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I nuovi "democratici" in Jugoslavia



Most za Beograd- Un ponte per Belgrado in terra di Bari
Associazione culturale di solidarietà con la popolazione jugoslava
c/o Rdb via M. Cristina di Savoia 40, 70126 BARI
tel/fax 0805562663 e-mail: ponte@isf.it


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109 TELEVIDEO Lu 09 Ott 00:48:01

COSI' HO CACCIATO SLOBO


Alla testa di un commando di duemila  uomini, il sindaco di Cacak sostiene di
aver avuto un ruolo decisivo nel crollo  del regime di Milosevic.

Velimir Ilic, incontrando oggi i giornalisti, afferma di aver preparato gli
assalti al Parlamento e alla sede della tv federale con contatti segreti
avuti  con esponenti delle Forze armate e della Polizia durante i momenti
cruciali.

La rivolta avrebbe quindi avuto una guida precisa. "I primi poliziotti che
solidarizzavano con i manifestanti erano miei uomini travestiti", svela.

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8 ottobre 2000
Fonte: AFP

Il sindaco di Cacak, Velimir Ilic, riconosce di aver iniziato giovedì 5
ottobre, con un commando di oltre 2000 uomini, l'assalto al parlamento e
alla televisione di Belgrado, un'azione premeditata che mirava a provocare
la caduta di Slobodan Milosevic.
"La nostra azione era stata preparata in anticipo. Tra i miei uomini
c'erano degli ex paracadusti, dei vecchi ufficiali dell'esercito e della
polizia e degli uomini che avevano combattuto tra le forze speciali", ha
raccontato ai giornalisti il sindaco di Cacak.

"Molti di noi avevano dei giubbotti antiproiettile e delle armi". "Il
nostro scopo era molto chiaro, prendere il controllo delle
istituzioni-chiave del regime, tra cui il parlamento e la televisione
[...]. Sono stato costantemente al telefono con un generale dell'esercito
così come con una parte della gerarchia del ministero dell'Interno. Per il
momento preferisco non divulgare i loro nomi".

Infine, Mr Ilic svela che le scene di "fraternizzazione" tra manifestanti e
poliziotti erano una messa in scena: "Erano i nostri uomini vestiti delle
uniformi della polizia". Ben studiato, come sottolinea il dispaccio
dell'AFP che riporta l'intervista, queste scene "hanno dato coraggio ai
manifestanti" [per non dire "hanno scoraggiato i sostenitori di Milosevic"]
e hanno destabilizzato le forze ancora fedeli a Milosevic.

Si fa luce quindi a poco a poco la verità sulla sedicente insurrezione
popolare. Se ne saprà si più in futuro, in particolare sui "consigli" che
sono stati dati a colpo sicuro ai vari Ilic e agli altri "democratici".

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COME VLADAN DUGONJIC HA DISARMATO SPOMENKA JOVIC

"Ho atteso per 10 anni. Avevamo provato a fare lo stesso gia' il 9 marzo
1991"

(sintesi di un articolo uscito sul giornale GLAS, vicino alla coalizione
liberal-nazionalista DOS, il giorno 7/10/2000)

"Con questo aggeggio ogni sera attorno alle 19:30 lei turbava la mia
anima": lo dice mostrando il microfono, il suo "trofeo", Vladan Dugonjic,
un ingegnere 40enne della cittadina di Lipolist presso Sabac. "Questo l'ho
tolto io personalmente a Spomenka Jovic. Mentre ancora bruciava il
Parlamento, loro a sole poche centinaia di metri di distanza stavano
montando i pezzi per il secondo telegiornale. Sono volato attraverso il
piano terra in fiamme, sono arrivato non so su che piano e li ho trovati
proprio sul luogo del delitto. Non credeva a quello che le stava
succedendo: le ho strappato il microfono dalla mano,  le ho mollato uno
schiaffone  - e quasta e' la prima volta in vita mia che alzo le mani su
di una dama [sic]... La potevo anche ammazzare ma sono riuscito a
contenere la mia rabbia, le ho sputato dopo averle dato lo schiaffo e le
ho detto: "Che Iddio d'ora in poi ti giudichi, io il mio l'ho fatto".
In quel momento ho visto che trascinavano fuori Komrakov, per
"accarezzarlo"... Ho visto Milanovic, si e' raggomitolato come un
poveraccio. Erano cosi' miseri che per un momento mi hanno fatto ribrezzo
Erano cosi' piccoli che era di troppo persino colpirli"...
Dugonjic continua descrivendo euforicamente il pestaggio di alcuni
giornalisti da parte di un gruppo giunto dalla cittadina di Cacak.
"Nella mia mente c'era solo un pensiero: non dovevo rientrare a mani vuote
nella mia cittadina", percio' si e' portato via il microfono. Per nove
anni "mi sono rammaricato di non averlo fatto prima, allora non c'eravamo
riusciti e solamente adesso la vita e' ritornata in me".
Quattro giorni sulle barricate presso Sabac, quattro notti a protestare in
piazza, ma ha capito che questo non era sufficiente e che doveva recarsi
nella capitale. E cosi' fu.