Re: [pace] Re: 20 persuasioni e cinque slogan sulla vicenda Englaro



Il principio basilare della nonviolenza è il rispetto della coscienza individuale. Per un nonviolento, se un uomo in coscienza si sente di combattere con le armi per una causa, è giusto che lo faccia. Può dirgli, come ha fatto Gandhi con Chandra Bose, che sbaglia, che può aspettare, che la nonviolenza è più onorevole e rispettosa di sè e gli altri, ma alla fine non può che dirgli quel che ha detto Gandhi fa' quel che ti dice la coscienza, non hai bisogno della mia benedizione. La stessa cosa vale, a maggior ragione, verso chi ha deciso di abortire, e ancor di più a maggior ragione verso chi ha deciso di porre fine alla propria vita in seguito a malattia incurabile o coma: in quest'ultimo caso è solo la vita del singolo che è in gioco, la vita della stessa persona che in coscienza sente di porvi termine, quindi nessuno può obbligare quella persona a stare in vita. Chi vorrebbe obbligare Eluana a stare in vita ancora dopo 17 anni di coma irreversibile, le sta facendo una violenza, da ogni punto di vista: spirituale, impedendo il rispetto della scelta della sua coscienza, riconosciuta da genitori parenti amici tribunali di ogni grado, e fisica, costringendola a mantenere uno stato fisico che lei rifiuta. La nonviolenza si basa sempre sul rispetto della coscienza altrui, chi non fa questo non può a mio avviso parlare per quel caso specifico a nome della nonviolenza. Quello che si può fare è incidere sulla coscienza degli altri, cercare di trasformarla: "la nonviolenza mira alla coscienza", scriveva Lanza del Vasto in Che cos'è la nonviolenza, per spiegare come la nonviolenza si distingua dalle altre tecniche di lotta. Quindi, chi è convinto che nonviolenza significa non uccidere mai, non sospenderà le cure sue mai, non mangerà animali (ma mangerà vegetali, uccidendoli o contribuendo ad ucciderli), non ucciderà cani o altri animali malati terminali, non prenderà pillole del giorno dopo, non farà aborti, non farà il boia o l'amministratore della giustizia in stati che prevedono la pena di morte, non prenderà mai le armi, neanche contro l'invasore del suo stato, ma non può e non deve impedire che altri facciano questo, se è quello che sentono in coscienza: al massimo può cercare di convincerli, in modo nonviolento, che sbagliano, ma una volta che hanno fatto la loro scelta, li deve rispettare.
Questa è la mia opinione.
Lorenzo


----- Original Message ----- From: "Enrico Peyretti" <e.pey at libero.it> To: "Carlo Gubitosa" <c.gubitosa at peacelink.it>; "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it> Cc: "lista lilliput glt NV" <glt-nonviolenza at liste.retelilliput.org>; "lista Peacelink Pace" <pace at peacelink.it>; <paxchristi at yahoogroups.com>
Sent: Monday, February 09, 2009 9:24 AM
Subject: [pace] Re: 20 persuasioni e cinque slogan sulla vicenda Englaro


Consento di cuore con il senso della lettera (sebbene troppo lunga) di Carlo Gubitosa. Mi pare di esprimere lo stesso pensiero e sentimenti nel testo che
scrissi nei giorni scorsi, che copio qui sotto.
Diciamoci tutti rispetto, fraternità e vicinanza, anche nelle differenze di
opinioni, in questo momento in cui cerchiamo umanità, e anche vogliamo
difendere le più preziose regole civili e costituzionali aggredite dalla
volgarità cinica o dalla presunzione clericale.
Enrico Peyretti, Torino
*


Resistenza e resa



   Se io fossi nella condizione di Eluana, forse vorrei morire. Se Eluana
fosse mia figlia, sarei lacerato.

   È sempre difficile valutare in concreto, ma viene un momento in cui si
deve decidere. Tutte le decisioni hanno ombre. Lo stesso principio di amore può portare a decisioni diverse e persino opposte. La coscienza, il dramma,
la responsabilità sofferta devono essere rispettate.

Credo per fede che la vita non è un caso senza senso, ma un dono e un
compito di bene dato da Dio, vita che dà vita. Un dono consegnato davvero
alla nostra responsabilità. La vita va sempre rispettata, in sé e negli
altri, ma ad essa si può rinunciare per ragioni alte, generose, altruiste.
«Nessuno ha un amore più grande di chi dà la vita per quelli che ama»
(vangelo secondo Giovanni, 15,13).

Non uccidere è la regola prima e minima del vivere insieme. Sempre, ma più
che mai quando l'uccidere è lo strumento di un dominio distruttivo. Ma chi
si sente di condannare senza tremare nel dubbio quelle madri ebree che,
secondo quanto si racconta, in qualche pogrom avrebbero ucciso i loro figli
per evitare loro una morte più atroce e cattiva?

Accogliere la morte come «sorella» (come la chiama san Francesco nel
Cantico delle creature), quando viene inevitabile, non è ingratitudine né
irresponsabilità per la vita. Lasciar morire chi sta veramente e
inevitabilmente morendo non è abbandono, ma può essere accompagnamento
amoroso e fedele.

Le scienze e le tecniche mediche ci hanno dato tanti benefici, e ancora
possono darne a persone e popoli che più soffrono e ne sono privati, ma
hanno una loro intrinseca ambiguità, per la quale allungano la vita ma
allungano anche la morte e il suo peso. Questo fatto accresce l'ambito delle
nostre responsabili decisioni.

La fede cristiana, più che una istituzione direttiva, più che comandare un
vitalismo biologico assoluto, mi sembra che dovrebbe ispirare una
riflessione saggia e fraterna, consapevole della complessità, incoraggiante a sostenere ogni vita quanto più possibile, specialmente le vite più povere
e offese, completamente fiduciosa nell'abbraccio di Dio per ogni fatica e
sofferenza, per la resistenza e la resa alla morte, che è limite di questa
nostra vita e valico aperto alla vita con Lui.

*

Così scrivevo il 3 febbraio. Posso aggiungere qualcosa?

Anch'io, nel 2004, ho pregato (e solo pregato) perché morisse presto un mio
fratello più giovane, ridotto ad una lunga penosissima fine dal tumore
cerebrale. Credo di aver fatto bene.

Credo che su questa attuale vicenda si debba tenere vivo il dubbio, pur
scegliendo ciascuno una delle due opinioni, nessuna delle quali può dirsi
assoluta. E credo che si debba totale rispetto a chi, in coscienza, decide
di agire in un senso o nell'altro.

L'alimentazione forzata è una tecnica artificiale (ha qualcosa di simile
alla fecondazione artificiale), di cui non si disponeva per natura, e, in
certe situazioni prolungatissime, ha tutta l'ambiguità delle tecniche.

Enrico Peyretti

5 febbraio 2009




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Sent: Sunday, February 08, 2009 11:58 PM
Subject: 20 persuasioni e cinque slogan sulla vicenda Englaro


Lettera aperta a Peppe Sini

Caro Peppe, rispondo con interesse alle tue riflessioni sulla vicenda
di Eluana e Giuseppe Englaro.

Cerchero' di ragionare con te restando con i piedi ben saldi in quello
che ci accomuna, e cioe' la scelta della nonviolenza e della
nonmenzogna.

Rispetto a quello che hai scritto ti comunico alcune mie persuasioni:

1 - E' menzogna dire che il problema di una uccisione legato a una
malattia irreversibile riguarda solo il caso Englaro. Ogni anno
migliaia di persone in Italia vengono sottratte ad un accanimento
terapeutico ritenuto inutile dalle famiglie, dai medici che li
assistono, dalle strutture sanitarie. Ma tutto questo e' fatto in
silenzio, magari andando all'estero senza far troppo rumore o
mettendosi d'accordo con i responsabili sanitari. Anche in questo
siamo entrambi condizionati dall'agenda dei mezzi di informazione che
ci spinge a parlare di un episodio eclatante e individuale anziche'
affrontare un problema collettivo sommerso.

2 - Pertanto sono convinto che il problema di cui si discute in questi
giorni non sia legato ad una uccisione (se cosi' fosse si cercherebbe
di impedirle tutte, e non solo quelle piu' notorie), ma al fatto che
in una societa' teocratica come quella italiana qualcuno cerchi di
rivendicare come un diritto da esercitare in pubblico e alla luce del
sole quella umana pieta' che normalmente viene concessa come un favore
da gestire in privato e "sottobanco", un panno sporco da lavare in
famiglia, un peccato comune a molte persone accomunate dalla stessa
disgrazia ma non per questo praticabile apertamente. Da questo punto
di vista i casi Welby ed Englaro non mi sembrano una rivendicazione
dell'eutanasia, che viene comunque praticata in forme ufficiose,
informali, sommerse e nascoste, e che avrebbe potuto essere praticata
e rivendicata ugualmente anche dalle famiglie Welby ed Englaro senza
troppo clamore. Queste azioni mi sembrano invece la rivendicazione di
un principio: esiste una soglia invalicabile dove le leggi dello stato
devono fermarsi per lasciare spazio alla liberta' di coscienza
individuale, e al diritto di agire liberamente in scienza e coscienza,
soprattutto quando si tratta di dolori familiari e tragedie private.

3 - Da questo punto di vista l'azione del signor Englaro, cosi' come
quelle della famiglia Welby, mi sembrano una coraggiosa azione di
lotta contro la menzogna e l'ipocrisia, una lotta che nel caso Englaro
cerca di affermare una persuasione pagando un prezzo molto alto: un
quarto calvario politico che si aggiunge al calvario sanitario, a
quello mediatico e a quello giudiziario a cui e' stato costretto
questo genitore per il solo fatto di vivere in Italia, e che gli
sarebbero stati risparmiati in molti altri paesi. La vera violenza
sarebbe stata quella di uccidere aggirando le regole con un atto
ipocrita e subdolo, mentre la scelta fatta e' stata quella di lottare
in tribunale per difendere un principio.

4 - Il principio che muove questa lotta, e la persuasione da cui
nasce, non sono condivisibili o condannabili in assoluto. Non esiste
una valutazione assoluta, e questo gesto assume una valenza differente
a seconda del termine di paragone utilizzato. Noi che non abbiamo
vissuto sulla nostra pelle questa vicenda possiamo confrontare la
scelta del signor Englaro con il valore assoluto "non uccidere", ma
per altri questa scelta puo' assumere il valore di un bivio che da una
parte vede il "non uccidere" e dall'altra il "non torturare
indefinitamente per altri anni".

5 - Chi, oggi e in Italia, ha la statura morale necessaria per
esprimere una valutazione etica assoluta, oggettiva e universale su
queste due tragiche alternative, "non uccidere" e "non torturare", in
questo caso cosi' specifico? Io credo che l'unica moneta capace di
comprare questa altezza morale sia quella che si paga con le ferite
dell'anima, e per questa ragione io sospendo il giudizio su questa
vicenda, non propongo ricette magiche, ne' valori assoluti, ne'
soluzioni politiche o legislative, ma mi rimetto alle valutazioni di
chi ha generato questa creatura e che ha sofferto assieme a lei per
anni. Ripeto: la mia scelta e' la sospensione del giudizio.

6 - Condivisibile o meno, comunque la si guardi, la persuasione che
muove il padre di Eluana non puo' essere considerata che sincera,
magari sbagliata ma comunque sincera e dettata da una coscienza che si
sara' interrogata su questo caso con molta piu' cognizione di causa,
per molto piu' tempo e con un maggiore coinvolgimento e sensibilita'
di quelli che chiunque altro ha potuto investire in questa vicenda.

7 - Per questa ragione, cosi' come in passato altri grandi testimoni
della nonviolenza si sono ribellati contro le ingerenze del potere
nelle coscienze altrui, credo che la persuasione del signor Englaro
vada rispettata, qualunque essa sia, senza ingerenze e senza
imposizioni esterne, anche quando ci trovasse disaccordi in quanto
convinti sostenitori del "non uccidere", perche' non sta a noi il
compito di punire Caino, che rispondera' delle sue azioni a Dio (per
chi crede nella giustizia divina) o alla magistratura (per chi crede
nella giustizia umana), ma non al Papa (che deve riconoscere la
liberta' di coscienza garantita a ogni credente) o al Governo (che
deve rispettare le sentenze della magistratura, scrivendo leggi
migliori per il futuro ma non decreti affrettati per cambiare il
passato e il giudicato).

8 - Possiamo non essere d'accordo sul principio affermato dal signor
Englaro, e non condividere le azioni che farebbe liberamente se fosse
guidato solo dalle sue persuasioni e se gli venisse concessa quella
liberta' di azione e di coscienza negata non dallo Stato, ne' dalla
magistratura, ma solo da un piccolo gruppo di uomini di governo che
legiferano su quello che non hanno vissuto. Ma il nostro disaccordo ci
autorizza a decidere al posto degli altri solo perche' giudichiamo
migliori le nostre convinzioni? Non facevano cosi' anche i crociati e
gli inquisitori?

9 - Anch'io condivido la tua affermazione "sono contrario a tutti gli
omicidi", ma l'importante e' chiarirsi sui mezzi utilizzati per
impedire che la gente muoia. Ci sono sistemi buoni, inutili e dannosi.
Io non credo che per contrastare le morti in ospedale, provocate per
ridurre la sofferenza di malati terminali, il sistema buono sia quello
di sottrarre alle famiglie ogni potere decisionale, per poi normare
casi eccezionali e particolari con leggi inevitabilmente generali e
generiche o peggio ancora tagliate su misura di un singolo caso.

10 - A mio avviso l'unico risultato di una soluzione che mischia la
morale (individuale) alla politica (collettiva) sarebbe un maggior
numero di trasferimenti all'estero dei pazienti, o di sospensioni
delle terapie effettuate "sottobanco" e nell'ombra da medici di
famiglia compiacenti, per amicizia o per lucro, magari in cliniche
private piene di crocifissi, di suore e di madonne. In questo modo,
con il ricorso obbligato a strutture o medici compiacenti per
esercitare cio' che a noi puo' sembrare omicidio e ad altri puo'
sembrare pieta', verrebbe a crearsi un sistema opaco e parallelo di
"eutanasia ufficiosa" che di certo non aiuterebbe le famiglie a fare
una scelta serena e libera di fronte a queste situazioni. Chi avrebbe
piu' soldi potrebbe fare come gli pare, chi si ritrova negli ospedali
pubblici sarebbe in una situazione differente. Un sistema di diversi
pesi e misure simile a quello con cui i divorziati vengono bollati
come peccatori "a prescindere" ma poi possono "rientrare nella grazia
di Dio" se si chiamano Carolina di Monaco e pagano alla Rota Romana i
costi necessari all'annullamento.

11 - Non sarebbe meglio allora un sistema chiaro e trasparente con
regole chiare per tutti dove siano tracciati chiaramente, ad esempio
con un testamento biologico, i confini tra il dovere pubblico di
reprimere gli omicidi e il diritto privato di risparmiare sofferenza
ai propri cari di fronte a situazioni che hanno la morte come unico
sbocco possibile? E allora, mi domando, la vera violenza e' quella di
un padre che agisce in buona fede, qualunque sia la valutazione che
diamo a questi atti, o quella di un sistema clericale farisaico e
ipocrita che esercita pressioni indebite su uno stato sovrano per
ostacolare in ogni modo possibile la trasparenza e la scrittura di
leggi e regole da parte dell'uomo, cercando di dare a Dio quello che
e' di Cesare con discorsi vuoti e freddi, fatti "a nome di Dio" ma da
cui sono assenti l'amore e la pieta' di Cristo?

12 - Per questa ragione, pur nel disaccordo verso l'uccisione, che
accomuna la mia e la tua posizione, credo che lo scopo della nostra
lotta nonviolenta non puo' essere quello di far agire il prossimo
secondo la nostra coscienza e le nostre persuasioni. Se davvero
sentiamo che le nostre persuasioni hanno la forza della verita',
questa forza si fara' strada da sola come le radici di un albero che
rompono perfino la solidita' dell'asfalto. Noi possiamo innaffiare
questo albero con il nostro esempio e la nostra testimonianza, ma di
sicuro non applaudendo agli esiti di obblighi di legge decretati "ad
personam" per annullare sentenze della magistratura.

13 - Sono persuaso del fatto che sia violenza usare il potere politico
per limitare la liberta' degli altri, e in questo includo anche la
liberta' di sbagliare. Nessuno ha in mano la ricetta vincente per
questa situazione, e quindi non posso applaudire alla morte di Eluana
ne' auspicarla come la soluzione migliore, ma nemmeno applaudo a chi
cerca di privare suo padre della liberta' di coscienza, e al tempo
stesso cerca di negare sentenze passate in giudicato (che equivale a
negare la liberta' dei cittadini di organizzarsi secondo un
orientamento giuridico che va rispettato anche dal governo) e il tutto
solo perche' i componenti di questo governo si sentono moralmente
superiori in base a principi astratti, che li portano a ritenersi al
di sopra dell'ordinamento giuridico senza aver vissuto la sofferenza
che ha segnato gli Englaro, quella si' superiore a qualsiasi
ragionamento teorico.

14 - Sono persuaso che sia importante riconoscere a chiunque il
diritto di sbagliare, ma di agire comunque con la propria testa e la
propria coscienza, senza essere obbligati da una morale paternalista a
scegliere tra due alternative ugualmente assurde: chiedere
ipocritamente favori sottobanco per aggirare il problema (scelta
rifiutata in nome di un principio di nonmenzogna e lotta
all'ipocrisia) oppure vedersi privati di ogni liberta' di scelta se si
vuole affermare come un diritto alla luce del sole per una persona
quello che diventa favore per migliaia nel silenzio e nell'ombra.

15 - E' violenza chiedere che la morale di alcuni diventi legge per
tutti. Da questo punto di vista io non mi colloco tra quelli che tu
descrivi "i fautori dell'uccisione di Eluana Englaro", ne' mi unisco
ai fautori dell'interdizione di suo padre, ma mi ritengo tra i fautori
della liberta' di coscienza individuale. Le famiglie sbagliano nel
valutare la situazione? Forse, ma non sta a noi, ne' tantomeno alle
leggi dello Stato, men che meno ai decreti di questo governo,
sostituirci alla valutazione fatta in coscienza dalle persone
direttamente coinvolte da questa tragedia, perche' pur sempre di
tragedia umana si tratta. Per avere il titolo morale di esprimere un
parere, dovrei trascorrere anni accanto a una figlia sofferente, e
anche in quel caso potrei parlare solo per me e non avrei il diritto
di obbligare gli altri ad agire in base alle convinzioni maturate per
la mia esperienza.

16 - Tu parli di doversi schierare manifestando il "consenso o
l'opposizione a questo crimine", ma questa affermazione nasconde due
assunti impliciti: il primo e' quello che le azioni auspicate dal
signor Englaro siano azioni criminali, e non azioni guidate da un
senso di umana pieta' orientato a ridurre la sofferenza in vista di
una morte inevitabile. La seconda ipotesi implicita nel tuo discorso
e' escludere che ci possa essere una terza via tra incitare
all'uccisione (come fanno alcuni) o incitare altrettanto calorosamente
all'inazione (come hai fatto tu). Io invece rivendico proprio questa
terza via, che e' la sospensione del giudizio, a cui consegue la
solidarieta' incondizionata verso la sofferenza di chi ama Eluana piu'
di ogni altro al mondo, e il rispetto delle decisioni concrete che
nasceranno da questo amore anche quando non saranno in sintonia con i
miei principi astratti e i miei valori.

17 - Questa scelta di sospensione del giudizio nasce proprio dalla mia
adesione convinta a quello che tu affermi di professare, e cioe' un
"approccio fallibilista sulle questioni gnoseologiche e morali", che
mette sempre in conto la possibilita' di sbagliarsi. Poiche' non so
quello che farei io in pratica al posto del signor Englaro, e poiche'
anche quello che posso ipotizzare in teoria e' suscettibile di errori,
credo di non avere il diritto di dire "bisogna fare cosi'", e che
l'unico autorizzato a scandagliare la propria coscienza per rispondere
a questa situazione secondo il proprio personale approccio morale sia
il signor Englaro, anche a rischio di sbagliare.

18 - Credo che sia meglio lasciar sbagliare un padre che agisce
amorevolmente e secondo coscienza che obbligare questo padre a
decisioni prese dall'alto, ugualmente fallibili ma prive di
quell'esperienza del dolore e dell'amore verso Eluana che solo suo
padre puo' avere. E' per questa ragione, proprio perche' questo padre
si trova da solo di fronte ad una scelta difficilissima, che la mia
scelta e' stata quella di sospendere il giudizio su questa vicenda e
fare silenzio quando ho la tentazione di trasmettere certezze e
verita' spacciandole come assolute, mentre in realta' sono un vestito
fatto a misura della mia coscienza e non possono essere indossate
automaticamente anche da altri.

19 - Infine, da ingegnere e da credente nel cristianesimo, osservo in
questa vicenda il lato oscuro del potere tecnologico e scientifico,
che ci fa lottare contro la natura impedendole di seguire il suo
corso, e ci regala un delirio di onnipotenza da cui nasce l'illusione
di poter prolungare indefinitamente la vita innestando un corpo umano
in un sistema biomeccanico, per poi aggiungere al massimo di
artificiosita' meccanica il massimo di misticismo spirituale, sperando
in una azione magica della provvidenza divina una volta "congelata la
situazione" con le macchine.

20 - Ma da cristiano credo anche in uno spirito che sopravvive alla
fisicita', e l'unica cosa certa in questa vicenda per chi crede nella
forza di questo spirito e' che lo spirito di Eluana Englaro, prima o
poi, sara' libero di soffiare ovunque come il vento, libero da ogni
artifizio meccanico e da ogni ipocrisia umana. E sara' quello il vero
miracolo della vita, che avverra' indipendentemente da quello che
potremo fare, dire auspicare o decidere io, tu, il signor Englaro o il
presidente del Consiglio.

Concludendo, se posso riassumere per slogan il mio pensiero, potrei
usare questi slogan:

1 - SI' ALLA VITA
2 - SI' ALLA LIBERTA' DI COSCIENZA
3 - NO ALLE INGERENZE DELLO STATO, DEI MEDIA E DEGLI INTELLETTUALI
NELLE TRAGEDIE PRIVATE
4 - NO ALLE INGERENZE DELLA CHIESA NELLE POLITICHE DEL GOVERNO
5 - RISPETTO, SILENZIO E SOSPENSIONE DEL GIUDIZIO PER LA SOFFERENZA DI
GIUSEPPE ENGLARO E DI SUA FIGLIA ELUANA

Ti ringrazio per l'attenzione dimostrata fin qui, e per avermi dato
l'opportunita' di riflettere sulla mia posizione rispetto a questa
difficile vicenda confrontandomi con le tue affermazioni.

A presto

Carlo



2009/2/8 Centro di ricerca per la pace <nbawac at tin.it>:
> Gentili signori,
>
> vi inviamo come anticipazione il seguente testo che aprira' il
notiziario
> telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino" di domani.
> Un cordiale saluto,
>
> La redazione de "La nonviolenza e' in cammino"
>
> Viterbo, 8 febbraio 2009
>
> Mittente: Centro di ricerca per la pace
> strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo
> e-mail: nbawac at tin.it
> web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
>
> * * *
>
> 1. EDITORIALE. PEPPE SINI: NON UCCIDERE
>
> Ringrazio i lettori che mi hanno scritto in relazione all'articolo "In
sette
> righe" di ieri, ed in particolare quelli che hanno posto delle
obiezioni.
> Tralascio il contingente (e il folkloristico): vengo alla sostanza.
> *
> 1. Non uccidere
> Che dell'uccisione di una persona si tratti, non vi e' dubbio.
> Mi sorprende che vi siano lettori chi si sorprendono della mia
opposizione
> all'uccisione di un essere umano, giacche' su questo foglio ogni giorno
da
> dieci anni praticamente non scrivo che questo.
> *
> 2. L'onere della prova
> Non invertiamo l'onere della prova, per favore. Non e' chi si oppone a
un
> omicidio a dover giustificare perche' si oppone, e' chi lo esegue o lo
> favoreggia a dover dimostrare - se gli e' possibile - che non si tratti
di
> un omicidio (come secondo tutte le evidenze si configura il togliere la
vita
> a una persona), o che vi siano circostanze tali da renderlo ammissibile
in
> via del tutto eccezionale.
> Mi chiedo se i fautori dell'uccisione di Eluana Englaro siano davvero
cosi'
> assolutamente certi che ella "sia gia' morta"; che ella "non sia piu' > un
> essere senziente"; che ella "desideri o desidererebbe morire".
> E mi chiedo anche come i fautori dell'uccisione di Eluana Englaro
possano
> non accorgersi delle colossali contraddizioni in termini e delle
vertiginose
> aporie che le loro argomentazioni implicano.
> In un testo capitale della riflessione morale contemporanea, Das > Prinzip > Verantwortung, Hans Jonas propone il seguente brocardo: In dubio, > contra

> projectum. Vale a dire: se vi e' il dubbio che un'azione possa avere
> conseguenze moralmente giudicabili come negative, e massime se esse
siano
> irreversibili, occorre opporsi all'esecuzione di quell'azione.
> La morte e' certo un evento irreversibile, e non vedo come l'uccisione
di un
> essere umano possa essere ritenuta un bene; possibile che i fautori
> dell'uccisione di Eluana Englaro siano cosi' totalitariamente certi che
> ucciderla sia cosa buona e giusta? Non riesco a capacitarmene.
> *
> 3. Non confondiamo le carte
> Nn confondiamo le carte in tavola, lasciamo quest'arte ai biscazzieri.
> Una cosa e' l'uccisione di una persona e il consenso o l'opposizione a
> questo crimine; un'altra cosa e' l'eversione dall'alto berlusconiana;
> un'altra cosa ancora il fanatismo religioso; un'altra cosa ancora il
> rispetto per l'altrui dolore e l'altrui dignita'.
> Cio' su cui qui ci si esprime e' l'ammissibilita' o meno che una > persona
sia
> uccisa: io credo che sia inammissibile.
> Poi, certo, mi indigna che i golpisti al governo possano
strumentalizzare
> questa tragica vicenda; ma la strumentalizzazione e' resa possibile
anche
> dal fatto che i prominenti che pretendono di rappresentare l'area
> democratica ed antifascista abbiano scelto di essere il partito della
morte
> (con cio' stesso rivelandosi non rappresentativi della sinistra cosi'
come
> la penso io, una sinistra che scelga la nonviolenza come necessario
criterio
> ricostruttivo di una politica adeguata alla drammatica situazione
attuale).
> Quanto al fanatismo religioso, io la penso come Voltaire, che alla voce
> "fanatisme" del Dictionnaire lo attribuiva a chi sostenendo di > "obbedire
a
> Dio piuttosto che agli uomini... e' sicuro di meritare il cielo
> scannandovi". Nella presente circostanza mi sembra che i sostenitori
> dell'uccisione di una persona siano fanatici di altro genere.
> Infine: non e' qui in discussione il dolore dei familiari, o la loro
umana
> dignita': essi meritano comunque rispetto ed affetto.
> Qui e' in discussione l'uccisione di una persona: se sia un atto lecito
o
> no.
> *
> 4. Da quale pulpito
> Credo che la mia opinione contraria ad uccidere un essere umano meriti
di
> essere valutata in se' e per se': se essa e' valida lo e'
indipendentemente
> da chi la sostiene, ugualmente se essa e' errata.
> E tuttavia poiche' la koine' dei fautori dell'uccisione di Eluana
Englaro
> recita che coloro che sono contrari a questo omicidio sarebbero tutti a
un
> dipresso dei malfattori "clericofascisti" o giu' di li', sara' allora
> opportuno chiarire che il sottoscritto e' ateo, e' da sempre un
militante
> politico della sinistra, e' da sempre un oppositore nitido e
intransigente
> del berlusconismo, e sulle questioni gnoseologiche e morali ha un
approccio
> fallibilista (pensa cioe' che e' sempre possibile sbagliarsi).
> E sono cosi' inelegante da aggiungere che tra coloro che oggi ripetono
il
> grido necrofilo e insensato "Viva la muerte" che indigno' Unamuno > troppi
ve
> ne sono che si sono gia' troppe volte prostituiti al regime della
> corruzione, al razzismo, alla guerra e alle stragi di cui essa > consiste,
per
> poter pretendere di rappresentare la civilta' giuridica o la dignita'
umana.
> *
> 5. Infine
> E per gentilezza: mi si risparmino certi pessimi, ignobili trucchi come
> l'uso di metafore che invertono la realta' dei fatti, lo spostamento
della
> discussione da cio' che e' decisivo a cio' che e' marginale, e cosi'
via.
> Conosco anch'io tutto l'armamentario della retorica come tecnica del
> discorso persuasivo, e trovo ripugnante l'uso delle parole per > ingannare
> l'intelligenza e corrompere la coscienza altrui.
> *
> Stiamo parlando dell'uccisione di una persona. Sono contrario alla
> commissione di questo assassinio. Sono contrario a tutti gli omicidi.
> Questo e' cio' che penso. Spero di averlo scritto con sufficiente
chiarezza.
>
>


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