NIGRIZIA 4/2000 - POPOLI E CULTURE - Mirka



POPOLI E CULTURE

Cinema / La lezione di Mirka il "bastardo"
SOLO L’AMORE PUO'
Nike Morganti

L’ULTIMA OPERA DEL REGISTA ALGERINO RACHID BENHADJI PRESENTATA IL 18
FEBBRAIO IN ANTEPRIMA A MILANO, NARRA DI UN BAMBINO NATO DA UNO STUPRO DI
GUERRA NELLA EX IUGOSLAVIA. E DI COME LASCIARSI ALLE SPALLE ODI ATAVICI,
ETNICISMI E PREGIUDIZI.

Al caos che contraddistingue le societa' dei cosiddetti paesi emergenti
scosse dalla violenza della guerra o del terrorismo, siano essi i territori
della ex Iugoslavia o la sua stessa patria algerina, Rachid Benhadj
contrappone la filosofia dei rapporti umani retti dall’amore e dai
sentimenti. Come gia' in Touchia del 1993 (film che rievoca con grande
poesia la vigilia dell’indipendenza algerina, dove la trepidante attesa di
due giovani fanciulle si traduceva invece nello stupro subi'to proprio nel
giorno della raggiunta liberta') cosi' in Mirka ((Italia-Francia-Spagna -
107’ - 1999), egli sostiene la necessita' di abbattere le barriere
ideologiche e razziali per ricostruire una fratellanza umana attraverso la
comprensione, il perdono, l’amore, sentimenti che vanno al di la' delle
ideologie razziali e culturali, delle credenze politiche o religiose e che
riaffermano la fede nell’uomo e la sua vocazione ad essere l’artefice del
proprio destino.

Il film, ambientato in un villaggio delle montagne della ex Iugoslavia,
racconta infatti la storia di Mirka, un bambino nato appunto da uno stupro
di guerra. Siamo nel vivo del problema dal momento che, come afferma Milovan
Gjilas, lo storico oppositore di Tito, le ragioni del bagno di sangue sul
territorio che una volta era la Iugoslavia vanno ricercate nelle ideologie
che ancora oggi si prefiggono ostinatamente l’obiettivo della instaurazione
di uno stato etnico, ancora meglio di uno stato etnicamente puro. Ma, mentre
in Touchia lo stupro esprime simbolicamente l’affronto e la delusione
inflitta alla popolazione per le speranze tradite e per gli obiettivi
disattesi della rivoluzione, qui diventa arma di guerra per annientare la
dignita' e l’identita' del nemico.

E attorno alla presenza scomoda del "bastardo" che, oltrepassando il fiume
che segna la linea dell’odio, penetra pericolosamente fin nel cuore del
villaggio, prende avvio il dramma. Mirka, ragazzetto decenne, scampato all’
eccidio degli innocenti verificatosi nel villaggio dopo il tragico passaggio
di truppe nemiche che uccidevano e violentavano, e' alla ricerca della madre
sconosciuta. Guarda caso, capita proprio nel cortile di casa, dove la sua
giovanissima madre Elena (Barbara Bobulova) vive con la nonna, accudendo le
mucche. Naturalmente la nonna intuisce immediatamente l’identita' del
bambino che si affida a lei per ritrovare la mamma.

Se il personaggio di Mirka e' a volte appesantito da un sovraccarico di
parole che lo privano della sua spontaneita', quello della nonna,
interpretato da una magnifica Vanessa Redgrave, risulta, nella sua
complessita', assolutamente autentico, tanto da creare, con la sua presenza
carismatica, un felice equilibrio con altri personaggi piu' nettamente
tipicizzati.

STRIX

Il maggior dono che Dio fece creando, dice Dante, fu "de la volonta' la
libertade". E lei, la vecchia Kalsan, il Lupo Grigio, uno dei capi della
lotta armata, grazie alla propria capacita' di giudizio libera da ideologie,
e' stata in grado al momento cruciale di fare la grande scelta, di opporsi
alla morale e alle pressioni fortissime della comunita', e di determinare
cosi' un nuovo corso degli eventi. L’esercizio della liberta' porta pero'
con se' il rischio di gravi responsabilita' e forse anche di errori e, di
fronte a Mirka, imbarazzante personificazione del tabu' violato, ognuno
reagisce manifestando la propria natura, come dinanzi a una cartina di
tornasole: a cominciare dall’intera comunita' che festeggia un carnevale
carico di folklore e di antichi pregiudizi emblematicamente espressi nella
ricchezza delle maschere.

Tipico rappresentante di rigido conformismo alla tradizione e' il promesso
sposo di Elena, Helmut (Sergio Rubini), maestro delle maschere appunto, che
rifiutera' categoricamente di accettare il bambino, negando il suo valore di
essere umano in quanto "bastardo". Per lo stesso motivo, la banda di
ragazzotti del villaggio, obbediente erede di un odio cieco trasmesso da
generazioni, lo bracca e lo caccia oltre il fiume, oltre la frontiera.

Per contrastare il fin troppo sano buon/non-senso degli abitanti del
villaggio, che attribuiscono alla presenza del ragazzo la responsabilita'
per la mori'a di animali e di altri incidenti, Benhadj sottolinea il valore
del diverso nel personaggio di Strix, l’uccellatore, interpretato da un gran
Depardieu, disquisendo fra la grettezza degli uni e la saggia follia dell’
altro. Figura fortemente simbolica che vive ai margini della societa' e che
tutti evitano perche' "trasforma i bambini in uccelli", e' l’elemento eroico
della storia perche' e' fuori dagli schemi ed e' pronto a perdersi. Ben
lontano dalla pirotecnica personalita' slava descritta da Kusturica, Strix
e' semplicemente un uomo, saggio e tollerante, che stringe amicizia con
Mirka e sara' determinante nella maturazione psicologica della giovane
Elena.

Quando l’odio infiamma il villaggio e rischia di travolgerlo nella sua
rovina, Mirka si rifugia al cimitero proibito. All’esplosione della violenza
collettiva il film oppone la statica solitudine del cimitero che e' la
materializzazione della colpa che tutti vorrebbero dimenticare e che nessuno
puo' perdonare. Nessuno osa inoltrarsi in questo luogo negato, dove sono
sepolti i neonati sacrificati alla morale del gruppo. Ma e' proprio da
questo non luogo, da questo oscuro ristagno della coscienza che tutto deve
ricominciare. Qui la razionalita' della vecchia Kalsan che vorrebbe
risolvere la questione appellandosi alle istituzioni non puo' nulla; qui e'
necessaria una purezza di cuore che solo la fratellanza fra gli uomini e l’
amore disinteressato possono dare. Quando Elena scopre che Mirka e' suo
figlio riesce, con l’aiuto di Strix, ad affrontare la realta' del cimitero e
vi si reca per ritrovare il figlio e riaffermare con l’amore il valore della
vita.


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