LA CRISI SUDANESE
I due leader vogliono
assicurarsi che il processo di pace faccia progressi Il pressing di Parigi: «Ci
sono persone che muoiono: situazione insostenibile»
Brown e Sarkozy:
«Insieme in Darfur»
Il premier britannico e il presidente
francese «pronti» a recarsi a Khartum. L'eventuale missione avverrà solo dopo
una risoluzione delle Nazioni Unite
Da Parigi Daniele Zappalà
La diplomazia europea sembra pronta a
giocare un ruolo più accentuato nella soluzione della spaventosa crisi del
Darfur (Sudan occidentale), dove si affiancano drammaticamente da anni un fronte
di guerra ancora aperto e gli effetti devastanti di innumerevoli raid contro le
popolazioni locali.
Ieri, il primo incontro a Parigi fra i nuovi leader di
Gran Bretagna e Francia, il premier Gordon Brown e il presidente Nicolas
Sarkozy, è stato l'occasione per un annuncio finora senza precedenti. I
responsabili delle due rive della Manica hanno affermato che sono pronti a
recarsi assieme in Sudan per trattare di persona sulle nuove piste per una via
d'uscita dalla crisi.
I due leader vorrebbero compiere una missione per
«assicurarsi che il processo di pace avanza» e l'annuncio, giunto dopo settimane
di discussioni dietro le quinte sospinte in parte dal nuovo capo della
diplomazia francese Bernard Kouchner (che volerà la settimana prossima ad Addis
Abeba, sede dell'Unione africana), suona come un nuovo segnale di speranza.
Quella, almeno, di veder finalmente l'Europa in prima linea, e in modo attivo,
su un fronte negli ultimi anni largamente trascurato dalle maggiori cancellerie,
nonostante l'ampiezza sempre più sconcertante del dramma che si è già consumato:
oltre due milioni di sfollati e un bollettino di sfolati che ha già superato il
tetto dei 300mila.
Brown e Sarkozy hanno al contempo precisato che
decideranno l'eventuale trasferta comune solo dopo l'adozione di una risoluzione
nel quadro del Consiglio di sicurezza dell'Onu. Lo stesso in cui almeno due
membri con diritto di veto, la Cina e la Russia, hanno giocato in passato un
ruolo di «protettori» più o meno scoperti del Sudan, finora refrattario di
fronte ai diversi piani proposti a livello internazionale per spegnere il rogo
bellico e umanitario.
Sarkozy ha promesso che Londra e Parigi martelleranno
con crescente insistenza un «messaggio semplice» in direzione di chi alimenta lo
stallo: «La situazione no n può più durare, vi è un'urgenza, delle persone
muoiono e delle persone soffrono, questa situazione deve finire».
Il tono è
fermo ed eguaglia formalmente quello impiegato già da tempo da Washington, prima
capitale ad aver denunciato la realizzazione di un autentico «genocidio» nella
regione. L'altro ieri, in proposito, il presidente americano George W. Bush ha
confessato di aver prospettato il possibile invio unilaterale di truppe Usa, una
soluzione poi accantonata «dopo aver consultato gli alleati, dei membri del
Congresso e delle organizzazioni».
A partecipare al forcing diplomatico è
stato nelle ultime ore anche il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon. Ma la
prospettiva di una rapida pacificazione pare ancora tutt'altro che garantita.