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commenti all'articolo
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- From: <info at chiamafrica.it>
- Date: Sat, 6 Dec 2003 21:29:23 +0100
<http://www.chiamafrica.it> Chiama l'Africa News Le prime reazioni all'articolo di Alberto Ronchey pubblicato sul Corriere della Sera di mercoledì 3 dicembre E' possibile leggere l'articolo e il nostro primo commento alla pagina http://www.cipsi.it/africa/dettagli.asp?ID=571&tipo=1 <http://www.cipsi.it/africa/dettagli.asp?ID=571&tipo=1> -------------------------------------------------------------- Anche se spesso non condivido le idee veicolate dal Corriere della Sera, lo considero (ancora?!) un giornale serio, perciò mi sorprende che abbia dei giornalisti che scrivano articoli che diffondano odio razziale e religioso in Italia. La tua risposta mi sembra azzeccata, perciò mi limitero soltanto ad invitare il sig. Roberto Ronchey a meglio informarsi perchè: 1. Il Population Reference Bureau non fa parte delle Nazioni Unite. Si tratta di una organizzazione no-profit degli USA, è vero tra le più serie del mondo, ma non ha mai fatto parte dell'ONU. Sarebbe stato sufficiente visitare il suo sito per avere informazioni più serie; 2. Tutti i dati demografici indicano che tutti i popoli della terra hanno conosciuto in un momento o in un altro una crescita demogrifica elevata, che si è attenuata con il miglioramento delle condizioni sanitarie, il prolungamento della speranza di vita e l'accrescimento della ricchezza. 3. Proprio in questo periodo, l'Africa sta iniziando la diminuzione del suo tasso di accrescimento demografico naturale. Alcuni paesi del Nord Africa hanno raggiunto i limiti della crisi di rinnovanmento della loro popolazione. Anche a Sud del Sahara, questa tendenza è stata iniziata nonostante i vari problemi che vi si pongono. 4. Quando gli anziani o altri datori di lavoro manifestano, anche davanti al Parlamento italiano per la regolarizzazione dei loro "Bingo Bongo", è perchè sanno che il sistema sanitario, pensionistico e produttivo dell'Italia ci guadagna ad averli. Saluti. A.B. --------------------------------------------------------------------- Sono totalmente d'accordo con il commento di Paola Luzzi all'articolo di Alberto Ronchey. Vorrei, comunque, aggiungere qualche considerazione, partendo da quanto diceva Paola, verso la fine del suo commento: "Dovremmo imparare anche noi, uomini del benessere, ad alimentare la speranza nel futuro, adoperandoci con lungimiranza nella definizione di nuove regole per la convivenza tra i popoli, per il commercio mondiale, per l’accesso ai diritti e ai bisogni fondamentali in ogni angolo del pianeta." La definizione di nuove regole. La questione è tutta qui. 1) Anzitutto è difficilissimo agire da occidentali nei confronti dei popoli africani senza continuare a "imporre" la nostra cultura, sovrapponendola, come avviene da secoli, alla loro. La cosa più elementare che si deve tener presente è la lingua. I popoli africani sono stati costretti ad adottare lingue, come il francese e l'inglese, senza poter più fare uso della propria lingua. Il programma "C'era una volta" di giovedì 27 novembre, su quanto sta avvenendo in Costa d'Avorio, terminava con le risposte date da ragazzi di una scuola alla domanda: "Voi pensate di essere francesi o ivoriani?" Una delle risposte è stata: "Ciascun Paese (del mondo - n.d.r.) sviluppa la sua storia in funzione degli avvenimenti.Quindi non si possono studiare gli avvenimenti della Francia o di qualsiasi altro Paese per costruire la "propria" storia. ... In quanto africani il nostro dovere è quello di conservare questa (= la nostra - n.d.r.) eredità." 2) Poi c'è il problema del divario tecnologico tra Nord e Sud. Non si può prescindere dal ricorrere a nuove tecnologie e "nuove tecnologie" sta per tecnologie dell'Occidente. Quando potranno gli africani (come tutti gli altri popoli del Sud del mondo) sviluppare tecnologie in totale autonomia? 3) Purtroppo, oggi come oggi, è una vera, autentica utopia ritenere che venga a cessare l'accanimento delle grandi potenze volto allo sfruttamento delle ricchezze del Sud, e quindi anche dell'Africa. I punti che ho elencato non esauriscono, ovviamente, tutte le difficoltà che costituiscono la complessità (che per alcuni si traduce in "irrisolvibilità") del problema che ci troviano ad affrontare, e poiché d'altra parte, però, ritengo che quanto detto da Paola Luzzi sia un qualcosa di assolutamente irrinunciabile: aspirare a pervenire alla definizione di nuove regole, l'unica stada che vedo percorribile è quella di perseverare nell'impegno per aumentare la presa di coscienza. Ciò significa, tra l'altro, inventarsi strategie per allargare il numero di persone con le quali entrare in contatto. Le questioni da presentare si riducono a due: 1. La situazione in cui centinaia di milioni di persone è costretta a vivere. Esistono ancora persone, in numero davvero insospettabilmente spropositato, che ignora i problemi della fame, dell'acqua, della mancanza di medicinali, della reale speranza di vita per molte popolazioni, e via dicendo, le quali dovrebbero essere contattate ed informate, anche se inizialmente potrebbero manifestare indifferenza o, peggio, un dichiarato rifiuto. 2. Che cosa ciascuno di noi può fare in concreto, per contribuire all'allargamento della presa di coscienza? A questo riguardo, non credo che esista una metodologia unica, valida per tutti. Credo molto nell'opportunità di incontro e di confronto con altri, perchè è questo il modo migliore per accrescere la sensibilità, per aumentare la comprensione, per penetrare sempre più a fondo le problematiche. Ritengo, però, che ciascuno, dopo aver conquistato la consapevolezza dell'enorme importanza di attivarsi in qualche modo, debba trovare, da solo, le vie, i modi, i tempi, la cadenze di un intervento, a partire dal tener presente le proprie competenze e disponibilità. Ringraziando per l'attenzione, porgo un caro saluto. Gianni Petragnani ----------------------------------------------------------------------- Cari amici di "Chiama l'Africa", condivido pienamente l'esauriente risposta di Paola Luzzi all'articolo di Alberto Ronchey apparso sul "Corriere della Sera" del 3 dicembre scorso. Ne approfitto per ricordare alcune cose al sig. Ronchey:V - non possiamo considerarci "innocenti" di fronte alla "proliferazione incontrollata" dei paesi del Sud del mondo, non dimenticando l'influenza che la Chiesa ha in molti di questi paesi e che la Chiesa continua a condannare ufficialmente la contraccezione - a questo proposito, quando si ricorda l'ingegnosità anticoncezionale dei pescatori della Catalogna, bisognerebbe tenere a mente che anche nel nostro democratico paese, ora a crescita zero, la contraccezione è stata a lungo un problema, superato almeno in parte solo grazie a anni di battaglie civili - che non si può parlare poi di "ottimismo storico", ma semmai di pacato pragmatismo, riguardo alle migrazioni: il movimento e il mescolamento tra persone di origini, culture, religioni, lingue differenti non è una minaccia né un'utopia, ma una realtà di fatto che è sempre esistita e che sempre esisterà (a meno di non voler far prevalere l'ottica, purtroppo dilagante al momento, dello scontro fra culture, del terrorismo e della guerra); una realtà che se vissuta appunto in senso positivo può essere una fonte di ricchezza e non un limite - che il problema ovviamente esiste, se pensiamo alle emergenze umanitarie, sociali e politiche che spingono il più delle volte, e sempre più migranti, a spostarsi in Europa: ma questo "problema" non si può risolvere con la chiusura delle frontiere o dando la colpa ai presunti limiti culturali e sociali dei paesi non occidentali; forse è ora di accettare una volta per tutte le proprie responsabilità e di rendersi conto che il nostro modo di vita, la nostra economia, il modello tanto decantato di sviluppo occidentale - che dà carta bianca alle merci occidentali, "libere" di spostarsi in ogni dove, e impedisce agli esseri umani di trovare il proprio posto nel mondo - sta in realtà impoverendo tutto il pianeta - il fenomeno delle migrazioni è solo la cartina di tornasole di uno squilibrio mondiale che riguarda Nord e Sud, Est e Ovest. Mi scuso per la forma un po' confusionaria dell'intervento, ma mi premeva partecipare in qualche modo alla discussione. Cari saluti, Maria Coletti ------------------------------------------------------------------------ ------- Ti è arrivata questa mail perchè risulti iscritto alla newsletter di Chiama l'Africa <http://www.chiamafrica.it> Via Francesco del Furia 18 - 00135 Roma - tel 329/5713452 - fax: 06/30995252 Per non ricevere più questa mail scrivi a info at chiamafrica.it <mailto:info at chiamafrica.it> oppure vai direttamente al sito <http://www.cipsi.it/africa/mailing.asp> Allo stesso recapito Email <mailto:info at chiamafrica.it> puoi segnalare notizie, iniziative o appuntamenti redazione a cura di Paola Luzzi
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