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Atterrano i primi soldati americani a Monrovia
- Subject: Atterrano i primi soldati americani a Monrovia
- From: "luisa rizzo" <lu-sa at mail.clio.it>
- Date: Wed, 9 Jul 2003 09:27:54 +0200
Liberia: rassegna stampa http://www.warnews.it/index.cgi?action=topics&viewcat=liberia Atterrano i primi soldati americani a Monrovia Liberia: 07/07/03 - 21:56:28 da C.Benna http://www.warnews.it/index.cgi?action=viewnews&id=1740 Arrivano i marines, ma Taylor non getta la spugna e prende tempo. Sono atterrati questa mattina all'aeroporto Roberts, distante 40 km da Monrovia, e a bordo di un elicottero hanno raggiunto l'ambasciata americana. Al momento sono giunti 13 esperti militari, in attesa di altri 19 commilitoni, che "valuteranno la sicurezza del posto e analizzeranno le necessità della situazione". Ma il presidente liberiano Charles Taylor non si è ancora fatto da parte come richiesto fortemente da Bush, ancora poche ore di partire per un tour di cinque stati africani (Senegal, Nigeria, Sud Africa, Botswana, Uganda). L'uomo forte di Monrovia ha accettato sì di fare i bagagli e prendere la via dell'esilio ( in Nigeria probabilmente) ma non ha voluto specificare le modalità e soprattutto la tempistica. 32 esperti militari americani valuteranno la situazione a Monrovia Sul filo di lana si gioca l'invio di una forza di pace americana (2000 marines più 3000 soldati offerti dagli Stati africani occidentali dell'Ecowas) che consenta la fine di una guerra civile lunga 14 anni e la nascita di un governo di transizione. Taylor è braccato da mezzo mondo - Tribunale Onu della Sierra Leone, ribelli Lurd e Model, Stati Uniti e molti Stati africani - eppure gioca le sue ultime carte con calma non volendo mollare il potere prima dell'arrivo di una forza di pace. Secondo fonti governative i tentennamenti dell'ex-signore della guerra, presidente della Liberia dal 1996, sarebbero motivati da questioni di sicurezza interna: partendo per l'esilio teme di lasciare dietro di sè il caos. Abile tattica per gettare fumo negli occhi della diplomazia internazionale o vera preoccupazione per le sorti del suo popolo? Quello che appare certo è la resistenza dei leader democratici e repubblicani al possibile invio di soldati americani in Liberia, operazione difficile da concretizzarsi se Taylor rimane in sella. La Commissione del Senato per operazioni delle Forze Armate ha chiesto a Bush il voto sulla questione liberiana, segno che la memoria dei soldati uccisi in Somalia nel 1993 è ancora viva. Ma Bush deve recupera il voto degli afromaricani in vista delle elezione del 2004 e questa occasione potrebbe riavvicinare un elettorato tendenzialmente democratico e ripulire l'immagine Usa dopo la guerra in Iraq. E non è tutto. Secondo il New York Times l'Africa dopo l'11 settembre rappresenta per gli Stati Uniti "minaccie e opportunità". Da un lato le infiltrazioni di Al Qaeda, dal Maghreb al Corno d'Africa, e dall'altro la questione energetica che potrebbe trovare un contrappeso all' Opec con i pozzi del Golfo di Guinea. Insomma la piccola Liberia terra di schiavi affrancati, devastata da 14 anni di conflitto pressoché continuo, balza alle cronache per le politiche di uno scacchiere certamente più vasto rispetto a quello delle sue 15 contee. Unica voce fuori dal coro il New Vision di Kampala (Uganda) che intravvede nel peacekeeping americano in Liberia una certa cultura africana incapace di sbrigarsela da sola. L'emergenza profughi Tra polemiche, giochi e tranelli politici 100mila sfolati vagano per una Monrovia spettrale, mentre 300 rifugiati sierra leonesi sono stati evacuati e trasferiti nel loro paese di orgine. L'emergenza profughi è immensa non solo all'interno della Liberia, perché masse di disperati hanno varcato i confini con la Costa d'Avorio e la Guinea, paese supporter dei ribelli. Resta un mistero cosa succeda nei territori occupati dai ribelli del Lurd e del Model, che si spartiscono ormai il il 70 per cento e forse più del territorio liberiano. C.Benna
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