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Chiama l'Africa news 5/12/03
- Subject: Chiama l'Africa news 5/12/03
- From: <info at chiamafrica.it>
- Date: Fri, 5 Dec 2003 20:06:22 +0100
<http://www.chiamafrica.it> Chiama l'Africa News 5 dicembre 2003 Invitiamo gli iscritti alla lista a commentare l'articolo di Alberto Ronchey che qui riportiamo, seguito da un nostro commento. Chiunque volesse partecipare al dibattito può inviare i messaggi a info at chiamafrica.it, da dove verranno rinviati a tutta la lista. Eravamo pronti a lanciare un forum di discussione sul nostro sito, ma da due mesi siamo messi a dura prova dai continui attacchi da parte di un hacker turco che ne approfitta per diffondere proclami contro le organizzazioni curde Kadek e Pkk. Alcuni nostri progetti di rinnovamento dovrano quindi aspettare, almeno finchè non avremo risolto definitivamente il problema. LE MIGRAZIONI FUORI CONTROLLO Noi e le moltitudini dell' Africa in marcia di Alberto Ronchey, dal Corriere della Sera di mercoledì 3 dicembre 2003 Con ogni ondata di migranti clandestini attraverso il Mediterraneo, ricorrono le apprensioni sullo scenario dell' Africa che «slitta verso l' Europa». Ci si domanda come sia possibile respingere o arginare l' afflusso di quelle moltitudini trasmigranti, quali siano i limiti sostenibili dell' accoglienza umanitaria e anche dell' asilo per quanti si dichiarano in massa profughi politici, quale sia propriamente il divario tra le popolazioni dei due continenti. La divulgazione su argomenti e notizie simili appare spesso generica, o reticente. Ma proprio in questi giorni è distribuito nelle librerie il Calendario Atlante De Agostini 2004, che pubblica cifre degne di riflessione. L' intera Europa, fino alla Russia, comprende 694 milioni di abitanti, mentre l' Africa oggi supera gli 818 milioni. Un secolo fa, 1904, l' Europa comprendeva 392 milioni di abitanti e l' Africa 170 milioni. Quale misura d' accoglienza è concepibile dinanzi al nomadismo africano, accelerato dall' esorbitante proliferazione umana? A Nord e a Sud del Sahara, l' Africa in gran parte non conosce o non pratica la contraccezione, che invece veniva tentata già nel passato da qualche popolosa comunità europea. Esempio, i pescatori della Catalogna ricordano che nei loro villaggi tradizionali, secondo un' antica sapienza che raccomandava l' equilibrio tra prolificità umana e risorse, un primitivo assistente sociale o sanitario chiamato curandero distribuiva rimedi anticoncezionali ricavati dalle spugne. Sia memoria veridica o leggenda l' efficacia di quell' empirìa, basta considerare che in età premoderna veniva già compresa la questione della compatibilità fra economia e demografia. Ora invece il «gigante africano» Nigeria, 118 milioni di abitanti, accresce la sua popolazione al ritmo del 2,8 per cento l' anno. Ma più ardua è la sussistenza in altre vaste regioni, spoglie fra l' altro di fonti energetiche o materie prime, dove tuttavia i ritmi di proliferazione raggiungono il 3 per cento l' anno, divario tra natalità e mortalità. Per alleviare quelle profonde miserie non sarà sufficiente condonare debiti, o prestare capitali destinati spesso a finanziare le guerre tribali. Né basterà mai concedere soccorsi alimentari, che a volte rovinano le agricolture locali o secondano la prolificità. E infine, anche accogliere l' emigrazione in Europa sarà un' impresa di scarsa utilità o vana finché non verrà limitato in qualche misura il potenziale moltiplicatore di quelle masse in espansione. L' accoglienza dei migranti, oltre tutto, non è solo un problema di quantità, poiché include il grado d' integrazione possibile o verosimile delle comunità trapiantate, anzitutto fra i musulmani che vengono dal Maghreb o dal Senegal, dal Sudan o dalla Somalia e dall' intero mondo islamico fino ai sultanati della Malaysia. Secondo un recente studio di Bassam Tibi, pubblicato in Italia da Reset, nel 1950 vivevano in Europa occidentale 800 mila islamici, oggi risultano 17 milioni, saranno forse 30 milioni tra vent' anni. Si può dubitare di certi pronostici, ma è da ricordare che all' inizio degli anni ' 90 il Population Reference Bureau dell' Onu previde l' umanità dei 6 miliardi e oltre per l' anno 2000, come poi è stato. Può l' angusta Europa occidentale prendere a modello il melting pot americano, con le sue peculiari e prolungate sperimentazioni su immensi spazi? Sarebbe un rischio grave peccare di superficiale «ottimismo storico». ------------------------------------------------------------------------ ---- Egregio sig. Ronchey, nell’articolo intitolato “Le migrazioni fuori controllo” pubblicato sul Corriere della Sera di mercoledì 3 dicembre, lei descrive i popoli africani e la loro gente, la loro grande e variegata umanità, come un informe e minaccioso esercito in marcia verso il cuore dell’Europa. Un esercito fatto di uomini, donne e bambini senza volto e senza identità. Popoli retrogradi, dediti ad un “esorbitante proliferazione umana” (cito le sue parole). Popoli di “moltitudini trasmigranti”, di “migranti clandestini”, ignari della “compatibilità tra economia e demografia” e dediti alle “guerre tribali”. Popoli che nutrono nel loro seno il pericoloso germe di uno “spropositato potenziale moltiplicatore”, che “non conosce e non pratica la contraccezione”. Il suo articolo è condito di numeri. Milioni e miliardi snocciolati dall’autorevole Atlante De Agostini 2004. Matilde Hockhofler, collaboratrice del Manifesto, in un articolo sulla pandemia da HIV pubblicato il 7 aprile 2002, scriveva : “Troppo spesso il dramma si esprime solo con le cifre, come se la matematica con la sua asettica precisione fosse in grado di cogliere una realtà di dimensioni catastrofiche. Ma la tragedia corale assume un senso solo dalla conoscenza della storia dei singoli.” Il suo sguardo si sofferma invece sul continente africano come se fosse popolato solo da masse informi, da moltitudini, da abnormi quantità di esseri inconsapevoli e potenzialmente pericolosi. La popolazione mondiale è drammaticamente divisa in due; ma la vera frattura non è tra musulmani e cristiani, tra europei e africani, tra popoli civili e incivili, tra paesi democratici e paesi a regime totalitario, tra paesi pacifici e paesi guerrafondai. Più semplicemente la popolazione mondiale vive un allarmante divario tra ricchi e poveri (meglio dire impoveriti). Di fronte a tante spericolate analisi dei nostri giorni tale affermazione può sembrare fin troppo semplicistica. Eppure si tratta di una elementare verità sotto gli occhi di tutti. Secoli di sfruttamento e di distribuzione ineguale delle risorse hanno portato miliardi di persone alla fame, non in Africa soltanto, ma anche in Asia e in America Latina. Fonti autorevoli dichiarano che le risorse ambientali disponibili sul pianeta Terra (alimentari, idriche, energetiche) sarebbero sufficienti per tutti, se ben distribuite. Ogni anno il Rapporto sullo Sviluppo Umano stilato dall’UNPD (Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo) evidenzia il continuo e crescente divario tra Nord e Sud del pianeta e la inesorabile concentrazione della ricchezza prodotta a livello globale nelle mani di una percentuale sempre più ristretta della popolazione mondiale. Alla fine dell’anno 2000 la fortuna dei tre uomini più ricchi del mondo superava il prodotto interno lordo (PIL) di tutta l’Africa. Con 40 milioni di dollari si potrebbero soddisfare i bisogni essenziali dell’intera popolazione mondiale: acqua potabile, infrastrutture, accesso al cibo e alla salute. 40 milioni di dollari sono tanti, ma corrispondono solo al 4% della fortuna dei 225 uomini più ricchi del mondo. Numeri e statistiche che ci presentano un’altra immagine del mondo attuale. Una fotografia di persone in movimento, perchè la staticità e l’immobilismo mal si conciliano con la lotta per la sopravvivenza. L’umanità non è una pericolosa e incontrollabile galassia in espansione, ma il prodotto di questa situazione. E l’esplosione demografica non è la madre di tutti i mali. E’ piuttosto una delle conseguenze della povertà e dell’insicurezza, di una condizione in cui la famiglia, i rapporti parentali e i figli sono l’unica ricchezza: bocche da sfamare, certo, ma anche semi di un’esistenza nutrita – nonostante tutto – di speranza nel futuro e di attaccamento alla vita. Dovremmo imparare anche noi, uomini del benessere, ad alimentare la speranza nel futuro, adoperandoci con lungimiranza nella definizione di nuove regole per la convivenza tra i popoli, per il commercio mondiale, per l’accesso ai diritti e ai bisogni fondamentali in ogni angolo del pianeta. E smettiamola di fomentare la paura, di fare del terrorismo psicologico o di alimentare l’illusoria speranza che la Fortezza Europa possa difendere ad oltranza i propri confini e i propri privilegi. Paola Luzzi ------------------------------------------------------------------------ ------- Ti è arrivata questa mail perchè risulti iscritto alla newsletter di Chiama l'Africa <http://www.chiamafrica.it> Via Francesco del Furia 18 - 00135 Roma - tel 329/5713452 - fax: 06/30995252 Per non ricevere più questa mail scrivi a info at chiamafrica.it <mailto:info at chiamafrica.it> oppure vai direttamente al sito <http://www.cipsi.it/africa/mailing.asp> Allo stesso recapito Email <mailto:info at chiamafrica.it> puoi segnalare notizie, iniziative o appuntamenti redazione a cura di Paola Luzzi
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