Cara Europa. L'appello di Rebecca contro la persecuzione dei Rom



Rebecca e' stata aggredita ieri a milano

http://www.everyonegroup.com/it/EveryOne/MainPage/Entries/2008/6/18_Brutalmente_aggredita_a_Milano_Rebecca%2C_12enne_Rom_vincitrice_del_premio_Unicef_2008.html

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Cara Europa. Appello di Rebecca Covaciu contro la persecuzione dei Rom in
Italia

Si chiama Rebecca Covaciu, è una ragazzina rom di 12 anni, ha una vita di
povertà, emarginazione e sofferenza alle spalle.
I giornali hanno parlato di lei come della "piccola Anne Frank del popolo
Rom".

La famiglia Covaciu abbandonò Arad, in Romania, per fuggire povertà e
discriminazione. Ma in Italia ha conosciuto gli effetti devastanti
dell'odio razziale. Ha subito un tentato linciaggio da parte di razzisti a
Milano; le forze dell'ordine hanno distrutto più volte le baracche
costruite da Stelian, papà di Rebecca, mettendo la famiglia in mezzo alla
strada. L'aiuto offerto dai membri del Gruppo EveryOne ha evitato che
Stelian, sua moglie e i loro quattro bimbi subissero un destino tragico.
Ora Rebecca - che non è solo una grande promessa dell'arte europea
(promessa che sarà mantenuta solo se la persecuzione razziale in Italia
non la ucciderà), ma un angelo di sensibilità, altruismo e bontà - si è
incamminata in una "marcia della morte" verso il nulla, con i suoi cari.

Durante la primavera 2007, la famiglia Covaciu ha incontrato gli attivisti
del Gruppo EveryOne, che si sono fatti carico delle sue esigenze
fondamentali.

Il 24 Aprile 2008, a Milano, una "squadra di protezione" formata da agenti
in assetto antisommossa, agli ordini di Gianvalerio Lombardi ha compiuto
un'operazione di sgombero nei confronti della comunità di Rom romeni,
provenienti da Timisoara, che si era rifugiata in un campo del quartiere
Giambellino. Il campo era "abusivo": numerose famiglie in condizioni di
miseria tragiche si erano rifugiate lì per evitare di morire di fame e
malattie nella loro città di origine, vivevano in una situazione di
segregazione e discriminazione insostenibile. L'azione degli agenti è
stata eseguita con metodi brutali. Uomini, donne e nugoli di bambini sono
stati costretti a uscire dalle loro baracche, messi in fila come gli ebrei
rastrellati dai nazisti durante l'Olocausto e costretti ad assistere alla
distruzione del loro piccolo, miserabile mondo.

Le baracche sono state distrutte e date alle fiamme senza che agli
occupanti fosse concesso di prelevare i propri pochi beni. Una mamma
supplicava gli uomini in divisa: "Per piacere, lasciatemi prendere le
copertine per i miei bambini". Un poliziotto le rispondeva: "Non ti
servono a niente, perché adesso, con il nuovo governo, vi rimandiamo tutti
in Romania".

I bambini piangevano, mentre i loro aguzzini li spintonavano e li
intimidivano con parole dure, offensive, improntate all'odio razziale. Una
delle famiglie cacciate in malo modo dalla squadra era la famiglia
Covaciu, il cui capofamiglia è un missionario evangelico, noto presso i
Rom di Milano per gli innumerevoli gesti di altruismo compiuti nei
riguardi delle famiglie perseguitate.

Sua moglie parla cinque lingue: il romeno, il romanes, il francese, lo
spagnolo e l'italiano. Hanno quattro bambini, fra i quali Rebecca Covaciu,
di 12 anni, dotata di un notevole talento nel campo delle arti plastiche,
tanto che alcuni dei suoi disegni - che documentano la vita dei Rom in
Italia - sono stati esposti a Napoli, nel corso della Giornata della
Memoria 2008, presso le prestigiose sale dell'Archivio Storico, che li ha
acquisiti in permanenza.

Rebecca ha imparato a disegnare e dipingere nelle baracche e sotto i
ponti, sviluppando un talento che le ha consentito di vincere il Premio
UNICEF 2008 fra centinaia e centinaia di ragazzi di tutte le nazionalità,
per il disegno e la pittura legato ai diritti dei Bambini e ha già
partecipato a mostre d'arte, con i suoi disegni che raccontano la
persecuzione degli 'zingari' in Italia. Il premio le è stato consegnato a
Genova nell'àmbito del Festival dell'Intercultura "Caffè Shakerato".

I disegni di Rebecca sono esposti al Museo d'Arte Contemporanea di Hilo
(Stato delle Hawaii, U.S.A.), rappresentativi dell'arte dei Rom in Europa
e della condizione di emarginazione cui sono costretti. Il direttore del
museo Ted Coombs ha scritto: “L'Arte di Rebecca Covaciu pone in rilievo
un'infantile innocenza, preziosa nel mondo dell'arte, che si propone solo
di colpire l'attenzione. Non è arte per l'arte, ma - piuttosto - arte che
esprime la pura voce dell'anima.

Il Museo d'Arte di Hilo sostiene e incoraggia l'arte capace di entrare in
comunicazione con l'anima, perché si tratta del messaggio che ci ha
consegnato in eredità l'Arte Polinesiana. Gli antenati degli Hawaiani
viaggiarono, assumendosi grandi rischi, per essere parte della cultura del
nostro mondo: ecco perché siamo orgogliosi di supportare queste
meravigliose opere d'arte che provengono dall'altra parte del mondo”

Le opere di Rebecca sono state esposte anche nell'àmbito delle mostre del
Gruppo internazionale di artisti "Watching The Sky", fra cui "Psiche
Incatenata", in occasione della Giornata della Memoria 2008, nelle
prestigiose sale dell'Archivio Storico del Comune di Napoli. Genova ha
attribuito l'importante riconoscimento "Arte e Intercultura - Caffè
Shakerato" ai disegni-testimonianza della piccola artista. La serie di
opere grafiche "I topi e le stelle" (qui accanto alcune delle opere),
ispirata alla sua vita negli insediamenti "abusivi", sarà esposta a Roma,
Napoli e Genova nell'àmbito di una mostra itinerante dedicata ad Arte,
infanzia e Diritti dei Popoli.

Nonostante questi suoi meriti, nonostante l'impegno del padre Stelian a
cercare un lavoro anche umilissimo in Italia, la famiglia Covaciu era
costretta a vivere in una baracca, in mezzo ai topi e ai parassiti, senza
acqua potabile né corrente elettrica.

L'hanno sgomberata da edifici abbandonati e perfino da sotto i ponti.  "Ci
trattano come animali perché non ci conoscono," ha detto Rebecca dopo aver
ricevuto il Premio UNICEF. "Non sanno che cosa vuol dire vivere in mezzo
ai topi e ai rifiuti, al freddo, senza cibo. Quando noi bambini chiediamo
l'elemosina, dicono che i nostri genitori sono cattivi, perché non sanno
che se non ci aiutiamo tutti, fra di noi, moriamo di fame. E' un brutto
mondo per noi 'zingari”.

Intorno alla famiglia Covaciu, in Italia, è in atto una spaventosa purga
etnica che non risparmia alcuna città. Comunità e famiglie vengono
braccate sia da ronde di giustizieri, sia dalle forze dell'ordine, che
distruggono i loro poveri ripari, bruciano i loro averi e le mettono in
mezzo alla strada, senza cibo né assistenza.

Il Gruppo EveryOne ha raccolto centinaia di testimonianze, fra cui quelle
di bambini e donne che hanno subito ogni tipo di violenza, dopo essere
state private del rifugio di un edificio abbandonato o di una baracca di
cartone, legno e lamiera. "Avevamo due bambini piccoli, molto belli,"
hanno raccontato fra le lacrime due ragazze Rom romene, "ma quando ci
hanno mandate via dalla nostra baracchina non avevamo più niente da dargli
da mangiare. I bambini si sono ammalati e tossivano tutta la notte.
Serviva un antibiotico, ma nessuno ci aiutava. Sono morti durante la
stessa notte". Non sono casi singoli, ma è la realtà del popolo Rom che
vive in Italia, dal nord al sud.

La speranza media di sopravvivenza degli 'zingari' in Italia si è
abbassata a soli 35 anni, mentre la mortalità dei loro bambini è 15 volte
superiore a quella degli altri cittadini. Sono numeri tragici, identici a
quelli che caratterizzarono la condizione degli ebrei segregati nel ghetto
di Varsavia, luogo simbolo dell'Olocausto.

Il sopravvissuto alla Shoah Piero Terracina, di fronte al martirio dei Rom
in Italia ha affermato recentemente, con la voce strozzata e gli occhi
lucidi: "Mi sembra di essere tornato indietro nel tempo. Le leggi razziali
e le atrocità che colpiscono oggi i Rom sono molto simili a quelle che
toccarono a noi ebrei, durante la persecuzione nazifascista".

Tutto avviene nell'indifferenza generale e la campagna mediatica di stampo
razzista ripropone le calunnie che permisero tanti pogrom, persecuzioni e
stermini durante la Storia: i Rom stuprano le donne italiane, i Rom non
vogliono lavorare perché preferiscono dedicarsi al crimine, i Rom
rapiscono i bambini.

Il Gruppo EveryOne ha dimostrato che i casi di rapimento diffusi da
politici razzisti e media erano montature e ha divulgato i dati risultanti
da un'analisi minuziosa degli archivi di stato: dal 1899 ad oggi nessun
cittadino Rom è mai stato condannato per rapimento di minore. Ma non
basta, perché i Rom sono stati scelti quali capri espiatori di un'Italia
che ha abbandonato la via della solidarietà, della tolleranza e dei
Diritti Umani.

“Quando disegno, penso ai colori di un mondo migliore, dove anche noi
possiamo essere felici. Da grande voglio aiutare i poveri e se diventerò
un'artista famosa, voglio dipingere il mondo degli 'zingari', così tutti
vedranno la verità. Vorrei parlare ai grandi, ai potenti, a quelli che
potrebbero aiutare il mio popolo. Vorrei chiedergli di aiutarci, perché la
nostra vita è troppo triste".

Rebecca ricorda Anne Frank, incapace di perdere il sorriso e la fiducia
negli esseri umani, nonostante la spietata persecuzione che il suo popolo
subisce qui in Italia.

La videointervista “Cara Europa” è la risposta al desiderio di Rebecca,
che le consente di lanciare un appello all'Europa, contro la
discriminazione che colpisce il suo popolo. È una testimonianza della
persecuzione dei Rom in Italia e sarà presentato all'assemblea plenaria
del Parlamento Europeo e all'Unicef, grazie a un'iniziativa del Gruppo
EveryOne

Nota: Per vedere il video fai clic sull’immagine “Cara Europa” a inizio
pagina. È richiesto Apple QuickTime

Monday, May 26, 2008



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«E' ora quindi che parliate tutti voi che amate la libertà, tutti voi che
amate il diritto alla felicità, tutti voi che amate dormire immersi nel
vostro privato sogno, è ora che parliate o maggioranza muta! Prima che
arrivino per voi»

Primo Levi


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«E' ora quindi che parliate tutti voi che amate la libertà, tutti voi che
amate il diritto alla felicità, tutti voi che amate dormire immersi nel
vostro privato sogno, è ora che parliate o maggioranza muta! Prima che
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Primo Levi