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10-11/06 Catania: Per la pace nel Corno d'Africa



Non è giusto morire in nessuna guerra

Sabato 10 ore 11  - "Per la pace nel Corno d'Africa"
Presidio e delegazione in Prefettura (ang. Via Etnea) - Catania

Organizzazioni del Coordinamento Catanese Global March 2000 :

Agesci Acireale, Aifo, Ararat, Arci Babilonia Acireale, Ass. Cose
dell'Altro Mondo, Ass. Ekos, Centro Iqbal Masih, Circolo Centro di
Rifondazione Comunista, Circolo Rosa L. , Ciss, Comitato Stop War, Comunità
Parrocchiale SS. Pietro e Paolo, Coop. Enghera, Coop. Prospettiva, Cope,
Gapa, Gruppo di cittadini giarresi, Gruppo Nuova Generazione, Legambiente,
Pax Christi CT, Mani Tese '76, Mani Tese Sicilia, Millemondi, Misericordia
Acireale, Pime, Trappeto Nord Vive, Uisp, WWF Acireale.

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FERMATE LA GUERRA

La guerra nel Corno d'Africa, la guerra fra Etiopia ed Eritrea, è scoppiata
nuovamente con una violenza che tramortisce e lascia senza speranze.
Nel maggio del '98, dopo sette anni di pacifica e fraterna collaborazione
fra i popoli e i governi eritrei ed etiopici seguiti a una trentennale
lotta di liberazione (per l'indipendenza dell'Eritrea e contro la dittatura
in Etiopia), si avviava fra i due paesi un confronto militare, a bassa
intensità, causato inizialmente dalla contesa di alcuni territori di
frontiera. Da allora a nulla sono valsi gli sforzi per una soluzione
negoziata del conflitto, giacché soltanto l'Eritrea aderiva al piano di
pace messo a punto dall'Organizzazione per l'Unità Africana, impegnandosi
altresì a sottoscrivere una risoluzione delle Nazioni Unite per l'immediato
"cessate il fuoco".
Nelle ultime settimane l'esercito etiopico (che arruola, secondo la
denuncia di Amnesty International, anche bambini-soldato) ha invaso una
larga parte del territorio eritreo, costringendo alla fuga gli abitanti di
diverse città e impedendo alle organizzazioni umanitarie di svolgere la
propria attività a favore dei profughi della guerra. Mentre si continuano a
bombardare centri abitati e villaggi.
I numeri, come sempre, sono da apocalisse: decine di migliaia di morti, un
milione circa di nuovi profughi eritrei (su tre milioni e mezzo di
abitanti). Un'eredità di lutti e di dolori, e nessuna luce in fondo al
tunnel, di questa nuova ondata di violenze in una delle più disperate terre
dell'Africa.
Noi che sottoscriviamo questo appello, abbiamo creduto alla pace nel Corno
d'Africa, abbiamo creduto che fosse possibile un avvenire di speranze per
generazioni di africani, abbiamo creduto che i miracoli di uno sviluppo
economico e sociale potessero davvero realizzarsi in questa terra d'Africa.
Vorremmo crederci ancora, nonostante quanto sta accadendo in queste ore.
L'Italia ha doveri storici profondi in Corno d'Africa. Eritrea ed Etiopia
sono legati da vincoli reali al nostro paese. L'Italia può giocare un ruolo
autentico: è un interlocutore ascoltato ad Asmara come ad Addis Abeba. La
cooperazione italiana ha investito risorse, uomini, denaro in queste due
terre. L'Italia può agire, può alzare la voce, può pretendere che le armi
tacciano, che l'esercito etiopico si ritiri. Se così non fosse, il Corno
d'Africa annegherebbe di nuovo, e per decenni, nella violenza. L'Italia può
fermare, almeno può tentare di fermare, questa guerra. E' un intervento che
il governo italiano, le forze politiche, il parlamento italiano, non
possono non fare. Non è possibile che oggi, ovunque avvenga, sia consentito
alla violenza di guidare la politica, alla guerra di decidere le sorti di
un popolo o di una terra.

Noi chiediamo al governo italiano di fare l'impossibile perché questa
guerra finisca.
Noi chiediamo che la pace ritorni in Corno d'Africa.
Noi chiediamo che l'esercito etiopico lasci i territori eritrei e che nuovi
negoziati rendano speranze che oggi appaiono sepolte.
Noi chiediamo che questo avvenga in fretta. Non è giusto morire in questa
guerra.