Lettera di Jean-Paul Pougala al Presidente Berlusconi
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- Date: Sat, 4 Apr 2009 18:23:23 +0200
Ricevo da Jean-Paul Pougala e
inoltro.
Patrizia
Jean-Paul
Pougala (Africano e
cittadino italiano) Tel:
01119837778 Email: pougala at email.it
Moncalieri il 2 aprile 2009 Presidente
Berlusconi, Una settimana dopo
l’insediamento del Suo governo, il ministro dell’Interno dichiarava ad una
trasmissione televisiva, con una ingenuità sconcertante, che tutti potevano
constatare che da quando il Suo governo era ritornato al potere, non c’erano più
sbarchi dei migranti sulle coste meridionali del Paese. Egli contrapponeva il
presunto lassismo del precedente governo della sinistra al nuovo pugno duro
della destra al potere. Soltanto che non aveva consultato la meteorologia per
accorgersi che in quei giorni il mare era mosso e impediva a quei morti di fame
di mettersi in viaggio. Qualcuno è
veramente convinto che esista uno solo dei migranti che prima di mettersi in
viaggio si preoccupa di una qualche legge restrittiva fatta in Italia o altrove?
Lei pensa che il famoso “Libretto Rosso”, che bollava i migranti italiani in
America negli anni 20 come “analfabeti” e li costringeva alla “quarantena”, li
scoraggiasse veramente a sbarcare nel “nuovo mondo”? Presidente, da che
mondo è mondo, i poveri che vivacchiano qui è là alla ricerca di una vita felice
non hanno mai goduto di alcuna libertà. Hanno sempre
subìto. Oggi i paesi poveri si vantano del fatto che i soldi loro mandati a casa
dai loro emigrati nei paesi ricchi sono il doppio dei soldi dei vari prestiti
che ricevono dal sistema finanziario internazionale, anche se nel paese di
arrivo sono trattati peggio dei topi da schiacciare. Passa il tempo, ma
la storia è la stessa. Il 19 Ottobre 1945
è il governo Italiano che firmava un accordo per mandare i suoi figli a lavorare
come schiavi nelle miniere del Belgio per avere in cambio 24 quintali di carbone
all’anno per ogni Italiano. Un altro accordo, l’anno dopo, e cioè il 23 giugno
1946, offriva al Belgio 50.000 nuovi schiavi Italiani per quei pozzi della morte
dentro i quali i belgi non volevano più scendere. Quando gli indigeni non
vogliono fare un mestiere o è da schiavi o è da morte
sicura. Dieci anni dopo, a
Marcinelle morirono 262 persone su 274 minatori, più della metà dei quali
italiani, l’8 agosto del 1956. Ma quanti di quei 136 poveracci nostri
connazionali che sono morti dentro quei pozzi sapevano che sulla loro testa era
stato convenuto il “pizzo” del governo Italiano? La stessa cosa è successa nella tragedia
della miniera di Monongah, nei pressi di Pittsburgh
negli USA il 6 dicembre
1907.
Furono dichiarati 171 morti ufficiali
italiani; gli altri 135 erano senza documenti, i cosidetti “clandestini”, e
furono sepolti in una fossa comune, perché anche allora, i clandestini erano
trasparenti e nemmeno la morte poteva suscitare per loro la pietà umana dei
beati americani, dei beati “cittadini”.
Ancora la stessa cosa il 22 Ottobre 1913 con la sciagura di Dawson nel
Nuovo Messico, sempre negli USA, in cui morirono 265 minatori immigrati
tedeschi, finlandesi, greci, cinesi, britannici, polacchi, svedesi e italiani,
di cui 146 Italiani, cioè più della metà nostri connazionali. Erano talmente
inutili e trasparenti agli occhi dei nostri governanti, quei poveracci emigrati,
che bisognerà aspettare 90 anni per avere un riconoscimento ufficiale da parte
del nostro Paese, quando il 3 settembre 2003, nell’occasione della festa
americana del lavoro (labour day) il Console Generale d’Italia a Los-Angeles,
Diego Brasioli, depose una targa commemorativa nel cimitero di Dawson, diventato
dal 1992 cimitero nazionale
d’importanza storica, con tutte quelle croci bianche con nomi e cognomi
italiani. Oggi, gli schiavi
si chiamano “Badanti”. Lavorano 20 ore su
24 per 600 Euro al mese. Nessun italiano
vuole fare quel lavoro da schiavi. Le miniere di allora sono diventate i
cantieri pericolosi di oggi, le acciaierie pericolose, le concerie pericolose.
Gli “Italiani” di allora, sono diventati gli “extra-comunitari” di oggi. Cambia
il tempo e la scena del delitto ma le tecniche e le forti voglie dello
sfruttamento rimangono uguali. Cambiano gli attori e lo spazio, ma la ruota gira
nello stesso senso, nel quale tutti ci trovano il loro tornaconto, tranne che il
migrante. In Italia, gli immigrati dai paesi poveri rappresentano meno del 5%
della popolazione, ma sono il 50% dei morti sul lavoro e come risulta dalle
statistiche ufficiali, il 70% di quei morti era al primo giorno di lavoro (che
sfortuna !) Quanti di quei
poveracci che muoiono tutti i giorni nei cantieri italiani sanno che il loro
destino è stato deciso da altri? Quanti di quegli ingenui sognatori della
felicità che spariscono nel cimitero del Mediterraneo nel loro tentativo di
arrivare sulle coste italiane sanno che sono spinti a lasciare il loro Paese
proprio dai loro governanti che vogliono sbarazzarsene a poco costo e spedirli
all’Estero per aspettare da loro i proventi della loro sofferenza nei paesi di
arrivo? Come i migranti Italiani nei vari paesi nel secolo scorso, quei migranti
sono delle vittime del sistema dello sfruttamento mondiale, vittime delle
dittature che fingiamo di non vedere in quei paesi, vittime del sistema sociale
italiano, l’unico dell’Unione Europea che ha lasciato scoperto l’accompagnamento
della terza età con strutture adeguate statali, perché sapeva di poter avere a
disposizione nuovi schiavi per ovviare a quella mancanza. E la finzione di non
volerli, tramite lo stratagemma del permesso di soggiorno a pagamento, non è
altro che l’ennesima trovata per indebolire al massimo la loro capacità di
ribellione e il rifiuto del loro stato di schiavi moderni.
Presidente,
il popolo Italiano dà l’otto per mille a dei missionari per mandarli nella
nostra foresta in Africa per portare la Civiltà e insegnarci come Bianche e
Neri, siano tutti fratelli e che dobbiamo amarci tutti quanti; ma quando
prendiamo gusto a questa lezione di amore disinteressato e veniamo qui per
completare il nostro percorso per diventare dei veri civilizzati, ci volete
mettere in prigione perché non abbiamo bussato alla porta prima di entrare?
Quando non basta l’8 per mille, avete introdotto il 5 per mille sempre per
aiutarci, perché siete buoni, tanto buoni per noi poveretti
d’Africa. Allora
c’è qualcosa che non va. Come
minimo, visto la vostra bontà infinità perfino di assisterci nella nostra
foresta anche quando non ci conoscete personalmente, ci saremmo aspettati che
all’arrivo ci fossero tutti i nostri fratelli Bianchi ad accoglierci nel
paradiso Europa, come vi sforzate a dipingere mentre siamo nella
foresta. Presidente,
Lei che ha modo di incontrare il Papa, potrebbe chiedergli come si sente lui
quando si autoproclama difensore dei poveri e parla anche a nome mio e poi
quando arriviamo nel suo paese siamo trattati come rifiuti? E già che ci siamo,
Presidente, perché non suggerisce a qualcuno dei suoi ministri di dare coerenza
al suo odio per i poveri del mondo e gli Africani rinunciando ad ospitare la
casa dei poveri del mondo, dei morti di fame di tutto il mondo che è la FAO? Non Le sembra
contraddittorio che l’Italia, che ospita la FAO, sia proprio il Paese più
cattivo con i poveri? Il più attivo a mettere in carcere i poveri del mondo
perché fuggiti dalla fame e giunti fino a qui solo perché non hanno
bussato? Passano i giorni e
l’odio del Suo governo verso gli stranieri dimostra di non avere
limiti. Ho deciso di
scriverLe questa lettera come Africano, ora cittadino italiano, residente in
Italia e come scrittore. Anche se lo scempio di discriminazione al quale stiamo
assistendo gode di un silenzio assordante da parte degli intellettuali di questo
paese. Martin Luther King diceva: Mi fa più paura il silenzio degli Onesti della
cattiveria dei disonesti. Presidente,
Vorrei fare una
scommessa con Lei a proposito della Sua legge per i medici che dovrebbero
denunciare i cosiddetti “clandestini”. Se questa politica
dura e viene applicata, conosceremo
in Italia virus non noti come quello di “Ebola”. Noi emigrati
d’Africa abbiamo conosciuto il nostro primo medico in Italia nel 1992, con la
famosa Legge Martelli che ci permetteva semplicemente di incontrare un
“dottore”. E non era per magnanimità, ma perché c’era il riaccendersi di vecchie
malattie scomparse nelle popolazioni indigene, come la tubercolosi. Questa
legge ha permesso di salvare
persone stranere che ignoravano di essere malati, abituati come eravamo alla
semplice medicina da banco in vendita libera, per qualsiasi male.
Presidente, Lei si
ricorda come è morto il ciclista Fausto Coppi? Semplice malaria. Ma i medici non
lo hanno capito subito. Se i nostri medici non possono beneficiare della
possibilità di confrontarsi in modo conoscitivo con le malattie tropicali che
gli Africani portano con sé, come faranno a diagnosticare e salvare il malato italiano che si
presenta con sintomi sconosciuti? Presidente
Berlusconi, L’odio contro gli
immigrati dai paesi poveri in tutta Europa è diventato uno sport di massa al
livello governativo. Presidente, si
ricordi che il popolo Europeo nei confronti di questi morti di fame che arrivano
è come nella situazione di uno che vive nella stessa casa con la suocera che non
sopporta. Ma se questa, per ragioni economiche, non può vivere altrove, è lui
che deve cambiare atteggiamento, costretto com’è a condividere quella casa con
la insopportabile suocera. Se qualcuno spiega
al popolo italiano di non essere perfetto, essendo il paese più indebitato di
tutta l’Unione Europea, con un servizio pubblico dei peggiori, il livello
culturale della popolazione dei più bassi, senza parlare della criminalità
organizzata ecc. e malgrado questo viene accettato dagli altri Europei, gli
Italiani sarebbero meglio in grado di fare uno sforzo per accettare la
convivenza con gli ospiti stranieri che sono stati costretti di accettare nella
nostra casa Italia. Se non si fa questo lavoro pedagogico, arriverà anche in
Italia quello che è capitato agli Italiani marginalizzati all’estero. E cioè,
nasceranno tra questi nuovi migranti, nuovi comportamenti delittuosi, nasceranno
nuove mafie. Più gli Italiani erano emarginati negli Stati Uniti, in Francia, o
in Australia, e più si chiudevano in un comunitarismo dentro il quale si creava
una specie di patto di sangue per non tradire uno con cui si condivideva la
stessa frustrazione. Sta accadendo la
stessa cosa anche in Italia. I cosiddetti “clandestini” ci sono e non
spariranno. La maggior parte accetterà lo sfruttamento del trasparente perché
senza documenti, ma esiste una minoranza che si ribellerà e contro questa non ci
sarà arma per farvi fronte. Perché ciascuno tenderà a proteggere i membri della
sua comunità a qualsiasi costo. E’ cosi che nascono le guerre civili nei paesi
dai quali proveniamo. Arriviamo con il virus della guerra civile nella nostra
testa, ci manca solo che qualcuno ci dia il pretesto per riproporre anche qui
l’unica realtà che conosciamo: la guerra tribale o etnica o razziale. Le ronde
vanno bene, anche a New-York esistevano le ronde degli Irlandesi contro gli
Italiani designati come il male incarnato. E sappiamo come è andata a finire e
cioè che quegli Italiani (che non avevano niente da perdere) hanno sconfitto le
ronde con metodi ancor più violenti di chi le aveva iniziate. Quando lo stato
piuttosto che creare la pace sociale, ha il lusso di dividere i suoi cittadini
tra buoni e cattivi e mettere gli uni contro gli altri, siamo solo seduti su una
bomba che aspetta la sua ora per esplodere. Le scrivo questa
lettera per disinnescare la videnza quando siamo ancora in tempo. Il concetto di
“Bambini Stranieri” fa parte di quella visione e esiste solo in Italia. Perché
in tutto il mondo, i bambini che nascono in un Paese e crescono in quel Paese,
sono di quel Paese perché non conoscono altre realtà. La loro vita, il loro
orizzonte è quel paese. La frustrazione che il Suo governo sta infliggendo a
questi nuovi cittadini è tale che
non c’è bisogno di essere uno psichiatra per prevedere che tra non molto,
anche da noi, dovremo abituarci a reazioni violente. Come è gia avvenuto in
altri paesi di immigrazione prima di noi e dove hanno voluto dividere piuttosto
che unire. Sono 24 anni che
sono giunto in questo Paese e dal primo giorno che sono arrivato qui, la
questione Immigrazione era una emergenza. Quando eravamo in 100.000 gia si
gridava che eravamo in troppi. Ci si vietava di lavorare perché studenti
Africani. Dopo 24 anni, non è cambiato nulla. Si è passati di legge in legge e
ognuna ha tentato, senza riuscire, di fermare l’afflusso di morti di fame.
Presidente, Le
consiglio di consultare anche online le vecchie riviste di New-York degli anni
1930 per vedere che gli Italiani erano trattati peggio di come trattate oggi gli
africani in Italia; ma Le assicuro: non sono le disinfestazioni all’ammoniaca
che hanno impedito l’arrivo degli italiani negli Stati
Uniti. L’umiliazione che
subiscono gli stranieri oggi in Italia non sarà mai un freno al loro arrivo.
Potrete tenerli anche 5 anni in prigione, ma sarà sempre meglio che morire di
fame o di malaria nella nostra foresta senza luce o servizi igienici. Anzi, 5
anni vorrà almeno significare essere certi di rimanere in vita e stia sicuro che
nessuna umiliazione o minaccia potrà fermare un uomo che vuole solo vivere. Una
volta che la sua amministrazione avrà capito questo piccolo dettaglio, forse
sarà venuto il momento di cambiare registro. Qualcuno avrebbe voluto che europei
e africani vivessero in due pianeti diversi cosicché gli emigrati non potessero
prendere la navicella per arrivare fino a qui. Ma purtroppo, siamo non solo
sullo stesso pianeta, ma siamo pure vicini di casa e non sarà il pattugliamento
davanti alle coste libiche a cambiare qualcosa. L’Australia ha gia provato
questo contro i Cinesi, per scoprire 10 anni dopo che la comunità Cinese in
Australia era quadruplicata, proprio mentre si allestiva il presunto controllo
in alto mare con immediate deportazione presso isole compiacenti
dell’Oceania. 24 anni fa quando
sono arrivato in Italia, eravamo in pochi, eppure si diceva già che eravamo un
problema. C’era gia l’emergenza Emigrazione. Sono 15 anni che Lei è entrato in
politica con un alleato che ha sempre battuto sopra quel tasto. Ma a Lei sembra
che sia cambiato qualcosa in meglio da tutte le leggi fatte dai Suoi successivi
governi? Dopo 15 anni, nei Consigli di Ministri, c’è all’ordine del giorno la
stessa emergenza: immigrazione. A Lei non viene il dubbio che ci debba essere
qualcosa che non quadra? Un’emergenza, dopo 15 anni, non è più una emergenza, è
un problema serio. E un problema serio, non si risolve con proclami o slogan di
compiacimento per gli elettori.
Possiamo moltiplicare le leggi restrittive, moltiplicare i fogli di via,
risarcire la Libia di colpe della colonizzazione, nella speranza che blocchino
gli sbarchi. L’errore di chi prende queste decisioni è un piccolo dettaglio e
cioè, quello di confondere un problema complesso, una malattia endemica con un
raffredore che passerà appena ci si metterà al calduccio. E non saranno i
molteplici rimpatri con i suoi altissimi costi per gli italiani a risolvere il
problema. Il suo Ministro dà
facilmente l’esempio ai paesi europei con cui fa a gara per umiliare meglio gli
Africani. Ma dimentica che ci sono altri paesi europei, che sono più civili e
per questo non temono che la loro civiltà sia in qualche modo snaturata
dall’arrivo di qualche morto di fame. Il Ministro Maroni fa finta di ignorare
che la sua collega Svedese, che cumula le funzioni di Ministro dell’Integrazione
con quelle del Ministro della parità dei sessi, è una Signora nata in Burundi da
entrambi genitori Congolesi e giunti in Svezia a 12 anni. Al suo arrivo, non ha
subito discriminazioni e non ha dovuto perdere 2 anni in una classe di morti di
fame come lei prima di incontrare gli svedesi; anzi, come racconta lei stessa, è
stata aiutata al suo arrivo da compagne di classe di 12 anni a superare le
differenze di clima, di lingua e oggi lei è Ministro di uno dei Paesi più ricchi
al mondo, che controlla fabbriche anche in Italia nei campi vari dell’alta
tecnologia. Cosa sarebbe successo a questa ragazza se per sua sfortuna i suoi
genitori fossero arrivati in Italia anzichè andare in Svezia? Avrebbe ricevuto,
come i miei figli, una lettera dalla municipalità per dire che era una
clandestina e che a 13 anni stava per essere cancellata dalla lista di
residenti? Il
reddito pro-capite della Norvegia è 100 volte superiore a quello dell’Arabia
Saudita, altro produttore di petrolio. Ebbene in quel paese, dal 18 ottobre
2007. la Ministra dell’Infanzia e delle Pari Opportunità, di nome Manuela Ramin-Osmundsen (44 anni) è Nera, e d’origine
straniera essendo nata nei Caraibi, in Martinica. Qualcuno del Suo governo che
collega le origini del popolo del Nord d'Italia ai Celtici della Norvegia, lo sa
che quei "pazzi Norvegesi" hanno affidato il dicastero della prima infanzia a
qualcuno che arriva da un paese dove non c’è la stessa cultura del rispetto dei
bambini? Presidente, pensi a
cosa sarebbe successo a Michaëlle Jean, la signora di origine di Haiti che
occupa il posto più alto e più antico dell’ordinamento politico canadese se si
fosse fermata in Italia dopo i suoi studi all’Università di Perugia,
all’Università di Firenze e all’Università Cattolica di Milano. Sarebbe forse
una clandestina o una che deve sottostare alla tassa sul permesso di soggiorno.
Ebbene la Jean è la Governatrice Generale del civilissimo Canada, cioè è una
donna Nera nata nel paese più povero d’occidente ed è Capo dello Stato e cioè
presidente del paese più vasto del mondo dopo la Russia. A Lei pare che i
Canadesi siano diventati meno canadesi o meno civili perché a firmare le loro
leggi è una che viene da un paese povero? «Se
i nostri problemi possono essere nuovi, quelle che ci serve per superarli non lo
è. Quello che ci serve è la stessa perseveranza e idealismo che i nostri
fondatori hanno mostrato. Quello che ci serve è una nuova dichiarazione di
indipendenza, non solo nella nostra nazione, ma nelle nostre vite -
dall’ideologia e dal pensiero limitato, dal pregiudizio e dalla bigotteria».
Queste frasi sono state pronunciate da Barack Obama il sabato 17 Gennaio 2009
all’inizio delle cerimonie della sua investitura. Presidente Berlusconi, anche a
Lei non è sembrato, sentendo queste parole, che Obama stesse proprio parlando a
qualche membro zelante del Suo governo che scambia la lungimiranza del politico
con il fatto di mostrare i muscoli ai più deboli, senza spostare il problema di un
millimetro? Ma
voglio lasciare da parte l’inutile e sterile polemica, per invitarLa a fare Sua
quelle dichiarazioni di Obama, pronunciate preoccupandosi di come sarà giudicato
dopo 100 anni. Prenda il coraggio
per rifondare l’’indipendenza dell’Italia, questo bel Paese che sprofonda anni
dopo anni nell’abisso dei suoi problemi troppo a lungo irrisolti. L’Italia è l’unico paese dell’Unione
Europea che umilia i suoi bambini nati sul territorio richiedendo per loro un
permesso di soggiorno solo perché i genitori provengono da altri cieli.
Rifletta
sul fatto che la popolarità delle
scelte politiche non è sempre sinonimo della loro validità sul piano
storico. "Non mi sono mai,
nella mia vita, sentito più certo di stare facendo la cosa giusta, che quando
firmai quel documento." Abraham Lincoln dirà in seguito alla
Proclamazione di emancipazione, il 22 luglio 1862.
Quando
il presidente francese F. Mitterand ha abolito la pena di morte in Francia,
andava contro il 75% dei suoi concittadini, ma è passato alla Storia come il
presidente che ha avuto il coraggio , la lungimiranza e l’intelligenza di
cercare il risultato delle sue decisione politiche oltre il tempo dell’esercizio della sua
funzione, oltre il tempo della sua stessa vita. Presidente, qualche
mese fa c’è stata una virulenta polemica perché Lei aveva definito “abbronzato”
il nuovo Presidente statunitense. Ciò che ha creato il problema oltre Atlantico,
non è stato il Suo commento sul colore della pelle del nuovo ospite della Casa
Bianca, ma il Suo rifiuto della differenza, la Sua animosità per la diversità.
Lei è Presidente di Consiglio di tutta l’Italia e di tutti gli Italiani,
compreso me. E quando Lei manifesta pubblicamente il Suo rifiuto della
diversità, Lei lo fa anche a nome mio, di una persona che è tremendamente
diversa, perché io sono Nero come il carbone. Non m’interessa il giudizio che ha
nel Suo cuore contro di me, questo è affidata alla Sua
intimità. Ma in pubblico Lei
è il Presidente di tutti e pertanto, deve rispettare anche me, fuggito dalle
tenebre dell’Africa e, ora, cittadino italiano. Presidente, Voglio concludere
questa mia lettera aperta a Lei, parlandoLe di uno dei nostri connazionali che
sicuramente Lei conosce. E’ un tale di nome Empedocle, nato nel
Empedocle oppone il
bene al male. Parla delle due forze antagoniste dell’amore e dell’odio e del
sopravvento naturale dell’odio sull’amore. Spiega come la
nostra società è dominata dalla progressione continua della discordia e
dell’odio, e che nel mondo è naturale il sopravvento delle forze della divisione
e della distruzione. Per la sua azione politica Empedocle era cosi scomodo
che fu cacciato dalla sua città
natale, Agrigento e indotto al suicidio, che attuò gettandosi nel cratere
dell’Etna nel Cordialmente.
Jean Paul POUGALA Jean-Paul
Pougala è autore del libro “in fuga dalle tenebre” (G. Einaudi 2007)
utilizzato da molti licei in Italia come libro di testo.
www.infugadalletenebre.it |
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