Voci e volti della nonviolenza. 117



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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 117 del 4 dicembre 2007

In questo numero:
1. Stefano Beccastrini: In morte di Lorenzo Tomatis
2. Luigi Bisanti: Renzo Tomatis, scienziato libero e uomo giusto
3. Pietro Comba: Un maestro
4. Luigi Mara: L'estremo saluto di "Medicina democratica" a Lorenzo Tomatis
5. Rodolfo Saracci: Renzo ricercatore
6. Giorgio Tamburlini: I messaggi di Lorenzo Tomatis
7. Benedetto Terracini: Sfide da raccogliere

1. MEMORIA. STEFANO BECCASTRINI: IN MORTE DI LORENZO TOMATIS
[Dal fascicolo monografico di "Epidemiologia & prevenzione"
(www.epidemiologiaeprevenzione.it) in ricordo di Lorenzo Tomatis riprendiamo
il testo di questa commemorazione pronunciata in occasione dell'assemblea
costitutiva dell'Associazione "Futuro e/e' salute" (Cortona, 28 settembre
2007)]

Pochi giorni fa e' morto Lorenzo Tomatis: un grande medico, un insigne
maestro, un uomo perbene, un amico dei cittadini e dei lavoratori la cui
salute e' messa a rischio dalla societa' dei consumi, dalla troppo diffusa
liberta' d'inquinamento, dalla pavida acquiescenza di troppi politici e
dalla vile - quando non prezzolata - benedizione di troppi cosiddetti
luminari della scienza.
Lorenzo Tomatis qui a Cortona, cosi' come nella vicina Arezzo, era di casa
in quanto proprio ad Arezzo si trova la sede nazionale dell'Isde
(l'Associazione Medici per l'Ambiente) del cui comitato scientifico
internazionale era presidente (proprio a Cortona l'Isde si e' costituita nel
1990 e ha fatto, anche in tempi recenti, molte delle sue iniziative: tutte
interessanti, per attualita' tematica e presenza di relatori di valore, ma
anche, almeno per me ma credo anche per gli altri, in quanto occasione
d'incontrare Lorenzo e di apprendere - magari soltanto scambiandoci due
parole durante le pause - dalla sua intelligente umilta', dalla sua aperta
disponibilita' al dialogo, dalla sua attenzione alle cose del mondo e
soprattutto a quelle degli esseri umani, dal respiro e dall'orizzonte
internazionale delle sue conoscenze e delle sue riflessioni sempre
profonde).
Per chi, come me, ha letto entusiasmandosi - ancora da studente in medicina
e poi da medico neolaureato e subito orientato a farsi operatore della
prevenzione primaria - i suoi libri (Il laboratorio, La ricerca
illimitata...), e poi ha avuto, piu' in la' con gli anni, la fortuna di
conoscerlo, di frequentarlo (l'ultima volta che ci siamo incontrati, qualche
mese fa, gli ho regalato il mio libro sul cinema e la medicina, e lui mi ha
regalato il suo ultimo "romanzo" - cosi' lo chiamava, in realta' era una
autobiografia appena mascherata - Il fuoriuscito), di militare nella stessa
associazione (quella, appunto, dei medici per l'ambiente), e' molto forte la
tentazione di lasciarsi andare - commemorandolo oggi - ai ricordi commossi e
all'evocazione dolentemente nostalgica dei momenti passati assieme.
Credo pero' che una simile commemorazione non gli sarebbe piaciuta: Renzo
era una persona di sobrio carattere, di austera moralita', di poche e dense
parole (seppur spesso anche ironiche, scherzose, disposte al riso proprio e
altrui) e non gradirebbe essere rammentato con quel tono sentimentale che,
seppur intimamente sentito e sincero, finisce inevitabilmente col farsi, da
elegiaco, in qualche misura retorico.
Avrebbe certamente preferito una commemorazione piu' "alla Tomatis".
Innanzitutto breve e concisa. Poi, orientata piu' a mettere in luce i suoi
meriti di scienziato e di uomo socialmente impegnato che quelli personali
(che pure erano il presupposto etico e direi biografico degli altri).
Infine, piu' indirizzata a trarre dalla sua, purtroppo esistenzialmente
conclusa, esperienza d'uomo perbene e di ricercatore scientifico indirizzi
su cosa fare domani, anche senza di lui (ma nel suo pensiero trovando
consiglio), piuttosto che ricordi di ieri, quand'egli era ancora tra noi.
Cerchero' di attenermi a tali tomatisiani principi, validi anche per la sua
commemorazione.
Lorenzo era un grande scienziato e un grande ricercatore (basti dire che e'
stato per anni direttore della Iarc, l'Agenzia per la ricerca sul cancro
dell'Oms, con sede in Lione, ove e' morto) ma fu costretto a lasciare
l'Italia, ove un serio ricercatore aveva (ha?) scarse prospettive di lavoro,
perche' le attivita' di ricerca erano (sono?) feudalizzate e clientelari
oltre che scarsamente finanziate (a meno che non facessero comodo a
qualcuno). Ricordarlo degnamente significa dunque lottare affinche', in
futuro, cio' non avvenga piu' (avviene tuttora, purtroppo).
Lorenzo credeva nella prevenzione primaria (per merito suo conosciamo ormai
gli effetti cancerogeni di molte sostanze, utilizzate nei cicli lavorativi
ed emesse nell'ambiente) e nell'informazione e nella comunicazione del
rischio ambientale-sanitario, in tema di cancerogeni e d'altro, ma gli ci
vollero anni (e ci volle il coraggio dell'Oms in una fase ñ eroica,
coraggiosa, ormai appartenente al passato ñ della sua attivita'
istituzionale), per poter, appunto tramite la Iarc, fare questo tipo di
verifiche e diffonderne, tra gli ostracismi di non pochi potentati
industriali e politici, i loro, spesso terribili, risultati. Nei suoi ultimi
anni di vita e di attivita' professionale, era molto amareggiato per la
rimozione (la "grande dimenticanza" la defini' in uno dei suoi ultimi
scritti, l'editoriale per il numero sull'inquinamento atmosferico della
rivista "Gea") che la prevenzione primaria aveva subito, ovunque e anche in
Italia, a favore dellienfasi dedicata alla prevenzione secondaria e alla
terapia, funzionale all'egemonia di una medicina sempre piu' ipertecnologica
e commerciale, privata o aziendalizzata che sia, comunque sempre meno
interessata agli aspetti preventivi e partecipativi della difesa della
salute personale e sociale. Ricordare degnamente Renzo (che univa sempre
disincanto e amarezza, quando necessari, a testardaggine e speranza: per
esempio, in quell'editoriale, salutando la positivita' del regolamento Reach
proposto dall'Unione Europea) significa continuare questa sua battaglia a
favore della prevenzione primaria: una battaglia scientifica, sociale e
politica a un tempo.
Lorenzo era convinto che occorresse una stretta alleanza tra quanti
lavoravano per la promozione della salute e quanti lavoravano per la
protezione dell'ambiente (senza che, per far questo, sia necessario far
parte dello stesso ente). Per questo credette fortemente nell'Isde e con
passione rivesti' il ruolo di presidente del suo comitato scientifico
internazionale fin dalla sua costituzione. Ma cio' che osservava con
tristezza, anche nel nostro Paese, era che invece tale alleanza non c'era ed
era poco cercata, anzi si tendeva a dimenticare anche quanto, in passato, in
tal direzione si era fatto (faccio un solo esempio: sono anni che attendiamo
l'atto di indirizzo, per la cooperazione tra Asl e Arpa, previsto dal Bindi
Ter e su cui aveva lavorato la cosiddetta commissione Oleari, ma esso non
esce, chissa' in quale cassetto del Ministero della Salute o di quello
dell'Ambiente giace e, del resto, non si riusci', nonostante molti tentativi
fatti a tale scopo, a far scrivere due righe sull'argomento neppure
nell'enciclopedico Programma con cui Prodi ando' alle elezioni). Ricordare
degnamente Renzo significa, anche, porre al centro del nostro agire una
visione non soltanto tecnologico-aziendale ma anche e soprattutto
socio-ecologica della salute.
Commemorare degnamente Lorenzo significa, insomma, restare testardamente
fedeli ai principi, ai pensieri, ai metodi che ci ha insegnato (al
pessimismo della sua intelligenza e all'ottimismo della sua volonta', mi
verrebbe da dire). C'e' da augurarsi che l'associazione cui stiamo qui dando
vita sappia farli propri.

2. MEMORIA. LUIGI BISANTI: RENZO TOMATIS, SCIENZIATO LIBERO E UOMO GIUSTO
[Dal fascicolo monografico di "Epidemiologia & prevenzione"
(www.epidemiologiaeprevenzione.it) in ricordo di Lorenzo Tomatis riprendiamo
il seguente testo precedentemente apparso nel "Notiziario dell'Associazione
italiana di epidemiologia"]

Lorenzo Tomatis e' morto lo scorso venerdi' 21 settembre a Lione. Questo
evento ha avuto un impatto emotivo non inferiore a quello razionale. La sua
morte, infatti, ha reso consapevoli tutti - anche chi lo ha conosciuto solo,
o quasi, attraverso le sue opere - che figure della sua levatura, capaci di
illuminare di luce nuova e, soprattutto, di lasciare una scia, transitano
sull'ambiente scientifico come eventi rari.
Renzo era uomo di cultura nel senso pieno di questa espressione; non c'e'
stato momento della sua vita professionale e della sua produzione
scientifica in cui il rigore del metodo non fosse associato alla rilevanza
del tema e alla fruibilita' dei risultati. E' stato sempre libero, anche
quando il ruolo e le responsabilita' ne facevano una scelta difficile e,
anzi, ha denunciato l'ambiguita' e l'opportunismo degli uomini di scienza
disposti a venire a patti o a tacere per tornaconto personale. L'impegno
sociale non e' stato per lui un orpello da esibire ma un modo di
interpretare il lavoro e l'esistenza. L'umanesimo di Renzo Tomatis lo
troviamo nella sua produzione del sapere per l'emancipazione di tutti gli
esseri umani dal bisogno e dall'ingiustizia. Renzo Tomatis e' morto ma non
ci ha lasciati, non e' scomparso. La sua scia e' fulgida e duratura.
Troveremo il modo per onorare Renzo con il dovuto rilievo nel nostro
prossimo congresso di Ostuni e, piu' stabilmente, negli anni a venire.
Sentivamo pero' la necessita' di condividere subito con tutti i soci,
soprattutto con quelli piu' giovani che forse meno lo hanno conosciuto,
alcune testimonianze di chi lo ha frequentato piu' intimamente come collega
e come amico.

3. MEMORIA. PIETRO COMBA: UN MAESTRO
[Dal fascicolo monografico di "Epidemiologia & prevenzione"
(www.epidemiologiaeprevenzione.it) in ricordo di Lorenzo Tomatis]

Ho conosciuto Renzo Tomatis nell'agosto 1978 a Lione, dove seguivo il corso
Iarc di Epidemiologia dei tumori insieme ad alcuni altri colleghi (Paolo
Vineis, Paolo Crosignani, Lorenzo Simonato e Marco Rosselli del Turco). Gli
italiani che partecipavano ai corsi Iarc, durante il soggiorno a Lione,
prima o poi andavano a salutare Tomatis che, pur nella sua riservatezza, si
interessava realmente a sapere che cosa faceva ognuno, dove lavorava e che
progetti aveva. Il messaggio che Tomatis trasmetteva ai giovani era che la
ricerca sul cancro richiede molto impegno, che attraverso ogni ambito
disciplinare si puo' dare un contributo alla comprensione delle cause dei
tumori, ma e' sempre comunque necessario un approccio interdisciplinare:
l'epidemiologo deve avere conoscenze di cancerogenesi sperimentale, e
viceversa. Inoltre, Tomatis teneva molto a che fossimo consapevoli che la
qualita' del lavoro deve sempre essere molto alta. Non c'erano sconti su
questo, soprattutto se qualcuno menzionava motivazioni di ordine sociale o
politico per il proprio impegno professionale. Queste cose Tomatis le
esponeva con poche parole, un sorriso, un guizzo degli occhi. La leggerezza
dei toni non impediva pero' di cogliere la profondita' del pensiero. Per noi
era gia' allora una figura di riferimento.
Nell'ottobre 1981, Tomatis venne a Padova per parlare al convegno della
Societa' italiana di medicina del lavoro, dedicato quell'anno ai tumori
professionali. Mentre eravamo li', si seppe che era stato nominato direttore
della Iarc, e questa notizia fu da noi accolta con entusiasmo, anche perche'
avevamo la sensazione, in qualche misura, di giocare nella sua stessa
squadra, pur svolgendo un ruolo enormemente piu' modesto e circoscritto.
Qualche anno dopo, nel novembre 1988, a Firenze, presentai una relazione a
un congresso al quale partecipava anche lui. Dopo il mio intervento, mi
disse in modo garbato e lievemente ironico che condivideva il contenuto ma
il mio tono era stato un po' sopra le righe. Avrei potuto parlare con
maggior sobrieta' e uguale efficacia. Negli anni successivi cercai sempre di
mettere in pratica questo insegnamento.
Quando Renzo torno' in Italia, fu piu' facile per noi avere contatti con
lui, anche perche' grazie alla posta elettronica gli si poteva chiedere per
esempio di leggere un lavoro e formulare dei commenti, compito al quale non
si sottraeva, ovvero di dare un parere su un particolare progetto di
ricerca. Coerentemente con la sua impostazione ben riflessa nel progetto
delle Monografie Iarc, il suo interesse andava soprattutto agli studi
relativi ad agenti la cui cancerogenicita' era sospetta ma non provata, come
i campi elettromagnetici e le emissioni degli inceneritori. Gli scambi con
lui su questi temi costituirono per noi una fonte di grande arricchimento.
Ho incontrato Renzo l'ultima volta a Mantova nel dicembre scorso. A pranzo
chiese che gli portassero solo delle mele (di cui elogio' la bonta'). Nei
mesi successivi lavoro' ancora molto grazie alla posta elettronica. A
maggio, a fronte di una ulteriore serie di documenti che gli chiedevo di
leggere, mi scrisse che era stanco. E questo, come ho capito dopo, era stato
il suo garbato e discreto modo di salutarmi.

4. MEMORIA. LUIGI MARA: L'ESTREMO SALUTO DI "MEDICINA DEMOCRATICA" A LORENZO
TOMATIS
[Dal fascicolo monografico di "Epidemiologia & prevenzione"
(www.epidemiologiaeprevenzione.it) in ricordo di Lorenzo Tomatis]

Care compagne e cari compagni,
apprendo sgomento che da ieri sera il carissimo Lorenzo Tomatis non e' piu'
tra noi.
Con lui, uomo libero di profonda cultura, limpida figura di scienziato, da
sempre impegnato civilmente e socialmente, noi di Medicina Democratica -
cosi' come molte altre persone - perdiamo un amico e un compagno di tante
lotte, sicuro punto di riferimento per affermare la salute e i diritti umani
in ogni dove.
Carissimo Lorenzo,
nel nostro impegno quotidiano faremo tesoro della tua opera e di quanto ci
hai insegnato da uomo libero e di scienza.
Ai familiari esprimiamo le nostre piu' sentite condoglianze a nome personale
e di "Medicina Democratica".

5. MEMORIA. RODOLFO SARACCI: RENZO RICERCATORE
[Dal fascicolo monografico di "Epidemiologia & prevenzione"
(www.epidemiologiaeprevenzione.it) in ricordo di Lorenzo Tomatis riprendiamo
il seguente testo precedentemente apparso nel "Notiziario dell'Associazione
italiana di epidemiologia"]

Sono entrato, e piu' ancora sono restato e ho lavorato per lunghi anni alla
International Agency for Research on Cancer (Iarc), perche' c'era Renzo
Tomatis. Per sei anni, dal 1976 al 1981, e' stato non solo il responsabile
dei laboratori piu' attivi di carcinogenesi sperimentale della Iarc ma anche
il punto di riferimento per quegli epidemiologi che collocavano la loro
ricerca nella prospettiva della salute ambientale e occupazionale e della
prevenzione primaria.
Dal 1982, con la sua nomina a direttore della Iarc e fino al termine del suo
mandato alla fine del 1993, sono stati dodici anni di collaborazione
praticamente quotidiana, rinforzata e alleggerita al tempo stesso dalle
chiacchierate e dalle telefonate serali che erano il nostro angolo del
"gossip" e della cultura, che Renzo possedeva ampia come pochi e animata da
una finissima sensibilita' che non ho ancora incontrato in altri. Mi balza
ora agli occhi il privilegio che ho avuto e che e' dovuto alla tranquilla
attrazione che Renzo aveva saputo esercitare su un numero di ricercatori che
erano entrati alla Iarc: il privilegio di lavorare in un gruppo di
responsabili di unita' di ricerca che potevano operare "guardando avanti"
nello sviluppo di idee e programmi, senza dover spendere e tempo e mente per
"guardarsi le spalle" come accade - per quello che ho constatato nella mia
esperienza - nella maggioranza dei contesti di lavoro. Eravamo, compreso un
intelligente amministratore, una mezza dozzina di "senior" ciascuno con le
proprie idee ed ambizioni, ma condividevamo i principi di ricerca e di
condotta di Renzo e - soprattutto - eravamo sicuri che in qualunque
questione toccasse questi principi non ci saremmo mai trovati uno a
manovrare dietro le spalle degli altri. Se problema c'era l'interessato ne
avrebbe parlato e discusso con Renzo e insieme a Renzo con gli altri. Creare
un clima di ricerca di questo genere e' stato uno dei grandi meriti di Renzo
e si e' eclissato nella Iarc dopo di lui.
Se questo e' un merito che solo chi ha vissuto quegli anni puo' ricordare,
l'altro grande merito di Renzo, questo piu' largamente riconosciuto dentro e
fuori il mondo della ricerca, e' il programma delle Monografie. Forse non ci
si rende sufficientemente conto che le Monografie sono state un programma
evidence-based ante litteram o piuttosto che il metodo ed il rigore
scientifico di cui Renzo aveva idee e pratiche chiare gli ha permesso di
fare, senza etichette particolari e senza copiare da nessuno, dell'autentico
lavoro evidence-based.
All'inizio degli anni Settanta si era accumulata una sostanziale massa di
dati, peraltro dispersi, sia sperimentali che epidemiologici sugli agenti
cancerogeni chimici, fisici e biologici. Ma non ne esisteva nessuna lista
largamente accreditata presso la comunita' scientifica e l'Organizzazione
Mondiale della Sanita' suggeri' alla Iarc di allestirne una, un lavoro
presunto di alcuni mesi o un paio di anni. La reazione di Renzo e' stata
quella non tanto di compiacere magari diplomaticamente a questa legittima
richiesta ma anzitutto di saper osservare (che e' la qualita' prima del
ricercatore) la realta' come effettivamente si presentava: come era
possibile produrre una lista senza aver condotto una valutazione critica e
comprensiva di tutte le evidenze esistenti su un agente (gia' la semplice
idea di riunire in modo sistematico dati sperimentali ed epidemiologici
suonava innovativa rispetto, se non alla teoria, alla pratica del tempo)? E
come e' possibile condurre questo tipo di valutazione approfondita senza
riunire e far interagire esperti di ciascuno dei settori di ricerca
pertinenti? La "lista" poteva dunque solo essere, se doveva essere
scientificamente solida, il prodotto di lunga lena di un lavoro
interdisciplinare di valutazione: da qui sono nate le Monografie. In un
certo senso controcorrente.
Colleghi e ricercatori reputati gli dissero che era una bella idea ma
irrealizzabile, i piu' ottimisti gli predissero che dopo la valutazione di
uno o due agenti (asbesto, amine aromatiche) il programma si sarebbe
afflosciato perche' mancavano i dati, e se la Iarc approvo' che Renzo e
qualche collaboratore dedicassero una porzione del loro tempo al progetto,
Renzo dovette trovarsi i fondi per svilupparlo al di fuori delle risorse del
budget ordinario (all'Nci americano). Quando sono entrato alla Iarc nel 1976
il programma aveva invece felicemente superato l'infanzia e si cominciava a
rendersi conto della necessita' di dare una struttura coerente ai criteri di
valutazione che i diversi gruppi di lavoro si erano di volta in volta dati:
era stata una esperienza indispensabile per non creare criteri aprioristici
e nel vuoto ma che ora richiedeva di andare oltre sul piano della
omogeneita' del programma e della leggibilita' dei metodi di lavoro dei
gruppi di valutazione. Cosi' le Monografie sono evolute e rapidamente
divenute un riferimento internazionale.
Di Renzo ricercatore ci sarebbe molto da dire. Ma questi due meriti, l'aver
creato un insieme coeso di ricercatori "senior", all'origine con i loro
collaboratori di programmi di cui fino ad oggi si vedono i risultati
scientifici, e l'aver anticipato nel settore del rischio cancerogeno per
l'uomo un lavoro evidence-based sono tra i maggiori.

6. MEMORIA. GIORGIO TAMBURLINI: I MESSAGGI DI LORENZO TOMATIS
[Dal fascicolo monografico di "Epidemiologia & prevenzione"
(www.epidemiologiaeprevenzione.it) in ricordo di Lorenzo Tomatis]

Lorenzo Tomatis e' stato innanzitutto e soprattutto un ricercatore e un
direttore di ricerca che ha, con assoluta coerenza, contribuito a sviluppare
e trasmettere un messaggio scientifico. E' stato, inoltre, un intellettuale
impegnato che ha sviluppato una sua visione di politica della scienza e, in
questo ambito, un messaggio altrettanto chiaro e coerente. E' stato anche
uno scrittore e un uomo con una sua visione del mondo, a me pare
strettamente legata alla sua esperienza professionale. Mi sono riproposto di
ricordarli, questi suoi messaggi, entrambi inerenti a temi che mi sono
particolarmente cari.
*
In quanto ricercatore impegnato nel campo della carcinogenesi sperimentale,
Lorenzo Tomatis ha contribuito alle nostre conoscenze sulla carcinogenicita'
di numerose sostanze chimiche. Per citarne solo alcune, piu' note al
pubblico: l'asbesto, il cadmio, il Ddt, il tricloroetilene, il benzene. Il
suo lavoro, prima come ricercatore in laboratorio e poi come direttore dal
1984 al 1993 dello Iarc, e' stato quello di studiare i meccanismi della
carcinogenesi chimica e di testare le diverse sostanze in modo da
evidenziarne la eventuale carcinogenicita'. Fondamentale il suo contributo
alle monografie che lo Iarc ha prodotto a partire dagli anni '70, che
classificano le sostanze a seconda del rischio di indurre il cancro,
consentendo cosi' al legislatore azioni per ridurne l'immissione
nell'ambiente o perlomeno l'esposizione nella popolazione generale e nei
lavoratori esposti. La sua linea di pensiero era che ogni sostanza dovesse
essere adeguatamente testata per il suo potenziale carcinogeno prima di
essere immessa nell'ambiente e che basarsi sulla sola evidenza
epidemiologica, benche' fondamentale, rischiasse di farci arrivare troppo
tardi per consentire una azione di prevenzione sufficientemente precoce.
Analogamente, Tomatis ha sempre sostenuto che, certo, la diagnosi precoce
dei tumori e' essenziale, ma che la prima linea di difesa contro il cancro
deve essere quella della prevenzione primaria, quindi della riduzione o
eliminazione della esposizione ai carcinogeni ambientali. Avendo sempre
sostenuto la rilevanza della carcinogenesi ambientale, si e' trovato a
contrastare le opinioni, di volta in volta prevalenti fra gli oncologi
ricercatori, che la maggior parte dei tumori potesse avere una origina
infettiva, in particolare virale, o, in seguito, sostanzialmente genetica.
Oggi sappiamo che l'eziologia dei tumori e' multifattoriale, cioe' che, a
seconda del tipo di tumore, vi contribuiscono in misura diversa tutti questi
elementi, e non vi e' alcun dubbio che fattori ambientali sono decisivi
nell'indurre modificazioni del Dna, che a loro volta poi possono portare al
cancro, oppure nel contribuire allo sviluppo del cancro in individui
geneticamente predisposti. Vorrei ancora ricordare, qui, in un istituto
materno-infantile, che uno dei suoi piu' recenti campi di interesse era la
carcinogenesi transgenerazionale, dimostrata sperimentalmente nei topi ma
anche, purtroppo, dagli "esperimenti naturali" sull'uomo, basti citare il
caso del dietilstilbestrolo.
*
Come uomo impegnato prima nella ricerca di laboratorio, prima
all'Universita' di Torino, poi soprattutto a Chicago, suo luogo cruciale di
formazione come ricercatore, Lorenzo Tomatis si e' misurato molto
precocemente con gli interessi che possono alterare la missione della
ricerca scientifica in particolare nel campo biomedico: in un primo momento
i tradizionali nepotismi che caratterizzavano, e ancora caratterizzano, una
parte del mondo universitario e della ricerca, soprattutto in Italia; in un
secondo momento, e per tutto il resto della sua vita, i potenti interessi
commerciali in grado di impedire la ricerca, distorcerne i risultati,
impedire la pubblicazione dei risultati non graditi, promuovere studi che
hanno gia' risposte precostituite. E' da ricordare la sua battaglia
all'interno dello Iarc, agenzia che per il suo mandato e' sempre stata
sottoposta a pressioni da parte degli interessi commerciali, ad un certo
punto toccata dallo scandalo riguardante l'attivita' delle grandi
multinazionali del tabacco e la loro penetrazione tra alcuni ricercatori; la
sua polemica con lo stesso Iarc, una volta uscitone nel 1993, quando a suo
parere l'Agenzia era diventata troppo morbida nei confronti della pressione
dell'industria; i suoi lavori a denuncia di quello che chiamava il "business
bias" e cioe' quegli studi direttamente o indirettamente finanziati
dall'industria e tesi a contrastare le evidenze sulla carcinogenicita' di
alcune sostanze prodotte dalla ricerca indipendente. A causa di queste
posizioni, Lorenzo Tomatis e' entrato in contrasto con una parte non piccola
del mondo oncologico e scientifico, italiano e internazionale.
Il suo piu' recente romanzo, Il fuoriuscito, e' sostanzialmente una
autobiografia che ripercorre le tappe del suo esilio, prima dall'Italia come
ricercatore, poi da una parte del mondo scientifico come fautore
irriducibile dell'indipendenza della ricerca, e fustigatore di molti esperti
internazionali collusi con gli interessi dell'industria. Un altro aspetto
del suo impegno, a meta' strada fra la ricerca e l'impegno politico, era la
dimostrazione e la denuncia delle disuguaglianze sociali nella esposizione
ai carcinogeni ambientali, e quindi dell'intreccio inesorabile tra la
poverta' e la gran parte dei tumori.
*
Tomatis e' stato quindi un pioniere di istanze che sono oggi attualissime:
la valutazione preventiva e a carico dell'industria del rischio biologico
delle sostanze immesse nell'ambiente, il principio di precauzione per cui di
fronte al rischio di un danno irreversibile misure devono essere prese per
proteggere la popolazione dagli inquinanti ambientali anche in attesa di
prove incontrovertibili di nocivita', la necessita' della dichiarazione di
eventuali conflitti di interessi da parte di ricercatori e consulenti. Tutti
principi ora accolti: i primi nel programma Reach approvato dalla
Commissione Europea, l'ultimo dalle maggiori testate scientifiche e dalle
organizzazioni internazionali.
*
Per questi suoi contributi di uomo di scienza a tutto tondo, pensiamo che
dovrebbe essere ricordato dal Burlo ogni anno con un premio a lui
intitolato, da attribuirsi ad un ricercatore che abbia dato un contributo
importante nel campo della prevenzione.
*
Infine, qualche ricordo personale: il primo incontro, gia' significativo,
agli inizi degli anni '80, quando allora giovane medico ebbi a constatare la
sua grande preoccupazione perche' ad un bimbo ricoverato al Burlo per un
piccolo intervento era stato somministrata delle chemicetina
(cloramfenicolo), farmaco noto per il rischio di danno midollare. Nel '96,
quando Sergio Nordio lascio' la direzione dell'Istituto, mi attivai per
portarlo al Burlo Garofolo come direttore scientifico, e, una volta
strappatogli questo impegno, nel coadiuvarlo nell'attivita' di vaglio dei
progetti di ricerca che impiantammo allora con un rigore fino ad allora non
conosciuto. Ebbi modo allora di conoscerlo meglio. Non fu un rapporto sempre
facile, vi era tra noi una tensione, che a volte sfociava in confronti anche
paradossali, come quando in una occasione mi accuso' di eccessivo moralismo
e di presunzione. Credo mi considerasse allora troppo giovane per essere in
grado di misurarmi e misurare gli altri. Ricordo anche che, in quel triennio
in cui resto' direttore scientifico, fece anche parte, su richiesta del
Ministro Bindi, della commissione Di Bella: non particolarmente entusiasta
di questo incarico, che lo costringeva ad occuparsi di questioni
parascientifiche in un ambiente non esaltante, lo aveva accettato perche'
pensava cosi' di essere utile all'Istituto. Fu naturalmente, assieme al
meglio (ma non alla maggioranza) degli oncologi italiani, fortemente critico
di quell'approccio, agli antipodi del rigore scientifico. Piu' recentemente
ci siamo ritrovati in diverse occasioni (come quando, due anni fa, gli fu
attribuito il prestigioso Award del Collegium Internazionale Ramazzini) per
interessi comuni nel campo della salute ambientale, di cui era divenuto un
fervente promotore. Era molto attivo in questo campo quale presidente del
consiglio scientifico dell'International Society Doctors for Environment e
della sua sezione italiana.
*
La sua visione del mondo, per lo meno per la parte che mi e' stato dato di
conoscere, era quella, disincantata e amara, di un mondo dominato dagli
interessi. Chi ha letto i suoi romanzi trovera' lo stile asciutto dell'uomo
di scienza, ma anche l'amarezza di chi si e' trovato spesso sconfitto.
Questa visione lo portava a volte a manifestare una certa sfiducia nella
capacita' delle persone di restare intellettualmente integre, o a criticarne
il protagonismo, lui che certamente era per natura schivo e si teneva
lontano dai riflettori. Anche il suo rapporto con l'Istituto e' stato
contrastato: pensava, e diceva, che le professionalita' presenti in Istituto
erano straordinarie, ma l'Istituto nel suo insieme troppo poco valorizzato
in sede politica, ed allo stesso tempo, con queste professionalita', o
meglio con gli uomini che le incarnavano, non aveva sempre rapporti facili.
Ma l'affetto c'era, sempre: era solito ricordarsi, ad esempio, dei suoi
passati collaboratori presso la direzione scientifica con qualche pensiero.
Caro Lorenzo, noi tutti ci auguriamo che tu possa ora, libero dagli affanni,
sorridere con pienezza, soprattutto nel vedere quanti sono ancora quelli che
ancora si adoperano per lasciare un mondo migliore.

7. MEMORIA. BENEDETTO TERRACINI: SFIDE DA RACCOGLIERE
[Dal fascicolo monografico di "Epidemiologia & prevenzione"
(www.epidemiologiaeprevenzione.it) in ricordo di Lorenzo Tomatis riprendiamo
il seguente testo precedentemente apparso nel "Notiziario dell'Associazione
italiana di epidemiologia"]

Nell'estate del 1948 andavo a casa di Renzo Tomatis, in via Sagliano Micca,
in bicicletta, a studiare istologia. Dopo la laurea, eravamo ambedue
all'istituto di Anatomia Patologica dell'Universita' di Torino. Alla fine
degli anni '50, siamo stati insieme all'unita' di cancerogenesi sperimentale
della Chicago Medical School. In Anatomia Patologica, io ero entrato come
"volontario" un po' prima di lui. Secondo le regole del tempo, avevo quindi
piu' diritti per avere un posto di assistente: cosi' tornai in Italia nel
1960 senza preoccuparmi troppo del mio futuro scientifico. Le chance di
Renzo di trovare lavoro in una istituzione di ricerca in Italia erano poche
e lui non sarebbe tornato in Italia senza la garanzia di poter fare ricerca.
I suoi primi insuccessi per rientrare sono ben raccontati nel libro Il
laboratorio. L'ultima frustrazione ebbe luogo negli anni '80, quando
presento' domanda a un concorso per un posto di professore universitario di
oncologia, domanda che decise di ritirare dopo che gli venne garbatamente
fatto notare che un candidato del suo calibro avrebbe cozzato con decisioni
gia' prese nei salotti baronali, con conseguenze indicibili. Chissa' se
qualcuno si preoccupera' mai di misurare il danno culturale causato dalla
esclusione di Renzo da parte dell'accademia italiana.
Secondo me, il maggior successo scientifico di Renzo sono state le
Monografie Iarc. Verso il 1970, nella sua qualita' di responsabile
dell'Unita' di Cancerogenesi Chimica, era tempestato di richieste di elenchi
di cancerogeni. Sindacati e industriali si illudevano ñ per motivi diversi ñ
di potersi muovere su un terreno sicuro in tema di rischi di cancro
professionale. Per i governi, poi, scaricare qualsiasi responsabilita' per
il controllo dei rischi lavorativi su un organismo internazionale era un
invito a nozze. Renzo capi' immediatamente quanto equivoche sarebbe stata
una "lista nera" avallata da un organismo come lo Iarc. L'alternativa era
una elaborazione responsabile delle osservazioni scientifiche (precorrendo
l'attualmente tanto decantata "evidenza"). Ma Renzo capi' altre due cose che
allora erano rivoluzionarie: una valutazione dei dati scientifici
sottintendeva interdisciplinarieta' del gruppo di lavoro e il gruppo di
lavoro doveva spiegare il proprio ragionamento in modo trasparente,
facendolo capire anche ai non scienziati. La composizione e il modo di
lavorare del gruppo di lavoro sono stati cruciali per la credibilita' delle
monografie (soltanto dopo l'uscita di scena di Renzo in ambiente Oms ci si
e' posti il problema di verificare i conflitti di interesse dei membri dei
vari gruppi di lavoro).
In tema di rischi di cancro, Renzo lascia due sfide a chi vuole raccoglierne
l'eredita'. Uno riguarda i "possibili" cancerogeni presenti nell'ambiente di
lavoro, che (diversamente dai "probabili" e dai "certi") non sono oggetto di
regolamentazione, ne' nell'Unione Europea ne' altrove. L'incertezza
retrostante l'aggettivo "possibile" talora riflette contraddizioni
biologiche difficili da comprendere. Ma molto spesso l'incertezza deriva dai
limiti degli studi epidemiologici, che a loro volta derivano dalla scarsa
disponibilita' delle aziende: poverta' dei database, carenza di misurazioni
ambientali e soprattutto riluttanza a collaborare, nel timori che le
ricerche svelino chissa' quali responsabilita'.
L'altra sfida, piu' sottile, vuole superare l'abitudine di concentrarsi su
un agente per volta. Nei luoghi di lavoro, le circostanze sono cambiate: da
esposizioni massicce a poche sostanze si e' passati a esposizioni contenute
a molti agenti. Per la maggior parte di questi, della nocivita' se ne sa
assai poco. Ancora di meno si sa sulla possibilita' che interagiscano tra di
loro. A fronte degli algoritmi tradizionali per misurare la nocivita' di
ciascun agente sono quindi necessarie strategie precauzionali nuove, alla
cui definizione sono chiamati gli epidemiologi di tutto il mondo.

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 117 del 4 dicembre 2007

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