Telegrammi. 610



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 610 dell'8 luglio 2011

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

 

Sommario di questo numero:

1. Contro la guerra una proposta agli enti locali

2. Alcuni testi del mese di settembre 2002

3. La nonviolenza e' una scelta

4. Necessita' della nonviolenza

5. Col cuore tra i denti

6. Di cosa parliamo quando parliamo di azione diretta nonviolenta contro la guerra

7. Ancora un piccolo discorso sull'uccidere

8. Dal punto di vista dell'umanita'

9. Scafisti, ministri

10. Impegno per la pace, scelta nonviolenta

11. Un errore di prospettiva

12. La risposta di Hillel

13. Dello scrivere chiaro

14. Nei territori occupati

15. Un esposto contro la guerra e la violazione della Costituzione

16. Ancora un catastrofico errore del movimento per la pace

17. Per sostenere il Movimento Nonviolento

18. Segnalazioni librarie

19. La "Carta" del Movimento Nonviolento

20. Per saperne di piu'

 

1. INIZIATIVE. CONTRO LA GUERRA UNA PROPOSTA AGLI ENTI LOCALI

[Riproponiamo il seguente appello]

 

Proponiamo a tutte le persone amiche della nonviolenza di inviare al sindaco del Comune, al presidente della Provincia ed al presidente della Regione in cui si risiede, una lettera aperta (da diffondere quindi anche a tutti i membri del consiglio comunale, provinciale, regionale, ed ai mezzi d'informazione) con cui chiedere che l'assemblea dell'ente locale approvi una deliberazione recante il testo seguente o uno analogo.

*

"Il Consiglio Comunale [Provinciale, Regionale] di ... ripudia la guerra, nemica dell'umanita'.

Il Consiglio Comunale [Provinciale, Regionale] di ... riconosce, rispetta e promuove la vita, la dignita' e i diritti di ogni essere umano.

Richiede al Governo e al Parlamento che cessi la partecipazione italiana alle guerre in corso.

Richiede al Governo e al Parlamento che si torni al rispetto della Costituzione della Repubblica Italiana.

Richiede al Governo e al Parlamento che l'Italia svolga una politica internazionale di pace con mezzi di pace, per il disarmo e la smilitarizzazione dei conflitti, per il riconoscimento e l'inveramento di tutti i diritti umani per tutti gli esseri umani.

Solo la pace salva le vite".

 

2. HERI DICEBAMUS. ALCUNI TESTI DEL MESE DI SETTEMBRE 2002

 

Riproponiamo alcuni testi apparsi sul nostro notiziario nel mese di settembre 2002.

 

3. HERI DICEBAMUS. LA NONVIOLENZA E' UNA SCELTA

[Riproponiamo questo testo del settembre 2002]

 

La nonviolenza e' molte cose, ma innanzitutto e' una scelta, un decidersi: e' la scelta di cominciare noi a prendere sul serio cio' che pensiamo.

Per questo essa e' in primo luogo un atto morale.

Poi la nonviolenza e' anche molte altre cose, e chi redige questo notiziario - i lettori abituali lo sanno - ne propone una nozione di teoria-prassi complessa e pluridimensionale, contestuale, sperimentale, critica, aperta; articolata in piu' insiemi nessuno dei quali la esaurisce: un insieme di valori logico-assiologici; un insieme di modalita' relazionali e di tecniche deliberative ed operative; un insieme di strategie di lotta contro la violenza sia dispiegata che cristallizzata; un insieme di pratiche e proposte sociali e politiche; un insieme di strumenti e processi euristici, ermeneutici e maieutici; un insieme di esperienze storiche, di riflessioni teoriche, di ricerche dialogiche.

La nonviolenza non e' un'ideologia in piu', o peggio un'ideologia di ricambio. La nonviolenza e' una decisione: di contrastare il male senza riprodurlo; di riconoscere e onorare e difendere l'umanita' in te e in tutti.

 

4. HERI DICEBAMUS. NECESSITA' DELLA NONVIOLENZA

[Riproponiamo questo testo del settembre 2002]

 

Opporsi alla guerra senza fare la scelta della nonviolenza e' opporsi alla guerra a meta', e quindi a meta' esserne complici. E dunque un'opposizione alla guerra che non faccia la scelta meditata ed impegnativa della nonviolenza non e' un'opposizione vera, ma una finzione, una macabra ipocrisia.

Ma l'opposizione nonviolenta alla guerra per essere tale deve essere attiva, poiche' la nonviolenza e' lotta contro la violenza, o non e'. E deve essere intransigente, poiche' non si puo' transigere sul principio che tutti gli esseri umani in quanto tali hanno il diritto di vivere, ed essendo la guerra nella sua sostanza null'altro che omicidio di massa, ne consegue che vi e' una incompatibilita' assoluta tra il fondamentale dei diritti umani, il diritto a vivere, e la guerra.

Ne consegue altresi' che se occorre un ripudio integrale della guerra per affermare il fondamentale dei diritti propri di ogni essere umano, occorre altresi' un ripudio integrale degli strumenti atti alla guerra: le armi e gli eserciti.

E dunque l'opposizione alla guerra deve essere altresi' opposizione alle armi e agli eserciti tutti.

E poiche' vi e' un legame evidente tra armi e fame, tra ingiustizie strutturali e regimi e poteri che si reggono e dominano con la violenza, ne consegue anche che la scelta della nonviolenza e' necessaria non solo per opporsi alla guerra ma per costruire relazioni tra gli esseri umani fondate su un'economia di giustizia, la difesa della biosfera, la concreta affermazione dei diritti umani per tutti.

E poiche' una civile convivenza e' possibile solo in un orizzonte inclusivo dell'umanita' intera, la democrazia si invera nell'incontro e nella condivisione, e il riconoscimento di umanita' ha come sua condizione la reciprocita', ne discende che la scelta della nonviolenza e' necessaria anche nella lotta per la democrazia e l'uguaglianza di diritti.

E detto tutto cio' una duplice domanda: una opposizione democratica che non fa propria la nonviolenza e' una vera opposizione? E' veramente democratica? E un movimento che si dichiara contro la guerra e pacifista, e che non fa propria la nonviolenza, puo' veramente contrastare la guerra? E puo' veramente contribuire a costruire la pace? Ci sia lecito dubitarne.

 

5. HERI DICEBAMUS. COL CUORE TRA I DENTI

[Riproponiamo questo testo del settembre 2002]

 

Ho questo vantaggio: quando Saddam Hussein massacrava i kurdi bombardandone i villaggi, quando Saddam Hussein scatenava la mostruosa guerra con l'Iran, e il cosiddetto occidente chiudeva un occhio sulla dittatura e plaudiva alla carneficina, e l'Italia riforniva di armi l'Iraq (ed anche l'Iran, naturalmente), ebbene, io ero di quelli che organizzavano le manifestazioni nonviolente contro la mostra mercato armiera di Monteromano, in cui col patrocinio del Ministero della Difesa i mercanti di morte italiani esibivano le loro merci affinche' i dittatori del sud del mondo potessero apprezzarne le virtu' e farne incetta.

Ho questo vantaggio: a tutte le guerre illegali e criminali a cui l'Italia ha partecipato dagli anni '90 in qua ho cercato di organizzare un'opposizione rigidamente nonviolenta. Perche' solo la nonviolenza puo' contrastare la guerra. E la guerra consistendo nell'uccidere masse di esseri umani (e disponendo oggi di strumenti sufficienti a distruggere la civilta' umana tutta) e' il massimo crimine contro l'umanita'. E contro la guerra occorre opporsi nel modo piu' limpido ed intransigente: e questo modo e' la nonviolenza (poiche' tutti gli altri in qualche misura compartecipano della guerra, le sono subalterni, ne riproducono forme e quote e ne espandono la contaminazione).

Ho questo vantaggio: che non sono mai stato complice della retorica delle "guerre giuste" e della "violenza necessaria"; che mi sono sempre opposto ai criminali, ai violenti, ai soverchiatori, e ai loro complici e giustificatori, quale che fosse la loro casacca.

*

Coloro che intendono provocare la fine della civilta' umana sostengono che un governo che aiuta i terroristi, che uno stato che ha o si sta procurando armi di sterminio di massa, siano ragion sufficiente a giustificare lo scatenamento di una guerra che portera' devastazioni e massacri di dimensioni immani.

E' facile vedere le terribili incongruenze di questo loro scellerato ragionamento.

Se il governo iracheno ha aiutato i terroristi di Bin Laden responsabili della strage dell'11 settembre 2001, cosa che mi pare non sia ancora stata dimostrata ed e' quindi incerta, e' certo che il governo degli Stati Uniti d'America aiuto' i terroristi di Pinochet responsabili del golpe dell'11 settembre 1973 e delle carneficine e degli orrori che si prolungarono in Cile per molti anni.

Se l'Iraq possiede o sta cercando di procurarsi armi di sterminio di massa, cosa che non mi pare sia gia' stata dimostrata, e' certo che gli Usa tali armi hanno e producono alacremente (ed hanno usato a Hiroshima e Nagasaki).

E ancora: se un singolo atto di terrorismo che provoca un eccidio e' un crimine mostruoso, la guerra, che consiste di una catena di eccidi, e' un terrorismo all'ennesima potenza, ed e' il più mostruoso dei crimini.

E ancora: se l'esistenza di un regime oppressivo merita una guerra, allora l'oppressione che i potenti del nord ricco del mondo esercitano sulla quasi totalita' dell'umanita' quale reazione dovrebbe provocare?

Chi propugna la guerra ha smarrito non solo il senso morale, ma il principio di realta'.

*

Come e' possibile che gli Usa possano minacciare una guera in flagrante violazione del diritto internazionale e dei piu' elementari principi di umanita', e l'Onu invece di inviare una forza di polizia internazionale ad arrestare Bush e la sua cricca di dottori Stranamore si adegua, guaendo appena appena, alla volonta' onnicida del governo statunitense?

E come e' ammissibile che l'Italia, la cui Costituzione vieta esplcitamente di partecipare a questa guerra (come gia' a quelle degli anni novanta e a quella che tuttora continua in Afghanistan a riflettori spenti), si trovi gia' praticamente arruolata al soldo e al seguito degli hitleriani di Washington?

Occorre opporsi alla guerra, occorre resistere in difesa del diritto e dell'umanita'.

Occorre denunciare la guerra come massimo crimine contro l'umanita', e contrastarla quindi come il peggior nemico dell'umanita' intera. Occorre contrastarla nel modo piu' intransigente, che e' anche il solo limpido ed efficace: con la nonviolenza.

*

Occorre dir chiare alcune cose.

- Che l'Onu deve rispettare la sua carta fondamentale, che l'Onu faceva nascere per opporsi al flagello della guerra; se l'Onu non si oppone alla guerra viene meno alla sua unica fonte di legittimazione, e diventa una spelonca di ladri e di assassini.

- Che l'Italia deve rispettare la sua Costituzione, che ripudia la guerra di aggressione (e poiche' si sa che gli aggressori dicono sempre di essere gli aggrediti, ripudia anche quella ammantata dell'inganno della "risoluzione delle controversie internazionali": i costituenti usciti dalla catastrofe della seconda guerra mondiale scrissero chiaro tra i principi fondamentali del nostro paese il ripudio di tutte le guerre, solo ammettendo l'azione rigorosamente difensiva, che oggi puo' e deve attuarsi senza eserciti ne' armi ne' guerre, ma con la Difesa popolare nonviolenta); se governo e parlamento e presidente della Repubblica trascinano ancora il nostro paese in guerra nuovamente si collocano contro la legge fondamentale del nostro ordinamento giuridico, precipitano l'Italia nell'illegalita', rompono il patto che lega i cittadini: cancellano la vigenza delle leggi, distruggono lo stato di diritto, e con la loro condotta autorizzano tutti a seguirli sulla via del disprezzo sia delle leggi che della vita altrui, del crimine e dell'omicidio, in una guerra di tutti contro tutti che e' la fine della societa' e dell'umanita'.

- Che il governo statunitense deve essere denunciato alle competenti corti di giustizia che perseguono i crimini contro l'umanita' ovunque commessi. La piu' grande potenza del mondo, che gia' tanti crimini ha compiuto, non puo' essere nelle mani di una banda di cinici e insensati che mettono in pericolo l'umanita' intera. La popolazione statunitense ha anche una grande tradizione di democrazia, rispetto alla quale l'attuale leadership e' altrettanto eterogenea quanto l'attuale governo italiano rispetto alle espressioni piu' alte della vita civile nel nostro paese.

- Che occorre un piano straordinario di aiuti umanitari al popolo iracheno (anche a molti altri popoli del mondo, certo): il popolo iracheno e' gia' tre volte vittima: del regime dittatoriale di Saddam Hussein; della guerra del Golfo del '91; dell'embargo stragista voluto dall'Onu (un crimine insensato e ingiustificato che si prolunga da un decennio con la complicita' di tutti gli stati piu' potenti del mondo); e quindi una nuova guerra contro di esso popolo sarebbe aggiungere crimine a crimine, strage a strage, disumanita' a disumanita'; ma anche lasciarlo privo di soccorsi e sotto embargo e' un crimine, una strage, una disumanita': se la comunita' internazionale volesse promuovere la democrazia in Iraq la strada c'e' ed e' la piu' semplice: cooperazione decentrata, aiuti diretti alle popolazioni, cessare di torturare il popolo iracheno con l'embargo. La democrazia e i diritti umani nel mondo si promuovono solo con la cooperazione internazionale, l'aiuto umanitario, facendo cessare la rapina del nord sul sud, restituendo ai poveri cio' che abbiamo loro rubato; a tutti gli esseri umani riconoscendo i dirtti umani, il primo dei quali e' quello di vivere.

*

Sta alle donne e agli uomini di volonta' buona di tutto il mondo fermare la guerra.

E noi che ci troviamo qui in Italia possiamo e dobbiamo fare molto; ma per fare molto occorre che innanzitutto facciamo chiarezza in noi stessi.

E fare chiarezza in noi stessi significa separarci da quanti si proclamano pacifisti e poi riproducono la stessa logica dei potenti, separarci da quanti fanno carriera sul sangue versato dagli altri, separarci da quanti condannano la violenza degli altri ed esaltano la propria, separarci da quanti sono contrari alla guerra quando stanno all'opposizione e invece sono a favore quando stanno al governo, separarci da quanti gestiscono le manifestazioni pubbliche come delle piccole guerre, separarci da quanti si dicono per la pace e poi hanno come riferimento i leader militari, separarci da quanti tacciono sui poteri oppressivi da cui hanno ricevuto o si aspettano prebende, separarci da quanti riproducono razzismo e totalitarismo sovente senza neppure rendersene conto.

Separarci da quanti si dicono oppositori della guerra ma non vogliono e non sanno e non possono essere costruttori di pace.

Occorre opporsi alla guerra nell'unico modo logicamente corretto, moralmente possibile e politicamente efficace: con la nonviolenza.

Ma per opporsi alla guerra con la nonviolenza occorre formarsi alla nonviolenza, conoscerla ed esserne persuasi, studiarla e sperimentarla, prepararsi con la necessaria profondita' e il necessario rigore all'azione diretta nonviolenta.

E' il compito piu' urgente che abbiamo.

 

6. HERI DICEBAMUS. DI COSA PARLIAMO QUANDO PARLIAMO DI AZIONE DIRETTA NONVIOLENTA CONTRO LA GUERRA

[Riproponiamo questo testo ripubblicato nel settembre 2002 gia' precedentemente publicato un anno prima nel settembre 2001]

 

Non di azioni meramente simboliche ma operative ed efficaci. O l'azione nonviolenta sa contrastare concretamente la guerra o e' nella migliore delle ipotesi una testimonianza, nella peggiore una pagliacciata.

Due anni fa proponemmo, e realizzammo ad Aviano, l'azione diretta nonviolenta delle mongolfiere per la pace con cui ostruire lo spazio aereo di decollo antistante e sovrastante le basi dell'aviazione militare impedendo la partenza dei bombardieri.

Dimostrammo che e' possibile un'azione nonviolenta che contrasti  l'apparato bellico sul terreno, con la forza della nonviolenza, senza mettere in pericolo la vita di nessuno, nella massima limpidezza, riuscendo ad esempio a impedire i decolli dei bombardieri.

Se una nuova guerra dovesse essere scatenata ed il nostro paese dovesse prendervi parte, con cio' i decisori renderebbero l'Italia compartecipe di un'azione doppiamente criminale: poiche' guerra e' sempre omicidio di massa - la formula, definitiva, e' di Gandhi -, e poiche' la partecipazione italiana configurerebbe la violazione della nostra Costituzione. Cosicche' il governo, il parlamento e il presidente della Repubblica che facessero un tale passo si collocherebbero fuori della legge ed il popolo italiano sarebbe chiamato a ripristinare la legalita' e difendere l'ordinamento giuridico, lo stato di diritto e la democrazia impedendo la partecipazione del nostro paese al crimine bellico.

Dinanzi alla partecipazione italiana alla guerra avremmo tutti l'obbligo morale e giuridico di togliere il consenso ai decisori pubblici stragisti, e di opporci efficacemente alla guerra in nome del diritto, dell'umanita', della stessa legge fodnamentale della nostra Repubblica.

*

E per contrastare praticamente, e non solo a chiacchiere, la guerra, riteniamo ed abbiamo piu' volte gia' detto che tre sono le cose da fare:

a) l'azione diretta nonviolenta con cui bloccare l'apparato bellico: bloccando le catene di comando, bloccando le basi militari, bloccando la produzione e il traffico delle armi; si potrebbe cominciare ancora con l'azione del blocco nonviolento dei decolli dei bombardieri.

b) la disobbedienza civile di massa: mettendo i decisori fuorilegge nell'impossibilita' di avvalersi del consenso e della passivita' della popolazione, nell'impossibilita' di avvalersi degli strumenti della macchina amministrativa e dei poteri e degli spazi pubblici; ed impedendo loro di dar seguito ai loro piani incostituzionali dagli esiti stragisti;

c) lo sciopero generale contro la guerra: puntando a bloccare tutte le attivita' del paese, chiamando l'intera popolazione del nostro paese a resistere a un governo fuorilegge, chiamando il popolo italiano ad esercitare la sua sovranita' in difesa della Costituzione, della pace, del diritto alla vita di tutti gli esseri umani.

*

Qui intendiamo offrire alcuni materiali di riflessione ulteriori sull'azione diretta nonviolenta.

Ed in primo luogo diciamo che all'azione diretta nonviolenta contro la guerra possono partecipare solo persone persuase della nonviolenza e adeguatamente preparate.

Come esempio su cui riflettere riproduciamo qui le regole di condotta dei partecipanti all'azione diretta nonviolenta delle mongolfiere per la pace ad Aviano due anni fa.

*

Quattro regole di condotta obbligatorie per partecipare all'azione diretta nonviolenta delle mongolfiere per la pace:

I. A un'iniziativa nonviolenta possono partecipare solo le persone che accettano incondizionatamente di attenersi alle regole della nonviolenza.

II. Tutti i partecipanti devono saper comunicare parlando con chiarezza, con tranquillita', con rispetto per tutti, e senza mai offendere nessuno.

III. Tutti i partecipanti devono conoscere perfettamente senso e fini di questa azione diretta nonviolenta delle "mongolfiere per la pace", vale a dire:

a) fare un'azione nonviolenta concreta:

- per impedire il decollo dei bombardieri;

- opporsi alla guerra, alle stragi, alle deportazioni, alle devastazioni, al razzismo;

- chiedere il rispetto della legalita' costituzionale e del diritto internazionale che proibiscono questa guerra;

b) le conseguenze cui ogni singolo partecipante puo' andare incontro (possibilita' di fermo e di arresto), conseguenze che vanno accettate pacificamente e onestamente, ed alle quali nessuno deve cercare di sottrarsi.

IV. Tutti devono rispettare i seguenti principi della nonviolenza:

- non fare del male a nessuno (se una sola persona dice o fa delle stupidaggini, o una sola persona si fa male, la nostra azione diretta nonviolenta e' irrimediabilmente e totalmente fallita, e deve essere immediatamente sospesa);

- spiegare a tutti (amici, autorita', interlocutori, interpositori, eventuali oppositori) cosa si intende fare, e che l'azione diretta nonviolenta non e' rivolta contro qualcuno, ma contro la violenza (in questo caso lo scopo e' fermare la guerra, cercar di impedire che avvengano altre stragi ed atrocita');

- dire sempre e solo la verita';

- fare solo le cose decise prima insieme con il metodo del consenso ed annunciate pubblicamente (cioe' a tutti note e da tutti condivise); nessuno deve prendere iniziative personali di nessun genere; la nonviolenza richiede lealta' e disciplina;

- assumersi la responsabilita' delle proprie azioni e quindi subire anche le conseguenze che ne derivano;

- mantenere una condotta nonviolenta anche di fronte all'eventuale violenza altrui.

Chi non accetta queste regole non puo' partecipare all'azione diretta nonviolenta, poiche' sarebbe di pericolo per se', per gli altri e per la riuscita dell'iniziativa che e' rigorosamente nonviolenta.

*

Per chi volesse saperne di piu', un ampio dossier su quella esperienza e' dsponibile nella rete telematica, in due parti:

- parte prima: www.peacelink.it/webgate/pace/msg00745.html

- parte seconda: www.peacelink.it/webgate/pace/msg00744.html

*

Si tratta dunque di iniziare subito i training di preparazione; si tratta inoltre di iniziare subito a formare alla conoscenza e all'uso della nonviolenza quante piu' persone e' possibile; si tratta di iniziare subito a prendere le distanze da quei sedicenti pacifisti che si lasciano invece ubriacare dalla violenza e dai pregiudizi o si lasciano corrompere dalle prebende, dalla manipolazione o dalla "cultura del branco".

*

Inoltre occorre iniziare subito a proporre la preparazione dello sciopero generale in difesa della Costituzione e della vita degli esseri umani vittime innocenti della guerra; occorre iniziare subito a spiegare cosa sia davvero la disobbedienza civile (non la caricaturale sfigurazione di cui hanno cianciato degli irresponsabili nei mesi scorsi) e come essa possa essere praticata da un movimento di massa; occorre iniziare subito un'azione di chiarificazione intellettuale e di illimpidimento morale per opporsi efficacemente alla macchina propagandistica che entra in azione parallelamente ai bombardieri par narcotizzare i complici passivi della guerra.

C'e' molto da fare, ed occorre fare presto.

 

7. HERI DICEBAMUS. ANCORA UN PICCOLO DISCORSO SULL'UCCIDERE

[Riproponiamo questo testo del settembre 2002]

 

1. Un istante prima qui c'era una persona umana. Un istante dopo qui c'e' una cosa inerte. Tra istante e istante c'e' stata un'uccisione. Dove avviene l'uccisione esseri umani si trasformano in cosa, cio' che era umanita' diventa niente. L'uccidere e' la negazione dell'umanita'.

2. L'atto di uccidere implica il fatto dell'essere ucciso; perche' avvenga l'azione di uccidere deve avvenire che qualcuno resti ucciso. Solo se trovi ammissibile di essere ucciso puoi dire di trovare ammissibile uccidere. Ma tu vuoi vivere, e cosi' tutti. E poiche' tu non ammetti di essere ucciso tu, e rivendichi come diritto il tuo vivere, cosi' devi riconoscere anche agli altri di non ammettere di essere uccisi loro, e di rivendicare la loro vita come diritto. Poiche' vivere e' quel diritto senza del quale nessun altro diritto si da'. Se tutti, ciascuno per se', rivendichiamo il diritto a non essere uccisi, ne consegue di necessita' affermare il dovere di tutti di non uccidere. Perche' si dia il non essere uccisi come diritto e come certezza, occorre la decisione comune di non uccidere. "Tu non uccidere" e' il pensiero che l'umanita' cosciente afferma da quando esiste un pensiero umano, da quando esiste una umana coscienza.

3. Uccidere nega alla radice l'esistenza della societa': affinche' si dia associazione tra esseri umani essa deve basarsi sul presupposto che l'un l'altro non ci si togliera' la vita. L'uccidere e' il contrario della convivenza.

4. Uccidere distrugge qualunque ordinamento giuridico: poiche' il presupposto dell'ordinamento giuridico e' un accordo finalizzato al bene comune dei contraenti. Un ordinamento giuridico che uccide nega se' stesso.

5. Se vi e' universale consenso che uccidere e' il peggiore dei crimini, esso e' crimine sia quando a commetterlo e' un singolo, sia quando a commetterlo e' un gruppo, sia quando a commetterlo e' un'istituzione.

6. La guerra consiste nella commissione di omicidi di massa. Essa e' quindi la peggiore espressione del peggiore dei crimini. Essa e' inammissibile sempre.

7. Vi e' una considerazione ulteriore: essendo gli armamenti disponibili nel mondo di quantita' e qualita' tali che essi sono sufficienti a distruggere piu' volte la civilta' umana, la guerra, qualunque guerra, mette in pericolo qui e adesso l'umanita' intera. Per dirlo con le parole di don Milani: "E noi stiamo qui a questionare se al soldato sia lecito o no distruggere la specie umana?".

8. Opporsi alla guerra e' allora il primo e piu' grande impegno dell'umanita'. Ma opporsi alla guerra e' possibile solo se si ripudia in modo assoluto l'uccidere, e contro l'uccidere si lotta nel modo piu' limpido ed intransigente.

9. La nonviolenza e' la decisione morale, l'azione pratica e la cognizione teoretica che afferma e realizza il dovere e il diritto di ogni essere umano in quanto tale di opporsi alla guerra, alla violenza, alla menzogna, a tutte le forme di denegazione dell'umanita'. Solo la nonviolenza si oppone alla guerra. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

8. HERI DICEBAMUS. DAL PUNTO DI VISTA DELL'UMANITA'

[Riproponiamo questo testo del settembre 2002]

 

Se una cosa ho imparato e' che nel prendere decisioni occorre porsi dal punto di vista dell'umanita'. E giudicare valida e degna di essere compiuta solo quell'azione che ogni essere umano possa a sua volta compiere. E fare agli altri solo quel che ammetteresti che chiunque altro possa fare a te.

E poiche' sento che preferisco per me la vita alla morte, analogamente ad ogni altro essere umano devo riconoscere il diritto a vivere, e quindi devo ritenere che a nessuno debba essere dato il potere di uccidere, poiche' non ammetterei che altri abbia il potere di uccidere me, e  cosi' penso che abbia diritto di pensare chiunque.

E poiche' la mia persona consiste in cosi' larga misura del contributo che gli altri mi recano (le cose che so, le tecniche e i manufatti che uso, l'ambiente in cui vivo cosi' come la presenza antropica lo ha fortemente modificato) io sento di essere fatto dei doni dall'umanita' arrecatimi. Come potrei non sentirmi solidale con l'umanita' intera?

Cosicche' a chiunque mi chiedesse di accettare che esseri umani altri esseri umani uccidano, a chiunque mi chiedesse di ammettere che persone vengano addestrare a divenire omicide, a chiunque mi chiedesse di consentire che si costruiscano cose chiamate armi il cui fine e uso e' togliere la vita a degli esseri umani, una e la stessa e' la mia risposta: no.

Ma questa domanda non mi viene posta in forma di parole, essa resta implicita ed il mio silenzio a questa domanda non pronunciata ma concretamente agita dai poteri assassini e' gia' un avallo e una complicita'. Cosicche' anche la mia risposta deve essere un fare oltre che un dire, e questo fare e' la nonviolenza, l'opposizione concreta, materiale, effettuale, alla violenza, alle sue strutture, alle sue ideologie; l'opposizione a tutte le uccisioni, l'opposizone a tutte le guerre, l'opposizione a tutti gli eserciti e i gruppi armati come che si chiamino, l'opposizione a tutte le armi.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita': la mia umanita', l'umanita' di tutti, l'umanita' intera.

La nonviolenza e' una scelta di lotta: di lotta integrale e intransigente contro la violenza, di lotta per l'umanita'.

 

9. HERI DICEBAMUS. SCAFISTI, MINISTRI

[Riproponiamo questo testo del settembre 2002]

 

Affinche' i mercanti di schiavi possano esercitare la loro nobile arte e benefica, occorre una legge che li aiuti:

- si impedisca a chi fugge da fame e da guerre di accedere a terre piu' miti a chi vi risiede; si cancelli il diritto d'asilo.

Ed occorre benevolente un regime che promuova i traffici e le arti:

- che perseveri nel modello di sviluppo della rapina e dello spreco che deruba e condanna alla fame e alle dittature continenti interi;

- che neghi agli esseri umani il diritto di muoversi sull'unica terra che abbiamo per casa comune;

- che rimetta in auge larghi tratti delle leggi del '38;

- che ammicchi che con i poteri criminali nostrani convivere si deve, e quanto alle vittime peggio per loro.

Ed occorre infine che innocenti poveri (innocenti, ma poveri: che e' peggio che esser colpevoli) vengano chiusi nei campi di concentramento; che chi sfuggi' ai torturatori ai torturatori venga riconsegnato.

Fiorente civilta', tempi felici.

Si ripescano salme dal mare.

Si dividono spoglie e profitti.

 

10. HERI DICEBAMUS. IMPEGNO PER LA PACE, SCELTA NONVIOLENTA

[Riproponiamo questo testo del settembre 2002]

 

L'impegno per la pace, mai così necessario come oggi, corre il rischio di essere travolto da due convergenti forze e distruttive.

Da un lato dalla ferocia dei ricchi, dei potenti, che pur di non cedere un briciolo del loro potere, del loro goder dello spreco, del loro nutrirsi della morte altrui (l'analisi finissima di Elias Canetti), sono disposti a distruggere il mondo. Che non conoscono alcuna legge, e solo obbediscono al loro sentirsi al di sopra di tutto e di tutti, all'istinto rapace.

E dall'altro dalla nostra ambiguità: quando imitiamo i potenti, quando accettiamo e riproduciamo la loro logica, e pensiamo di poterli contrastare e sconfiggere con i loro metodi e i loro strumenti, e cosi' facendo diventiamo come loro.

E c'è un modo solo per uscire dall'ambiguità: la scelta di un impegno per la pace e i diritti umani che rinunci ad ogni furbizia (le tattiche, le dilazioni, il programma minimo e massimo, i due tempi, e cosi' via), che ripudi ogni menzogna (e la propaganda, l'esagerazione, il fraintendimento, la manipolazione, l'idiozia della cosiddetta "interferenza culturale" mediatica che in realta' e' subalternita' agli organi della narcosi e del consumismo, gastronomici e cannibaleschi), che contrasti ogni sopruso (ed anche e soprattutto quelli commessi "in nome di" questo e quello da chi si pretende agli altri superiore e gia' con questo denega la dignita' umana nell'altro e quindi in tutti e quindi infine anche in se'): occorre la scelta della nonviolenza, la lotta senza requie e senza ombre contro la violenza, e innanzitutto contro quella che e' in noi.

Poiche' la violenza e' sempre "l'arma dei ricchi" (Jean Marie Muller), la risorsa degli oppressori, lo strumento dell'ingiustizia.

E per lottare contro la violenza bisogna integralmente ripudiarla, scegliendo la nonviolenza che e' la lotta piu' nitida ed intransigente contro la violenza.

La nonviolenza e' lotta: chi la confonde con la rassegnazione, chi la confonde col masochismo, chi la confonde con la vilta', della nonviolenza non ha capito nulla o finge di non aver capito nulla, e col suo nome designa un fantoccio da lui medesimo inventato per meglio calunniare. Gli oppressori lo sanno: gli amici della nonviolenza sono i loro avversari piu' formidabili. Era forse rassegnato e vile Gandhi, o Martin Luther King, o Oscar Romero, o Marianela Garcia, o Chico Mendes? O piuttosto non lottarono con tutte le loro forze?

Ancora vi e' un trucco retorico, che vuole la nonviolenza inane, ninnolo per perdigiorno, che non scalfisce le ingiustizie grandi, un inutile futile gioco per anime belle. Erano forse futili e inutili le lotte di Gandhi, o Martin Luther King, o Oscar Romero, o Marianela Garcia, o Chico Mendes? E se cosi' fosse stato, perche' i loro avversari li uccisero? Gli oppressori lo sanno: gli amici della nonviolenza sono i loro avversari piu' formidabili. Quelli che non si arrendono mai finche' hanno respiro in corpo. Resistenti fino alla fine.

Gandhi lo diceva chiaro e tondo: alla violenza occorre resistere; contro l'ingiustizia occorre lottare; all'oppressione occorre ribellarsi. Resistere, lottare, ribellarsi, nel modo piu' forte e profondo: la nonviolenza e' questo, o non e' nulla. Contro la rassegnazione, contro il masochismo, contro la vilta', nel modo piu' limpido e combattivo: la nonviolenza e' questo, o non e' nulla.

La nonviolenza e' l'insurrezione morale dell'umanita' oppressa per sconfiggere l'ingiustizia, recare aiuto a chi soffre, e salvare la terra dalla catastrofe ecologica. La nonviolenza e' la rivoluzione necessaria per affermare un'umanita' di liberi ed eguali. La nonviolenza e' lotta: per i diritti umani di tutti gli esseri umani. La nonviolenza e' la misericordia che abbatte le muraglie e spezza le catene.

 

11. HERI DICEBAMUS. UN ERRORE DI PROSPETTIVA

[Riproponiamo questo testo del settembre 2002]

 

In tanti appello contro la guerra che circolano in questi giorni c'e' un errore di prospettiva, il solito, quello che rende inane e frivolo l'impegno pacifista.

Il nostro problema non e' di dichiarare la nostra dissociazione, ma di impedire che la guerra si faccia.

Ma per riuscirci non bastano le ragioni sofistiche e subalterne di chi ancora crede nella "guerra giusta" e nella "violenza necessaria" (le logiche di chi anche quando crede di opporvisi, e' complice degli  assassini poiche' ne condivide l'orizzonte teorico e alcuni automatismi comportamentali): occorre la scelta della nonviolenza come opposizione nitida e intransigente ad ogni violenza, ad ogni oppressione, ad ogni uccidere.

Per questo l'opposizione alla guerra di tanti che siedono in parlamento suona falsa e furbesca, e a nulla serve contro la guerra; per questo l'opposizione alla guerra di alcuni gruppi scandalosamente divenuti pressoche' egemoni nel cosiddetto movimento "no global" (ma meglio sarebbe chiamarlo: per la globalizzazione dei diritti) e' ipocrita e strabica, e a nulla serve contro la guerra; poiche' costoro sono del tutto interni alla cultura della guerra e subalterni alle dinamiche sociali dominanti, e non sono ne' nostri amici ne' nostri alleati.

Occorre la scelta della nonviolenza. Che non e' la caricatura di cui troppi straparlano, ma una teoria-prassi complessa e pluridimensionale, sperimentale e aperta, un campo di ricerche e di pratiche accostarsi al quale non e' impegno da consumisti e collezionisti di mode, ma richiede un prender sul serio se stessi ed i propri pensieri, che evidentemente non e' compito agevole.

Saldi nella scelta della nonviolenza, la nostra opposizione alla guerra sia suscitatrice di energie e di azioni. E molte iniziative occorrono. E ad esempio:

1. denunciare alle competenti corti di giustizia l'illegalita' di una guerra che viola i trattati internazionali e per quanto concerne l'Italia la stessa carta costituzionale; e chiedere che i criminali violatori stragisti (nel caso italiano: anche golpisti) siano perseguiti ai sensi di legge;

2. Organizzare azioni dirette nonviolente (vere, non le pagliacciate e le mistificazioni di chi ne ciancia senza saper quel che si dice) laddove necessario e ragionevole (ovvero dove sia possibile ottenere risultati concreti di contrasto alla macchina bellica, facendola finita con le stupidaggini simboliche ovvero pubblicitarie a mero uso dei media);

3. promuovere campagne di disobbedienza civile contro la guerra e in difesa della legalita' internazionale e costituzionale (disobbedienza civile vera: in cui si assume diretta responsabilita' e non si espongono gli altri alla morte);

4. promuovere lo sciopero generale contro la guerra;

5. recare soccorsi alle vittime (sia portando aiuti umanitari nell'area del conflitto, sia accogliendo qui i profughi).

 

12. HERI DICEBAMUS. LA RISPOSTA DI HILLEL

[Riproponiamo questo testo del settembre 2002]

 

Tutti conoscono quell'episodio riferito a Hillel il Vecchio: uno gli disse che si sarebbe convertito se lui avesse saputo spiegargli tutta la Torah nel tempo in cui l'interrogante sarebbe stato in equilibrio su un piede solo. Ed Hillel: "Non fare agli altri quello che non vuoi venga fatto a te stesso. Questa e' tutta la Torah, il resto e' commento. Va' e studia".

Su cosa si puo' fondare la civile convivenza, su cosa il riconoscimento dell'umanita' mia e tua e di tutti? su questo principio appunto: che cio' che ti e' odioso, non farlo al tuo prossimo; principio che chiameremo qui la risposta di Hillel, e che e' anche la nostra. Che noi si possa non dimenticarla mai.

 

13. HERI DICEBAMUS. DELLO SCRIVERE CHIARO

[Riproponiamo questo testo del settembre 2002]

 

Chi non sa scrivere fa il giornalista.

E chi non sa neppure di cosa sta parlando ma pensa di doverlo gridare forte, fa il giornalista pacifista (non solo, beninteso, ma anche - per nostra sventura).

Saremmo grati a tutti coloro che vogliono impegnarsi contro la guerra se cominciassero col pacificare la parola, col riflettere sulle proprie affermazioni, col verificare la veridicita' delle notizie che diffondono, col segnalare le fonti di cio' che ripetono. E con lo scrivere chiaro.

* Pacificare la parola. Nella sua Arte d'ingiuriare Borges faceva notare che l'insulto non e' un argomento ma una digressione. Le esagerazioni, le volgarita', le offese ad personam, il generico inveire, le tirate propagandistiche, la ripetizione pedissequa degli slogan di moda, l'occultamento dei punti deboli e degli aspetti critici e controversi delle nostre posizioni (e ce ne sono sempre), tutto cio' indebolisce e ridicolizza il nostro impegno. Per non dire dell'assurdita' della pretesa di convincere qualcuno parlando una lingua a lui ignota, o peggio azzannandolo di contumelie.

* Riflettere sulle proprie affermazioni. Prendiamole sul serio le nostre affermazioni, proviamo a chiederci se diciamo davvero o per scherzo, e scegliamo di scrivere solo cio' di cui siamo convinti dopo averci ben pensato su'. Ed eviteremo di dire tante corbellerie che aspirano al brillante, all'eroico, al sublime, e sono solo cascami di una retorica cui ben si adatta uno spiacevole aggettivo, che qui non scriveremo ma che incede al passo dell'oca.

* Verificare la veridicita' delle notizie. Se non si ha la bonta' di accertarsi della veridicita' di cio' che si dice come si pensa di poter far funzionare la comunicazione? E se non funziona la comunicazione come puo' riuscire la lotta per un mondo migliore; come si possono costuire relazioni rispettose della dignita' umana se offendiamo gli altri esseri umani in cio' che e' piu' proprio della persona umana, l'intelligenza, ingannandoli con le nostre sciocchezze? E infine, se non si ha a cuore la verita', cosa ne e' del nostro impegno di pace e di giustizia? Esso si riduce a niente. Per questo il pacifismo non basta, occorre la nonviolenza. E Aldo Capitini, che la sapeva lunga, spiegava che un altro nome della nonviolenza e' nonmenzogna; e Mohandas Gandhi, che la sapeva lunga anche lui ed era fin onomaturgo, definiva la nonviolenza, oltre che col termine "ahimsa" (termine e concetto dai molti significati, tra i cui principali traducendo metteremo in prima approssimazione: in-nocenza, non-violenza, ma meglio: opposizione alla violenza; e ripresa di equilibrio, ricostituzione dell'armonia che la violenza infrange, lotta contro il male...), anche col termine "satyagraha", che e' termine dal campo semantico assai vasto e profondo e concetto di una densita' ed apertura estreme (la radice "sat" di "satya" e' un concetto decisivo e complesso quanti altri mai) ma che possiamo tradurre in prima approssimazione anche come attaccamento alla verita', o anche: forza della verita' (ed anche, ad esempio: adesione all'essere, contatto con l'autentico, verita' come legame...).

* Segnalare le fonti. Circolano, e soprattutto nella rete telematica (da cui debordano sovente anche sulla carta stampata), lacerti di testi di cui si ignora l'autore, e la cui attendibilita' gia' solo per questo e' pressoche' nulla. Ed e' trista diffusa abitudine, e non solo dei piu' giovani ed ingenui, prender per buona tutta l'immondizia che trovano in rete (ripetono oggi "l'ho trovato su internet" con la stessa beata e superstiziosa fiducia di quando al mio paese si diceva "c'era scritto sul giornale" e si presumeva fosse oro colato qualunque scempiaggine puzzasse di inchiostro). Cosicche' diamoci una regolata: quando si fa girare qualche testo, si abbia la buona creanza di citare chi e' l'autore, dove e' gia' apparso e quando, e come se ne e' giunti in possesso. Sarebbe bene anche che prima di rimetterle in circolazione le si leggesse o rileggesse, le scritture che si mandano in giro: se si facesse un piccolo sforzo circolerebbe molto meno ciarpame.

* Scrivere chiaro. C'e' un articolo di Primo Levi intitolato "Dello scrivere oscuro": ne raccomando la lettura a tutti coloro che a loro volta vogliono scrivere o diffondere dei testi; ed anche un altro articolo di Primo Levi vorrei qui consigliare, quello su "Gli scacchisti irritabili". Stanno tutti e due nel volume dal titolo L'altrui mestiere, che raccoglie alcuni suoi articoli di giornale. Il mondo e' gia' cosi' orribile e caotico ed enigmatico, sforzarci di scrivere in modo comprensibile e di scrivere con attenzione (quella virtu' dell'attenzione su cui ha scritto pagine memorabili Simone Weil) e di dire la verita' (per quanto ci e' possibile), e' gia' un modo di migliorarlo.

* Una regola aurea. C'e' infine una regola aurea, che vorrei regalare a chi ha avuto la pazienza di leggere fin qui: scrivi solo cio' di cui pensi che non ti dovrai mai vergognare dinanzi a nessuno.

Ho usato un piccolo trucco retorico in apertura di questo articolo. In verita' chi non sa scrivere oltre che il giornalista puo' fare anche il manager, l'imbonitore, il torturatore e tutti gli altri mestieri e professioni, ed esser persona di qualita'.

E chi non sa neppure di cosa sta parlando ma pensa di doverlo gridare forte, come niente dopo qualche anno te lo ritrovi nel consiglio dei ministri.

 

14. HERI DICEBAMUS. NEI TERRITORI OCCUPATI

[Riproponiamo questo testo del settembre 2002]

 

Nei territori occupati: gia' la definizione denuncia l'iniquita'. Nei territori occupati, carri armati contro bambini. Nei territori occupati, la disperazione e i suoi frutti. Proprio perche' ci sta a cuore l'esistenza di Israele, chiediamo ancora e ancora che cessi l'occupazione dei territori di Cisgiordania e Gaza e nasca lo stato palestinese. Proprio perche' veniamo dal secolo di Auschwitz, e di Hiroshima, chiediamo che cessino persecuzioni e guerre. Proprio perche' abbiamo ascoltato la parola di Primo Levi, e non l'abbiamo piu' dimenticata, chiediamo che si faccia la scelta della convivenza e della dignita' umana. Non piu' uccidere e morire, ma vivere.

 

15. HERI DICEBAMUS. UN ESPOSTO CONTRO LA GUERRA E LA VIOLAZIONE DELLA COSTITUZIONE

[Riproponiamo questo testo del settembre 2002]

 

Alla Procura Generale della Repubblica, Roma

E per opportuna conoscenza:

al Presidente della Repubblica Italiana, Roma

ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati, Roma

*

Esposto nei confronti del Presidente del Consiglio dei Ministri per le dichiarazioni rese in Parlamento il 25 settembre 2002

*

1. In data 25 settembre 2002 il Presidente del Consiglio dei Ministri, on. Silvio Berlusconi, ha reso in Parlamento dichiarazioni di eccezionale gravita'.

Dal testo ufficiale (disponibile sul sito del governo - www.governo.it - e dal quale citiamo) risulta chiaramente che in riferimento alla minaccia di una guerra degli Stati Uniti d'America contro l'Iraq il capo dell'esecutivo:

a) non solo non ha inteso esprimere una netta opposizione all'intenzione della Casa Bianca di scatenare una guerra di aggressione palesemente illegale e criminale sia secondo il diritto internazionale, sia secondo il comune sentire delle genti;

b) non solo non si e' dichiarato vincolato al rispetto intransigente di quanto previsto dalla Costituzione della Repubblica Italiana che proibisce in modo assoluto che l'Italia appoggi una simile guerra o peggio ad essa prenda parte;

c) non solo, ma addirittura ha espresso un evidente appoggio alle sciagurate e capziose argomentazioni del governo statunitente finalizzate allo scatenamento della guerra;

d) non solo, ma addirittura ha sferrato un duro obliquo attacco alla Costituzione italiana in uno dei suoi principi fondamentali (l'art. 11);

e) non solo, ma addirittura ha esposto un punto di vista palesemente irresponsabile e agghiacciante (sebbene espresso nella forma sfumata della citazione) che lascia dedurre una effettiva disponibilita' a sostenere ed a prender parte alla guerra che si va preparando.

*

2. Vediamo alcuni punti cruciali del discorso svolto alla Camera dei Deputati.

I. Il Presidente del Consiglio ricorda en passant quanto stabilito dall'articolo 11 della Costituzione, ma per revocarne implicitamente in dubbio l'adeguatezza a fronte della situazione presente: cosi' facendo il Presidente del Consiglio viene a sorvolare sul dato oggettivo e dirimente della sua vigenza, quasi fosse cosa discutibile e non vincolante: ma la Costituzione e' la base del nostro ordinamento giuridico, e ad essa il Presidente del Consiglio ha giurato fedelta': non e' in suo potere violarla.

II. Afferma il Presidente del Consiglio che "L'Italia ha un preciso interesse nazionale nel seguire, in questa nuova crisi, linee d'intervento responsabili e indipendenti, ma lealmente collocate nel quadro della storica alleanza con gli Stati Uniti": non una parola contro una guerra illegale e criminale, che viola il diritto internazionale e causera' nuove stragi, nuovo odio, nuova instabilita' e insicurezza nel mondo; ma un implicito ambiguo ammiccare ad un sostegno italiano alle scelte criminali e criminogene dell'attuale governo statunitense.

III. Infine il Presidente del Consiglio conclude citando una massima secondo cui "l'unica cosa di cui avere paura e' la stessa paura": espressione irresponsabile e insensata quant'altre mai: nell'epoca aperta dal crimine di Hiroshima, nell'epoca in cui e' tecnicamente possibile la distruzione della civilta' umana, un simile atteggiamento e' semplicemente folle, e sgomenta pensare che uomini di governo possano essere cosi' temerari.

*

3. E' del tutto evidente l'illegalità e criminalità della guerra che gli Stati Uniti d'America stanno preparando e che avra' per vittima il popolo iracheno, già oppresso sia dalla dittatura di Saddam Hussein, sia dalle conseguenze della guerra del 1991, sia dell'embargo che ha provocato una vera e propria catastrofe umanitaria.

Ed e' altresi' del tutto evidente che l'Italia e' vincolata dai trattati internazionali sottoscritti ad opporsi a questa guerra. Come del resto l'Onu (la cui ragion d'essere e' appunto impedire le guerre).

E' infine del tutto evidente che la Costituzione della Repubblica Italiana, fondamento del nostro ordinamento giuridico, proibisce in modo assoluto che l'Italia avalli o peggio ancora sostenga o prenda parte a questa guerra, che si configura esplicitamente come guerra d'aggressione.

*

4. Le tesi sostenute dal Presidente del Consiglio dei Ministri in Parlamento confliggono flagrantemente con il giuramento di fedelta' alla Costituzione. Poiche' fedelta' alla Costituzione avrebbe voluto che il capo dell'esecutivo esponesse l'unica posizione legittima per lo stato italiano: l'opposizione assoluta alla guerra che si va preparando.

Se l'on. Berlusconi avesse svolto quel discorso in un contesto informale e in veste privata (ad esempio durante una bicchierata con gli amici al bar dello sport) saremmo in presenza dell'ennesimo episodio di incontinenza verbale e di esibizione di tracotanza, volgarita' e insipienza cui purtroppo diversi membri del governo in carica hanno abituato il paese; ma il Presidente del Consiglio dei Ministri ha parlato in Parlamento, in veste di capo del governo.

E' quindi impossibile non prendere atto della assoluta gravita' delle dichiarazioni rese dal capo del governo, e prima che lo stesso abbia la possibilita' di porre in atto le intenzioni manifestate (di avallare la guerra, di violare trattati internazionali e legalita' costituzionale, di rendere il nostro paese corresponsabile di nuove stragi) occorre impedire che possa commettere un atto incostituzionale e trascinare l'Italia in una nuova guerra di aggressione illegale e criminale.

*

5. Siamo pertanto a chiedere con il presente esposto:

- che la competente magistratura accerti se nel discorso del Presidente del Consiglio dei Ministri vi siano elementi passibili di procedimento giudiziario; e qualora ve ne ravvisi proceda agli atti conseguenti;

- che il Presidente della Repubblica Italiana e i Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati prendano pubblicamente posizione in difesa della Costituzione e contro l'appoggio e la partecipazione italiana alla guerra;

- che il governo esprima una posizione ufficiale che si dissoci dagli orientamenti espressi dal Presidente del Consiglio dei Ministri e riaffermi la fedelta' dell'esecutivo alla Costituzione della Repubblica Italiana;

- che il Parlamento approvi un ordine del giorno di biasimo per le esternazioni dell'on. Berlusconi e riaffermi la fedelta' dell'organo legislativo alla Costituzione della Repubblica Italiana.

 

16. HERI DICEBAMUS. ANCORA UN CATASTROFICO ERRORE DEL MOVIMENTO PER LA PACE

[Riproponiamo questo testo del settembre 2002]

 

C'e' un errore che quanti vogliono opporsi alla guerra non devono commettere.

Ed e' l'errore di concepire noi stessi come piccola e marginale entita' di "dissenzienti" e "disobbedienti". Non siamo una piccola e marginale entita'. Non siamo "dissenzienti". Non siamo "disobbedienti".

E' chi vuole la guerra illegale e criminale a costituire una infima minoranza di sciagurati. E' chi vuole la guerra illegale e criminale ad essere in distonia con le leggi e con l'umanita'. E' chi vuole la guerra illegale e criminale ad essere disobbediente alla Costituzione della Repubblica Italiana, alla Carta delle Nazioni Unite, al comune sentire delle genti.

Non permettiamo che si capovolgano i ruoli e si rovesci la realta'. Non diamo per scontato cio' che scontato non e'. Usciamo dalla subalternita'. Affermiamo la pace come diritto.

Difendendo la pace difendiamo la legalita' costituzionale e il diritto internazionale.

E chiamiamo coloro che vogliono la guerra col nome che meritano: propugnatori di stragi, eversori, golpisti.

Pace e Costituzione: opponendoci alla guerra affermiamo la legalita'.

E non abbocchiamo alla retorica dei guerrafondai; non riconosciamo dignita' alla loro posizione incostituzionale e disumana.

Pace e Costituzione: l'Italia ripudia la guerra, legge e popolo uniti.

 

17. APPELLI. PER SOSTENERE IL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Sostenere economicamente la segreteria nazionale del Movimento Nonviolento e' un buon modo per aiutare la nonviolenza in Italia.

Per informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

 

18. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Riletture

- Miguel de Cervantes Saavedra, Tutte le opere, Mursia, Milano 1972, 1978, 2 voll. per pp. XII + 1310 (vol. I) e pp. VI + 1266 (vol. II).

 

19. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

20. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 610 dell'8 luglio 2011

 

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:

nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe

 

Per non riceverlo piu':

nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe

 

In alternativa e' possibile andare sulla pagina web

http://web.peacelink.it/mailing_admin.html

quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).

 

L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web:

http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html

 

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it