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NIGRIZIA 5/2000 - L' EDITORIALE
- Subject: NIGRIZIA 5/2000 - L' EDITORIALE
- From: "Redazione Nigrizia" <redazione at nigrizia.it>
- Date: Thu, 4 May 2000 16:20:57 +0200
L' Editoriale MA LIBERACI DALLE DIGHE Com’ e' che in Africa si stanno ancora progettando e costruendo grandi dighe (ogni diga alta piu' di 15 metri e' considerata una "grande diga"), mentre la loro utilita' e' perlomeno dubbia? Com’e' che da strumento di controllo delle piene e da volano di sviluppo - energia elettrica e irrigazione - si stanno rivelando in non pochi casi delle vere e proprie trappole per le popolazioni, per il bestiame, per le terre? Com’e' che perfino gli Usa - maestri e maniaci dello sviluppo attraverso opere ciclopiche - ne hanno smantellate cento tonde tonde dal ‘60 ad oggi, l’ultima il 1° luglio scorso sul fiume Kennebec nello stato del Maine? E com’e' che la Banca Mondiale, per (auto)definizione ente di sviluppo, si ostina a finanziare opere mastodontiche, con smisurati costi umani e ambientali, come l’Highlands Water Project in Lesotho (Nigrizia, 4/00, 57)? Sono domande che ci sono venute incontro mentre in Mozambico si consumava, in febbraio, marzo e aprile, l’alluvione, disastrosa per le popolazioni (le vittime sarebbero migliaia) e per l’economia del paese (che aveva appena raggiunto l’autosufficienza alimentare), causata certo da piogge battenti e dal ciclone Eline, ma anche dalle acque fatte defluire dalle dighe di Sudafrica e Zimbabwe. Nello stesso periodo, in Zambia, migliaia di persone hanno subito le conseguenze del deflusso dall’imponente diga di Kariba. Domande alle quali ci proponiamo di rispondere piu' articolatamente su Nigrizia di giugno. Intanto pero' qualche perche' va almeno delineato. Spiega la professoressa Anna Maria Gentili, docente di storia africana all’ Universita' di Bologna, a proposito del Mozambico: "Le grandi dighe, sia quelle situate all’interno, sia quelle controllate dai paesi vicini, per la mancanza di infrastrutture adeguate a valle, carente manutenzione, scoordinamento dell’azione regionale, hanno mostrato piu' inefficienza che vantaggi. Passata l’emergenza, bisogna affrontare i problemi di fondo. Le vittime di queste "calamita' naturali" sono quasi sempre le popolazioni piu' povere - sia nelle aree urbane sia in quelle rurali; popolazioni che pur vivendo in stati formalmente democratici non hanno accesso ne' all’ informazione ne' al processo decisionale in cui si decide quanto ha a che vedere con la loro sopravvivenza". Rincara Jaroslava Colajacomo della Campagna per la riforma della Banca Mondiale: "Evitare le piene fermando l’acqua che scorre risulta incompatibile con la sicurezza delle popolazioni e quella ambientale. L’ artificializzazione dei fiumi e la regolamentazione forzata (tra stagione delle piogge e quella secca) dei rilasci d’acqua velocizza l’erosione del suolo a monte e la sedimentazione a valle, eliminando le naturali difese del territorio. Lo hanno testimoniato recentemente anche i casi dell’Honduras, con lo straripamento della diga di El Cajón (costruita dall’italiana Impregilo con un prestito della Banca Mondiale), e della Mauritania, 55 villaggi con 100mila persone allagati nelle regioni di Rosso e Kae'di per l’ apertura dell’invaso della diga Manantali, costruita nel 1987 sul Bafing, affluente del fiume Senegal. Si calcola che nel mondo le grandi dighe abbiano creato dai 30 ai 60 milioni di sfollati". Ci limitiamo, per ora, ad aggiungere che in Africa - dall’Egitto al Sudan, dal Ghana al Kenya, dal Lesotho alla Nigeria, dalla Tunisia al Congo - si contano una trentina di grandi dighe. ************************************ NIGRIZIA redazione at nigrizia.it Vicolo Pozzo, 1 - I-37129 Verona tel. +39 045 596238 fax +39 045 8001737 www.nigrizia.it
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