Iniziativa
istituzionale
Cooperazione: polemiche, spot elettorali e pochi soldi
Al
via lunedì, a Milano, il Forum voluto dal ministro Riccardi, che dovrebbe
disegnare il futuro di questo settore. Un appuntamento atteso da mesi, ma
criticato da alcuni per la presenza di sponsor ingombranti come l’Eni o di
politici africani come il il presidente burkinabé, Blaise Compaoré. Passerella
politica per molti, anche se da un rapporto di ActioAid il tema della
cooperazione risulta solo al 202° posto nella classifica di quelli trattati
nell’ultima legislatura.
Pochi
soldi. Poco interesse istituzionale (almeno fino ad oggi). Molte polemiche.
Sono
giorni, settimane intense per chi opera nel mondo della cooperazione allo
sviluppo. Lunedì prossimo si aprirà il tanto atteso Forum della cooperazione internazionale. Una due
giorni milanese considerata una specie di Stati generali sulla cooperazione
italiana, da cui usciranno le linee politiche che innerveranno il settore nei
prossimi anni.
Una
kermesse preceduta da un intenso lavoro - durato almeno tre mesi - da parte di
diverse realtà istituzionali, bancarie, sindacali e della società civile al
quale hanno partecipato circa 400 persone divise, sostanzialmente, in dieci gruppi che avevano ciascuno un tema da
sviscerare e da portare a sintesi. A Milano si discuterà appunto sulle sintesi
prodotte.
Ma
sull'operazione milanese, voluta fortemente da Andrea Riccardi, ministro per la
cooperazione internazionale e l'integrazione, in queste ore si sono addensati
nuvoloni carichi di polemiche.
Presenze
indesiderate
Molti
degli interventi critici (qui ne
potete leggere altri) si concentrano sugli sponsor del Forum. Tre su tutti:
Microsoft, Banca Intesa e soprattutto Eni. La multinazionale del cane a sei
zampe, con i suoi disastri in Nigeria e nel Delta del Niger, ma anche nella
Repubblica del Congo, è la più indesiderata. Un ossimoro la sua presenza a
Milano, il pensiero condiviso da molti.
Indigesta
per alcuni gruppi e associazioni africani anche la scelta
di far rappresentare il continente dal presidente burkinabé Blaise
Compaoré, ritenuto un golpista e responsabile di violenze nel suo paese. Una
presenza, la sua a Milano, voluta fortemente dalla Comunità di
Sant'Egidio, ci cui Riccardi è il faro, che ha consolidato, negli ultimi tempi,
un rapporto molto stretto con il governo di quel paese.
Per
le istituzioni, ministro in testa, sono polemiche sterili. La privatizzazione
della cooperazione, con l'intervento di privati e imprese, è un processo
irreversibile. L'ha ribadito anche il sottosegretario agli esteri Marta Dassù,
reduce da un viaggio newyorkese in cui ha contribuito a dar vita alla "Nuova
Alleanza per l'Africa". Il sottosegretario ha spiegato che un insieme di
soggetti - che vanno dai paesi del G8, ad alcune grandi imprese, dai privati
fino a sei governi africani - si sono «messi insieme in una neo alleanza per
valorizzare l'agricoltura africana e, in particolare, i suoi operatori».
Pubblico
e privato a braccetto, quindi. Questa la linea di Riccardi, le cui assenze a
certi dibattiti cominciano a infastidire i leader di alcune grandi ong (vedi
la polemica di De Ponte, segretario generale di
ActionAid Italia). Questa è, nel suo complesso, la linea del governo tecnico
montiano sul tema della cooperazione. Presidente del Consiglio che è atteso a
Milano con una sfilza di ministri, sottosegretari, corti partitiche ed altro
come se fosse una passerella politica in cui già si respira il clima da pre
campagna elettorale.
Argomento
dimenticato in Parlamento
Un
interesse sbocciato improvviso, evidentemente, dentro le stanze del potere.
Perchè dal sesto e ultimo rapporto di Action aid su "L'Italia e la lotta alla
povertà nel mondo" (presentato il 26 settembre a Roma) che studia e analizza gli
ultimi 5 anni (2008-2012) di politiche italiane alla cooperazione emerge
qualcosa di diverso. Un dato inequivocabile sull'indifferenza che ha avvolto
nell'ultima legislatura il tema della lotta alla povertà nel mondo: la
cooperazione alla sviluppo è, come argomento trattato, al 202esimo posto nella
classifica stilata da Open Polis. Hanno più spazio nelle aule parlamentari temi
come gli "italiani all'estero" o le "lotterie e scommesse".
Dall'aprile
del 2008 i temi legati alla cooperazione allo sviluppo sono stati presentati in
Parlamento 439 volte di cui 290 alla Camera dei deputati e 149 al Senato:
secondo un calcolo sommario, lo 0,6% degli atti parlamentari.
La
solita canzone
Per
quanto riguarda le risorse e che cosa bisogna fare per rilanciare il settore si
ascoltano da anni solo dischi rotti. Meglio: «la solita canzone, sempre quella,
che è passata dal vinile, al Cd al file Mp3» (copyright Egizia Petroccione,
portavoce del Cini, il network che mette assieme ActionAid, Amref, Save the
Children, Terre des hommes, Vis, Wwf). Leggere i numeri o guardare le tabelle è
sconfortante per chi crede che la politica di cooperazione sia sostanziale per
un paese come l'Italia fortemente proiettato oltre confine. A fine 2010 l'Italia
era praticamente bloccata ai livelli di aiuto che si era prefissata di
raggiungere per il 2003.
A
fine legislatura l'Italia si confermerà nelle ultime posizioni nella classifica
dei paesi donatori destinando alla lotta alla povertà e alla cooperazione allo
sviluppo lo 0,12% della propria ricchezza. Un miraggio la soglia dello 0,7%
entro il 2015, come previsto negli Obiettivi del Millennio.
Il
rosario di criticità sul tema è lungo come le novene per sant'Antonio. Ad
esempio, secondo ActionAid, il «"debito morale", ovvero la differenza tra ciò
che l'Italia avrebbe dovuto sborsare negli ultimi dieci anni e quanto ha
realmente erogato, supera i 20 miliardi di dollari».
Eppure
in questa Caporetto politica, c'è chi ha continuato a drenare soldi e a produrre
profitti. Secondo una ricerca Ispi, che ha preso in considerazione 86 paesi
destinatari degli aiuti italiani tra il 1994 e il 2011, è emerso che per ogni
dollaro in aiuto bilaterale dall'Italia, 0,93 centesimi sono rientrati nel
sistema come aumento d'esportazioni italiane (Giba).
Nigrizia - 27/09/2012