Diario dal Forum sociale mondiale di Bamako, Mali



Diario dal Forum sociale mondiale di Bamako, Mali

19 gennaio 2006

«I PRINCIPI DI BANDUNG CONTRO IL NUOVO COLONIALISMO»

"E il gallo ha cantato sulla tomba dell'antenato.

E il gallo ha cantato sulla prua della piroga.

IN-DI-PEN-DEN-ZA".

Charles Ngande

L'idea di un'alternativa. Questo fu Bandung, 1955. Una conferenza a cui parteciparono i rappresentanti di ventinove stati africani e asiatici, determinati a difendere la propria indipendenza negli affari internazionali, sfuggendo alla logica bipolare della Guerra Fredda. I dieci punti della Dichiarazione finale, sulla pace e la cooperazione tra i popoli, posero le basi del Movimento dei paesi "non allineati". La loro prima riunione ufficiale si tenne a Belgrado nel '61, con lo scopo di permettere lo sviluppo economico e sociale dei paesi aderenti e la democratizzazione delle relazioni internazionali attraverso il disarmo e una politica di non ingerenza nelle scelte degli stati. In seguito il movimento si estese fino a comprendere settantacinque paesi, ma l'aggregazione non assunse mai un carattere istituzionale. I suoi membri mantennero spesso comportamenti divergenti in campo internazionale e non si riuscì a evitare i conflitti che si verificarono tra gli stessi stati sulla base di interessi regionali. Con la scomparsa dei suoi prestigiosi promotori - tra cui lo iugoslavo Tito, l'indiano Nehru, l'egiziano Nasser - e l'accentuarsi dei conflitti locali degli anni Settanta e Ottanta, il movimento perse la sua originaria influenza.

Cinquant'anni dopo, i principi di Bandung sembrano essere un antidoto ancora valido contro la globalizzazione come nuova forma di colonialismo. La pensano così gli organizzatori della Conferenza per la Ricostruzione del fronte del Sud che ieri ha raccolto al Palais des Congrés di Bamako centinaia di intellettuali e attivisti da tutto il mondo con l'obiettivo - come indicato da Francois Houtart del Forum mondiale delle alternative - di passare «dalla costruzione di un consenso collettivo alla costruzione di un attore collettivo». Il tutto nel massimo rispetto dell'autonomia del VI Forum Sociale Mondiale che si apre oggi pomeriggio in città, con la marcia inaugurale, dove sono attese circa trentamila persone, dal Mali e dai Paesi vicini.

Oltre a Houtart, all'apertura dei lavori erano presenti Ignacio Ramonet, direttore de Le Monde Diplomatique, Aminata Traoré, ex ministra della Cultura del Mali, Samir Amin, direttore del Forum du Tiers Monde di Dakar, Taoufik Ben Abdallah, di ENDA - Environnement et developpement du tiers monde, e PK. Murti, segretario del sindacato dei minatori indiano. Dopo la plenaria si sono svolti dieci gruppi di lavoro: dalla «costruzione di alleanze politiche regionali capaci di rinforzare il Sud nelle negoziazioni globali» alla «definizione di una carta contro la mercificazione delle risorse naturali», dalla «lotta contro le politiche di divisione sistematica dei lavoratori» alla «eliminazione di tutte le forme di oppressione, sfruttamento e alienazione delle donne». Sotto l'egida di quelle che Samir Amin, come la maggioranza della platea, considera priorità strategiche: la trasformazione radicale dell' Organizzazione mondiale del commercio, del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale; lo smantellamento della presenza Usa nel mondo, dalle carceri segrete alle basi militari, fino alle occupazioni dell' Iraq e dell'Afghanistan.

Giosuè De Salvo, corrispondente dal Mali


giovedì 19 gennaio 2006