Re: Fw: PARIGI SI MILANO NO: VICINO-LONTANO - COSE SEMPLICI DA CAPIRE



Ci sono delle cose semplici che si capiscono, si devono capire per forza. Altrimenti non vale nulla il nostro impegno.

Occorre rifiutare la violenza da stadio - come ogni altro tipo di violenza - perche' e' contro nostri ideali di nonviolenza e perche' e' gravemente controproducente per il conseguimento di qualsiasi nostro obiettivo.

C'e' poco da discutere, mi sembra. Questo e'un punto basilare, uno spartiacque.

Cari saluti
Giuseppe
P. S. Che i fascisti, la polizia e il potere, politico e mediatico, si comportino anche paggio non c'entra nulla.


At 20.21 15/03/2006, you wrote:


Di tutto ciò che non si conosce, è meglio tacere.
Probabilmente nessuno di noi, che animiamo questa gustosa e inutile
discussione, era a Milano e ha potuto vedere, e ha potuto capire.
Resta la malafede poliziesca, resta la stampa asservita al potere, resta la
strumentalizzazione di destra e di sinistra per fini di scranno, restiamo,
noi, i buoni. Quelli che l'obbedienza è di nuovo una virtù, quelli che non
disturbano il manovratore. Quelli sempre pronti a dover dimostrare
all'oppressore che no, non siamo contro di lui. Quelli sempre pronti a
bastonare l'oppresso se non si presenta gentilmente all'oppressore.
Quelli che la questura stima. Ché non diamo fastidio
Certo, li conosco, quei "facinorosi", e so quanto stupidamente cadano nel
tranello della provocazione poliziesca.
Non per questo mi schiero con la polizia.
Non per questo mi schiero con i gattopardi della sinistra. La sinistra? La
sinistra ideale e romantica di Peyretti? O la sinistra reale dei Bianco,
Minniti, D'Alema?
Vedo Fassino faticare a prender sonno, la notte, perché tormentato dal
pensiero di non aver "ancora imparato il satyagraha gandhiano, che è la più
grande forza".
Intendiamoci. Condivido quanto detto da Peyretti. Solo vorrei sapessimo
metterlo in pratica.
La realtà è complessa.
La divisione manichea tra violenti e nonviolenti, la presa di distanza da
chi, pur con strumenti che non condividiamo, si oppone all'oppressione e ai
fascismi, forse fa il gioco dei fascismi almeno quanto "pietre, incendi, e
devastazioni sul tavolo dei mass media che avevano già pronti i commenti del
caso".
Il confronto è banale, ritorna sempre, ma sempre è difficile rispondere:
come la mettiamo con la Resistenza? Era nonviolenta? Era sbagliata?
E il fascismo di oggi è meno dannoso di quello di ieri? Meno dannono per
noi? e per i migranti? e per i popoli oppressi? e per gli animali,
l'ambiente?
E quanto è giusto, per noi, giudicare lotte a cui non prendiamo parte?
Bastano "le piccole azioni nonviolente e quotidiane" davanti alla sempre più
evidente fascistizzazione della società?
Esiste un sistema di valori universalmente condivisi, da difendere? e c'è un
limite oltre il quale, per difenderli, anche la violenza ha una sua
giustificazione?
Chi stabilisce qual è il limite? Vogliamo stabilirlo noi, anche per gli
altri? o è giusto lo stabilisca chi violenza subisce?
Io, per la mia storia, per la mia cultura, per il mio relativo benessere,
posso (permettermi di) essere nonviolento. Devo imporre la mia nonviolenza
ad altri?
Impariamo a porci domande.
Impariamo a non giudicare con troppa facilità.
Anche questa forse è nonviolenza.



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