Tettamanzi: 'Un errore militarizzare le città la paura non passa con un decreto'



Tettamanzi: "Un errore militarizzare le città la paura non passa con un
decreto"
Il monito di Tettamanzi: non criminalizzate gli immigrati

di Zita Dazzi e Roberto Rho

 «Militarizzare le città serve solo ad aumentare il senso di smarrimento e
la paura. Perché la paura non passa per decreto legge». Guarda dalla
finestra del suo studio, il cardinale Dionigi Tettamanzi, e vede una
piazza Duomo affollata di milanesi che la attraversano di corsa per
spostarsi da un ufficio all´altro, ma anche di immigrati che si
incontrano, bevono, bivaccano, litigano. «Non sempre - dice l´arcivescovo
di Milano - affacciandomi vedo il cuore della mia città. Molto più spesso
vedo piazza Duomo come il teatro in cui tante, troppe solitudini si
sfiorano». Perché questo è il punto: «È la solitudine, causata
soprattutto dalla privatizzazione dei tempi e degli spazi e dal
conseguente calo della qualità della socializzazione, ad aver generato le
paure della gente. Sono soli tanti anziani. Soli troppi giovani. Soli
molti adulti, anche con posizioni sociali prestigiose. La solitudine
causa ulteriore sfiducia verso l´altro e genera la paura dell´incontro.
Le parrocchie e il volontariato, non solo cattolico, sono delle oasi di
relazioni».

Quali risposte devono dare le istituzioni a questo disagio?

«Guardiamo in avanti, non speculiamo sulla paura. Da sempre il forestiero
desta sospetti e pregiudizi. Ma nel passato Milano è stata capace di
rimettere in discussione la propria identità per ridefinirla insieme ai
nuovi venuti. Penso alla migrazione dal Veneto o dal Mezzogiorno che ha
raddoppiato in pochi decenni il numero di abitanti di Milano e decuplicato
la popolazione dell´hinterland. Sono stati processi non privi di fatiche e
ferite. Il principio che ha portato alla costruzione del volto sintetico
della città è stato il forte senso di solidarietà che la animava. Una
forza inclusiva che si è indebolita».

Sì, ma come si spiegano alla gente i valori dell´accoglienza e della
solidarietà, in una città dove si susseguono i reati, perfino i più odiosi
come le violenze sulle categorie più deboli?

«Milano saprà trasformare tutti suoi abitanti, anche gli immigrati, in
cittadini. È per il bene, la sicurezza, l´arricchimento di tutti che
dobbiamo compiere questo sforzo. Barricarsi in casa, criminalizzare alcune
categorie di persone, presidiare militarmente le città, sono gesti che
aumentano il senso di smarrimento e solitudine. La solitudine cessa se si
sperimenta la bellezza dell´incontro. Chi ne è deputato faccia rispettare
la legge per impedire quegli atteggiamenti che rendono spiacevoli o
pericolosi questi incontri».

Legalità, appunto. È - dicono il governo e le istituzioni locali - il
perno intorno a cui far ruotare le politiche sulla sicurezza e
l´immigrazione.

«Non è mio compito promuovere o bocciare le leggi dello Stato. Papa
Benedetto XVI ai vescovi italiani ha chiesto di non chiudere gli occhi di
fronte alle povertà, rispettando le leggi. Sia all´interno dello Stato che
nei confronti di chi vi giunge dall´esterno. Solidarietà, rispetto delle
leggi e accoglienza devono coniugarsi. Da anni a Milano promuoviamo il
"patto di legalità" con chi chiede di vivere da noi. Le istituzioni devono
far rispettare le leggi e creare le condizioni affinché siano rispettate e
gli immigrati non siano risucchiati dall´illegalità. Carità e legalità non
sono mai in contrapposizione: gli immigrati, prima di essere tali, sono
persone. Chi delinque sia affidato celermente alla giustizia. Ma il
rispetto della dignità delle persone non può mai essere omesso».

Di recente la Curia ha sottolineato che in alcuni casi, per esempio lo
sgombero del campo rom della Bovisasca, si è agito sotto i livelli minimi
di rispetto della dignità umana. Ne è nata una polemica con il sindaco di
Milano, Letizia Moratti.

«Quando il vescovo interviene lo fa a partire dal Vangelo e per ricordare
a tutti che esistono valori umani così alti che esigono di essere non solo
proclamati ma rispettati, sempre».

Lei pensa che i blitz all´alba nei campi rom, le schedature, i controlli a
tappeto sui mezzi pubblici, gli slogan "zero campi rom", la carcerazione
dei clandestini abbiano effetti positivi e siano compatibili con il
rispetto della dignità delle persone?

«Che beneficio portano certi metodi? Servono veramente a risolvere il
problema, a rassicurare adeguatamente la gente contro la paura, oppure
corrono il rischio di rivelarsi tentativi effimeri? Ho la sensazione che
causino l´effetto contrario a quello sperato...».

Cardinal Tettamanzi, l´Expo a Milano è un´opportunità o un rischio?

«È un´opportunità grande e un motivo di orgoglio. Mi piace lasciarmi
guidare da una suggestione, dal significato del nome della nostra città.
Milano rimanda a Mediolanum, ad una terra che "sta nel mezzo". Un luogo
dove si converge, ci si incontra, si dialoga. Che opportunità l´Expo se -
già da oggi - permette a Milano di essere sempre più città dell´incontro.
Tra religioni e culture differenti, tra collocazioni sociali diverse, tra
chi è cittadino a tutti gli effetti e chi lo vorrebbe diventare, tra età
della vita distanti, tra chi ha un lavoro e chi l´ha perso o non l´ha mai
avuto, tra chi è sano e chi è malato...»

Come giudica lo sviluppo urbanistico di Milano? Interi pezzi della città
stanno cambiando volto.

«Occorre che la città diventi "bella". Bella nella sua dimensione più
interiore, spirituale. Mi hanno incuriosito e affascinato i progetti da
realizzare per il 2015. Abbiamo bisogno di questo e di molto altro
splendore: una città "bella" nella sua architettura rende migliori anche i
suoi abitanti. Occorre porre da subito l´uomo al centro della Milano che
sarà, con i suoi bisogni. Anche spirituali: dove sono gli spazi per vivere
questa dimensione? Progettando, pensiamo al 2015 ma anche e soprattutto ai
cittadini di Milano nel 2016, quando i visitatori se ne saranno andati.
Sento un gran discutere di grattacieli, finanziamenti, deleghe... Ma del
bellissimo tema al centro di questa Expo "Nutrire il pianeta, energia per
la vita" qualcuno se ne sta occupando?»

Ma lei preferisce i grattacieli dritti o quelli storti?
«E lei? Difficile dire in assoluto se siano più belli dritti o curvi.
Ciascuno giudica secondo i suoi criteri estetici. Ma se devo proprio dire
la mia opinione, io li preferisco dritti».

In definitiva, cardinale, che Milano vede dalle sue finestre? La Milano
ricca metropoli internazionale proiettata nel futuro o la Milano metropoli
delle diseguaglianze, dell´intolleranza e del disagio sociale?
«L´unico mio giudizio su Milano è l´amore per questa città e per i suoi
abitanti. Sono fiero di essere milanese. È un amore che mi spinge ad
appassionarmi a questa città e ai suoi abitanti, specie quando le
circostanze ne causano la sofferenza. Più che di giudicarla, sento il
bisogno di amarla».

(21 giugno 2008)


http://milano.repubblica.it/dettaglio/Tettamanzi:-Un-errore-militarizzare-le-citta-la-paura-non-passa-con-un-decreto/1479044