Re: Che i movimenti pacifisti non litighino fra di loro...



Cari tutti,
mi sembra giusta e opportuna (a parte il giudizio discutibile sulla "improprietà" e la costrizione del pacifista in politica) per l'azione di noi tutti la proposta di Ettore Lomaglio Silvestri, quando scrive: " Il nostro movimento deve essere integro e fermo nella difesa del suo metodo e del suo fine. La Pace senza se e senza ma deve restare il nostro modo di essere e la Pace nel mondo deve restare il nostro scopo. La prima è la via per raggiungere la seconda, come ci insegna Gandhi. Allo stesso tempo il politico, un ruolo molto difficile ed improprio per chi è pacifista come noi, è costretto al compromesso".
Dobbiamo vedere chiara la distinzione e non opposizione tra gli obiettivi interi della cultura di pace nonviolenta e le possibilità parziali dei passi politici (e dei meriti di chi vi lavora per la pace con fatica e sacrificio).
Sovrapporre fino alla coincidenza cultura e politica, o rovina la cultura, oppure, pretendendo tutto dalla politica, non ottiene nulla (o peggio).
Se il decreto in discussione riduce la nostra partecipazione alla guerra in Afghanistan, o almeno nega l'accrescimento per cui la Nato premeva, respingerlo assolutamente significa soltanto dare spazio politico ad un'altra decisione che potrebbe accrescere la nostra partecipazione, come la Nato chiede (e qualche componente del governo, fermata da Prodi, era pronta a fare). Perciò, in sede parlamentare, luogo dei passi parziali, che non contraddicono l'obiettivo intero, è da sostenere il decreto che, a giudizio serio di persone serie, è un passo parziale in direzione positiva, e è da evidenziare politicamente questo significato.
Accettare una soluzione parziale temporanea non è tradire l'obiettivo.
La soddisfazione ideale di volere tutto il giusto sul terreno dove si può solo rosicchiare spazi alla ingiustizia, è fedeltà astratta all'ideale, ma suo concreto abbandono, non è azione paziente per la pace (Gandhi si definiva idealista pratico, e non idealista puro). Lo dico con rispetto, ma nel dissenso pratico, per i politici obiettori e i loro sostenitori. E affermo con forza che chi media sul terreno del possibile non tradisce l'ideale, e merita tutto il rispetto e la comprensione da parte dei "puri", i quali non devono permettersi di condannarlo.
La guerra uccide persone. Voglio che nessuno sia ucciso. Se trovo una mediazione con chi crede di doverla continuare, per ridurla ora di un poco e domani di più, e tu distruggi questa mediazione, non avverrà che nessuno sia ucciso, né che qualcuno in meno muoia e qualcuno in più viva, ma avverrà che continueranno a morire tutti quelli che la guerra sta uccidendo. Nessuno è innocente del male del mondo, ma chi avrà fatto qualcosa per le vittime? Chi ha gridato che devono vivere? O chi ha operato per ridurre i colpi su di loro? Gli uni e gli altri hanno tantato di salvarle. Non si accusino tra loro. Chi salva un bambino dall'incendio, vuole forse la morte degli altri che non riesce a raggiungere? Chi getta acqua sull'incendio, vuole forse che non si faccia la migliore prevenzione di altri incendi?
Poiché - me ne scuso - sono intervenuto spesso, mi permetto, nella coscienza della nostra continua fallibilità e correggibilità, di riprendere qualche mia espressione che va nello stesso senso delle parole citate di Ettore Lomaglio Silvestri.
A tutti i compagni in questa fatica, un saluto fraterno, Enrico Peyretti
30-06-06 - "Siamo in un conflitto tra due doveri: a) non mettere in crisi il governo Prodi, perché il rischio alternativo è assolutamente peggiore: la destra non ha obiettori contro la guerra; b) ripudiare la guerra, in  Afghanistan come dappertutto. Nel conflitto tra due doveri, si deve cercare un compromesso. La realtà non consente sempre di fare tutto e subito ciò che è giusto. Il compromesso giusto, gandhiano (anche Gandhi fu a volte disapprovato da "duri e puri"), non è svendita di valori, ma una tappa parziale sulla via giusta. In questo caso, bisogna ottenere che, per tollerare un rinnovo della spedizione: a) sia incluso un termine temporale visibile e accettabile, accorciato rispetto a quello automatico; b) sia negato ogni aumento di mezzi militari e di uomini".

Ancora il 30-06 - "Il compromesso, tappa parziale, indirizzato al fine giusto è gandhiano. La politica non è la realizzazione dell'etica, ma anzitutto la limitazione del male. Per fare un esempio: siamo contro la pena di morte, ma se la scelta unica, su cui la società comunque deciderà, fosse tra linciaggio e condanna a morte giudiziale, io devo votare per questa, altrimenti può passare il linciaggio (che è peggio). In un ballottaggio tra Hitler e Mussolini, non mi basta sapere che sono due criminali: devo votare per Mussolini, perché uno dei due vincerà, e Hitler è il peggiore: se non voto per Mussolini è come se votassi per Hitler (...) Astenermi e lasciar decidere è lecito solo se le due alternative mi risultano uguali, in positivo o in negativo". [Ho fatto paragoni paradossali per essere chiaro]
Il primo luglio, ricordata la nota proposta di Galtung del transarmo, che ammette ancora un tipo di armamenti, scrivevo: "Il transarmo è una tappa, non una rinuncia. Per arrivare al disarmo quando? Non lo sappiamo. Forse la guerra sarà abolita tra qualche secolo. Non sappiamo. Sappiamo che a noi, alla nostra generazione, tocca fare i passi oggi possibili. Dichiarare l'obiettivo è sempre necessario, ma la sola dichiarazione non opera. Questo va detto col pieno rispetto per chi - in sincera e sofferta coscienza, e non per acquistare qualche forza contrattuale sul ventaglio politico - non può accettare di condividere un passo incompleto. Se per il meglio si fa nemico del bene, sappia quali responsabilità si assume".

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----- Original Message -----
From: "Comitato Via dall'Afghanistan" <outafghanistan at comune.re.it>
To: Sent: Tuesday, July 04, 2006 2:09 PM
Subject: Che i movimenti pacifisti non litighino fra di loro...


> Compagne e compagni pacifisti,
> pensavo in questi giorni al forte contrasto che si sta creando fra chi,
> come me e tutti coloro che hanno firmato il mio appello, crede che la Pace
> sia un metodo di vita non negoziabile, e chi invece ritiene che sia meglio
> accettare il compromesso di oggi per poi continuare a lottare dopo.
> Nell'esperienza sindacale, come in quella politica, si parte sempre dal
> presupposto che ogni accordo raggiunto non è un traguardo, ma un punto di
> partenza e questo ovviamente giustificherebbe l'operato del governo e
> della sua esponente di sinistra.
> Ma in questo grande "gioco" di ruolo e strategia che è la politica
> internazionale e quella interna, ognuno deve appunto giocare i suoi ruoli.
> Noi, come movimento pacifista, non possiamo giocare lo stesso ruolo dei
> politici. Noi non possiamo, in quanto manifestazione "fondamentale" del
> valore per cui lottiamo ossia la Pace in quanto pacifisti, dichiarare che
> abbiamo ceduto per un compromesso.
> Il nostro movimento deve essere integro e fermo nella difesa del suo
> metodo e del suo fine. La Pace senza se e senza ma deve restare il nostro
> modo di essere e la Pace nel mondo deve restare il nostro scopo. La prima
> è la via per raggiungere la seconda, come ci insegna Gandhi.
> Allo stesso tempo il politico, un ruolo molto difficile ed improprio per
> chi è pacifista come noi, è costretto al compromesso.
> Ma lui, il pacifista politico (o meglio prestato alla politica) come Lidia
> Menapace ma anche come gli otto senatori che hanno deciso di votare no, ma
> anche come tutti i parlamentari di Rifondazione, dei Comunisti Italiani,
> dei Verdi ecc. ecc., può e deve avere come fermo punto che se un
> compromesso ha raggiunto questo è solo un punto di partenza verso
> risultati molto più forti e di rottura.
> Per fare questo, e non lasciarci travolgere dai politici "veri", ha
> bisogno di UNA FORTE BASE NEL MOVIMENTO PACIFISTA. Una base che non può
> cedere, che non può dire "Va bene il compromesso". Noi, come base dobbiamo
> tirare sempre più verso la Pace la corda del compromesso, rappresentando
> che noi non cederemo mai. Solo così il pacifista politico troverà forza e
> potrà avere sempre più voce nel consesso politico.
> Per questo motivo invito tutti a evitare rotture o dialoghi fra sordi fra
> noi stessi del movimento pacifista.
> Noi dobbiamo sempre essere fermi e convinti della Pace senza se e senza ma
> così chi ci rappresenta avrà sempre più forza nel sostenere le ragioni
> della Pace (che sono ragioni universali, ma il Bene attrae sempre meno del
> Male). Sosteniamo quindi l'operato di chi dissente, ma sopratutto
> sosteniamo la Pace, che deve regnare prima di tutto fra di noi.
> Mettiamoci d'accordo quindi, e cerchiamo di dare un indirizzo unitario al
> nostro movimento. Altrimenti non potremo certo difendere i nostri valori
> di fronte ai maghi del compromesso, che potrebbero dire che non solo i
> nostri parlamentari hanno ceduto, ma anche noi.
> Grazie,
> Ettore Lomaglio Silvestri
>
>
> --
> IO VIVO IN PACE E VOGLIO LA PACE
>
> Per sottoscrivere la petizione:
> http://www.petitionspot.com/petitions/outAfghanistan
>
> Appello pubblicato su:
> http://italy.peacelink.org/pace/articles/art_17058.html
> http://www.bellaciao.org
> http://www.osmdpn.it
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