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Amnesty International alla Tunisia: mettere fine al ciclo dell'ingiustizia
- Subject: Amnesty International alla Tunisia: mettere fine al ciclo dell'ingiustizia
- From: "Ufficio Stampa Amnesty" <press at amnesty.it>
- Date: Tue, 10 Jun 2003 14:48:26 +0200
Gent.mi tutti, vi trasmettiamo il comunicato stampa della Sezione Italiana di Amnesty International: Amnesty International alla Tunisia: mettere fine al ciclo dell'ingiustizia Grazie per la cortese attenzione Per ulteriori informazioni, approfondimenti ed interviste: Ufficio Stampa Amnesty International Tel. 06 44.90.224 cell. 348-6974361 e-mail: press at amnesty.it COMUNICATO STAMPA CS85-2003 AMNESTY INTERNATIONAL ALLA TUNISIA: METTERE FINE AL CICLO DELL'INGIUSTIZIA In un rapporto reso noto oggi, Amnesty International ha chiesto alle autorità della Tunisia di porre fine alle diffuse violazioni dei diritti umani e di agire in linea con quanto previsto dalle leggi nazionali e dai trattati internazionali ratificati dal governo. "Siamo preoccupati per le continue violazioni dei diritti umani e per il fatto che il governo tunisino non ha mantenuto la promessa di introdurre migliori standard in materia di diritti umani" - ha dichiarato Concetta Tuccillo, coordinatrice Tunisia della Sezione Italiana di Amnesty International. "Anche se alcune nuove leggi hanno apportato maggiori garanzie per i diritti umani, le forze di sicurezza continuano ad agire violando queste stesse leggi e gli standard del diritto internazionale". Il rapporto Tunisia: Il ciclo dell'ingiustizia è il primo ampio rapporto sul paese dal 1998. Nelle sue pagine, Amnesty International descrive come il ciclo dell'ingiustizia inizi con l'arresto arbitrario e illegale di reali o presunti oppositori, spesso seguito da periodi di detenzione incommunicado (senza possibilità di accesso a parenti o avvocati) che di norma superano il massimo consentito dalla legge tunisina. I detenuti si vedono regolarmente negati controlli medici e rimangono a rischio di tortura, talora per settimane. Viene inoltre loro impedito di contattare i familiari e spesso non sono neanche informati del loro diritto all'assistenza legale. Gli standard fondamentali previsti dai trattati internazionali, compreso il diritto a un giusto processo, vengono deliberatamente ignorati. Le confessioni estorte mediante tortura sono normalmente utilizzate come prove nel corso dei processi. "Nessuna confessione o altra prova ottenute sotto tortura dovranno essere accettate in tribunale. L'indipendenza del potere giudiziario dall'intervento o dalle pressioni dell'esecutivo dovrà essere resa assoluta, non solo nelle leggi ma anche nella pratica" - ha aggiunto Tuccillo. "Le autorità dovranno porre fine all'abitudine di processare i civili di fronte a tribunali militari, le cui procedure non rispettano le norme internazionali sul giusto processo. Tutti i prigionieri sottoposti a processo iniquo dovranno essere nuovamente processati". Le organizzazioni e i difensori dei diritti umani del paese vanno incontro a minacce e intimidazioni. I fascicoli relativi agli imputati vengono confiscati o manomessi. "Gli avvocati non dovranno essere in alcuna maniera minacciati o intimiditi e dovranno essere liberi da interferenze indebite nell'esercizio della loro professione, compreso l'accesso ai loro clienti" - ha sottolineato Tuccillo. Il ciclo dell'ingiustizia continua in prigione, dove nelle celle sovraffollate le malattie si propagano velocemente. I detenuti politici, in particolar modo, vengono frequentemente sottoposti a maltrattamenti, torture e forme di discriminazione. Molti sono tenuti in isolamento da anni e vengono loro negate cure mediche, educazione e lavoro. La lontananza delle prigioni rende difficili le visite dei parenti. Tra i prigionieri segnalati nel rapporto di Amnesty, ve ne sono 103 condannati al termine di giudizi irregolari oltre dieci anni fa, nei processi di massa di Bouchoucha e Bab Saadoun del 1992. "Le autorità tunisine dovranno porre fine alla pratica del confino solitario per lunghi periodi di tempo, che può costituire un trattamento crudele, inumano e degradante o anche una forma di tortura" - ha commentato Tuccillo. "I responsabili della tortura e di altri abusi dovranno essere portati di fronte alla giustizia. Solo in questo modo il ciclo dell'ingiustizia potrà avere fine. Tutti i casi di decesso in carcere e di maltrattamento o tortura dovranno essere soggetti a indagini immediate, complete e imparziali i cui risultati dovranno essere resi pubblici". La legge del 2001 sull'amministrazione delle carceri, unitamente ad altre misure annunciate nel corso di quest'anno, rappresentano passi positivi. Tuttavia i diritti di tutti i prigionieri, senza eccezione, necessitano di essere protetti nella pratica. Il rapporto di Amnesty International segnala, tra gli altri, il caso di Abdel-Majid Ben Tahar, 42 anni, condannato nel dicembre 1993 a dodici anni e nove mesi di carcere per appartenenza a Ennahda ("Rinascita"), un partito politico non autorizzato. È stato rilasciato con la condizionale nell'aprile 2002 per un tumore al cervello dopo aver invano lamentato per un anno di avere forti mal di testa, senza che gli fosse stato mai permesso di vedere un medico. "Nelle settimane seguenti alla mia scarcerazione, la polizia si è presentata diverse volte a casa mia. Venivano davanti al mio letto per vedere se ero morto" - ha dichiarato Ben Tahar ad Amnesty International. Il "ciclo dell'ingiustizia" continua anche dopo il rilascio. Gli ex prigionieri vengono sottoposti a vessazioni e nuovi arresti. Centinaia di essi sono costretti a presentarsi a scadenze regolari alle forze di sicurezza e viene loro negato l'accesso a cure mediche, alla ripresa degli studi e al reinserimento nel mondo del lavoro. Spesso vengono sottoposti a retate e accusati di aver violato le disposizioni sulla libertà condizionata, di cui peraltro raramente sono messi a conoscenza. "Misure arbitrarie di questo genere sono tollerate o condonate ai più alti livelli dello stato, in un clima generale di impunità" - ha denunciato Tuccillo. "Le autorità dovranno prevedere forme di indennizzo e risarcimento per coloro i cui diritti sono stati violati e dovranno assicurare che la giustizia e il rispetto della legge diventino una realtà per tutti nel paese". Da oltre un decennio, le autorità tunisine ricorrono alla "sicurezza" come pretesto per limitare i diritti civili e politici. Una vaga definizione di "terrorismo", prevista dal codice penale, viene utilizzata spesso per ridurre al silenzio coloro che esercitano il proprio diritto alla libertà di espressione e che non hanno fatto né invocato l'uso della violenza. Amnesty International riconosce che i governi hanno il dovere di proteggere i propri cittadini da atti di violenza commessi sul proprio territorio e di portare di fronte alla giustizia gli autori di tali azioni. Tuttavia le indagini, i procedimenti legali e i processi devono essere sempre pienamente in linea con le disposizioni internazionali in materia di diritti umani. "La sicurezza per tutti e l'obbligo di rispettare i diritti umani per tutti possono essere assicurati solo da una equa amministrazione della giustizia" - ha concluso Tuccillo. In un discorso pronunciato il 10 dicembre 2002 per celebrare i successi conseguiti dal governo dal 1987, anno della sua ascesa al potere, il presidente Ben Ali ha affermato che i diritti umani sono tra i valori fondamentali del suo governo. Tuttavia, la distanza tra i principi proclamati dalle autorità e la realtà sperimentata dai cittadini tunisini si va facendo sempre più grande. FINE DEL COMUNICATO Roma, 10 giugno 2003 Per ulteriori informazioni, approfondimenti ed interviste: Amnesty International - Ufficio stampa Tel. 06 44.90.224, cell. 348-6974361, e-mail: press at amnesty.it
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