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(Fwd) [noomc-it] UNA DIVERSA VERSIONE SULLA PRESENZA MILITARE ITALIANA IN IRAQ
- Subject: (Fwd) [noomc-it] UNA DIVERSA VERSIONE SULLA PRESENZA MILITARE ITALIANA IN IRAQ
- From: "Davide Bertok" <davide@bertok.it>
- Date: Tue, 23 Mar 2004 18:17:38 +0100
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To: noomc-it@yahoogroups.com
From: "fr_abbe" <frabbel@tin.it>
Date sent: Tue, 23 Mar 2004 09:25:48 -0000
Subject: [noomc-it] UNA DIVERSA VERSIONE SULLA PRESENZA MILITARE ITALIANA IN IRAQ
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Circolare del partito Italia dei Valori
Cari amici,
perché i nostri soldati sono stati mandati in Iraq, all'indomani
della
vittoria lampo delle truppe anglo-americane? Ad un anno di distanza
e'
ora possibile offrire alla valutazione dell'opinione pubblica una
versione diversa da quella ufficiale. Ci e' stato detto che siamo
andati laggiù per "prioritarie considerazioni di carattere politico
ed
umanitarie" (paroloni che di per sé vogliono dire "tutto" ma che si
risolvono in un "niente" se poi non vengono riempite di contenuto
concreto e tangibile).
In realtà le cose potrebbero non stare propriamente così. E'
una "sensazione" questa ricavabile dalla risposta che il Governo
Berlusconi ha di recente data alla interrogazione parlamentare n. 3-
01471 presentata dai senatori della "Lista Di Pietro-Occhetto",
laddove testualmente ha affermato che "appare del tutto comprensibile
che il nostro paese possa essere pienamente coinvolto al processo di
ricostruzione anche attraverso la partecipazione di imprese
italiane".
Sempre nello stesso documento governativo si legge poi: "il fatto che
l'Italia sia uno dei paesi che abbia maggiormente contribuito al
mantenimento della necessaria cornice di sicurezza, offrendo un
generoso contributo in tali settori, rende del tutto naturale questo
possibile coinvolgimento". Verrebbe subito da chiedersi se nel
"generoso contributo" offerto in cambio di "partecipazione di imprese
italiane alla ricostruzione" il Governo avesse messo in conto anche
il
possibile massacro dei nostri soldati! E comunque, a prescindere
dalla
irresponsabilità di tali affermazioni, rimane la sproporzione
oggettiva tra il beneficio perseguito (lucrosi contratti economici
per
talune imprese) e il prezzo pagato (la vita umana di coloro che ci
hanno rimesso e ci rimettono ogni giorno la pelle).
Ma la questione più delicata - e per certi versi politicamente più
compromettente - sta nel "particolare" tipo di beneficio economico-
imprenditoriale che si intravede sullo sfondo e che potrebbe essere
la
vera (anche se occulta) ragione per cui il nostro "Governo
imprenditore" ha inopinatamente indossato i panni del "guerrafondaio
del giorno dopo" (un po' come le iene nella savana che si avventano
sulla "preda altrui" per banchettare insieme). Ci riferiamo al
possibile sfruttamento dei campi petroliferi iracheni da parte
dell'ENI. Al riguardo ci sono tante coincidenze che stanno venendo a
galla ed il mosaico comincia a prendere forma.
La prima coincidenza viene riferita dalla stessa "improvvida"
risposta governativa alla nostra interrogazione parlamentare, laddove
si legge testualmente che "una iniziale bozza di accordo per lo
sfruttamento dei campi petroliferi di Nassiriya fra ENI e gli enti
competenti iracheni era stata "parafata" (ovvero sottoscritta) nel
1998 ed e' poi stata modificata nel 2001". Dallo stesso documento si
apprende poi che "queste due bozze di accordo avevano a suo tempo
permesso all'ENI di effettuare delle stime sulla capacità produttiva
del giacimento in questione, valutata fra i 2,5 ed i 4 miliardi di
barile in totale". Per intenderci, l'equivalente dell'intero
fabbisogno energetico italiano per almeno 10 anni.
La seconda coincidenza si rinviene dalla testimonianza di Benito Li
Vigni, ex dirigente dell'ENI laddove egli segnala il carattere
particolarmente vantaggioso per la società italiana delle clausole
contrattuali del suddetto accordo. Stando alla ricostruzione del
nostro testimone, l'ENI a suo tempo aveva "strappato" a Saddam
l'impegno a pagare totalmente le spese di estrazione del petrolio con
corrispondente quantità di petrolio. Una volta azzerate le spese, i
partners avrebbero ripartito fra loro gli utili riconoscendo il 70%
agli iracheni ed il 30% alla società italiana. All'evidenza trattasi
di un contratto "stra-vantaggioso" per gli italiani (neanche Mattei
era mai riuscito ad ottenere tanto) e la ragione per cui Saddam aveva
accettato simili condizioni potrebbe stare probabilmente nel fatto
che
pensava cosi' di "ingraziarsi" i governanti italiani affinché
facessero "pressione" nelle sedi internazionali opportune per
revocare
o alleggerire l'embargo a cui era stato sottoposto l'Iraq (ed
infatti,
contratti del genere Saddam li aveva conclusi anche con gli enti
petroliferi della Spagna, della Germania e della Russia). Tutti paesi
- questi - che potevano, nell'ottica di Saddam, far sentire la loro
voce sia in ambito ONU che con l'Amministrazione americana.
La terza coincidenza e' nei fatti: i nostri soldati sono stati
mandati proprio a Nassirya. Per giunta inizialmente l'accampamento
militare fu posto proprio a ridosso degli uffici petroliferi della
zona (come a noi ha riferito il succitato Benito Li Vigni).
Sempre a Nassirya - ed e' la quarta coincidenza - gli americani hanno
generosamente installato un Governatore di nazionalità italiana.
La quinta coincidenza viene riferita sempre nella ingenua risposta
governativa alla nostra interrogazione parlamentare: "siamo informati
(e' il Governo italiano che parla, si badi bene) che nel corso del
2003 l'ENI si e' aggiudicata un tender internazionale della societa'
irachena per il mercato del greggio (SOMO) per un totale di un
milione
di barili di petrolio ed ha inoltre concluso, sempre con la SOMO un
contratto per l'acquisto di 4 milioni di barili di petrolio".
Traduzione: spodestato Saddam, l'Eni ha portato in porto un primo
lucroso affare post-bellico e si prepara a concluderne altri.
Quinta coincidenza (che a questo punto assume piuttosto le sembianze
di una controprova): l'amministratore delegato dell'ENI Vittorio
Mincato ha a suo tempo affermato che "L'Eni segue con attenzione
l'evoluzione della situazione in Iraq pronto a cogliere l'occasione
per lavorare" aggiungendo che "il gruppo petrolifero conosce bene
l'area di Nassirya perché era già interessato" (Ansa 30 maggio 2003).
Proviamo allora a fare un po' di conti sul business della
ricostruzione. Un documento strategico ("dossier Iraq") in parte reso
noto dalle agenzie di stampa (Ansa, 23 febbraio 2003) riferisce che
"ricostruire l'Iraq e' un affare stimato complessivamente in oltre
300
miliardi di dollari. Ciò per l'Italia può valere circa due miliardi
di
euro l'anno di soli scambi commerciali". Nel documento si legge
anche:
"l'obiettivo e' di mantenere il nostro paese fra i 4 migliori
fornitori dell'Iraq e far sì che le esportazioni italiane mantengano
la quota dell'8%-9% sul totale importato dal paese" e si aggiunge
chiosando "occorrerà dirigere gli investimenti verso l'ampliamento
dell'estrazione, l'incremento della capacità di raffinazione, il
potenziamento delle infrastrutture di trasporto".
Possiamo allora trarre delle prime conclusioni, che poi sono delle
domande ben precise:
1. La scelta di portare le truppe italiane in Iraq e dislocarle
proprio a Nassirya ha a che fare con il giacimento petrolifero
oggetto dell'accordo tra l'ENI ed il Governo iracheno di Saddam?
2. La scelta del Governo italiano di sostenere l'intervento militare
in Iraq e' conseguente solo a dichiarate considerazioni politiche
umanitarie oppure e' stato il "prezzo" pagato a Bush per continuare a
garantirsi lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi di Nassirya?
3. L'Amministrazione provvisoria americana dell'Iraq ha confermato
l'impegno a suo tempo assunto da Saddam nei confronti dell'ENI sui
campi petroliferi di Nassirya?
A queste domande, che pure abbiamo chiesto con la nostra succitata
interrogazione parlamentare (che a questo punto assume il valore di
una denuncia politica a tutto tondo) il Governo ha dato parziale
risposta. Alle prime due ha dato risposta negativa ma - siccome ogni
"indiziato" ha diritto di mentire o di tacere - prima di prendere per
oro colato le sue negazioni, bisogna esaminare i "riscontri".
Con riferimento alla terza domanda il Governo si e' limitato a
dire "non risulta". Che vuol dire non risulta? Una cosa e' "non
risultare" (nel senso che non e' negli atti ufficiali) altra e' che
sia vera o meno. La nostra domanda - ripetiamola - era ed e': e' vero
o no che l'Amministrazione americana ha confermato - o meglio si
accinge ad ufficializzare - l'accordo a suo tempo realizzato con
Saddam?
Il Governo con tutta probabilità non risponderà mai in maniera
esaustiva alle nostre domande ma noi torneremo a breve di nuovo
sull'argomento con "attività suppletiva di indagine" (come si dice in
gergo).
ANTONIO DI PIETRO
Presidente Italia dei Valori
Sito internet: http://www.antoniodipietro.it/
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