Voci e volti della nonviolenza. 296



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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 296 del 2 febbraio 2009

In questo numero:
1. Debora Picchi: Riflessioni laiche
2. Alcuni estratti da "Laicita' debole e laicita' forte" di Giovanni Fornero

1. RIFLESSIONE. DEBORA PICCHI: RIFLESSIONI LAICHE
[Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano
(www.universitadelledonne.it)]

Vorrei segnalare, per chi di voi legge l'inglese, il sito delle donne
londinesi - di varia provenienza d'origine - che fanno parte del gruppo Waf:
www.womenagainstfundamentalism.org.uk
Waf sta per Women Against Fundamentalism (Donne contro il fondamentalismo).
Il gruppo e' impegnato sui temi della laicita' in riferimento ai diritti
delle donne e mi pare di particolare interesse anche per il suo approccio
trasversale alle "culture".
Queste donne si battono per garantire la laicita' delle istituzioni anche in
merito alle politiche rivolte alle comunita' straniere in Gran Bretagna.
Esse denunciano il pericoloso atteggiamento - spesso tenuto proprio dalla
sinistra - di "rispetto delle altre culture" che troppo spesso permette e
legittima la feroce discriminazione delle donne.
Mi sembra indispensabile, al fine della nostra riflessione e al fine di
promuovere pratiche e politiche laiche e di rispetto di genere nelle nostre
istituzioni e nella nostra sinistra (?), tenere conto di questa e di simili
esperienze di donne che gia' da tempo si cimentano con una societa'
complessa e multiculturale.
Fermi restando i punti importanti su cui lavoriamo nello specifico, come la
difesa della 194, credo che ci dovremmo porre come obiettivo generale quello
di far passare in tutti i luoghi della politica, a partire da quelli a noi
piu' vicini, un'analisi che affronti seriamente la questione di genere e la
questione della laicita' vista in un'ottica trans-culturale. Del resto forti
stimoli in questo senso ci arrivano proprio dalle donne afghane, in
particolare da Rawa e dalla stessa Malalai, vividi esempi di lotta per la
laicita' e per i diritti nel cuore del fondamentalismo piu' cupo.
Tenere uno sguardo aperto su tali esperienze estere mi sembra in questo
senso sano e corretto non solo perche' possono rappresentare un contributo
prezioso al nostro lavoro ma anche perche' credo che sia necessario mettere
in discussione pratiche politiche (ahinoi!) qui di gran moda. Come altre con
cui ho recentemente scambiato opinioni, sono sempre piu' preoccupata dalla
resistenza e spesso dall'ostinato rifiuto da parte di gran parte della
sinistra a difendere e addirittura ad accettare posizioni laiche e di
rispetto di genere, soprattutto quando si tratta di affrontare questioni che
riguardano le "culture non occidentali", siano esse rappresentate dalle
comunita' straniere presenti sul nostro territorio o da realta' sociali in
altri paesi.
Proprio nel trattare tali argomenti, cio' che dovrebbe essere la sinistra -
sia istituzionale, sia dei movimenti - continuamente prende posizioni
decisamente discutibili in termini di laicita' e di difesa dei diritti, anzi
assume posizioni che spesso annientano qualsiasi approccio democratico e di
genere, e sceglie come interlocutori politici personaggi o gruppi che per
loro natura sono antidemocratici e discriminatori nei confronti delle donne.
Credo che sia davvero arrivato il momento di riflettere seriamente su questi
aspetti ed eventualmente di fare una discussione seria con quelli che
riteniamo siano i nostri interlocutori ed alleati politici per far emergere
le contraddizioni del loro agire. Personalmente mi sono chiesta perche' nei
giorni scorsi sono scesa in piazza per partecipare ad un corteo guidato da
una folla di uomini deliranti che inneggiavano a dio scandendo versetti
sacri. Non trovo risposta. Non c'e' risposta. Semplicemente non ha senso!
Non e' questa la parte con la quale mi voglio schierare e non e' questo il
modo in cui mi voglio schierare.
Sono certa che molte di voi condivideranno il mio disagio e mi auguro che
troveremo insieme il modo, il tempo e la forza di affrontare questo
difficile tema con lucidita', determinazione ed efficacia.

2. LIBRI. ALCUNI ESTRATTI DA "LAICITA' DEBOLE E LAICITA' FORTE" DI GIOVANNI
FORNERO
[Dal sito www.tecalibri.it riprendiamo i seguenti estratti dal libro di
Giovanni Fornero, Laicita' debole e laicita' forte. Il contributo della
bioetica al dibattito sulla laicita', Bruno Mondadori, Milano 2008

Indice del volume
Prefazione; Prima parte. Il dibattito. Introduzione. Il "battesimo" della
bioetica laica, di Maurizio Mori; 1. Cattolico e laico: i limiti di una
dicotomia abusata, di Massimo Reichlin; 2. Bioetica laica e bioetica
cattolica: una distinzione possibile? di Mario Palmaro; 3. Il contesto della
secolarizzazione e la bioetica della disponibilita' della vita, di Eugenio
Lecaldano; 4. Una sola laicita', di Fabio Bacchini; 5. Esiste davvero la
bioetica laica, ed esiste ancora la bioetica cattolica? di Patrizia
Borsellino; 6. La mentalita' cattolica del Gott mit uns, di Paolo
Zecchinato; 7. Su "Bioetica cattolica e bioetica laica", di Elio Sgreccia;
8. Modelli alternativi di bioetica, di Carlo Montaleone; 9. La bioetica
cattolica e l'autorita', di Piergiorgio Donatelli; Seconda parte. Le
risposte. 10. Esistenza e consistenza della contrapposizione fra bioetica
cattolica e bioetica laica. Risposte a Reichlin, Palmaro e Lecaldano; 11.
Una sola laicita'? Risposte a Bacchini, Borsellino, Zecchinato e Lecaldano;
12. La bioetica cattolica tra personalismo ontologico, autorita' e
pluralismo. Risposte a Sgreccia, Montaleone e Donatelli; Terza parte.
Approfondimenti e sviluppi. 13. I concetti storiografici di bioetica
"cattolica" e bioetica "laica"; 14. Accezioni e interpretazioni diverse
della laicita'; 15. Lo Stato laico come laboratorio avanzato di una
postmoderna coesistenza fra i diversi; Indice dei nomi.
*
Da pagina XI
Prefazione
"E' assolutamente necessario ridare ai nomi il loro vero significato"
(Confucio)
Oggi la laicita' e' "di moda" e i discorsi su di essa proliferano, come
attesta il gran numero di interventi e pubblicazioni sull'argomento.
Infatti, proprio perche' ritenuta trendy e progressista, essa attira
consensi, al punto che tutti, ormai, fanno pubblica professione (verbale) di
laicita'.
I cattolici stessi, dopo averla a lungo respinta, l'hanno vistosamente
riabilitata e - come ha scritto Lucetta Scaraffia su "Avvenire" - usano il
termine "laico" "quasi fosse un bollino di garanzia".
All'interno di questo quadro, senza che nessuno, o quasi, si sia
criticamente opposto, e' accaduto qualcosa che un tempo sarebbe apparso
inaccettabile: dai discorsi intellettuali sulla laicita' e' "sparita" una
componente di base della laicita' stessa, ovvero una delle sue principali
accezioni storiche.
Alludiamo a quell'accezione, tipicamente moderna, per cui laico risulta
sinonimo di non-credente o di non-religioso (che non significa
necessariamente anti-religioso). Infatti, mentre nel linguaggio ordinario
tale significato e' rimasto, nel linguaggio dotto e' stato - implicitamente
o esplicitamente - messo da parte, lasciando il posto a quella che, tuttora,
molti ritengono l'unica accezione concettualmente ammissibile e
culturalmente legittima di laicita': quella debole o metodologica. Accezione
che rappresenta la piattaforma teorica in virtu' della quale si puo' dire
che oggigiorno, almeno a livello di diritto, si e' tutti laici.
In tal modo, nel lessico colto, il laico in quanto tale, cioe' il laico nel
senso stretto e moderno del termine, si e' oggettivamente dileguato, e il
desaparecido e' stato sostituito dal "laicista", con tutti i sottintesi
negativi e polemici che tale termine - che allude a una laicita' forte
antireligiosa - comporta. Come se l'alternativa, per quanto concerne il
pluriforme ambito della laicita', fosse soltanto: o laici in senso
metodologico oppure laicisti. Da cio' l'inedito - e per certi aspetti
paradossale - paesaggio che caratterizza la cultura odierna, costituita, per
un verso, da cattolici impegnati a rivendicare il monopolio della
("autentica") laicita' e, dall'altro, da laici che sembrano aver
"dimenticato" uno dei significati - anzi il significato storicamente
originario - del loro essere laici (nel senso moderno del termine).
Significato che sta alla base del concetto stesso di "cultura laica", cioe'
di quello schieramento intellettuale di cui essi fanno parte.
Questa situazione viene efficacemente fotografata da un passo di Gian Enrico
Rusconi: "Tutti in Italia si dichiarano laici. Contemporaneamente pero' nel
linguaggio pubblico corrente continua a valere la distinzione, se non la
separazione, tra 'laici e credenti', tra 'laici e cattolici', con il
sottinteso che i laici siano non-credenti e viceversa. In realta', i due
termini non sono affatto sinonimi. Ma allora: da noi ci sono 'laici e/o
credenti' oppure 'siamo tutti laici'?". In questo passo, gli elementi del
quadro sopra delineato ci sono tutti: l'universale pretesa di laicita'; il
fatto che - nel lessico corrente - sia ancora operante un'accezione
ristretta di laicita', da cui Rusconi, al pari di altri studiosi, cattolici
e laici, prende le distanze; la domanda che, alla fine, riassume lo status
quaestionis.
Come il lettore potra' constatare, questo libro rappresenta, tra le altre
cose, un tentativo di rispondere - in modo critico e articolato - a tale
domanda. La nostra tesi di fondo - che mette radicalmente in discussione il
discorso sulla laicita' che si e' fatto in questi ultimi anni - e' che,
accanto a un significato "debole", esista anche un significato "forte" di
laicita', rispetto a cui la distinzione fra non credenti e credenti,
anziche' risultare inessenziale, riacquista il suo significato originario di
elemento discriminante. Idea, questa, che contrariamente a quanto si
potrebbe frettolosamente dedurre, non implica affatto una riduttiva e
unilaterale identificazione della laicita' con la laicita' forte, ossia
l'impegnativa tesi secondo cui l'unica laicita' possibile sarebbe quella dei
non credenti.
La nostra tesi e' un'altra, e coincide con la consapevolezza critica che,
dal punto di vista concettuale e linguistico, l'accezione debole e
l'accezione forte di laicita' sono entrambe plausibili e risultano - a
seconda dei casi - ambedue legittime e indispensabili. Al punto che ogni
tentativo di misconoscere o di "abolire" uno dei due significati di base
della laicita' equivale non solo a una forzatura lessicale ma anche a una
manifesta distorsione dell'esistente, il quale attesta - al di la' di ogni
divieto linguistico o teorico - che, se da un lato esiste un'accezione
(quella debole) per cui si e' tutti laici, dall'altro esiste un'accezione
(quella forte) per cui non si e' tutti laici, o per lo meno non si e' tutti
laici allo stesso modo e allo stesso livello di radicalita'. Circostanza,
questa, confermata dal fatto che sulle grandi questioni etiche e bio-etiche
la distinzione fra laici e cattolici - a dispetto di coloro che vorrebbero
cancellarla - non solo esiste, ma, in questi ultimi tempi, tende persino a
essere politicamente piu' importante di quella fra destra e sinistra.
Ai fini di un ripensamento complessivo - e aggiornato - della laicita', la
bioetica risulta importante; anzi, per certi versi, "strategica". Infatti,
non solo la bioetica ha reso di nuovo attuale il problema della laicita' e
dei suoi molteplici sensi - mostrando quanto sia necessaria e urgente
un'opera di risemantizzazione e riconcettualizzazione - ma ha evidenziato
l'inopportunita' (e l'impossibilita') di una sua integrale riduzione al
significato debole o metodologico. In altri termini, e' stata proprio la
bioetica - questa e' un'altra tesi cruciale del volume - a mettere in crisi
quel concetto esclusivamente procedurale della laicita' che molti studiosi,
in consonanza con l'insegnamento di illustri maestri come Nicola Abbagnano e
Norberto Bobbio, avevano finito per ritenere "scontato".
E tutto cio' a conferma del fatto che oggigiorno, se da un lato non e'
possibile parlare di bioetica senza parlare, al tempo stesso, di laicita',
dall'altro non e' (piu') possibile parlare di laicita' senza tenere
presente, nel contempo, la bioetica. Anzi, la bioetica ha finito per porsi
come una sorta di cartina di tornasole della consistenza - e della capacita'
esplicativa - di ogni possibile discorso sulla laicita'.
Venendo alla struttura e al metodo del volume, esso si divide in tre parti.
Nella prima vengono riportati gli interventi relativi a Bioetica cattolica e
bioetica laica [G. Fornero, Bruno Mondadori, Milano 2005]. Nella seconda
vengono elaborate le risposte ai critici. Nella terza si mette a punto una
serie di approfondimenti e di sviluppi (storici e teorici) sui temi-chiave
della bioetica e della laicita'.
Per quanto concerne il metodo, il volume si qualifica innanzitutto per una
programmatica attenzione alla dimensione storiografica e, nello stesso
tempo, per un costante uso dell'analisi concettuale e linguistica,
finalizzata alla chiarezza espositiva e al rigore terminologico. Da questo
punto di vista, esso risulta debitore a quel sempre attuale insegnamento
della filosofia analitica - troppo spesso dimenticato o disatteso - secondo
cui e' dovere prioritario di ogni studioso fornire una precisazione dei
termini di volta in volta adoperati, soprattutto quando si e' in presenza di
questioni complesse e controverse.
A un giornalista, che - negli anni Sessanta - gli chiedeva quale fosse il
piu' importante testo di filosofia uscito in quel periodo, Bobbio rispose
che era il Dizionario di filosofia di Abbagnano. All'inevitabile sorpresa
del suo interlocutore ("Come? Un dizionario?"), Bobbio rispose che in un
periodo di confusione dei concetti era meglio "un buon dizionario che un
cattivo poema". Qualcosa di analogo vale anche oggi, soprattutto in rapporto
al problema della laicita', che, prima di ogni altra cosa, e' un problema di
dizionario della lingua e dei concetti, cioe' un problema lessicale e
terminologico con implicazioni filosofiche.
Un'altra caratteristica del volume, che lo accomuna al metodo che abbiamo
seguito nei nostri lavori di storia della filosofia, e' lo sforzo di "dare a
ciascuno il suo", cioe' il tentativo di riprodurre in modo imparziale e
documentato le varie posizioni di pensiero. Infatti, come si puo'
agevolmente verificare, soprattutto leggendo i capitoli 12 e 13, la bioetica
cattolica e la bioetica laica vengono presentate entrambe "al meglio" e con
il dovuto rispetto e la dovuta simpatia . o empatia - storiografica. Lo
stesso accade con i due significati di base della laicita', che vengono
trattati alla stregua di possibili e legittime posizioni del pensiero e, a
seconda delle circostanze e degli specifici universi di discorso, vengono
entrambi adoperati e valorizzati, facendo in modo che l'uno non soppianti,
riduttivamente - e d'autorita' - l'altro.
Questo metodo, che non e' sfuggito ai recensori di Bioetica cattolica e
bioetica laica, si differenzia vistosamente da quel consueto modo fazioso di
procedere che e' tipico delle diatribe culturali del nostro Paese, in cui,
in conformita' a quanto succede abitualmente nell'arena politica, ci si
accosta alla diversita' allo scopo non di comprenderla (in modo pacato) ma
di demonizzarla, precludendosi, in tal modo, la possibilita' di un confronto
autentico. Modo che, in bioetica, si concretizza in quella forma mentis
settaria per cui, se si e' cattolici, si deve per forza screditare, o
deformare polemicamente, la bioetica laica e, se si e' laici, si deve per
forza screditare, o deformare polemicamente, la bioetica cattolica.
Accanto a queste novita' di tipo metodologico vi sono anche, come il lettore
potra' constatare, parecchie novita' di tipo concettuale e contenutistico,
sia nel modo di articolare le idee di fondo della bioetica, sia nel modo di
pensare (o criticamente ri-pensare) le questioni della laicita' e del
pluralismo.
Tali novita' fanno si' che questo sia non solo un libro storiografico sulla
bioetica e sulla laicita', ma anche un contributo teorico alla
delucidazione - e alla categorizzazione - di taluni nodi essenziali della
bioetica e della laicita'. Un contributo, ci si augura, in grado di portare
nuova linfa al dibattito in corso.
*
Da pagina 27
Il contesto della secolarizzazione e la bioetica della disponibilita' della
vita, di Eugenio Lecaldano
[...] Correttamente Fornero chiarisce: "quando parliamo di una bioetica
'laica' della qualita' della vita, antitetica alla bioetica 'cattolica'
della sacralita' della vita, intendiamo l'aggettivo laico in senso 'forte',
cioe' in un senso per il quale esso si oppone programmaticamente alla
posizione di chi, facendo un uso strategico-normativo dell'idea di Dio
(inteso come sorgente dell'essere, legge eterna del mondo e norma ultima del
bene) postula una metafisica razionale in grado di cogliere il disegno
divino delle cose e di fungere da piattaforma universale del discorso
bioetico" (p. 73).
Fornero, dunque, riprende la caratterizzazione di Scarpelli nell'indicare
cosi' la piu' profonda diversita' categoriale tra una bioetica cattolica e
una bioetica laica. Proprio la riflessione bioetica ha portato a mostrare la
percorribilita' - anzi secondo alcuni la necessita' - di una impostazione
coerentemente laica secondo la quale il raggiungimento delle soluzioni
normative corrette sulle questioni di vita si lega al completo distacco da
una concezione complessivamente religiosa dell'etica. Una concezione che
nello specifico delle questioni di cui si occupa la bioetica vedeva la vita
come un processo creato secondo le leggi e l'ordine disegnato dall'Autore
della Natura.
Ma Fornero, rendendo conto del confronto sulle grandi questioni della vita,
procede individuando una serie di principi che caratterizzerebbero le due
bioetiche. Ecco come riassume il suo resoconto interpretativo:
[...] la bioetica cattolica ufficiale, partendo dal concetto della
"sacralita' della vita umana" (e quindi della persona), insiste
A. sulla indisponibilita' e inviolabilita' della vita;
B. sulla presenza di un disegno "divino" incarnato nell'ordine delle cose,
cioe' di un "progetto" di Dio sull'uomo e per l'uomo;
C. su una serie di divieti "assoluti" che l'individuo e' tenuto a
rispettare;
mentre la bioetica laica, partendo dal concetto della qualita' della vita,
insiste
A. sulla disponibilita' della vita;
B. sulla indipendenza e autonomia decisionale dell'uomo rispetto a qualsiasi
ordine ontologico precostituito;
C. sull'assenza di divieti assoluti (p. 132).
*
2. Varie obiezioni all'alternativa tra bioetica cattolica e laica
Sono diversi i modi nei quali puo' essere messa in discussione
l'accettabilita' dell'alternativa tra bioetica laica e bioetica cattolica
cosi' come tracciata da Fornero.
Vi e' una prima linea di insofferenza che viene manifestata da chi ritiene
che si tratti di un'ottica riduttiva perche' lascia fuori molte
articolazioni del dibattito che sull'etica della vita si e' svolto negli
ultimi decenni. In risposta a questa obiezione, si puo' precisare che
accettare l'impostazione di Fornero non comporta negare che esistano
posizioni etiche non riconducibili all'alternativa tra bioetica cattolica e
laica. Sicuramente vi sono approcci all'etica che fuoriescono da questa
alternativa, ad esempio quello fornito dalle etiche cosiddette femministe o
delle donne. Con Fornero possiamo pero' condividere il giudizio che il
confronto tra bioetica religiosa, o cattolica, e bioetica non religiosa, o
laica, e' quello piu' ampiamente e sistematicamente riconoscibile nel
dibattito normativo sulle questioni della bioetica.
In difesa del suggerimento di Fornero, si puo' anche rilevare che alcuni di
coloro che non vi si riconoscono forse perdono di vista che il dibattito
normativo di cui si vuole rendere conto non e' quello sull'etica in
generale, ma piu' specificamente quello sulle questioni bioetiche. Se
dovessimo riassumere il confronto normativo negli ultimi vent'anni sulle
questioni etiche in generale, probabilmente dovremmo privilegiare una
diversa articolazione delle dottrine in contrasto: ad esempio, distinguere
tra etiche deontologiche, consequenzialiste e delle virtu'. Ma questa
tripartizione non risulta adeguata a rendere conto nella sua concretezza del
dibattito che vi e' stato nelle riflessioni sulla bioetica. Anche se e' vero
che la bioetica e' una parte dell'etica, come ci e' stato insegnato da
Scarpelli, e' poi vero che la bioetica riguarda una specifica area delle
questioni di condotta, ovvero quelle che hanno a che fare con scelte che
chiamano in causa le vite biologiche. E' comprensibile che le questioni
normative che in essa si sono poste siano state affrontate e avviate a
soluzione con prescrizioni e norme piu' determinate rispetto a quelle che
valgono nell'etica in generale. Lo stesso libro di Fornero e' poi ricco di
documentazione dei diversi modi in cui l'affermazione dei principi
settoriali della bioetica si e' intrecciata con la sottoscrizione di diverse
prospettive generali che si richiamano ai principi, alle conseguenze o alle
virtu'.
*
Da pagina 36
Ben diversamente - come lo stesso libro di Fornero documenta - stanno le
cose con la bioetica cattolica: una religione che sembra non voglia
coesistere con la liberta' e l'autonomia morale dei credenti, in quanto li
costringe all'obbedienza e ad accettare i decreti e comandamenti del papa e
della gerarchia ecclesiastica. Dunque la bioetica cattolica non solo propone
un valore distinto da quello della bioetica laica, come la sacralita' della
vita ontologicamente fondata, ma preme perche' si arresti il processo di
secolarizzazione e non si sottragga l'area della moralita' al controllo
diretto di forze sovrannaturali e di coloro che ne sono interpreti e
portavoce. Forse la posizione che George W. Bush ha espresso recentemente
con il suo veto alla ricerca sulle cellule staminali embrionali puo' essere
considerata parte di una bioetica religiosa largamente coincidente per i
suoi principi e le sue argomentazioni con quella della bioetica cattolica
ricostruita da Fornero, ma la sua non e' bioetica cattolica perche' -
diversamente da cio' che fanno il papa e i membri della gerarchia
ecclesiastica - non suggerisce anche che il bene morale lo si trovi
obbedendo all'autorita' del capo della propria Chiesa. Dovremo dunque
ammettere che c'e' una componente della bioetica cattolica che non e'
presente in tutte le bioetiche religiose, ed e' la tendenza a considerare le
questioni morali di bioetica risolte con un appello all'autorita' morale del
papa, alle sue encicliche e ai documenti ufficiali della Chiesa. Questo
excursus su cio' che e' secolare e sulla peculiarita' della bioetica
cattolica tra le diverse bioetiche religiose, come vedremo, pone alcune
esigenze di approfondimento e problematizzazione degli esiti verso cui muove
Fornero nel suo libro. E' infatti ipotizzabile che il confronto tra bioetica
religiosa non cattolica e bioetica secolare nel mondo anglosassone debba
misurarsi con una minore lontananza rispetto a quella chiamata in causa dal
confronto tra bioetica cattolica e bioetica laica. Infatti la specifica
colorazione della bioetica cattolica da' per legittima l'incidenza di una
componente di eteronomia costituita dall'osservanza dei precetti morali
della gerarchia della Chiesa, che invece non rappresenta un contenuto delle
bioetiche religiose con le quali si confrontano le societa' piu'
compiutamente secolarizzate.
In secondo luogo, puo' essere utile cercare di non perdere di vista il
dibattito legato alla nozione di laicite'. Nella cultura francese la
questione della laicita' e dell'etica laica ha avuto un'ampia ripresa negli
ultimi decenni, ma piu' nel contesto del confronto con le esigenze di
riconoscimento poste dai fedeli di religioni non europee, quali l'Islam, che
in relazione alle questioni della bioetica. Come spiega Jean Bauberot, nel
senso francese la laicita' e' un dato generale che caratterizza le
istituzioni pubbliche e statali come adesione a un ordine di valori
costituzionali e repubblicani, al di la' dei quali si pongono le diversita'
religiose. La laicita' e' dunque il territorio di una serie di evidenze
morali, stabili e per tutti, che si esprimono in diritti che e' compito
della scuola pubblica, della sanita' pubblica e delle altre istituzioni
statali far valere: razionalita' e scienza sono le basi che permettono di
elaborare queste evidenze laiche. La Costituzione del 1791, le riflessioni
di Condorcet prima e quelle di Jules Ferry poi, hanno segnato
l'articolazione di quel patrimonio di laicita' che lo Stato francese deve
salvaguardare nella vita pubblica. Proprio la presenza di questa tradizione
di laicita' in Francia rende evidente che le leggi statali non hanno alcun
dovere di privilegiare - come invece si ritiene necessario nel nostro
Paese - le esigenze di una specifica bioetica cattolica (su molte questioni
bioetiche relative alla nascita, la cura e la morte, la legislazione
francese e' fortemente indipendente dalle aspettative della Chiesa
cattolica).
Il caso francese rinvia quindi a una laicita' intesa proprio come ricerca
contenutistica di valori pubblici con portata universalistica, non
coincidenti con quelli sottoscritti da qualche religione in particolare: una
sorta di etica umanistica positiva, che puo' rappresentare - se vogliamo
riprendere uno spunto presente nella cultura del XIX secolo, da Saint-Simon
a Comte - una vera e propria religione civile.
La convergenza sul territorio della laicita' comporta una sorta di
azzeramento delle esigenze delle varie prospettive religiose, viste tutte
come particolaristiche. Una ricerca di convergenza su valori laici che da
noi e' impossibile, in quanto contrastata dal tentativo della Chiesa
cattolica di guadagnare uno spazio pubblico per la sua predicazione morale,
non come spazio, garantito dalle istituzioni pubbliche laiche, accanto alle
altre concezioni morali, ma come presenza unica o comunque preponderante.
*
4. Le dottrine morali bioetiche e la loro struttura
Il confronto con i concetti di secular e laicite' ci permette, dunque, di
rendere piu' problematici due esiti che Fornero presenta nel suo libro: il
primo, sul piano piu' propriamente interpretativo, relativamente alla
struttura del paradigma della bioetica laica; e l'altro - sul piano
critico-normativo - relativo al suggerimento sulla strada lungo la quale
deve essere avviato il confronto tra le due bioetiche. Fornero rende conto,
con un quadro ricco e articolato, del punti salienti che caratterizzano il
paradigma della bioetica laica:
A. ragiona "come se Dio non fosse";
B. assume come principio direttivo delle sue argomentazioni la "qualita'"
(anziche' la "sacralita'") della vita, ispirandosi all'ideale di
un'esistenza qualitativamente e assiologicamente accettabile, cioe'
umanamente vivibile;
C. sostiene la tesi della completa umanita' della morale;
D. respinge la nozione ontologico-normativa di "natura";
E. scorge nel concetto di "autonomia", il principio cardine della bioetica e
della prassi biomedica;
F. difende il principio della "disponibilita' della vita";
G. considera il progresso della conoscenza come fonte di progresso
dell'umanita';
H. prende le distanze da ogni mistica della sofferenza e del sacrificio;
I. afferma il diverso valore "qualitativo" delle vite;
L. si appella a un concetto "funzionalista" (e antisostanzialista) di
persona, argomentando a favore della separabilita' di principio (e di fatto)
tra essere umano e persona;
M. accetta il pluralismo come valore (e non come semplice dato sociologico);
N. assume un'ottica "liberale", ostile a ogni restringimento delle liberta'
individuali (e ad ogni confusione fra morale e diritto);
O. ripudia ogni appello a principi deontologici assoluti;
P. ritiene legittime pratiche come l'aborto, l'eutanasia, la fecondazione
assistita omologa ed eterologa (pp. 96-97).
Ma, come e' emerso dal precedente approfondimento del confronto tra le
nozione di secolare e di laico, non va perso di vista che la bioetica laica
si presenta principalmente come una ulteriore fase del processo di
secolarizzazione. Un processo che, dopo avere reso molte aree delle nostre
istituzioni e della cultura pubblica indipendenti dal richiamo
all'intervento di poteri sovrannaturali, ora muove a guadagnare a valori
pubblici non religiosi l'area del vivente.
*
Da pagina 203
I concetti storiografici di bioetica "cattolica" e bioetica "laica"
1. Precisazioni critiche
Dal dibattito precedente sono emerse tre realta' di fondo:
1. esiste qualcosa come la bioetica cattolica;
2. esiste qualcosa come la bioetica laica;
3. esiste qualcosa come la loro contrapposizione.
Tuttavia, poiche' queste tre realta' sono state messe in discussione da
alcuni dei nostri critici e sono tuttora negate da altri studiosi, e' venuto
il momento di ricapitolare e approfondire taluni nodi essenziali del nostro
discorso, chiarendone, in modo dettagliato, il significato preciso.
Parlare di bioetica "cattolica" e di bioetica "laica" puo' apparire, a prima
vista, un non-senso epistemologico, in quanto, come ha osservato Ramon Lucas
Lucas, "la bioetica non e' religiosa ne' laica; e' semplicemente
'bioetica'".
Dello stesso parere e' Francesco D'Agostino: "Le aggettivazioni (in
particolare: laica e cattolica) che usualmente vengono adoperate per
qualificare la bioetica denunciano esplicitamente la perdurante immaturita'
epistemologica della disciplina e - purtroppo! - di molti dei suoi cultori".
In realta', questa obiezione "epistemologica", basata sull'idea della
bioetica come disciplina super partes, e' frutto di una manifesta confusione
tra due livelli distinti di discorso: quello teoretico (o di diritto) e
quello storiografico (o di fatto), ossia tra il piano ideale del dover
essere e quello reale dell'essere.
Infatti, un conto e' sostenere che la bioetica non dovrebbe essere ne'
cattolica ne' laica, ma semplicemente bioetica. Un altro conto e' affermare
che la bioetica, di fatto, non e' ne' cattolica ne' laica: e' semplicemente
bioetica.
Mentre la prima proposizione e' di tipo teoretico e risulta senz'altro
legittima (almeno in linea di principio, poiche' di fatto la si potrebbe
contestare), la seconda e' di tipo storiografico e risulta constatabilmente
falsa, come dimostra il fatto che i fautori odierni di una biomorale "senza
aggettivi", cioe' di una bioetica sic et simpliciter, si trovano a spacciare
la loro specifica bioetica, di matrice e struttura concettuale cattolica,
per la bioetica tout court.
L'equivoco consiste dunque nel surrettizio passaggio dalla prima alla
seconda proposizione, ossia nel contrabbandare un discutibile, ma legittimo,
punto di vista teoretico per un incontrovertibile dato di fatto
storiografico, dimenticando che la bioetica - cosi' come la conosciamo
storicamente - non e' un'attivita' asettica e decontestualizzata, ma il
risultato di una elaborazione concettuale che si sviluppa nell'ambito di
determinati paradigmi, i quali implicano, a loro volta, l'influsso (o
l'"impronta") di una sottostante visione generale dell'uomo e del mondo.
Visione che puo' essere di tipo religioso (nel nostro caso, cattolico) o di
tipo laico.
*
Da pagina 208
2. Idee-madri della bioetica cattolica
Soffermiamoci adesso su taluni importanti nodi teorici della bioetica
cattolica, ai quali abbiamo gia' accennato nei nostri precedenti lavori e
che ora ci proponiamo di analizzare in modo piu' approfondito, ossia:
1. l'idea di Dio come fondamento ontologico ed etico dell'uomo;
2. il concetto di natura e di legge morale naturale;
3. il primato della verita' sulla liberta'.
Parlare di Dio alla stregua di categoria "fondante" del discorso etico e
bioetico e' qualcosa che puo' lasciare perplessi non solo i laici, avvezzi a
ragionare senza ricorrere a Dio, ma anche quei cattolici che, in sintonia
con i postulati filosofico-politici della modernita', ritengono che del
concetto di Dio non si possa fare un uso "argomentativo" e "pubblico".
In realta', la dottrina cattolica romana, come attestano i documenti del
Magistero - non sempre debitamente noti, o presi in adeguata considerazione
dagli stessi cattolici - non ha mai smesso di insistere su quello che si
potrebbe definire il ruolo strategico e centrale dell'idea di Dio. Tesi,
quest'ultima, che sembrerebbe contraddetta dal fatto che anche i cattolici,
quando fanno filosofia (e metafisica), ragionano da "laici", ossia senza
presupporre, in modo dogmatico e fideistico, l'esistenza e la conoscibilita'
di Dio.
*
Da pagina 221
3. Idee-madri della bioetica laica
Quando parliamo di bioetica "laica", intesa come categoria storiografica
specifica, non alludiamo al semplice fatto della "laicita' in bioetica",
cioe' a quel modo antidogmatico di porre i problemi che e' proprio di tutti
coloro, cattolici inclusi, che fanno, della libera indagine critica e
razionale, il metodo delle loro indagini (metodo che abbiamo identificato
con una forma di laicita' debole, o "larga"), bensi' a quell'insieme di
posizioni teoriche che abbiamo identificato con una forma di laicita' forte.
Laicita' in bioetica e bioetica laica, al pari di espressioni come "laicita'
della cultura" e "cultura laica", "laicita' della morale" e "morale laica",
esprimono quindi realta' semanticamente diverse (a riprova del fatto che, in
certi casi, la distinzione debole-forte risulta gia' prefigurata dalla
struttura stessa del nostro linguaggio).
Come sappiamo, la bioetica laica non costituisce un corpo teorico omogeneo,
ma una "famiglia" di dottrine diverse, caratterizzate tuttavia da talune
idee-madri comuni. Idee che, essendo la bioetica laica storicamente sorta in
opposizione polemica alla bioetica cattolica, risultano strutturalmente
antitetiche a quelle cattoliche. Di queste idee-madri, alle quali abbiamo
gia' accennato in Bioetica cattolica e bioetica laica, in questa sede
approfondiremo le seguenti:
1. il criterio dell'etsi Deus non daretur;
2. il principio della qualita' e disponibilita' della vita;
3. il primato della liberta' sulla verita'.
Se la bioetica ufficiale e' una bioetica con Dio, cioe' una bioetica che
ragiona etsi Deus daretur, la bioetica laica e' una bioetica senza Dio,
ossia una bioetica che, secondo la pregnante formulazione di Scarpelli,
procede etsi Deus non daretur.
Infatti, mentre la bioetica cattolica ritiene di non poter parlare in
maniera veritiera (e fondata) dell'uomo e del mondo senza parlare, al tempo
stesso, di Dio, cioe' dell'Essere da cui l'uomo e il mondo ricevono la loro
esistenza, il loro significato e la loro norma, la bioetica laica - partendo
dal principio della completa autonomia dell'umano - prescinde
programmaticamente da qualsiasi riferimento ontologico ed etico al divino,
ossia da cio' che, nel nostro libro, abbiamo definito "uso
strategico-normativo dell'idea di Dio". In altri termini, la bioetica laica
e' quel tipo di biomorale che, nelle sue riflessioni sulla vita, non tiene
conto:
1. ne' della possibile esistenza e "volonta'" di Dio;
2. ne' di una ipotetica "creaturalita'" dell'uomo;
3. ne' di un eventuale "progetto" divino sulla vita.
Come si puo' notare, cio' che distingue la prospettiva laica da quella
cattolica non e' solo il rifiuto dell'ipotesi-Dio, ma, piu' specificamente,
l'assenza dell'ottica creaturale. Infatti, mentre per la dottrina cattolica
la creazione "si presenta come la condizione di consistenza e di
intelligibilita' dell'esperienza umana", al punto che "senza il concetto di
creazione l'uomo rimarrebbe inspiegabile", il pensiero laico, portando ai
suoi esiti estremi il processo moderno di desacralizzazione del reale, muove
dal postulato a-religioso della a-creaturalita' dell'uomo e del mondo. Per
cui, mentre la bioetica cattolica si configura come un'etica in prospettiva
creaturale (e sacrale), la bioetica laica, erede di quella mentalita'
moderna che "nega la creaturalita' e proclama l'autonomia", ragiona non solo
etsi Deus non daretur, ma anche etsi creaturalitas non daretur, ossia come
se l'uomo e il mondo non dipendessero, originariamente e strutturalmente, da
un Dio (comunque inteso).
Nella fattispecie, rifiutandosi di argomentare nell'orizzonte dell'Assoluto
e della Trascendenza, essa procede come se l'uomo, a differenza di quanto
insegna la dottrina cattolica (e la metafisica tomistica) non fosse il
prodotto intelligente di un Dio, il quale, nell'atto di dargli l'esistenza,
lo avrebbe dotato di una particolare "natura" e di determinati "scopi"
(razionalmente - e non solo fideisticamente - accessibili). Nello stesso
tempo, essa prescinde in toto dall'idea ontoteologica di un "piano divino
del mondo" con funzione normativa.
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Da pagina 233
4. Una evidente diversita'
Come si vede, sul tema del rapporto verita'-liberta', la differenza fra
prospettiva cattolica e prospettiva laica e' netta e radicale. Come
riconosce, del resto, quel lucido documento filosofico (e non solo
teologico-pastorale) che e' la Veritatis splendor, che, prendendo le
distanze dall'idea laica di una liberta' "sradicata da ogni obiettivita'",
respinge in blocco le dottrine che, assegnando agli individui singoli e
associati la "facolta' di decidere del bene e del male", finiscono per fare,
dell'uomo, una sorta di creatore ex nihilo sui et subiecti di tutti i
valori, a cominciare dalla verita'. Dottrina, questa, in cui l'enciclica
scorge il senso complessivo della vicenda teorico-pratica della modernita',
filosoficamente intesa come "riduzione della verita' intera dell'uomo alla
sua liberta'".
Da questa rassegna di idee-madri della bioetica odierna risulta evidente che
ad essere "faziosa e strumentale" non e' l'affermazione, bensi' la negazione
della (radicale) differenza tra il paradigma cattolico e il paradigma laico.
Differenza che, pur essendo misconosciuta da taluni studiosi cattolici, e'
stata esplicitamente rimarcata sia da Giovanni Paolo II - che, nella sua
disamina critica della modernita', non ha mancato di rilevare, in piu'
occasioni, gli oggettivi punti di attrito fra i due paradigmi
antropologici - sia da Benedetto XVI, il quale, intervenendo sui temi
bioetici, ha parlato, come si e' visto nel cap. 10, di "due mentalita'" che,
a proposito della indisponibilita' o disponibilita' della vita, "si
oppongono in maniera inconciliabile".
Anche a prescindere da questi rilievi, che dovrebbero comunque far
riflettere, risulta evidente la fattuale contraddizione in cui si avvolge
una parte del mondo cattolico, quando, da un lato, si sforza di contrastare
con tutti i mezzi la prospettiva laica in bioetica e, dall'altro, tende a
misconoscere la reale diversita' teorica tra cattolici e laici.
Anzi, a questo proposito, si puo' rilevare una seconda, non meno evidente,
contraddizione, consistente nel fatto che quegli stessi rappresentanti del
mondo cattolico che cercano di escludere o di camuffare la spaccatura
bioetica fra cattolici e laici, in verita' non cessano di alimentarla. Come
testimoniano, in modo tangibile, gli atteggiamenti odierni del cattolicesimo
ufficiale sui temi-chiave della bioetica, a cominciare dalla questione
dell'aborto.
Atteggiamenti che, nella maggioranza dei casi, risultano sostanzialmente
condivisi anche da coloro che, in virtu' di qualche circoscritta "apertura"
in merito (vedi il caso del cardinal Martini o dei fautori delle terze vie)
sembrerebbero, a prima vista, imboccare vie nuove, mentre in realta' si
limitano a elasticizzare le categorie etiche tradizionali, senza spezzarle.
Di fronte a questo scenario si impone, ancora una volta, la domanda che, nel
cap. 11, abbiamo gia' rivolto ai "kantiani": non sarebbe metodologicamente e
storiograficamente piu' corretto (e intellettualmente onesto) ammettere che
la diversita' paradigmatica fra laici e cattolici esiste e, a partire da
questo riconoscimento, individuare la via da seguire?
Che questa non sia un'opinione di parte, ma un punto di vista ragionevole,
condivisibile da chiunque, cattolici inclusi, lo si puo' arguire da queste
parole del cardinal Ruini: "Proprio quando andiamo in cerca di un possibile
'nuovo patto' tra le due etiche [...] sembra onesto iniziare dal
riconoscimento delle reciproche differenze".

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
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Numero 296 del 2 febbraio 2009

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