NIGRIZIA 6/2000 - POPOLI E CULTURE



POPOLI E CULTURE

Cinema & Videoarte / Theo Eshetu
VIAGGI DI LUCE

Diego Marani ed Elisa Rossignoli

ALLA RICERCA DELLE PROPRIE RADICI, UN ARTISTA EMERGENTE IN CAMPO
INTERNAZIONALE RACCONTA LE SUE MANIPOLAZIONI DI IMMAGINI, FOTOGRAFIE, CINEMA
E TV.

"La televisione e' la cosa piu' lontana dall'arte. In televisione non puoi
infrangere le regole". Non male come affermazione per un artista che lavora
alternando videocamera a cinepresa e manipolando il linguaggio televisivo.
Di "professione" e' regista anche televisivo, e avverte: "Anche la videoarte
e' per certi aspetti un controsenso, una contraddizione".

Theo Eshetu e' a dir poco cosmopolita. Nato a Londra nel 1958 da padre
etiope e madre olandese, si laurea in comunicazioni visive nell'81 e poco
dopo si trasferisce a Roma, dove nel 1986 ha fondato la casa di produzione
cinematografica White Light. In Africa ci viaggia, spesso, con e senza
macchina fotografica o videocamera in mano. Quando qualcuno gli chiede se si
sente piu' africano o europeo, non riesce a trattenere un sorriso. E' poi
cosI' importante definirlo? Allo stesso modo preferisce parlare non tanto di
"arte africana" ma piuttosto di "una sensibilita' africana nell'arte".

Ha lavorato per la Rai, Rai Sat e Arte', il prestigioso canale culturale
francotedesco. A Bologna, all'interno della mostra collettiva Transafricana
esponeva due video: Questa e' vita (1987, 10’) e La Madonna, (1992, 18’).
Sopra il monitor che trasmette le sue opere su uno schermo e' proiettata la
diapositiva di una statua in legno di una donna mentre partorisce. "L'arte
tradizionale africana e' conosciuta spesso solo attraverso la sua scultura e
la sua materialita'. Qui ho provato a trasformare il legno in luce".

La luce: di striscio, infuocata, abbagliante, sfumata, a flash, torna in
tutte le opere del regista, che commenta La Madonna con una frase lapidaria:
"Lei e' luce". In Questa e' vita la luce gioca con il corpo, passando dalle
danze tradizionali africane al trucco occidentale e alla moda dei tatuaggi.

Eshetu ha diretto anche il mediometraggio Il sangue non e' acqua
fresca,(1998, 58’), primo premio dell’apposita sezione nella edizione 1999
del Festival di cinema africano di Milano. "Per me e' difficile stabilire i
confini tra cinema, fiction televisiva, documentario", spiega Eshetu. Il
film, un tuffo nella profondita' dello spirito etiopico, racconta un viaggio
in Etiopia con una guida del tutto particolare: Tekle Tsadik Mekouria, il
nonno del regista, ex ministro della cultura e dell'educazione ai tempi
dell'imperatore Haile' Selassie'. "Mio nonno e' una figura importantissima
per l’Etiopia: uno storico, ponte tra tradizione e modernita', tra oralita'
e parola scritta. Ha raccontato la storia dell’Etiopia mediando varie
tradizioni assai diverse fra loro: la storiografia inglese, francese,
italiana, egiziana, le cronache etiopi di corte. Ha creato cosI' una grande
narrazione, risultato dell’unione di tanti fili diversi. Anch’io racconto un
viaggio e prendo da diverse fonti: arte, storia, cinema, religione,
antropologia. Il sangue non e' acqua (che il regista ha definito
provocatoriamente anche "un falso documentario", ndr) e' un viaggio di
impressioni che propongo al pubblico, un viaggio alla ricerca delle mie
radici. Ma esse sono in comune con le radici dell’essere umano, cosI' come
ogni storia, pur restando unica, ha un’origine comune con infinite altre
storie.

Per chi e' stato girato allora il film? Per se' stesso, per gli etiopi, per
gli italiani? "Per tutti. Per l’altro che ciascuno e'. Per me stesso,
certamente. Per il popolo etiope, frutto di una tradizione assai ricca e
complessa, di pluralita', di un insieme di alterita'. E per gli italiani,
nel cui immaginario la "fierezza" del popolo etiope e' difficilmente
compresa come risultato dell’unita' di popoli diversi, unita' dinamica e
piena di fermenti anche difficili da controllare e da schematizzare. Un
esempio di questa difficolta' e' la guerra che tuttora insanguina l’Etiopia
e l’Eritrea, pochi anni dopo la conclusione del conflitto che ha portato all
’indipendenza di quest’ultima.

Arrivare alla fonte delle proprie origini mostra quanto sia negativo cercare
deliberatamente di rafforzare i particolarismi: le differenze hanno un
valore positivo grazie alle origini comuni da cui scaturiscono. Cercare cio'
che ci unisce all’altro non ci fa perdere la nostra identita', ma al
contrario, andando indietro nel tempo vissuto, recupera cio' che unisce piu'
che cio' che divide".

Parole non scontate, se si pensa che l'Etiopia di oggi e' comunque un paese
che cerca di trovare un non facile equilibrio tra la salvaguardia delle
proprie radici storico-culturali e l'ineluttabile irruzione della
modernita', contrasto che alcuni critici hanno visto rispecchiato nel film
attraverso il passaggio frenetico dal passato remoto al presente. Senza
dimenticare che il conflitto tra Etiopia ed Eritrea e' stato fortemente
mediatizzato e tutti, anche nella diaspora, sono stati costretti a prendere
posizione; basti pensare alle polemiche che hanno accompagnato alcune
proiezioni del film Adwa di Haile' Gerima (sulle cause del conflitto vedi
anche dossier Nigrizia, 11/99; nello stesso numero un'intervista allo stesso
Gerima).

CONTAMINAZIONI SONORE

L'attenzione a suoni e musiche e' una costante nei lavori dell'artista, i
frammenti visivi si mescolano a quelli musicali. Le contaminazioni dal video
passano quindi anche nell'ambito musicale: le colonne sonore delle opere
presentate a Bologna variano dai canti estatici della mistica tedesca
Hildegard Von Bingen alla batteria jazz del "grande vecchio" Art Blakey,
alle immagini di James Brown. E non sembra dunque un caso che il prossimo
progetto di Eshetu sia una collaborazione con il musicista Peter Maxwell
Davis e l'orchestra di Santa Cecilia di Roma. L'idea e' quella di proiettare
immagini appositamente girate per visualizzare la musica: la "prima" e'
prevista a Roma in settembre. Poi si spera nella produzione di
videocassette. Il tema del progetto? La storia di un ragazzo africano che
arriva a Roma (nell'anno del giubileo) e che rimane meravigliato dalla
citta' eterna. Storia per luci e suoni.


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