Nigrizia chiede un'indagine



Caso Bridgestone: Nigrizia chiede un’indagine indipendente


Per la multinazionale nippo-americana nella sua piantagione di caucciù in Liberia va tutto bene. Allora che metta le carte in tavola…


La Bridgestone/Firestone ha risposto all’articolo di Nigrizia, Pneumatici con catene , pubblicato sul numero di giugno del mensile. Ha risposto affermando che le nostre denunce sono prive di fondamento.

La Bridgestone/Firestone sostiene di pagare i suoi dipendenti della piantagione di caucciù liberiana secondo contratti liberamente negoziati e di rispettare le norme per la tutela ambientale.

 

Dunque, siamo di fronte a due verità contrapposte: Nigrizia riferisce di inquinamento ambientale e di sfruttamento della manodopera in termini di orario, salario e condizioni di lavoro (i sindacati che hanno firmato i contratti di lavoro in Liberia sono controllati dalla multinazionale); Bridgestone/Firestone dice che tutto è in regola.

 

Nigrizia è in grado di documentare ulteriormente le proprie affermazioni e segnala anche la recente pubblicazione di un rapporto dell’associazione Save My Future – Firestone: il marchio della schiavitù – che conferma i problemi ambientali, lavorativi e sindacali.

 

A questo punto chiediamo ai dirigenti della multinazionale di costituire, insieme con noi, una commissione d’inchiesta indipendente che accerti i fatti. Per parte nostra, facciamo già due nomi: Alfred Brownell, presidente dell’associazione liberiana Green Advocates (Avvocati Verdi), e James Makor, direttore esecutivo dell’associazione ambientalista Save My Future.

 

 

 


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