminata dal fiammeggiare delle saldatrici. L'altra sera mi sono
fermato a far due chiacchiere con Gilbert Odhiambo. Ha deposto l'impugnatura
della saldatrice e guardando gli infissi in ferro a cui stava lavorando, ha
allargato le braccia sconsolato. "Facevo gia' fatica a tirare avanti, adesso
produco ancora meno. Sono diminuiti anche gli ordini. Non so se ce la faro'
a mantenere i miei quattro figli a scuola". Ma non ha perso la voglia di
scherzare, e ha aggiunto: "Non siamo piu' artigiani jua kali, ma mwezi
kali". Mwezi e' la luna.

Due giorni dopo, il municipio di Nairobi ha annunciato che a partire da
luglio anche l'acqua verra' razionata. A Riruta avviene da anni, e ci si
considera fortunati se l'acquedotto la distribuisce per un paio di giorni
alla settimana. Vuol dire che da luglio - si domanda preoccupata la gente -
l'acquedotto sara' completamente secco?


MEDAGLIA D’ARGENTO
DELLA SPEREQUAZIONE

Il 7 giugno il presidente Daniel arap Moi ha lanciato un appello alla
comunita' internazionale. La responsabilita' del disastro, ha affermato Moi,
e' dovuta alla prolungata siccita': "Non e' mia, io non sono l'uomo che
porta la pioggia". Solo la siccita' - ha aggiunto - e' responsabile per aver
sconvolto la vita dell'80% dei keniani, mettendone almeno tre milioni in una
situazione di disperato bisogno di cibo, acqua e assistenza medica. Una
statistica recente dice che il 47% della gente nelle zone rurali e il 29% di
chi vive in citta' non puo' permettersi di mangiare ogni giorno. Milioni di
bambini - quanti esattamente nessuno lo sa - non possono andare a scuola.

I critici del governo affermano che la catastrofe era annunciata e che la
siccita' ha solo messo in evidenza la mala gestione del paese negli ultimi
20 anni, con milioni e milioni di dollari scomparsi dalle casse governative
per corruzione, progetti falliti, la terra violata. Vent’anni fa il Kenya
era fra i paesi africani piu' prosperi. Oggi il keniano medio deve vivere
con 0,75 dollari al giorno. Come notava un editorialista, c'e' una
graduatoria mondiale in cui il Kenya si piazza al secondo posto, dopo il
Brasile, ed e' quella dei paesi con le piu' grandi disparita' economiche.
"Come vorrei che invece si trattasse di calcio!", era il commento.

La stampa keniana ha messo in risalto che il primo paese a rispondere
all'appello di Moi e' stata l'Italia, con un carico di grano, riso e pasta
di oltre 2.500 tonnellate. In un momento cosi' difficile per il paese ogni
aiuto, o promessa di aiuto, e' stato ricevuto a braccia aperte. Anche
l'opposizione ha scelto di non far notare come l'attuale e'lite abbia goduto
di importanti connivenze internazionali che le hanno permesso di mantenere
il potere e depredare impunemente il paese.

Gilbert, gli occhi arrossati da una notte passata a saldare, scuote la
testa: "I potenti sono nel torto, ma a pagare siamo noi".

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