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Diario dal Centrafrica - 9 MARZO 2001
- Subject: Diario dal Centrafrica - 9 MARZO 2001
- From: Enrico Marcandalli <ramalkandy at iol.it>
- Date: Sat, 07 Apr 2001 14:13:06 +0200
9 MARZO SCUOLE, COTONE E FIORI DI ZUCCA FRITTI E tutto continua intenso e frenetico, fra il caldo sempre più soffocante, le uscite per villaggi tutte le mattine alle sette con rientro alle tre del pomeriggio e ogni volta dopo aver percorso più di duecento chilometri di strade sterrate. Vivo la desolazione dei villaggi, le riunioni con i direttori delle scuole a cui nessuno versa lo stipendio, a volte all'ombra di un mango, ma spesso al sole accecante, davanti a scuole fatte di paglia e tronchi d'albero che pullulano di bambini, o vecchi edifici d'epoca coloniale di cui sono rimaste solo le pareti e parte del tetto. Sento la responsabilità della scelta definitiva dei villaggi da integrare nell'intervento, delle scuole da costruire, degli insegnanti da organizzare e preparare in collaborazione con il responsabile dei settore scolare (governativo, una specie di provveditore, che per il momento non può accompagnarmi perchè si è rotto una spalla cadendo dalla motocicletta). In un'aula scolastica fatta di tronchi e paglia una mattina ho contato 93 bambini, che al mio arrivo sono scattati in piedi recitando tutti in coro «BoooounnnjjouuuurrMaaadaaaame». Per mancanza di insegnanti, gli alunni vengono ammassati in classi numerosissime, spesso sono anche 150, e la scuola fa anche i doppi turni. Il caldo spietato del turno pomeridiano, che comincia alle tredici e trenta e termina alle 17,30, la stanchezza dell'insegnante, che è lo stesso che al mattino ha finito alle 12,30, e l'assenza di materiale didattico, lascia immaginare il livello di apprendimento possibile. Spesso, mentre i miei collaboratori raccolgono i dati che ci servono, io vado fra i bambini, eccitati dalla visita inattesa come quelli di tutto il mondo e mi diverto a farli ridere. Sento che l'esperienza fatta in Chiapas con gli argentini mi ha lasciato una traccia indelebile e sono felice di quell'attimo di gioia che posso dare e ringrazio ogni volta George e Violetta per avermi insegnato questo. A volte basta anche solo muovere un soppraciglio o strizzare un occhio per provocare uno scoppio squillante di ilarità, ma spesso i bambini sono felici anche solo per il fatto che li prendi in considerazione. Osservando quelle testoline che mi guardano nelle scuole coloniali diroccate, scolorite, che hanno perso banchi e finestre, col corpo disteso sul pavimento di cemento, in buona parte sgretolato, mi chiedo quale storia si nasconda nel loro futuro. « Miglioramento delle strutture scolastiche di base », questo vado ad offrire con il programma che rappresento e di cui sono responsabile in questo momento. Vuol dire costruzione della scuola elementare, fornitura dell'arredo e dei libri, organizzazione e appoggio al lavoro degli insegnanti per due anni, come, per lo stesso periodo, sensibilizzazione e appoggio alle associazioni dei genitori degli alunni. Questi dovrranno farsi carico, con un sistema di quote annuali, del pagamento dei maestri e l'acquisto del gesso e dei quaderni. Questa parte della partecipazione è il punto più difficile da realizzare, ma il solo che possa garantire il coinvolgimento della popolazione al fine della continuità del servizio, una volta scaduto il nostro periodo di intervento. Il direttore, in genere, è un insegnante statale, virtualmente quindi pagato dal governo , che però è in ritardo di 20 mesi sui salari, a cui si affiancano, a seconda della situazione, due o tre, cosiddetti «Agents parents » o Maestro di villaggio, che svolgono la funzione di scuole anche se non sono integrati negli organici dell'insegnamento pubblico, e sono a carico delle famiglie. Le famiglie devono pagare una quota annuale equivalente a tremila lire, (1000 franchi centrafricani), da cui ricavano il salario per il maestro. Lui guadagna, quando va bene, circa trentamila lire al mese (10000 franchi), che anche qui è una cifra insufficiente per sopravvivere. In nessun posto abbiamo inoltre verificato che sia pagato regolarmente. Il principio è che le famiglie devono sostituirsi allo stato laddove questo non può arrivare , facendosi carico di una parte dell'onere, per garantire un'istruzione di base per i loro figli. Lo stato paga il direttore, si fa per dire, e loro gli altri eventuali maestri. E' come un modo per pagare una tassa di iscrizione alla scuola. Il problema è che, pur essendo la quota annuale ridicola anche in questo contesto, la maggior parte non la paga. Dicono che la raccolta del cotone è andata male, che hanno dovuto far un prestito per l'acquisto dell'insetticida per difendere la pianta da un parassita e che al momento della vendita non hanno guadagnato quasi nulla. Spesso è vero, visto che il prestito lo chiedono allo stessa ditta che compra loro il cotone, la SOCOCA (società cotonifera centroafricana), che glielo sconta dal prezzo finale, arrivando a non pagargli quasi nulla. Il prezzo dei cotone all'origine è molto basso, viene ritirato dai camion della compagnia e portato in Chiad per la lavorazione. Il medico di Paoua dice che la gente dovrebbe smetterla di produrre cotone, che non rende quasi nulla al coltivatore e dà un solo raccolto l'anno, ma la gente continua a coltivarlo, come per inerzia, o abitudine rimasta dall'epoca coloniale, o perchè non ha imparato a fare altro. Mi chiedo se qualcuno di quei bambini potrà continuare a studiare ed ingegnarsi a rendere meno difficile la sua vita, o se non potrà sottrarsi al destino di andare a lavorare nei campi di cotone con la famiglia, mantenendosi al limite della soppravvivenza, o ancora se morirà dimeningite o altro, in una «clinica» come quelle che si trovano nei villaggi.
L'abbandono scolastico è altissimo, soprattutto per le femmine, che hanno il tasso di scolarizzazione più basso in assoluto. Per quanto riguarda i bambini, alcuni maestri si sono lamentati della scarsa collaborazione dei genitori, che durante la stagione delle piogge, persino in giorni d'esame, vengono a prendere i figli per portarli ai campi con loro per la semina, e non vogliono sentire le ragioni dell'insegnante. In quelle povere aule scolastiche, i bambini sono scalzi e impolverati e la polvere chiara sulla loro pelle risalta come farina bianca. Spesso hanno gli abiti a brandelli ed il grosso ventre rigonfio fuoriesce della maglietta sfilacciata, indice di cattiva e carente alimentazione. Mi diverto a regalargli oltre al sorriso, una carezza sulla guancia o sul collo per il gusto di vedere il guizzo di luce che vibra nei grandi occhi espressivi. Spesso vengono incontro loro stessi porgendo la mano, per il desiderio di toccare la tua e sono felici quando gliela porgi anche tu, stringendo la loro, come faresti con un adulto. Una volta, una bambina a cui ho accettato di toccare la mano al mercato di Paoua si è messa a saltare e gridare per la contentezza attirando l'ilarità di un gruppo di donne che vendeva l'insalata.- Mi assale la tristezza, perché il progetto forse finisce troppo presto per dei veri risultati duraturi, ma mi illudo di poter fare veramente qualcosa per il futuro di questo bambini. Dopo tanta desolazione, al rientro a casa. è bello trovare conforto con una doccia, un'insalata mista a cui aggiungo le prime foglie di basilico, frutto dei semi piantati a metà gennaio. Aspetto con ansia la maturazione dei primi zucchini che spuntano, ma ho già mangiato i fiori fritti con la pastella (ed olio di cotone) che ho fatto assaggiare in tutte le case della concessione con grande successo. Non ci sono altre distrazioni per liberare la mente per qualche ora dalla disperata povertà di cui siamo circondati. Credo di avere messo su qualche chilo.
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