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Da Belgrado: studenti libertari, Ratibor Trivunac.



La seguente intervista è stata realizzata con Ratibor Trivunac, esponente
degli studenti libertari di Belgrado, all'indomani dell'occupazione del
parlamento della capitale Jugoslava, venerdì 6 ottobre 2000, e trasmessa
all'interno del programma "Ostavka!" dalle 18.20 alle 19.20, sulle frequenze
di radio Onda d'Urto.

D-- Come hai vissuto la giornata di manifestazioni di ieri (5 ottobre ’00,
ndr)?

Io personalmente dalla notte prima mi trovavo presso la facoltà di filosofia
dove sono studente, in occupazione, insieme ai docenti in sciopero. Questo
per impedire che fosse insediato un nuovo rettore nominato dal regime, che
noi consideriamo un nazionalista ed anche un fascista. Alle 3 del pomeriggio
però mi sono unito al corteo degli studenti verso il parlamento, davanti al
quale era stata indetta la manifestazione. Arrivava gente da tutte le parti,
molti provenienti da fuori Belgrado, era un fiume di persone. Non so dire
quante fossero, ma erano davvero tante, credo 1milione o anche di più. Tra
le persone più attive c'erano i manifestanti di Cacak, una cittadina a sud
di Belgrado. Tra loro c'erano molti nostri amici anarcosindacalisti, hanno
portato una ruspa ed è stata quella con cui è stato possibile poi forzare
l'ingresso al palazzo della RTS (Radio Televisione Serbia). Dapprima la
polizia ha reagito sparando lacrimogeni davvero fetenti, stavamo tutti a
piangere e soffocare, anche perché un forte vento disperdeva il gas in tutte
le parti. Poi nelle fila del reparto speciale molti poliziotti hanno smesso
di fronteggiare la folla e hanno lasciato libero accesso al parlamento. Ho
visto alcuni gettare via le armi, altri togliersi le mostrine dalla spalla e
regalarle ai manifestanti. Uno ha risposto ad un ufficiale: "Come posso
sparare contro il mio popolo?". Quasi tutti i poliziotti hanno così
cominciato a fraternizzare con il popolo, mentre gli ufficiali litigavano
tra di loro. Del resto non sarebbero mai riusciti ad arginare tutta quella
folla. Così la gente ha fatto ingresso nel parlamento, ha cominciato a
distruggere tutto ciò che trovava, a scaraventare documenti dalle finestre,
sfogando la propria frustrazione contro ciò che aveva simboleggiato fin lì
Milosevic e il regime repressivo esistito fino ad oggi. Dopo aver occupato
il parlamento, quasi istintivamente la folla si è diretta verso il palazzo
della RTS, retrostante al luogo degli scontri, perché non c'è dubbio che i
media di regime hanno svolto una funzione determinante, coprendo sempre le
malefatte dei politici e presentando la realtà come non era.

D-- Come è stato possibile in questi giorni arrivare ad un punto di tensione
tale da sfociare in una vera e propria rivolta di piazza?

Il 2 ottobre sono cominciati imponenti scioperi in tutta la Serbia. Noi,
anarchici e anarcosindacalisti serbi, abbiamo sostenuto questi scioperi,
anche se indetti da quella opposizione che noi non sosteniamo. Ma abbiamo
sostenuto gli scioperi perché pensiamo che estromettere Milosevic dal potere
fosse la massima priorità e che la gente comune avrebbe tratto beneficio  da
questo. Belgrado in questi giorni è stata completamente chiusa, le vie
principali erano sbarrate dagli autobus e dai tram, anch'essi paralizzati.
Gli studenti delle superiori e delle università si sono uniti alle proteste.
La strategia proposta dagli scioperanti è stata quella di mettere fuori
servizio i media via etere (che specialmente a Belgrado sono per la maggior
parte sotto il controllo statale), entrando negli edifici e costringendo i
giornalisti ad uscire. Milosevic era in preda al panico, è stato costretto
ad apparire alla televisione e ad accusare la gente che stava scioperando di
essere pagata dalla NATO. In alcuni punti della città la polizia aveva
cominciato a picchiare la gente e questo era il miglior segno che Milosevic
stava perdendo il controllo. Ma arrivavano anche buone notizie: in alcuni
punti la polizia si era già rifiutata di pestare i dimostranti, e questo
dimostrava che il sistema di Milosevic stava implodendo. A Leskovac 7mila
minatori erano scesi in sciopero davanti alle miniere, fronteggiati da 2mila
poliziotti armati, ci sono state aggressioni ed arresti. L'elettricità in
alcune parti di Belgrado era stata tolta, questo per indurre l'opinione a
credere che la colpa fosse dei minatori che non assicuravano più carbone, ma
i sindacati indipendenti di settore ci avevano informato che ce n'era a
sufficienza di elettricità e che si  è trattato solo di una messa in scena.

D-- Si apre ora una nuova pagina per la storia jugoslava: come vedi il paese
nelle mani di Kostunica e dei partiti che lo sostengono?

Io in quanto anarchico sono contrario a tutti gli stati e in particolari a
tutti i regimi totalitari. Il neopresidente Kostunica è un nazionalista dal
punto di vista politico, anche se si è sempre dichiarato democratico. Dal
punto di vista economico è un neoliberista in quella che io considero
l'accezione più negativa. Non fatico a credere che nel giro di pochi mesi ci
ritroveremo nella stessa situazione in cui si trova a vivere la gente
attualmente nella Repubblica Ceca, dove si sono svolti di recente a Praga
gli incontri del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale
accompagnati dalle dimostrazioni. E' la sorte segnata di tutti i paesi
ex-aderenti al patto di Varsavia, ossia la cosiddetta transizione verso
forme di capitalismo globalizzato in adesione ai principi degli organismi
citati. Per ora ci godiamo questa grande vittoria, ma presto lavoreremo per
manifestare il nostro dissenso a tutto questo, faremo sentire la nostra
voce, cosa che fino ad ora non è stata possibile. Sotto il regime per noi
non era possibile fare attività politica, le leggi restrittive in materia di
associazionismo e repressive in termini di propaganda anti-regime, non ci
hanno consentito di avere la libertà politica per esprimere le nostre idee.

D-- Dal tuo punto di vista ha fondamento la convinzione per cui Milosevic
abbia svolto una funzione anti-capitalistica all'interno degli equilibri
balcanici?

Per niente proprio. Milosevic è stato ed è un capitalista nel senso più
negativo, il suo partito non ha niente a che vedere con ciò che nella storia
è stato considerato socialista. Il suo era soltanto un capitalismo
regionale, nel senso che a causa ma anche attraverso l'embargo ha avuto la
possibilità di dar vita ad una forma di mercato interno a beneficio dei
grandi miliardari appartenenti alla sua cricca, sfruttando il mercato nero e
i conti all'estero. La sua politica estera ed interna è stato il più chiaro
esempio che del suo popolo non gliene è fregato mai niente. Ora ci aspetta
di fronteggiare un capitalismo che sarà globalizzato, ma la sostanza non
cambia.

D-- Che tipo di attività svolge il gruppo al quale appartieni e che
considerazioni puoi fare, in quanto studente, a proposito del ruolo delle
realtà studentesche jugoslave in questa lotta anti-regime?

Io appartengo al GLIB (Gruppo Libertario di Belgrado), siamo
anarcosindacalisti. Per il resto non ho grande considerazione di quello che
è stato il movimento studentesco in Serbia in quest'ultimo anno, in
particolare di Otpor. Hanno dimostrato durante tutta la campagna elettorale
dell'opposizione di essere anch'essi disposti ad aprire la Jugoslavia al
sistema economico mondiale, dal quale del resto hanno ricevuto un
consistente sostegno economico. La loro è una visione capitalista, non hanno
niente a che vedere con la sinistra, sono neoliberali. Inoltre vorrei far
notare alcuni aspetti del loro movimento che noi abbiamo riscontrato: sono
nazionalisti e si reggono su una gerarchia segreta, al contrario di quanto
fanno credere. La loro forza è stata soltanto l'impatto mediatico, non è un
caso infatti che alle manifestazioni facessero di tutto per rimuovere le
nostre bandiere rosse e nere. La loro campagna è stata fatta contro i miti
della sinistra jugoslava, ormai tale soltanto a parole. Per questo era
controproducente per loro mostrare le loro bandiere a fianco alle nostre.
Questo dimostra quanto il loro lavoro sia stato solo esteriore e privo di un
qualsiasi contenuto politico.

A cura di Michelangelo Severgnini e Dusko Djordjevic


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