L’AFRICA IN PIEDI CON VOLTO DI DONNA



<x-tad-bigger>Si riporta una sintesi dei lavori dell'importantissimo convegno tenutosi ad Ancona dal 21 al 23 aprile 2006 "L’AFRICA IN PIEDI CON VOLTO DI DONNA", redatta da </x-tad-bigger><x-tad-bigger>EDWIGE NGUEMALEU DJEUGA, collaboratrice dell'Ufficio Pace della Provincia di Gorizia.</x-tad-bigger><x-tad-bigger>
Ritengo che le problematiche afferenti la condizione della donna in Africa c'entrino molto con la più aggiornata elaborazione di un complessivo quadro cognitivo sui temi della pace e sulle strategie globali per inscrivere la pace nell'agenda di governi, enti, persone di questo nostro mondo.

Cordiali saluti.
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Paolo Zuliani
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L’AFRICA IN PIEDI CON VOLTO DI DONNA
V CONVEGNO INTERNAZIONALE
ANCONA 21 – 23 APRILE 2006


Il convegno è stato organizzato da Eugenio MELANDRI, coordinatore della campagna “Chiama l’Africa” e il CIPSI - coordinamento di 25 ONG e associazioni di solidarietà nazionale e internazionale,dalla Provincia di Ancona, da Emmaus Italia, da Misna e da Volontari per il mondo.
Chiama l’Africa nasce nel 1997 come campagna di sensibilizzazione e strumento di collegamento tra gruppi e organismi impegnati in azioni di solidarietà con l’Africa. La campagna ha una tesi di fondo che può essere riassunta con due sole parole: “l’Africa può”. Infatti l’Africa può uscire dalla povertà, può uscire dalla miseria, dal flagello delle malattie che sembrano incurabili; dalle dittature, dalle guerre civili e allontanarsi quanto possibile dalla morte. L’Africa può perchè porta in se un patrimonio ricchissimo di cultura, tradizioni, sistemi di vita ed un patrimonio di grandi ricchezze artistiche.
L’obbiettivo dell’attuale convegno è quello di dare voce a quella parte dell’Africa a volte minimizzata, inascoltata e sminuita. Quella parte dell’Africa che invece non si può e non si deve ignorare: le DONNE. In effetti, sono loro le vere protagoniste della vita sia nelle zone prese in considerazione, che in tutto il mondo.
A questo proposito, il coordinatore Melandri già dall’apertura dei lavori fa notare che saranno le donne provenienti da diverse aree africane ad intervenire, con le loro testimonianze, le loro storie e le loro proposte.
L’Africa si muove e sono le donne spesso a garantirne il cammino: nell’organizzazione sociale, nelle istituzioni, nella società civile, il loro ruolo fondamentale sta crescendo, ancora in un modo più evidente nei paesi africani.
Dalla dichiarazione di Eugenio Melandri viene messo in evidenza che “Non considerare le africane vuol dire non capire niente di Africa. È tempo di imparare da loro, di ascoltarne le esperienze ed i racconti di vita.”
Qui di seguito riporto sinteticamente alcune dichiarazioni delle relatrici che sono intervenute al convegno.
Una delle prime a prendere la parola è Giancarla Codrignani, ex parlamentare, femminista, cristiana-cattolica. Nel suo intervento viene attirata l’attenzione sul modo di pensare delle donne e degli uomini: gli africani non hanno il complesso di Edipo e la società perde se non acquista tutte le alleanze uomo – donna. “Quando la donna pensa, pensa tutta intera.” Numerose sono inoltre le sue riflessioni sull’aborto; una delle quali in allegato.
Odile Sankara, proveniente dal Burkina Faso, artista di teatro e di cinema, componente dell’associazione “Talents de femmes” (talenti di donne), dichiara che la donna africana porta in se le stigmate della sua condizione. Ci sono tre tipi di donne africane:

La donna rurale: “bestia di soma”.
La donna urbana: istruita e professionista
La donna semi urbana e rurale: piena di risorse, che se la sa cavare.

La donna in Africa rimane più o meno fuori dai cerchi decisionali ma bisogna bandire questa visione. In quest’ occasione si tratta di rendere visibile l’azione e il valore della donna, dandogli la parola perché “avere la parola è avere il potere.”
A questo proposito il grande filosofo africano Amadou Hampate Ba consiglia: “ Se vuoi raccogliere fra qualche mese, semina del milio. Se vuoi raccogliere fra dieci anni, pianta gli alberi. Ma se vuoi raccogliere all'infinito, istruisce le donne.” Odile conclude il suo appassionantissimo e costruttivo intervento con un tradizionale canto d’amore.
Interviene poi Terezinha da Silva, Direttrice Nazionale dell’Azione Sociale del governo mozambicano che dopo aver ringraziato l’organizzazione, afferma che è un immenso onore per lei ricordare quanto il continente africano stia già lavorando per il miglioramento delle condizioni della donna. Riconoscendo il loro ruolo cruciale nella preservazione dei valori africani basati sui principi di uguaglianza, pace, libertà, giustizia, dignità, solidarietà e democrazia, e convinti che tutto ciò che frena o ostacola la crescita della donna, sia fisica che psicologica, debba essere condannato ed eliminato. L’11 luglio 2003 gli Stati membri dell’Unione africana hanno firmato a Maputo il “Protocollo alla Carta Africana sui diritti dell’uomo e dei popoli, e sui diritti delle donne in Africa.” (vedere allegato)
Terezinha fa notare che nonostante siano state numerose le adesioni, il lavoro da svolgere tutt’ora non è diminuito, anzi, la parte più difficile è fare in modo che i concetti sottoscritti vengano applicati nella vita quotidiana e che venga riconosciuto il valore delle donne. Inoltre bisogna fare in modo che anche gli altri paesi che non hanno aderito al Protocollo si rendano conto della necessità di farlo.
Lo slogan di Jane Muguku, missionaria della Consolata e formatrice – Kenia, è stato: “ Ci vogliono altre donne per scoprire i doni e far crescere il lavoro di altre donne ovunque esse si trovino.” Prima della colonizzazione le donne avevano una grande responsabilità nel crescere i figli e tramandare le tradizioni. Durante la colonizzazione le missionarie hanno promosso l’istruzione delle donne africane, quasi sempre escluse dal mondo scolastico. Oggi sono consapevoli dell’importanza dell’educazione e lottano contro tutto ciò che ostacolerebbe il loro cammino verso la loro formazione anche se ancora limitata in certe zone del continente. Sempre sulla tematica dell’educazione, Jane specifica che “ noi in Africa diciamo che se educhi un bambino educhi un uomo, se educhi una bambina educhi una nazione.”
Prende poi la parola Matilde Muhindo Mwamini, ex deputata al Parlamento congolese ed ex membro della Sottocommissione per i Diritti Umani, dopo aver ringraziato per il tema del convegno, pone in risalto la realtà, la ricchezza ed il segreto che fa vivere l’Africa. È un modo positivo di presentare l’Africa, di rendere omaggio a tutte le donne coraggiose di ieri e di oggi che grazie alle loro ingegnosità, generosità, calorosità e a volte al prezzo della loro vita, portano avanti il continente africano. Ha ricordato a sua volta le condizioni penose in cui vivono tante donne africane nonostante gli sforzi grandiosi che compiono per uscirne e mandare avanti la crescita sociale della loro comunità, del loro paese, del continente africano,del mondo intero. A questo proposito cita il proverbio secondo il quale: “La mano che dondola la culla, dirige il mondo.” Ha ricordato inoltre quanto in diversi paesi africani la donna è ormai presente negli ambiti politici e quanto grida a un ascolto che riconosca i suoi valori. “Non vogliamo più la manipolazione maschile, vogliamo rivestire cariche perchè ne abbiamo le competenze. La donna deve convincere per la sua serietà e per le sue capacità.”
Continua poi Fatima Mahfoud del popolo Sahrawi, rappresentante in Italia del Fronte Polisario, organizzazione nata nel 1973 per lottare per l’indipendenza del Sahara occidentale. Il suo intervento è il racconto della sua vita che non è altro che quella del suo popolo e della sua terra che aspetta da 14 anni il referendum per l’ autodeterminazione. Ancora adesso lo stato marocchino domina il popolo Sahrawi ed addirittura ha costruito un muro lungo 2500 km. Quindi, il problema del muri, come elemento da denunciare, non esiste solo nel Medio Oriente ma anche nella zona del Sahara anche se nessuno ne parla quasi mai. Nonostante questa sua situazione deplorevole, il popolo sahrawi è al 90% alfabetizzato grazie agli sforzi delle donne che hanno costruito le scuole negli accampamenti, e grazie all’aiuto e supporto di altre nazioni generose, come ad esempio Cuba, che ha accolto bambini e bambine sahrawi per studiare nei propri territori attraverso borse di studio. Le donne “ sono il cuore e il ventre della nostra gente. Sono riuscite a resistere al deserto interiore che qui facilmente, ti può assalire.
Nompi Vilakazi Laureata in Managment delle Produzioni Audiovisuali e giornalista freelance, sta svolgendo un importante monitoraggio sulle campagne contro gli abusi alle donne e ai bambini in Sudafrica. La giovane donna (nata nel 1980) focalizza il suo intervento sulla situazione della donna sudafricana illustrando differenti aspetti che la caratterizzano a seconda delle fasce di età.


Si può quindi sintetizzare così:

Le donne anziane che già hanno lottato contro l’apartheid, sostengono con molta difficoltà la famiglia e sono a maggioranza analfabete.
Le donne di mezza età sono madri casalinghe o professioniste, molto spesso disoccupate ma con un forte senso di responsabilità verso la comunità.
Le giovani donne sono persone in carriera, molto spesso single e maltrattate dai propri uomini e, vivono tutte in aree urbane.

Le principali minacce per le donne riguardano lo stupro, l’AIDS e la disoccupazione. “La democrazia è in cammino ma prima che la donna venga liberata ci vorrà molto tempo.” La sua speranza è che la voce delle donne africane possa essere ascoltata.
Elisa Kidanè, suora comboniana, giornalista e Consigliere generale del suo ordine basa il suo intervento su quanto la donna possa anche lei prendere la parola e farsi sentire. “Desidero dire come ci si sente ad essere una donna africana: gioia, responsabilità e fatica! Siamo custodi della vita. Vogliamo essere ascoltate alla pari e avere lo spazio per esprimere e far udire la nostra voce e non che qualcuno parli per noi.” In effetti, porta una critica abbastanza robusta a quelli che amano dire per farsi pubblicità o altro: “siamo la voce di chi non ha voce”. Basta col turismo pubblicitario, bisogna passare ai fatti.
Le donne africane patiscono tante sofferenze e ingiustizie e ciò nonostante, riescono sempre a rialzarsi ed a camminare a testa alta. Elisa è convinta che “se l’Africa non soccombe, la ragione è perché è solidamente poggiata sulle spalle delle sue donne.” In Eritrea tutte le donne sono particolari, originali ed emergenti. Il fatto di essere l’Africa la culla dell’umanità “ci fa non soccombere e stare in piedi.” Come le donne eritree che tessono quei tessuti con il quale si coprono così “le donne con pazienza possono tessere la vita con i fili di cotone.
La camerunese Hélène Yinda è considerata una delle maggiori teologhe africane e si occupa anche dei diritti umani. Particolare è il suo modo un po’ crudo di testimoniare le violenze, le ingiustizie ed il dominio che subiscono le donne africane. Hélène grida “basta” alla tirannia dei costumi arretrati che imperversano ormai da secoli (anche se forse avevano un loro valore un tempo).
Denuncia inoltre il fatto che l’Occidente abbia fatto della Trinità divina la trinità dei soldi e non pensa che le soluzioni adottate fin qua per sconfiggere la povertà e l’HIV siano abbastanza valide. In affetti, “più si danno soldi per lottare contro la povertà e l’HIV, più la povertà e l’HIV si diffondono nelle comunità africane”. Perciò lei è convinta che trovare e studiare nuove soluzioni a questi problemi e ridare a quegli uomini la loro dignità umana, all’immagine di Dio sia l’impegno di tutti.
L’intervento doloroso e molto toccante della rappresentante somala Amina, potrebbe essere riassunto in queste parole: tante lacrime per raccontare storie di guerre, stupri, fame e morte. Abbiamo potuto vedere un filmato sugli sforzi sostenibili ed incoraggianti che fanno le donne somale per uscire dell’incubo in cui vivono, e ha concluso con un appello d’intervento urgentissimo al governo e al popolo italiano in queste parole: “ Bambini e donne pagano con la vita il prezzo della guerra. In Somalia non cade pioggia ma pallottole. È urgente un intervento della comunità internazionale per mettere da parte le armi e riportare la pace”.
Il momento del dibattito (sabato pomeriggio) è stato quello in qui si è notato un forte coinvolgimento ed un interscambio di idee e proposte costruttive tra le relatrici ed i numerosi partecipanti provenienti da diverse regioni ed addirittura da oltreconfine. L’assenza assordante dei politici al convegno non è passata inosservata, soprattutto in questo periodo in cui i concetti di “globalizzazione”,“cooperazione allo sviluppo” ed “immigrazione” sono molto sentiti nelle campagne elettorali in diversi paesi europei. Bisognerebbe che venissero più informati e coinvolti dalle problematiche del tipo in oggetto. La serata è stata molto divertente e rilassante grazie ad una presentazione teatrale del gruppo “Isola Quassud”, seguito da un concerto di musiche dai ritmi africani (Africa occidentale) suonato dal famoso cantautore Pape Kanouté ed il gruppo “Mande”.
La tavola rotonda – ultima tappa – del Convegno è dedicata ad un incontro tra donne africane ed europee.
Da tutti gli interventi messi a confronto sono emerse alcune proposte concrete: STABILIZZARE E FAR NASCERE UNA RETE PERMANENTE DI COLLEGAMENTO, DI INTERSCAMBIO E PROMOZIONE DELLE RELAZIONI TRA DONNE AFRICANE ED EUROPEE CON RECIPROCITÀ E PARI DIGNITÀ. Tutte auspicano che questi legami non debbano finire qui e che questa esperienza continui sia fra donne africane che con donne europee e le organizzazioni che hanno permesso questo incontro. È emerso anche una comune volontà di puntare sulla relazione, sull’ascolto, sulla reciprocità e sul fatto di andare alle radici delle cause strutturali dei problemi.
Quanto alle donne italiane presenti, il loro intervento si è incentrato soprattutto sulla questione della cooperazione internazionale. La loro idea è che la cooperazione italiana va rivista, rimodellata e valutata criticamente in relazione e in confronto alle situazioni concrete dei paesi del Sud. Bisogna realizzare una nuova cooperazione, inventandola assieme alla società civile del Nord e del Sud del mondo. La società italiana ed europea in generale è consumista, opulenta ed individualista. “Noi abbiamo bisogno della visione del mondo africano per sopravvivere”. Lisa Clark.
Il Presidente del CIPSI, Guido Barbera ha fatto questa proposta: “Smettiamola come ONG di fare progetti per l’Africa. Diamo anche noi un aiuto al bilancio della società civile africana. Mettiamo a disposizione le risorse che saranno gestite dalla società civile africana”. E ha concluso con questo appello: “L’Africa è in piedi, italiani rialziamoci.” Quanto al coordinatore di Chiama l’Africa, Eugenio Melandri, la lotta non è contro la povertà, ma contro la miseria. Si dovrebbe riuscire ad avere una povertà dignitosa. Secondo lui, “il problema del mondo non è la povertà ma la ricchezza. Dichiariamo illegittima la ricchezza! Mettiamo in questione il nostro modello di sviluppo. Continuiamo la rete di collegamento, ma soprattutto a partire da casa nostra!

Le donne africane non mancano di rivolgere un appello ai loro popoli invitandoli a recepire degli aiuti (fondi o altro), non in modo passivo ma interattivo, in modo che possano essere loro i“capitani a bordo” per la costruzione del continente africano, mantenendo sempre alti i loro valori e rimanendo autentici. All’Occidente hanno richiesto la possibilità di inventare una nuova democrazia invece di essere costretti ad accettare una imposta, che a volte non coincide con le tradizioni ed il modo di vivere della società africana.

<x-tad-bigger>EDWIGE NGUEMALEU DJEUGA</x-tad-bigger>


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