Minime. 779



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 779 del 3 aprile 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Il 4 aprile a Roma
2. L'altro naufragio
3. Stefano Rodota': A lezione di Costituzione
4. Una proposta di ordine del giorno ai Comuni, le Province e le Regioni
fedeli allo stato di diritto e all'umanita'
5. Alcune cose che occorre fare subito contro il razzismo
6. Per la messa fuorilegge dell'organizzazione razzista denominata Lega Nord
7. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento
8. George Orwell: Un intervento del 1940
9. Stella Morra: Vedere la Chiesa
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'

1. INIZIATIVE. IL 4 APRILE A ROMA

Il 4 aprile a Roma la Cgil chiama a una manifestazione nazionale che ha ad
un tempo carattere sindacale e civile.
Sindacale: perche' e' un atto di difesa delle classi sociali sfruttate e
oppresse, aggredite da una politica economica del comitato d'affari della
borghesia che da anni sta demolendo diritti e sopprimendo vite.
Civile: perche' e' un atto di difesa di spazi di democrazia, di forme della
civile convivenza, di elementi fondanti della legalita' costituzionale e di
basilari diritti sociali aggrediti dall'eversione dall'alto berlusconiana.
Il 4 aprile a Roma lo storico sindacato della classe lavoratrice italiana
chiama alla lotta ogni persona oppressa, ogni persona di volonta' buona, per
i diritti di tutti, per promuovere giustizia e liberta'.
Indipendentementa da ogni considerazione su singole proposte e parole
d'ordine contenute nella piattaforma d'indizione della manifestazione - su
cui ovviamente si puo' ben discutere -, con tutto il cuore invitiamo ad
aderire all'iniziativa.

2. EDITORIALE. L'ALTRO NAUFRAGIO

I morti nel tratto di mare tra Libia ed Italia pesano sulla nostra
coscienza.
E' il nostro naufragio morale e civile, l'ennesimo infame cedimento
dell'Italia e dell'Europa al razzismo e al fascismo, che li assassina.

3. RIFLESSIONE. STEFANO RODOTA': A LEZIONE DI COSTITUZIONE
[Dal quotidiano "La Repubblica" del 2 aprile 2009 col titolo "Sconfitto lo
stato etico" e il sommario "Sono cadute alcune tra le norme piu' odiose e
fortemente simboliche della legge 40. E' stata imboccata una strada che
ripristina il rispetto dei diritti della persona"]

Forse i disinvolti e ideologici legislatori, che ci affliggono da anni con
la loro pretesa di imporre un'etica di Stato, cominceranno a rendersi conto
che dovrebbero finalmente andare a lezione di Costituzione.
La sentenza di ieri, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato
illegittime alcune delle norme piu' significative della legge sulla
procreazione assistita, conferma un orientamento gia' ben visibile negli
ultimi mesi, e che ha fatto nitidamente emergere un insieme di criteri che
precludono ai legislatori di impadronirsi della vita delle persone. Quando,
con mossa incauta, nel settembre scorso la maggioranza parlamentare aveva
sollevato un conflitto di attribuzione nei confronti della magistratura,
sostenendo che aveva invaso le competenze del legislatori con la sentenza
sul caso di Eluana Englaro, i giudici costituzionali l'avevano rapidamente
bacchettata, dichiarando inammissibile la loro iniziativa. E a fine
dicembre, quando le polemiche su quel caso erano ancor piu' infuocate, hanno
con forza affermato che l'autodeterminazione costituisce un diritto
fondamentale della persona. Una linea chiarissima, che rendeva prevedibile
la decisione di ieri.
Ora cadono alcune tra le norme piu' odiose e fortemente simboliche della
legge 40. Quella che imponeva l'unico e contemporaneo impianto degli
embrioni, comunque in numero non superiore a tre: viene cosi' battuto un
proibizionismo cieco e ingiustificato, che infatti aveva provocato le
critiche dei medici che operano in questo settore. E quella che, sempre in
relazione all'impianto, non teneva conto della necessita' di salvaguardare
la salute della donna, violando cosi' un fondamentale diritto della persona.
E non e' vero, come ha frettolosamente osservato qualche parlamentare del
Popolo della liberta', che la Corte ha comunque salvato altri articoli della
legge, che pure erano stati impugnati. Su questi articoli, infatti, i
giudici non si sono pronunciati per una ragione procedurale, perche' non
riguardavano le questioni trattate nei giudizi in cui l'eccezione di
costituzionalita' era stata sollevata. Sara', quindi, possibile riproporre
quelle eccezioni nella occasione piu' opportuna.
E' stata cosi' imboccata una strada che ripristina la legalita'
costituzionale e il rispetto dei diritti della persona. E, come ha
saggiamente osservato Carlo Flamigni, si creano anche le condizioni per
arrivare ad un "provvedimento piu' saggio", ad una riforma della legge 40
che ci faccia tornare in sintonia con le legislazioni degli altri paesi e,
soprattutto, che disciplini le tecniche di riproduzione assistita in modo da
renderle il piu' possibile aderenti alle effettive esigenze delle donne. Ma,
invece di cogliere l'occasione offerta dalla Corte per avviare una nuova
riflessione comune in una materia cosi' difficile, la cecita' ideologica
continua a tenere il campo. Dai lidi della maggioranza si grida alla deriva
eugenetica, si torna a parlare di attentato alla sovranita' del Parlamento,
si riecheggiano i toni populisti di questi giorni intonando di nuovo la
canzone dei giudici che si sostituiscono alla volonta' del popolo.
Chi ragiona in questo modo (si fa per dire) mostra di ignorare la logica
stessa del controllo di costituzionalita', finalizzato proprio a garantire
che le leggi votate dai rappresentanti del popolo non violino i principi e
le garanzie che, democraticamente, proprio il popolo si e' dato attraverso
l'Assemblea costituente, e la Costituzione frutto del suo lavoro. Il
Parlamento, dunque, non e' sciolto dal rispetto di questi principi, ma a
questi deve sottostare. Nella Corte costituzionale i cittadini trovano cosi'
non il guardiano di una astratta legalita', ma il garante dei loro diritti e
delle loro liberta'. Garanzia tanto piu' importante quando si legifera sulla
vita, perche' il Parlamento non puo' espropriare le persone del potere di
prendere in liberta' le decisioni piu' intime. E non si puo' dire che siamo
di fronte ad una inattesa prepotenza della Corte. Proprio durante la lunga
discussione parlamentare sulla legge sulla procreazione assistita molti
avevano messo in guardia contro il rischio di approvare norme
incostituzionali, com'era evidentissimo considerando proprio il modo in cui
la Corte aveva gia' affrontato in particolare il tema del diritto alla
salute.
Se torneranno un minimo di ragione e di cultura della legalita', la sentenza
di ieri potra' aiutare anche nel difficile esame del disegno di legge sul
testamento biologico, di cui deve ora occuparsi la Camera. Quell'insieme di
norme, infatti, e' perfino piu' sgangherato, dal punto di vista della
costituzionalita', della pur sgangheratissima legge sulla procreazione
assistita. I legislatori, lo ripeto, apprendano le lezioni di
costituzionalita' che la Corte, legittimamente, impartisce.

4. INIZIATIVE. UNA PROPOSTA DI ORDINE DEL GIORNO AI COMUNI, LE PROVINCE E LE
REGIONI FEDELI ALLO STATO DI DIRITTO E ALL'UMANITA'
[Riproponiamo il seguente appello]

Egregi Sindaci ed egregi Presidenti delle Province e delle Regioni,
egregi consiglieri comunali, provinciali e regionali,
vi proponiamo di porre all'ordine del giorno di sedute straordinarie
convocate ad hoc delle assemblee deliberative delle istituzioni di cui fate
parte la seguente proposta di ordine del giorno.
A nessuno sfugge la gravita' dell'ora.
Un cordiale saluto,
il "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo
Viterbo, 11 marzo 2009
*
Proposta di ordine del giorno
Premesso che alcune disposizioni del cosiddetto "pacchetto sicurezza"
promosso dal governo con successivi decreti e disegni di legge tuttora
all'esame del Parlamento sono in flagrante contrasto con principi
fondamentali della Costituzione della Repubblica Italiana, dello stato di
diritto, dell'ordinamento democratico, della civilta' giuridica, della
Dichiarazione universale dei diritti umani;
Il consiglio comunale (provinciale, regionale) di ...
invita il Parlamento a respingere le proposte di provvedimento palesemente
razziste ed incostituzionali.

5. INIZIATIVE. ALCUNE COSE CHE OCCORRE FARE SUBITO CONTRO IL RAZZISMO
[Riproponiamo il seguente appello]

Proponiamo che non solo le persone di volonta' buona, non solo i movimenti
democratici della societa' civile, ma anche e in primo luogo tutte le
istituzioni fedeli allo stato di diritto, alla legalita' costituzionale,
all'ordinamento giuridico democratico, si impegnino ora, ciascun soggetto
nell'ambito delle sue peculiari competenze cosi' come stabilite dalla legge,
al fine di contrastare l'eversione razzista che sta aggredendo il nostro
paese.
Ed indichiamo alle persone, ai movimenti ed alle istituzioni democratiche
alcune iniziative necessarie ed urgenti.
*
1. Respingere le proposte palesemente razziste, eversive ed incostituzionali
del cosiddetto "pacchetto sicurezza".
*
2. Adottare un programma costruttivo per la difesa e la promozione dei
diritti umani di tutti gli esseri umani:
a) provvidenze di accoglienza a livello locale, costruendo sicurezza per
tutte le persone nell'unico modo in cui sicurezza si costruisce: nella
solidarieta', nella legalita', nella responsabilita', nell'incontro,
nell'assistenza pubblica erogata erga omnes;
b) cooperazione internazionale: poiche' il fenomeno migratorio evidentemente
dipende dalla plurisecolare e tuttora persistente rapina delle risorse dei
paesi e dei popoli del sud del mondo da parte del nord, occorre restituire
il maltolto e cooperare per fare in modo che in nessuna parte del mondo si
muoia di fame e di stenti, che in nessuna parte del mondo vigano regimi
dittatoriali, che in nessuna parte del mondo la guerra devasti l'umanita',
che in nessuna parte del mondo i diritti umani siano flagrantemente,
massivamente, impunemente violati;
c) regolarizzazione di tutti i presenti nel territorio nazionale ed
interventi normativi ed operativi che favoriscano l'accesso legale nel
paese;
d) riconoscimento immediato del diritto di voto (elettorato attivo e
passivo) per tutti i residenti;
e) lotta alla schiavitu' ed ai poteri criminali locali e transnazionali che
la gestiscono e favoreggiano.
*
3. Aprire un secondo fronte di lotta per la legalita' e contro il razzismo,
con due obiettivi specifici:
a) dimissioni del governo golpista e nuove elezioni parlamentari;
b) messa fuorilegge dell'organizzazione razzista denominata Lega Nord.

6. INIZIATIVE. PER LA MESSA FUORILEGGE DELL'ORGANIZZAZIONE RAZZISTA
DENOMINATA LEGA NORD
[Riproponiamo il seguente appello]

Al Presidente della Repubblica Italiana
Al Presidente del Senato della Repubblica
Al Presidente della Camera dei Deputati
Oggetto: Richiesta di iniziativa per la messa fuorilegge dell'organizzazione
razzista denominata Lega Nord
Egregi Presidenti,
ci rivolgiamo a voi come massime autorita' dello Stato per richiedere un
vostro intervento al fine della messa fuorilegge dell'organizzazione
razzista denominata Lega Nord.
Tale organizzazione, che pur essendo assolutamente minoritaria nel Paese e'
riuscita ad ottenere nel governo nazionale l'affidamento di decisivi
ministeri a suoi rappresentanti, persegue e proclama una politica razzista
incompatibile con la Costituzione della Repubblica Italiana, con uno stato
di diritto, con un ordinamento giuridico democratico, con un paese civile.
Ritenendo che vi siano i presupposti per un'azione delle competenti
magistrature che persegua penalmente sia i singoli atti e fatti di razzismo,
sia l'azione organizzata e continuata e quindi l'associazione a delinquere
che ne e' responsabile, con la presente chiediamo un vostro intervento
affinche' si avviino le procedure previste dalla vigente normativa al fine
della messa fuorilegge dell'organizzazione razzista denominata Lega Nord e
della punizione ai sensi di legge di tutti gli atti delittuosi di razzismo
da suoi esponenti promossi, commessi, istigati o apologizzati.
Con osservanza,
Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo
Viterbo, 27 febbraio 2009

7. APPELLI. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo il
seguente appello]

Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile
sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di
promozione sociale).
Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente
soldi gia' destinati allo Stato.
Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e'
facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il
numero di codice fiscale dell'associazione.
Il Codice Fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235.
Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 per mille.
Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non
fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola
quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato,
la gratuita', le donazioni.
I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del
Movimento Nonviolento e in particolare per rendere operativa la "Casa per la
Pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la
generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la
promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi
estivi, eccetera).
Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre
quarant'anni, con coerenza, lavora per la crescita e la diffusione della
nonviolenza. Grazie.
Il Movimento Nonviolento
*
Post scriptum: se non fate la dichiarazione in proprio, ma vi avvalete del
commercialista o di un Caf, consegnate il numero di Condice Fiscale e dite
chiaramente che volete destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento.
Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261
(corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle
Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a
tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno.
*
Per contattare il Movimento Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803, fax: 0458009212, e-mail: redazione at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org

8. RIFLESSIONE. GEORGE ORWELL: UN INTERVENTO DEL 1940
[Dal "Corriere della sera" dell'8 agosto 2008 col titolo "Sinistra, hai
tradito i valori della patria" e il sommario "Inediti. Intellettuali e
pacifismo, il monito di Orwell nel 1940. Resistere o arrendersi? Non c'e'
alternativa alla guerra. Da socialista dico: la rivoluzione inizia dalla
fine di Hitler"]

Contrariamente al credo popolare, il passato non e' stato piu' denso di
avvenimenti del presente. Se cosi' sembra, e' perche' guardandoci alle
spalle i fatti accaduti anni e anni addietro si affastellano, e perche'
pochissimi dei nostri ricordi ci pervengono nella loro autentica purezza. E'
soprattutto grazie ai libri, ai film e alle memorie nel frattempo
sopraggiunti, che alla guerra del 1914-'18 viene oggi attribuito quel valore
straordinario ed epico di cui l'attuale difetta.
Se tuttavia avete potuto vivere quel conflitto, e se sceverate i veri
ricordi dalle aggiunte successive, vi accorgerete che non furono di solito i
grandi eventi, all'epoca, a suscitare in voi forti emozioni. Non credo che
la "Battaglia della Marne", ad esempio, avesse agli occhi del gran pubblico
quel carattere melodrammatico che poi le e' stato attribuito. Ne' ricordo di
aver mai udito l'espressione "Battaglia della Marne", se non anni dopo
l'accaduto. Era semplicemente successo che i tedeschi, portatisi a ventidue
miglia da Parigi - il che era senz'altro piuttosto allarmante, dopo le
atrocita' commesse in Belgio - erano poi, per qualche ragione, tornati
indietro. Avevo undici anni quando scoppio' la guerra. Se, in tutta
sincerita', metto a fuoco i miei ricordi senza tener conto di quel che ho
appreso in seguito, devo ammettere che nulla, per tutta la durata del
conflitto, riusci' a commuovermi cosi' profondamente come pote'
l'affondamento del Titanic, appena qualche anno prima. Quella sciagura, al
confronto marginale, aveva scosso il mondo intero, e lo sconcerto non si e'
ancora del tutto dissolto. Ricordo le terribili, minuziose cronache lette ad
alta voce durante la colazione (allora era normale abitudine leggere forte
il giornale), e ricordo che in quel lunghissimo campionario di orrori una
notizia mi colpi' piu' di tutte: alla fine, il Titanic si era
improvvisamente portato in verticale e, quando la prua inizio' ad affondare,
i passeggeri aggrappati a poppa furono sollevati ad almeno trecento piedi
nell'aria, prima di sprofondare nell'abisso. Provai un gran senso di vuoto
allo stomaco, che riesco quasi ancora ad avvertire. Nulla in guerra mi ha
mai procurato una simile sensazione.
Dello scoppio della guerra conservo tre vivide immagini che, data la loro
marginalita' e irrilevanza, non sono state intaccate da alcun evento
posteriore. La prima corrisponde alla caricatura dell'"Imperatore Tedesco"
(credo che l'odiato appellativo di "Kaiser" acquisto' popolarita' soltanto
qualche tempo dopo), che fece la sua comparsa alla fine di luglio. La gente
fu lievemente scandalizzata da una simile irrisione della sovranita' ("Ma e'
un uomo di cosi' bell'aspetto, davvero!"), nonostante fossimo a un passo
dalla guerra. L'altra risale ai giorni in cui l'esercito requisi' tutti i
cavalli della nostra cittadina di campagna, e un vetturino scoppio' in
lacrime, nella piazza dove si svolgeva il mercato, quando il suo animale,
che da anni e anni lo serviva, gli fu strappato via. L'altra ancora e' di
una ressa di giovani alla stazione ferroviaria, che sgomitano per
accaparrarsi i giornali della sera, appena arrivati con il treno da Londra.
E ricordo la pila di giornali verde pisello (ve n'erano ancora di quel
colore, all'epoca), i colletti alti, i pantaloni di foggia affusolata e le
bombette, molto piu' di quanto non ricordi i nomi delle terribili battaglie
che gia' infuriavano ai confini della Francia.
Degli anni centrali della guerra, ricordo soprattutto le spalle quadrate, i
polpacci prominenti e il tintinnio degli speroni degli artiglieri, la cui
uniforme preferivo di gran lunga a quella della fanteria. In quanto al
periodo finale, se mi si chiedesse qual e' onestamente il mio ricordo
principe, risponderei con estrema semplicita': la margarina. A riprova
dell'orribile egoismo dei bambini, gia' nel 1917 la guerra non ci toccava
quasi piu', non fosse stato per lo stomaco. Nella biblioteca della scuola,
una gigantesca mappa del Fronte Occidentale venne appesa a un cavalletto,
con un filo di seta rosso che correva, tracciando uno zigzag, tra varie
puntine da disegno. Di tanto in tanto, il filo si muoveva di mezzo pollice
in questa o quella direzione, e ogni spostamento era la spia di una montagna
di cadaveri. Io non vi prestai mai attenzione. A scuola ero tra i ragazzi
con un livello d'intelligenza superiore alla media, eppure non ricordo un
solo evento, tra i maggiori dell'epoca, che ci apparisse nel suo autentico
significato. La Rivoluzione russa, ad esempio, non ebbe su di noi alcun
effetto, eccetto quei pochi i cui genitori avevano investito denaro in
Russia. Tra i piu' giovani, la reazione pacifista aveva preso piede da ben
prima che la guerra giungesse a conclusione. Essere il piu' svogliato
possibile alle parate del Corpo addestramento ufficiali di complemento, e
non mostrare alcun interesse per la guerra, tutto cio' era considerato un
segno d'illuminazione. I giovani ufficiali reduci dal conflitto, induriti
dalla terribile esperienza e disgustati dall'atteggiamento della nuova
generazione, ai cui occhi essa era del tutto insignificante, erano soliti
rimproverarci la nostra mollezza. Naturalmente, non riuscivano ad addurre
alcuna ragione a noi comprensibile.
Erano capaci soltanto di sbraitare che la guerra era "una buona cosa", che
"ti temprava", "ti manteneva in forma", eccetera eccetera. Noi ci limitavamo
a ridere sotto i baffi. Il nostro era un pacifismo di parte, tipico di Paesi
protetti e con una forte marina militare. Fino a parecchi anni dopo il
conflitto, possedere una qualche conoscenza o interesse per le questioni
militari, o addirittura sapere da quale estremita' di un fucile esce la
pallottola, era motivo di sospetto nei circoli "illuminati". I fatti del
1914-'18 vennero liquidati come un inutile massacro, di cui le stesse
vittime furono ritenute, in un certo senso, colpevoli. Quante volte ho
sorriso pensando a quel famoso manifesto di reclutamento - "Papa', che cosa
hai fatto nella Grande Guerra?" (un bambino pone la domanda al genitore
atterrito dalla vergogna) -, e a tutti gli uomini che saranno stati attirati
nell'esercito soltanto da quella locandina, e poi disprezzati dai propri
figli per non essersi dichiarati obiettori di coscienza.
Ma i morti si sono presi la rivincita, dopo tutto. Non appena la guerra
scivolo' nel passato, proprio la mia generazione, quella cioe' dei "troppo
giovani", divenne consapevole dell'enormita' dell'esperienza che aveva
perduto. Non ci si sentiva pienamente uomini, perche' quell'esperienza
mancava. Ho trascorso il grosso degli anni 1922-'27 in mezzo a uomini appena
piu' grandi di me, e che erano stati in guerra. Ne parlavano senza posa, con
orrore, naturalmente, ma anche con sempre maggior nostalgia. Una nostalgia
che si riverbera con estrema chiarezza nei libri inglesi sulla guerra.
D'altronde, la reazione pacifista non rappresento' che una fase transitoria,
e anche i "troppo giovani" erano tutti stati preparati a combattere. La gran
parte del ceto medio inglese e' addestrata alla guerra sin dall'infanzia,
non tecnicamente ma moralmente. Il primo slogan politico che mi sovviene
recitava: "We want eight, and we won't wait" ("Ne vogliamo otto, e ci faremo
sotto"), sottintendendo le corazzate "dreadnoughts". A sette anni ero membro
della Lega Navale e portavo un vestito alla marinara con la scritta "H.M.S.
Invincible" sul berretto. Ancor prima di entrare nel Corpo addestramento
ufficiali della mia scuola superiore, ero stato cadetto in collegio. Ho
imbracciato fucili, a intervalli regolari, sin da quando avevo dieci anni,
in preparazione non a una guerra come tante altre, ma a una guerra assai
particolare, una guerra ove le cannonate risuonano in un crescendo di
frenesia, e al momento opportuno ti arrampichi fuori dalla trincea, ti rompi
le unghie sui sacchetti di sabbia, e ti dimeni tra il fango e il filo
spinato, verso il fuoco di sbarramento. Sono convinto che il fascino
esercitato dalla Guerra civile spagnola sui miei coetanei fosse dovuto,
almeno in parte, alle profonde affinita' con la Grande Guerra. Vi furono
momenti in cui Franco riusci' a mettere assieme abbastanza aeroplani da
portare il conflitto agli standard moderni, e ad essi si devono le svolte
decisive. Per il resto, tuttavia, si tratto' di una copia sbiadita del
1914-'18, una guerra di posizione fatta di trincee, artiglieria, incursioni,
cecchini, fango, filo spinato, pidocchi e stagnazione. Il settore del fronte
aragonese dove mi trovavo all'inizio del 1937, doveva essere molto simile a
un tranquillo reparto nella Francia del 1915. Soltanto l'artiglieria era
carente. Anche nelle rare occasioni in cui sparavano contemporaneamente,
tutti i cannoni dentro e fuori Huesca non bastavano che a produrre un rumore
inoffensivo e intermittente, simile alla fine di un temporale. Le granate
sparate dai cannoni da sei pollici di Franco si schiantavano piuttosto
fragorosamente, ma non ve n'erano mai piu' di una dozzina per volta. Posso
dire che dopo aver udito per la prima volta i colpi "da guerra"
dell'artiglieria, come si usa dire, rimasi almeno in parte deluso. Era tutto
cosi' diverso dal tremendo, incessante boato che i miei sensi avevano atteso
per ben vent'anni.
Non saprei dire in quale anno ho saputo per la prima volta con certezza che
la guerra attuale fosse imminente. Dopo il 1936, naturalmente, era ormai una
cosa ovvia, che soltanto uno sciocco non avrebbe colto. Per diversi anni
avevo vissuto come un incubo l'arrivo della guerra, e talvolta giunsi anche
a pronunciare discorsi e scrivere pamphlet anti-bellici. Ma alla vigilia
dell'annuncio del patto russo-tedesco, sognai che la guerra era scoppiata.
Era uno di quei sogni che, qualunque sia il loro recondito significato
freudiano, talvolta rivelano la vera condizione dei propri sentimenti. Mi
fece capire due cose: primo, che allo scoppio della tanto paventata guerra
avrei dovuto semplicemente provare sollievo; secondo, che in fondo ero un
patriottico, che non avrei tramato ne' agito contro la mia sponda, che avrei
appoggiato il conflitto e che vi avrei possibilmente combattuto. L'indomani,
appena scese le scale, trovai il giornale con l'annuncio del viaggio di
Ribbentrop a Mosca. (Il 21 agosto 1939 Ribbentrop fu invitato a Mosca, e il
23 agosto firmo' con Molotov il patto russo-tedesco). La guerra era dunque
imminente, e il governo, persino quello di Chamberlain, poteva contare sulla
mia fedelta'. Inutile aggiungere che quest'ultima era e resta semplicemente
un atto formale. Come a quasi tutti i miei conoscenti, il governo ha
seccamente rifiutato di assegnarmi una qualsivoglia mansione, anche come
copista o soldato semplice. Ma cio' non cambia i propri sentimenti.
D'altronde, saranno costretti a servirsi di noi, prima o poi.
Credo che non avrei alcun problema a difendere le mie ragioni a sostegno
della guerra, se necessario. Non c'e' altra concreta alternativa: resistere
a Hitler o arrendersi, e da socialista devo dire che e' meglio resistere; in
ogni caso, non vedo un solo argomento a favore della resa che non vanifichi
il senso della resistenza repubblicana in Spagna, di quella cinese al
Giappone, eccetera eccetera. Ma non voglio certo dire che sia questo il
fondamento emotivo delle mie azioni. Nel sogno di quella notte capii che il
patriottismo cosi' a lungo inculcato nel ceto medio aveva fatto il suo
corso, e che laddove l'Inghilterra si fosse trovata in gravi ambasce, per
nessuna ragione avrei potuto compiere un sabotaggio. Ma che nessuno travisi
il significato di queste parole.
Il patriottismo non ha nulla a che vedere con il conservatorismo. E' la
devozione a qualcosa che cambia continuamente, ma misticamente appare sempre
uguale a se stesso, un po' come l'attaccamento degli ex "bolscevichi
bianchi" alla Russia. Prestare fedelta' sia all'Inghilterra di Chamberlain
che all'Inghilterra del domani potrebbe sembrare impossibile, se non si
fosse consapevoli che e' un fenomeno di quotidiana ordinarieta'. Soltanto
una rivoluzione puo' salvare l'Inghilterra, cio' e' evidente ormai da anni,
ma la rivoluzione ora e' cominciata, e potrebbe procedere abbastanza
speditamente, se solo sapremo tenerci alla larga da Hitler. Nel giro di un
paio d'anni, o forse uno soltanto, sol che teniamo duro, assisteremo a
cambiamenti che sorprenderanno gli sciocchi privi di lungimiranza. Sui
rigagnoli di Londra, non mi perito di affermarlo, dovra' scorrere sangue.
D'accordo, cosi' sia, se e' necessario. Ma quando le milizie rosse saranno
acquartierate al Ritz, sentiro' ancora che l'Inghilterra che mi insegnarono
ad amare tanto tempo fa, e per ragioni cosi' disparate, in qualche modo
sopravvive.
Sono cresciuto in un'atmosfera permeata di militarismo, e ho poi trascorso
cinque tediosi anni tra gli squilli di tromba. A tutt'oggi avverto un vago
odor di sacrilegio, quando non si sta sull'attenti durante il "Dio salvi il
Re". Tutto cio' e' infantile, naturalmente, ma preferisco di gran lunga aver
ricevuto questo tipo di educazione che non essere come quegli intellettuali
di sinistra cosi' "illuminati" da non saper comprendere le emozioni piu'
comuni. Sono proprio gli individui che non hanno mai avuto un balzo al cuore
alla vista della bandiera del Regno Unito coloro i quali, quando arriva il
momento della rivoluzione, si tirano indietro. Invito a confrontare la
poesia scritta da John Cornford non molto tempo prima di essere ucciso
(Before the Storming of Huesca, "Prima della presa di Huesca"), con quella
di Sir Henry Newbolt (There's a breathless hush in the close tonight, "C'e'
una quiete carica di tensione sul campo questa notte"). Se si lasciano da
parte le differenze tecniche, riconducibili a una semplice distanza
temporale, ecco che il contenuto emotivo delle due poesie appare pressoche'
identico. Il giovane comunista morto eroicamente nella Brigata
Internazionale si era fatto le ossa nelle scuole d'elite. Aveva cambiato
bandiera, ma non le proprie emozioni. Che cosa ne discende? Semplicemente la
possibilita' di tirar fuori un socialista da un ottuso reazionario, il
potere di autotrasformazione insito in qualsiasi vincolo di fedelta',
l'esigenza spirituale di patriottismo e virtu' militari, dei quali, per
quanta scarsa simpatia i conigli lessi della sinistra nutrano nei loro
riguardi, non si e' ancora trovato un sostituto.

9. LIBRI. STELLA MORRA: VEDERE LA CHIESA
[Dal mensile "Letture" n. 656, aprile 2009, col titolo "Vedere la Chiesa in
giusta prospettiva"]

"Puo' accadere talvolta che le compagini delle istituzioni temporali si
allentino; esse sono veramente temporali, il tempo le divora e le logora,
molte cose arrugginiscono, marciscono, devono essere sostituite;
addentellati in apparenza solidi si staccano, lasciano intravedere la luce o
anche il buio.
"Gli Atti degli apostoli si concludono con un naufragio raccontato in modo
diffuso e quasi divertito: il naufragio della nave di Paolo. Luca e'
perfettamente cosciente del simbolismo del suo racconto. [...] La situazione
e' esattamente escatologica: la struttura come forma esterna va in frantumi,
ci si puo' salvare solo guadagnando terra sui rottami... 'Salvaci, Signore,
siamo perduti!', gridavano anche i discepoli nella barca di Pietro (Mt 8,
25). L'uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia [...] e' l'uomo
che ha confidato sulla roccia che e' Cristo. Egli trovera' la tavola di
salvezza che lo portera' a riva, e questa saranno forse le spalle di uno che
sa nuotare".
(Hans-Urs von Balthasar, Gloria, vol. VII, Nuovo Patto, Jaca Book, Milano,
1977, p. 483 ss.)
*
L'immagine inquietante delle barche di Pietro e Paolo ci viene offerta da
questa citazione di Balthasar, in un tempo in cui chi si ritiene credente
rischia davvero di sentirsi un po' confuso e tentato di scoraggiamento, in
cui pare che "le compagini delle istituzioni temporali si allentino" e in
cui ci guardiamo intorno cercando le spalle di uno che sappia nuotare...
Per questo vorremmo offrire, questa volta, alcuni libri di "non-attualita'"
sulla Chiesa: non tanto sui temi dibattuti, sugli strilli dei titoli dei
giornali, sulle polemiche in corso (che pure richiedono approfondimento e
conoscenza e studio e confronto), quanto piuttosto su sguardi di ampio
respiro, trasversali e lunghi, che ci consentano di riprendere prospettiva,
di collocare la fatica di oggi in orizzonti ampi, libri che ci diano muscoli
da nuotatori esperti.
Il primo: Michele Do, Amare la Chiesa, Qiqajon, 2008, pp. 120, euro 7,50, e'
davvero una piccola cosa preziosa. Enzo Bianchi dice, nell'introduzione, che
si tratta di un gesto di gratitudine e di amicizia verso un uomo, un prete,
un amico, don Michele Do appunto, che era "l'uomo della Parola
nell'intimita' dell'amicizia". Questo prete ha fatto della sua canonica di
montagna un luogo di respiro universale, ha tessuto parole e legami
instancabilmente, ha vissuto i travagli del tempo preconciliare e poi la
speranza di un tempo nuovo; con le sue stesse parole si puo' capire il senso
di questo piccolo libro: "Cristo e' piu' grande della Chiesa? Non basterebbe
Cristo? Ho scoperto che la Chiesa non e' altro che l'Evangelo che continua,
in atto. Sto nella Chiesa come sto nell'Evangelo con la stessa gioia,
passione, fatica. L'Evangelo non e' uno spazio santo raggiungibile con
memorie e fantasie, ma spazio aperto e concreto in cui vivo. La Chiesa e'
Cristo che ci incontra. Cristo e' vivo nella Chiesa, essa e' Cristo vivente.
Non nella memoria, ma nell'hic et nunc. Rifiutare la Chiesa in nome
dell'Evangelo? Ma e' proprio per trovare la concretezza dell'Evangelo che ho
bisogno della Chiesa. Se non ci fosse la Chiesa l'Evangelo sarebbe carta, e
Cristo sarebbe il ricordo di un morto".
*
Chiesa seme del Regno
Il secondo libro che vorremmo presentare e': Roberto Repole, Seme del Regno.
Introduzione alla Chiesa e al suo mistero, Esperienze, 2008, pp. 176, euro
10.
Si tratta di un libro rivolto davvero a tutti per dire con consapevolezza (e
intelligenza) "credo la Chiesa", per abitarla in modo responsabile, per
farsene una idea seria: e' un tempo, questo, in cui non possiamo
accontentarci del "sentito dire", che rischia solo di addolorarci e renderci
muti e stanchi, ma neppure e' possibile chiedere a tutti anni di studio e
ricerca intellettuali per darsi ragioni e conoscenze sufficienti.
Cosi' questo libro offre una introduzione di seria divulgazione, alla
portata di molti se non di tutti, per conoscere che cosa la Chiesa insegna
di se', dopo il Vaticano II, come essa vive se stessa come "seme del Regno",
anticipazione e insieme strumento per una unita' piu' grande di lei stessa.
*
Tra il divino e l'umano
Il terzo libro e' una biografia: Cristina Siccardi, Paolo VI. Il papa della
luce, Paoline, 2008, pp. 432, euro 24; ci presenta Paolo VI, l'infaticabile
innamorato di Cristo e della sua Chiesa, di cui viene tratteggiata qui la
figura nella sua interezza: formazione, personalita', psicologia,
sentimenti; se ne analizza l'impronta nella Chiesa, come sacerdote, come
arcivescovo di Milano e cardinale e, infine, come papa.
Vengono ripercorsi i suoi ruoli nella Chiesa di Pio XII, nella diocesi
ambrosiana, e nella Chiesa del Concilio Vaticano II e del post-concilio e
anche la sua posizione nella politica italiana. Ne emerge una personalita'
complessa e dall'alto profilo intellettuale e spirituale, nobile d'animo e
di portamento, intellettuale raffinato costantemente proiettato nel divino,
ma fermamente poggiato in terra a favore dell'umanita'.
Paolo VI e' stato vissuto come una figura controversa: troppo colto, troppo
profondo, troppo angosciato e troppo incerto per alcuni, impopolare e
decisionista per altri, a causa delle sue scelte: anche quelli sono stati
tempi complessi di Chiesa...
*
Salvi in Cristo
Il quarto libro e' un testo piu' complesso, ma che ancora una volta ci aiuta
a mettere in una logica piu' ampia le questioni odierne: Sandra Mazzolini,
Chiesa e salvezza. L'extra Ecclesiam nulla salus in epoca patristica,
Urbaniana University Press, 2008, pp. 340, euro 25. Il pluralismo che
contrassegna il nostro tempo pone in discussione l'unicita' e
l'universalita' della mediazione salvifica di Cristo e, conseguentemente, la
stessa funzione mediatrice della Chiesa.
Emblematica e' la comprensione della tradizionale affermazione "extra
Ecclesiam nulla salus", che sinteticamente esprime la necessaria relazione
tra Cristo e la Chiesa nell'ottica della salvezza. Molti infatti oggi lo
interpretano in maniera tanto pregiudiziale da alterarne il senso.
Nella prospettiva dello sviluppo e dell'interpretazione della dottrina
dogmatica e dei modelli ecclesiologici, lo studio - basato sulle fonti e che
ci offre una correlata ampia bibliografia - individua le radici dell'assioma
risalendo al pensiero di importanti autori cristiani dei primi secoli.
Emergono e si precisano cosi' significative coordinate di fondo che
puntualizzano progressivamente la natura e la missione della Chiesa.
*
Non solo Occidente
L'ultimo libro di cui vorremmo parlare e': Aldo Ferrari (a cura di), Popoli
e Chiese dell'Oriente cristiano, Edizioni Lavoro, 2008, pp. XVI + 314, euro
18. In un momento storico in cui il cristianesimo e' da piu' parti
considerato essenzialmente occidentale e destinato a divenirne l'icona e il
simbolo, questo volume si pone l'obiettivo di accrescere la conoscenza
dell'Oriente cristiano, in particolare delle antiche Chiese fiorite nel
vicino Oriente prima dell'espansione dell'islam e che mantengono ancora oggi
la loro specificita'.
I saggi qui raccolti delineano la formazione e lo sviluppo, dalle origini
sino ai nostri giorni, di tali Chiese avvicinandoci cosi' alla ricchezza
della tradizione storica e spirituale dei cristiani d'Oriente (copti,
etiopi, siri, melchiti, maroniti, armeni e georgiani) e documentando al
tempo stesso la situazione assai difficile nella quale si trovano molti di
loro.
Secoli, luoghi, persone e popoli, stili, forme: la Chiesa (le Chiese) si
estende nel tempo e nello spazio, ha tempi fecondi e tempi di persecuzione,
tempi di comunione e tempi di conflitto: questo non ci esime dall'essere
vigilanti e responsabili per l'oggi, ma ci aiuta a trovare fiato abbastanza
per nuotare verso la riva.

10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

11. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 779 del 3 aprile 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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