Voci e volti della nonviolenza. 261



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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 261 del 12 novembre 2008

In questo numero:
1. Benito D'Ippolito: Lacrime per Miriam Makeba
2. Roberto Saviano ricorda Miriam Makeba

1. LUTTI. BENITO D'IPPOLITO: LACRIME PER MIRIAM MAKEBA

Stava sul palco come su una barricata
la nostra sorella Miriam Makeba
con la sua voce combatteva il fascismo.

Contro il fascismo aveva combattuto
in Sud Africa, aveva combattuto
in America, aveva combattuto
ovunque nel mondo il fascismo assassino.
La nostra compagna Miriam Makeba
con la sua voce che resuscitava i morti.

Venne infine qui tra noi dove il fascismo
col nome di camorra col nome di governo
perseguita e assassina.
La nostra sorella Miriam Makeba
la nostra compagna Miriam Makeba.

Contro i poteri criminali tutti
lottava Miriam Makeba
per l'umanita' che e' una soltanto
lottava Miriam Makeba.

Stava sul palco come su una barricata
la nostra sorella Miriam Makeba
con la sua voce combatteva il fascismo.

E la sua lotta tu portala avanti.

2. LUTTI. ROBERTO SAVIANO RICORDA MIRIAM MAKEBA
[Dal quotidiano "La Repubblica" dell'11 novembre 2008 col titolo "Omaggio di
Saviano alla Makeba" e il sommario "Miriam, morta nella Soweto d'Italia. Il
suo ultimo canto e' stato tra gli africani della diaspora, arrivati qui a
migliaia. Rappresentava la voce della liberta'. Ci ha insegnato la rabbia
della fratellanza"]

Cosa e' il blues?, si chiede lo scrittore afroamericano Ralph Ellison. Il
blues e' quello che i neri hanno al posto della liberta'. Dopo aver saputo
della morte di Miriam Makeba, mi e' subito venuta in mente questa frase.
Mama Africa e' stata cio' che per molti anni i sudafricani hanno avuto al
posto della liberta': e' stata la loro voce. Nel 1963 ha portato la propria
testimonianza al comitato contro l'apartheid delle Nazioni Unite. Come
risposta il governo sudafricano ha messo al bando i suoi dischi e ha
condannato Miriam all'esilio. Trent'anni d'esilio.
Da quel momento la sua biografia si e' fatta testimonianza di impegno
politico e sociale, una vita itinerante, come la sua musica vietata.
Nelle perquisizioni ai militanti del partito di Nelson Mandela vengono
sequestrati i suoi dischi, considerati "prova" della loro attivita'
sovversiva. Bastava possedere la sua voce per essere fermati dalla polizia
bianca sudafricana. Ma la potenza delle sue note le conferisce cittadinanza
universale, fa divenire il Sudafrica terra di tutti. E soprattutto l'inferno
dell'apartheid un inferno che riguarda tutti. Negli anni Sessanta, approdata
negli Stati Uniti, Miriam Makeba si innamora di Stokely Carmichael, leader
delle Pantere Nere, e i discografici in America le cancellano i contratti,
perche' Mama Africa non combatte con i mezzi della militanza politica ma con
la voce. E questo fa paura. Lei arriva alla gente attraverso la sua musica,
attraverso successi mondiali come Pata Pata che tutti ballano, che piacciono
a tutti, con una forza dirompente e vitale che il governo dell'apartheid
come i razzisti di tutto il mondo non sanno come arginare o combattere.
Cosi', a 76 anni, e' venuta a cantare persino in un posto che sembra
dimenticato da Dio, dove persone solerti hanno organizzato un concerto per
portare un po' di dignita' a una terra in ginocchio. E l'altra sera mi hanno
chiamato di notte. Checco che aveva seguito l'organizzazione del concerto,
mi ha detto che Miriam Makeba non si sentiva bene, "ma la signora vuole
cantare lo stesso, vuole il tuo libro nell'edizione americana nel camerino,
Robbe', e' tosta!". Quando mi avevano detto che Miriam Makeba aveva
accettato di cantare a Castel Volturno nel concerto in mia vicinanza che
chiudeva gli "Stati generali della scuola del Sud", al primo momento
stentavo a crederci. Invece lei che per anni aveva lottato e aveva viaggiato
cantando per tutta l'Africa e il resto del mondo, voleva venire anche in
questo angolo sperduto dove quasi due mesi prima c'era stata una strage di
sette africani. Che' per lei erano africani, non ghanesi, ivoriani o del
Togo.
In questa idea panafricana che fu di Lumumba e che mai come oggi sembra per
sempre purtroppo sepolta, Mama Africa si e' esibita a pochi metri da dove
hanno ammazzato l'imprenditore Domenico Novello, un morto innocente, nativo
di queste terre, che invece e' morto solo, senza partecipazione collettiva,
rivolta, fratellanza. La morte di Miriam Makeba, venuta a portarmi la sua
solidarieta' e a testimoniarla alla comunita' africana ed italiana che
resiste al potere dei clan, e' stato per me un enorme dolore. Enorme come lo
stupore con cui ho accolto la dimostrazione di passione e forza di una terra
lontana come quella sudafricana che gia' nei mesi passati mi aveva espresso
la sua vicinanza attraverso l'arcivescovo Desmond Tutu. Invece, grazie alla
loro storia, persone come Tutu o come Miriam Makeba sanno meglio di altri
che e' attraverso gli sguardi del mondo che e' possibile risolvere le
contraddizioni, attraverso l'attenzione e l'adesione, il sentirsi chiamati
in causa anche per accadimenti molto lontani. E non con l'isolamento, con la
noncuranza, con l'ignoranza reciproca.
Il Sudafrica vive una pressione dei cartelli criminali enorme, ma i suoi
intellettuali e artisti continuano ad essere attenti, vitali e combattivi.
Desmond Tutu stesso defini' il Sudafrica "rainbow nation", nazione
arcobaleno, lanciando il sogno di una terra molto piu' varia e ricca e
colorata di un semplice ribaltamento di potere fra il bianco e il nero.
Miriam Makeba era e rimane la voce di quel sogno. Se c'e' un conforto nella
sua tragedia si puo' dire che non e' morta lontano. Ma e' morta vicina,
vicina alla sua gente, tra gli africani della diaspora arrivati qui a
migliaia e che hanno reso propri questi luoghi, lavorandoci, vivendoci,
dormendo insieme, sopravvivendo nelle case abbandonate nel Villaggio
Coppola, costruendoci dentro una loro realta' che viene chiamata Soweto
d'Italia. E' morta mentre cercava di abbattere un'altra township col mero
suono potente della sua voce. Miriam Makeba e' morta in Africa. Non l'Africa
geografica ma quella trasportata qui dalla sua gente, che si e' mescolata a
questa terra a cui pochi mesi fa ha insegnato la rabbia della dignita'. E,
spero pure, la rabbia della fratellanza.

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
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Numero 261 del 12 novembre 2008

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