La nonviolenza e' in cammino. 1299



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1299 del 18 maggio 2006

Sommario di questo numero:
1. Un'agenda per il disarmo
2. Lidia Menapace: Nonviolenza e politica
3. Per il 2 giugno: la Costituzione, la pace, il diritto alla vita e alla
dignita' di ogni essere umano
4. Umberto Santino: Sulla cattura di Provenzano. L'incubo, la farsa e lo
stereotipo
5. Roberto Mancini: La lunga transizione italiana
6 La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'

1. MATERIALI. UN'AGENDA PER IL DISARMO
[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: mao at sis.it, e anche presso la
redazione di "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803, fax  0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org) per averci inviato la relazione del Gruppo di lavoro
"Agenda per il disarmo" che si e' riunito durante i lavori del XXI seminario
nazionale della Tavola della pace "Per un'Italia nonviolenta: una politica
di pace" (Riccione, 13 maggio 2006). Scrive Mao Valpiana nella lettera di
accompagnamento del documento: "Il gruppo di lavoro e' stato coordinato da
Lisa Clark dei 'Beati i costruttori di pace'; la relazione preparata ed
illustrata in assemblea generale da Renzo Craighero del Movimento
Nonviolento di Bologna. Hanno partecipato al gruppo di lavoro, tra gli
altri, Lorenzo Scaramellini (Campagna Osm/Dpn), Renato Fiorelli (Movimento
Nonviolento di Gorizia), Tiziano Tissino (Beati i costruttori di pace di
Pordenone), Mao Valpiana (Movimento Nonviolento di Verona), e mi scuso con
le altre due persone presenti di cui non ricordo il nome"]

Proposta di agenda per il disarmo. Relazione svolta in plenaria il 13 maggio
2006 come esito del gruppo di lavoro coordinato da Lisa Clark nell'ambito
del seminario "Per un'Italia nonviolenta: una politica di pace".
*
Premessa: anche il nostro gruppo non ha avuto una grande partecipazione: una
decina di persone per lo piu' amiche e amici della nonviolenza. Assenti i
rappresentanti degli enti locali: una assenza forse giustificata dalla
priorita' data ad altre commissioni e che pertanto ci auguriamo non sia
frutto di una disattenzione al tema del disarmo ma che derivi da una
situazione contingente.
*
Abbiamo colto e apprezzato il titolo di questo seminario "Insieme per una
Italia nonviolenta", e da questa visione e impostazione, dal profilo alto e
impegnativo, siamo partiti nel delineare le nostre proposte di una agenda
per il disarmo.
"Insieme per una Italia nonviolenta" ci fa fare i conti con la prospettiva
di una Italia senza armi, una prospettiva non di immediata attuazione ma un
percorso. Un percorso che deve tener conto del punto da cui si parte: quello
di un paese il cui modello di difesa e' caratterizzato in senso offensivo.
Da qui una prima osservazione di carattere strategico: dobbiamo cambiare il
nostro modello di difesa passando dall'attuale "difesa offensiva" ad una
"difesa difensiva armata" almeno in coerenza con l'art.11 della nostra
Costituzione, per arrivare poi ad una "difesa civile non armata" o "difesa
popolare nonviolenta".
Dobbiamo in sostanza richiedere al nuovo Governo di attuare un processo di
transarmo.
Riteniamo che a questo fine si debba operare contemporaneamente lungo tre
direttrici di marcia:
- dismettere gli apparati offensivi;
- ridurre le spese militari;
- avviare e sostenere forme alternative di difesa.
*
Relativamente al primo punto (dismettere gli apparati offensivi), abbiamo
preso in considerazione subito la questione del nucleare militare. Una
questione tornata alla ribalta della cronaca per il contenzioso sul caso
Iran, ma che sarebbe sbagliato circoscrivere a questo fatto: riteniamo
infatti che l'instabilita' e le minacce alla sicurezza derivino in primo
luogo da quegli Stati che gia' producono e detengono bombe nucleari.
Sappiamo peraltro, sul tema del nucleare, di cogliere l'attenzione e
sensibilita' della Tavola per la pace in quanto furono proprio alcuni enti
locali contrari al nucleare (anche civile) a dar vita diversi anni fa al
Coordinamento degli enti locali per la pace.
Occorre, rispetto al nucleare militare, prendere posizione e prevedere:
- lo smantellamento delle testate nucleari presenti nel nostro Paese e nel
contempo la chiusura delle basi portuali riservate alle navi nucleari. Per
questo riteniamo necessario chiedere al nuovo Governo di partecipare
all'Assemblea Nato di novembre esprimendo una chiara posizione di rinuncia
all'opzione nucleare e di richiesta di smantellamento degli arsenali
nucleari presenti nel nostro Paese. E' una posizione che gi altri Governi
hanno assunto in passato, pur mantenendo l'adesione alla Nato, e che alcuni
altri Governi sono oggi orientati ad assumere;
- il sostegno ad azioni legali contro il Governo Usa per i potenziali danni
derivanti alle popolazioni presenti in vicinanza delle basi militari, in
conseguenza di possibili incidenti o attacchi. Invitiamo pertanto gli enti
locali, le associazioni, le singole persone, ad aderire al Comitato in via
di costituzione "Via le bombe" da Aviano e dall'Italia.
Nel contempo occorre, rispetto all'apparato militare convenzionale,
prevedere la rinuncia e dismissione di tutti i mezzi e sistemi d'arma di
carattere strutturalmente offensivo, dai cacciabombardieri alle portaerei,
sia quelli gia' esistenti che in fase di costruzione.
*
Relativamente al secondo punto (ridurre le spese militari), abbiamo
condiviso che non basta una riduzione una tantum ma che ci interessa il
trend di riduzione della spesa e il complesso delle azioni messe in campo.
Per questo:
- chiediamo al nuovo Governo di ridurre le spese militari di almeno il 5%
l'anno per tutta la durata della legislatura, riducendo in primo luogo -
nell'ambito del bilancio militare - le spese della funzione Difesa;
- invitiamo lo stesso Governo a ripristinare e rafforzare i controlli sulla
legge 185 limitativa del commercio d'armi;
- chiediamo a tutti di sostenere la Campagna "ControlArms", alle sue ultime
battute, e al Governo di sostenere la proposta per un Trattato
internazionale sul commercio delle armi leggere, in occasione della
conferenza di giugno dell'Onu sui traffici illeciti di armi leggere;
- invitiamo ad impegnarci per la riconversione delle fabbriche d'armi
avviando sul territorio, in stretto raccordo con le organizzazioni
sindacali, studi e progetti pilota di riconversione.
*
Relativamente al terzo punto (avviare e sostenere forme alternative di
difesa), pensiamo che non basta dire no alla difesa armata e eliminare le
armi, ma dobbiamo accompagnare queste azioni con lo sviluppo dell'educazione
alla pace e il sostegno istituzionale e civile a progetti e forme di difesa
alternativa a quella militare. Con questo  fine proponiamo al Governo:
- di istituire un "Ministero per il disarmo e la pace" dotato di adeguate
risorse, recuperate anche dalle minori spese derivanti dal Ministero della
Difesa;
- consentire ai cittadini, con una apposita legge, di esercitare l'opzione
fiscale come proposto da anni dalla Campagna nazionale di obiezione alle
spese militari;
- di sostenere e sviluppare l'attivita' dei Corpi civili di pace;
- di sostenere e sviluppare le ricerche sulla pace.
*
Concludo segnalando che come gruppo di lavoro auspichiamo:
- che la Tavola per la pace mantenga e accentui l'attenzione al tema del
disarmo, riservando allo stesso uno spazio adeguato nell'ambito degli
appuntamenti futuri;
- che, nel contempo, la Tavola attivi una azione di monitoraggio sullo stato
di avanzamento e sull'esito delle proposte e iniziative attuate su questo
tema;
- che si costituisca un tavolo di lavoro stabile di confronto e discussione
fra Tavola/movimenti e parlamentari per il disarmo;
- che la Tavola inviti i parlamentari ad aderire alla rete internazionale
dei parlamentari per il disarmo nucleare;
- che la Tavola inviti gli enti locali a rafforzare la loro presenza
all'interno della rete internazionale dei sindaci per la pace "Mayors for
peace".

2. RIFLESSIONE. LIDIA MENAPACE: NONVIOLENZA E POLITICA
[Ringraziamo di cuore Giovanna Providenti (per contatti:
providen at uniroma3.it) per averci messo a disposizione questa ampia sintesi
della trascrizione dell'intervento conclusivo di Lidia Menapace al convegno
su "Nonviolenza e politica" svoltosi a Firenze il 6 maggio 2006 su
iniziativa del Movimento Nonviolento. (Trattandosi di un intervento orale e
di una trascrizione non rivista dall'autrice si e' reso opportuno come di
consueto in questi casi un minimo lavoro di editing per ricondurre - entro i
limiti del possibile e del ragionevole, e cercando di mantenere almeno la
fragranza del vivido e scintillante colloquiare di Lidia - al registro
linguistico proprio della forma-scrittura le digressioni, i movimenti e le
altre peculiarita' proprie della comunicazione a voce da volto a volto,
che - ça va sans dire - sempre e' la forma comunicativa piu' vibrante di
calore e luminosa venusta'. I titoli dei paragrafi sono naturalmente
redazionali. Degli eventuali fraintendimenti si scusa qui chi sigla questa
nota - p. s.). Lidia Menapace (per contatti: lidiamenapace at aliceposta.it) e'
nata a Novara nel 1924, partecipa alla Resistenza, e' poi impegnata nel
movimento cattolico, pubblica amministratrice, docente universitaria,
fondatrice del "Manifesto"; e' tra le voci piu' alte e significative della
cultura delle donne, dei movimenti della societa' civile, della nonviolenza
in cammino. Nelle elezioni politiche del 9-10 aprile 2006 e' stata eletta
senatrice. La maggior parte degli scritti e degli interventi di Lidia
Menapace e' dispersa in quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi di
autori vari; tra i suoi libri cfr. Il futurismo. Ideologia e linguaggio,
Celuc, Milano 1968; L'ermetismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968;
(a cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani,
Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia
politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in
collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra
indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo
accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna,
Milano 2001; (con Fausto Bertinotti e Marco Revelli), Nonviolenza, Fazi,
Roma 2004]

Contro il riduzionismo, la preziosa ricchezza della molteplicita'
Sono d'accordo con chi ha detto che dobbiamo applicare il metodo del
consenso per prendere le decisioni, ma questo non per raggiungere unita'
forzate o sintesi omologatrici: io sono contrarissima a questi termini, che
in ambito sociale e politico recano una pretesa per cosi' dire "monoteista",
ed impongono una uniformizzazione da cui io resto sempre fuori.
Naturalmente anche un generico pluralismo e' un'altra trappola: perche' non
e' assolutamente detto, ad esempio, che un paese dove ci sono otto partiti
sia piu' democratica di uno dove ce ne sono quattro. Il problema sta nel
fatto di stabilire nel partito l'unica forma della politica, mentre invece
bisogna avere a cuore una molteplicita' di forme.
Ad esempio i movimenti non sono, come dice qualcuno, "pre-politica": bensi'
sono altre forme della politica.
In una societa' complessa come la nostra non e' piu' possibile avere una
sola forma che interpreta la societa', ed e' necessario che i soggetti si
organizzino secondo le proprie caratteristiche; la sfida, a mio parere, e'
quella di riuscire a gestire la molteplicita' lasciandola molteplice, e non
cedere al riduzionismo.
*
Breve un elogio della buona lentezza
Io sento molto forte l'urgenza di fare qualcosa per cambiare le cose per
come stanno andando, ma al tempo stesso so che quando c'e' un'urgenza
bisogna essere lenti.
Cio' di cui avremmo piu' bisogno sarebbe distendere in un tempo ristretto un
ragionamento calmo. Per esempio, noi donne elette in parlamento, che siamo
riunite in un comitato, siamo state gia' sorpassate dalle decisioni che sono
state prese rapidamente da quelli che si sono subito insediati perche' sono
attaccati al loro potere.
Per non parlare della possibilita' di portare in parlamento le
rivendicazioni come quelle ad esempio venute fuori in una giornata come
quella di oggi. Arriva sempre tutto troppo tardi. E ci ritroviamo a fare i
giochi di risulta.
Mentre invece cio' che piu' servirebbe e' avere la forza di dire: "no,
fermiamoci un momento, piu' che di andare veloce adesso serve mantenere una
relazione molto fervida tra rappresentanze e rappresentati/e".
Bisogna fermare il vorticoso moto della politica, rallentare i tempi per
fare spazio alla democrazia, perche' altrimenti ci troviamo sempre di fronte
al fatto che altri, che certo avevano la legittimita' di farlo, hanno preso
le decisioni...
*
Movimenti, forma-partito e limpida un'apologia dell'infedelta' ad ogni
atteggiamento omertoso
Sulla necessita' che i movimenti si autosostengano io ho un atteggiamento
per cosi' dire di dialettica, cio' che mi sembra piu' importante e' non
rimanere sempre in una posizione marginale o peggio sacrificale, una nobile
testimonianza che forse passera' alla storia, ma non la modifica...
I movimenti dovrebbero chiedere un'interlocuzione alla pari con i partiti.
Ad esempio, e' stato detto che il programma dell'Unione e' stato scritto con
il metodo del consenso, ma e' necessario che i movimenti facciano chiarezza
sulle proprie posizioni, anche facendo forza perche' emergano in maniera
chiara.
Soprattutto e' necessario superare un linguaggio troppo generico. Non basta
dire "superamento di una determinata legge", e' necessario anche specificare
che cosa si intende per "superamento", che per alcuni puo' essere andare
avanti, per altri tornare indietro.
Rispetto al partito nelle cui liste sono stata eletta come indipendente, ho
intenzione di mantenere un atteggiamento che definirei "laico", e rispetto a
scelte non nitide o non accettabili sono disposta a fare cose come
spionaggi, infedelta'; non ho nessun problema da questo punto di vista dal
momento che le infedelta' che si pongono a mio carico sono assolutamente
senza numero. Del resto io non credo piu' di tanto a questa forma politica
straordinariamente rispettabile-rispettata che ha finito la sua storia, e
che comunque continua a mantenere un grande potere, che si chiama il
partito.
*
Quel che e' mancato. Di Attila, del linguaggio della violenza, del nascere e
del femminismo
Se devo dire che cosa mi manca in questa giornata: si e' accennato al '68,
all'ecologismo, a molte altre buone cose, ma il femminismo a molti non esce
di bocca neanche sotto tortura, eppure qualsiasi discorso non puo' essere
fatto senza anche questo elemento che e' stato, ed e', una cosa grandiosa;
forse inquietante, perche' mette in gioco le certezze piu' profonde di chi
ha gestito tutto al mondo fino a ieri mattina, e che ha dalla sua la gloria,
la storia, il potere, tutto.
Non per niente tutto quello che fa il padre si studia a scuola, mentre
niente si sa di cio' che fa la madre. Anche solo come si mettono al mondo i
bambini... eh, non si raccontano queste cose... Attila si', ma come si nasce
no!
Un modo di osservare il reale che fa gia' partire inosservate piu' di meta'
delle persone che compongono la specie umana. Un pensiero politico che non
includa cio' che e' il femminismo, e non si aggiorni (perche' il femminismo
non e' mica lo stesso sempre, e inoltre i femminismi sono tanti), e' un
discorso incompleto e sostanzialmente violento.
Anche solo dal punto di vista del linguaggio non inclusivo, il fatto di dire
uomo per intendere l'essere umano comporta un genocidio simbolico di natura
violenta.
*
Ci sono piu' cose tra cielo e terra...
Poi volevo dire qualcosa a proposito del lamentarsi.
E' possibile lamentarsi della mancanza di movimenti e non accorgersi che
c'e' stato "usciamo dal silenzio" e "144 parole di liberta'", entrambi
confluiti nel "no vat"? C'e' un grande movimento laico, che e' nuovo: come
hanno detto le donne di Napoli "la laicita' tradizionale non ci basta".
Si puo' parlare della miserabilita' della politica siciliana e non fare il
nome della novita' grande e luminosa di Rita Borsellino?
E' importante accorgerci di cio' che c'e'. Io lamento questa cecita', questa
frequente incapacita' di leggere il reale nella sua complessita': per questo
vedo male l'unita' e la sintesi perche' sono sempre movimenti
riduzionistici.
Noi invece abbiamo bisogno di una straordinaria capacita' di leggere la
complessita' e di non ridurla.
*
Vincere il referendum costituzionale per respingere il disegno golpista
Luhmann ha scoperto la complessita', ma le ricette che Luhmann ha formulato,
in quanto uomo del corporativismo tedesco, sono insufficienti: tutti i
movimenti vanno bene, basta che non abbiano un disegno generale, poi sopra
ci metti un bel governo con un esecutivo forte, il presidente eletto dal
popolo...
Come avviene con quell'assurda legge di riforma costituzionale contro cui
andremo a votare al referendum di giugno in difesa della Costituzione della
Repubblica Italiana; una legge che se venisse ratificata distruggerebbe
fondamentali elementi di democrazia del nostro ordinamento giuridico: ad
esempio, ditemi voi quale parlamento voterebbe contro il presidente del
consiglio - anzi "capo del governo", come recita il testo del progetto
costituzionale berlusconiano - che lo potrebbe sciogliere?
*
Politica e cultura: la preziosa qualita' dei movimenti di base
Sui movimenti di base come forma politica: i vari movimenti dovrebbero
contaminarsi tra di loro utilizzando meno l'aspetto populista, l'unita' di
popolo, e piu' i contenuti di cultura politica che recano, percha' la cosa
nuova di questi movimenti (quelli contro la Tav in Val di Susa o simili) e'
che hanno compiuto una crescita culturale straordinaria ed hanno elementi di
conoscenza della realta', di collocazione nel tempo, di attualita': sono
assolutamente movimenti presenti, e questo ha una grande importanza.
*
Dalle tessere musive all'ologramma: la parte, il tutto, la liberta', il
rischio, i compiti dell'ora e sorridente una chiusa
Mi premeva di trasmettere l'idea che siamo a uno dei tanti punti di
svolta...
I movimenti non hanno piu' la forma del mosaico, in cui qualcuno ha fatto il
disegno e poi colloca gli altri nei posti delle varie tessere del mosaico. I
movimenti oggi sono olistici, in un  piccolo pezzo di realta' leggono tutto
il reale e questo stabilisce un'altra forma della conoscenza politica e
delle relazioni, naturalmente pero' ti priva del fatto che qualcuno abbia
fatto prima il disegno generale.
Risulta una cosa piu' affascinante, piu' avventurosa, piu' libera se si
vuole, ma anche c'e' il rischio che cosi' ci si arrocchi, non si abbia piu'
la capacita' di mettersi in comunicazione con gli altri.
Io credo che all'interno del movimento ci si debba preoccupare di piu' di
questo genere di problematiche.
Ed occuparsi piu' del presente, questo presente cosi' complesso che ci
sfugge sotto i piedi e che se non lo analizziamo per tempo, e non troviamo
il modo di affrontarlo, ci travolgera'.
A me forse no, perche' me ne andro' prima...

3. APPELLI. PER IL 2 GIUGNO: LA COSTITUZIONE, LA PACE, IL DIRITTO ALLA VITA
E ALLA DIGNITA' DI OGNI ESSERE UMANO
[Riproponiamo - aggiungendo le ulteriori adesioni pervenute - l'appello per
il 2 giugno festa della Costituzione, senza l'abusiva parata militare,
scritto da Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) e sottoscritto
gia' da numerose persone; invitiamo tutte le persone che ci leggono ad
aderire all'iniziativa e a diffonderla ulteriormente. Segnaliamo che anche
altre persone, associazioni e comitati in queste ultime ore hanno promosso
appelli affinche' il 2 giugno non abbia luogo l'oscena esibizione degli
apparati e degli strumenti di guerra]

Signor Presidente della Repubblica,
insieme ai nostri vivi auguri per il Suo alto compito, Le rivolgiamo una
calda richiesta, che viene dal popolo della pace, di festeggiare il prossimo
2 giugno come vera festa della Costituzione, come festa del voto popolare
che ha voluto la Repubblica e eletto la Costituente, e niente affatto come
festa militare.
Ammessa, per amore di dialogo, e non concessa la necessita' dell'esercito -
che noi come tale discutiamo (tra esercito e polizia democratica la
differenza e' essenziale, come tra la violenza e la forza, la forza omicida
e la forza non omicida) - esso non e' assolutamente il simbolo piu' bello e
vero della patria, non e' l'esibizione giusta per il giorno della festa
della Repubblica: nell'ipotesi piu' benevola, e' soltanto una triste
necessita'.
La parata militare e' brutta tristezza e non e' festa. La parata delle armi
non festeggia la vita e le istituzioni civili del popolo, non dimostra
amicizia verso gli altri popoli, non e' saggezza politica. Non e' neppure un
vero rispetto per chi, sotto le armi, ha perso la vita.
Rispettando le diverse opinioni, e' un fatto inoppugnabile che l'esercito
non ha avuto alcuna parte nell'evento storico del 2 giugno 1946, quando
unico protagonista e' stato il popolo sovrano e l'azione democratica
disarmata: il voto.
Nella festa del 2 giugno l'esercito e' fuori luogo, occupa un posto che non
e' suo.
*
Primi firmatari: Enrico Peyretti, Lidia Menapace, Anna Bravo, Giancarla
Codrignani, Angela Dogliotti Marasso, Alberto L'Abate, Marco Revelli, Luigi
Sonnenfeld, Gianguido Crovetti, Michela Vitturi, Patrizia Rossi, Alessandra
Valle, Gennaro Varriale, Clara Reina, Enzo Arighi, Fabio Ragaini, Pasquale
Pugliese, Nella Ginatempo, Stefano Longagnani, Martina Pignatti Morano,
Ilaria Giglioli, Francesca Vidotto, Simone D'Alessandro, Carlo Corbellari,
Franca Maria Bagnoli, Mario Signorelli, Lucia Ceccato, Nandino Capovilla,
Maria G. Di Rienzo, Carlo Minnaja, Melo Franchina, Carmine Miccoli, Doriana
Goracci, Mariagrazia Campari, Stefano Dall'Agata, Enea Sansi, Alfredo Izeta,
Claudia Cernigoi, Michele de Pasquale, Antonio Sorrentino, Aldo e Brunella
Zanchetta, Roberto Fogagnoli, Franco Borghi, Enza Longo, Annalisa Frisina,
Alessandro Cicutto, Marcella Bravetti, Giuliana Beltrame, Giuliano Cora',
Mariangela Casalucci, Mao Valpiana, Margherita Del Bene, Sergio Giorni,
Claudia Marulo, Dario Cangelli, Carlo Ferraris, Danila Baldo, Gino Buratti,
Marco Tarantini, Elisabetta Donini, Francesco Cappello, Donato Zoppo,
Antonella Sapio, Franca Franchini, Franco Franchini, Francesco D'Antonio,
Maurizio Campisi, Letizia Lanza, Adriana Mascoli, Francesco Boriosi,
Agostino Regnicoli, Assunta Signorelli, Maria Edoarda Trillo', Giovanni
Sarubbi, Angela Lostia, Antonia Sani, Lidia Maggi, Renzo Craighero, Antonio
Campo, Franco Bardasi, Giancarlo Nonis, Maria Laura Massai, Piergiorgio
Acquistapace, Maria Teresa Pellegrini Raho, Tiziano Tissino, Antonio
Dargenio, Mirella Sartori, Pierpaolo Loi, Sergio Vergallito, Alessandra De
Michele, Luisa Gissi, Margherita Moles, Bortolo Domenighini, Norma
Bertullacelli, Giuseppe Pavan e Carla Galetto, Giorgio Grimaldi, Giovanni
Santoruvo, Paolo Rosa', Sashinka Gorguinpour, Alidina Marchettini, Luca
Bolognesi, Edoardo Daneo, Patrizia Parodi, Antonio Bianciardi, Francesco
Pavanello, Riccardo Borgioli, Leila d'Angelo, Alberto Procaccini, Giorgio
Gallo, Giuseppina Catalano, Pasquale Iannamorelli, Maria Rosaria Mariniello,
Luigi Pirelli, Osvaldo Ercoli, Rodolfo Carpigo, Pierluigi Ontanetti, Bruno
Fini, Marco A. Lion, Anna Maria Bruzzone, Massimo Dalla Giovanna, Bruno
(Alberto) Simoni, Fabio Corazzina, Sofia Del Curto, Sandra Cangemi, Giuseppe
Reitano, Katia Bouc, Lucilla Mancini, Giuliana Cupi, Tommaso Gamaleri,
Alberta Pongiglione, Alessandro Gamaleri, Daniele Dalmazzo, Daniela
Musumeci, Claudia Berton, Cristiano Rodighiero, Francesca Mele, Massimiliano
Carra, Luciano Ghirardello, Irene Campari, Gianluca Carmosino, Evelina
Savini, Maria Pia Simonetti, Giuliano Falco, Laura Picchi, Andrea Picchi,
Marcella Fasciolo, Carlo Olivieri, Gabriele Aquilina e Elena Dall'Acqua,
Carlo Schenone, Silvano Tartarini, Maria Stella Ruffini, Maurizio Berni,
Agnese Manca, Elisabetta Badessi, Francesco Fiordaliso, Vito Correddu,
Pierangelo Monti, Annamaria Rivera, Antonino Drago, Gianfranco Laccone,
Michele Stragapede, Giacomo Grasso, Floriana Lipparini, Chiara Cavallaro,
Albino Bizzotto, Marcello Storgato, Fabrizio Canaccini, Marta Giraudo,
Flavia Neri, Giusi Lauro, Paola Bientinesi, Andrea Maggi, Marco Giubbani,
Lucia Salemi, Marco Mamone Capria, Alberto Trevisan, Tiziana Bonora, Roberto
Varone, Maria Luisa Paroni, Chiara Pedersoli, Eugenio Lenardon, Paola
Vallatta, Davide Ballardini, Rosa Graziuso, Eleonora Parlanti, Antonio
Ariberti, Simone Mantia, Francesca Vecera, Osvaldo Dino del Savio, Barbara
Todaro, Costanza Vecera, Augusta De Piero, Renato Mirabile, Elena Malan,
Ronal Mirabile, Dina Losi, Michele Gramazio, Franco Verderi, Giuseppe
Gonella, Silvia Trombetta, Luca Giusti, Gigi Perrone, Silvia Vienni, Piero
Coltelli, Margherita Granero, Roberta Ronchi, Ezio Bertaina, Rosaria
Lombardi, Anna Culpo e Andrea Piazza, Andrea Montagner, Roberto Vignoli,
Marneo Serenelli, Giuliano Pontara, Sara Michieletto, Elvio Arancio, Luisa
Mondo, Carla Capella, Daniele Biagiotti, Attilio Aleotti, Gianpaolo
D'Errico, Silva Falaschi, Antonio Versari, Daniele Vasta, Cristina Ferrando,
Daniele Todesco, Renato Solmi, Alfredo Panerai, Giovanni Pellegrini Raho,
Tarcisio Alessandrini, Francesco Lo Cascio, Pio Russo Krauss, Alberto
Marcone, Tommasina Squadrito, Lucia Russo, Tiziano Cardosi, Maria Perino,
Stefano De Guido, Vincenzo Dipierro, Fabiola Campillo, Guy Fontanella,
Teresa Maria Sorrentino, Sante Gorini, Daniela Giammarco, Pina Garau,
Roberta Consilvio, Gaetano Pascoletti, Isabella Sardella Bergamini, Carla
Pellegrini Raho, Anna Maria Livierato...
*
Per aderire all'iniziativa: scrivere lettere recanti il testo dell'appello
al Presidente della Repubblica (all'indirizzo di posta elettronica:
presidenza.repubblica at quirinale.it, ricordando che si deve firmare con il
proprio nome, cognome e indirizzo completo, altrimenti le lettere non
vengono prese in considerazione), e comunicare a "La nonviolenza e' in
cammino" (e-mail: nbawac at tin.it) di avere scritto al Presidente.

4. RIFLESSIONE. UMBERTO SANTINO: SULLA CATTURA DI PROVENZANO. L'INCUBO, LA
FARSA E LO STEREOTIPO
[Dal sito del Centro Impastato (per contatti: via Villa Sperlinga 15, 90144
Palermo, tel. 0916259789, fax: 091348997, e-mail: csdgi at tin.it, sito:
www.centroimpastato.it) riprendiamo questo intervento di Umberto Santino
dell'aprile 2006 (estratto dalla sua prefazione al libro di Ernesto Oliva,
Salvo Palazzolo, Bernardo Provenzano, Rubbettino, Soveria Mannelli 2006).
Umberto Santino ha fondato e dirige il Centro siciliano di documentazione
"Giuseppe Impastato" di Palermo. Da decenni e' uno dei militanti democratici
piu' impegnati contro la mafia ed i suoi complici. E' uno dei massimi
studiosi a livello internazionale di questioni concernenti i poteri
criminali, i mercati illegali, i rapporti tra economia, politica e
criminalita'. Tra le opere di Umberto Santino: (a cura di), L'antimafia
difficile,  Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo
1989; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, La violenza programmata. Omicidi e
guerre di mafia a Palermo dagli anni '60 ad oggi, Franco Angeli, Milano
1989; Umberto Santino, Giovanni La Fiura, L'impresa mafiosa. Dall'Italia
agli Stati Uniti, Franco Angeli, Milano 1990; Giorgio Chinnici, Umberto
Santino, Giovanni La Fiura, Ugo Adragna, Gabbie vuote. Processi per omicidio
a Palermo dal 1983 al maxiprocesso, Franco Angeli, Milano 1992 (seconda
edizione); Umberto Santino e Giovanni La Fiura, Dietro la droga. Economie di
sopravvivenza, imprese criminali, azioni di guerra, progetti di sviluppo,
Edizioni Gruppo Abele, Torino 1993; La borghesia mafiosa, Centro siciliano
di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia come soggetto
politico, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo
1994; Casa Europa. Contro le mafie, per l'ambiente, per lo sviluppo, Centro
siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia
interpretata. Dilemmi, stereotipi, paradigmi, Rubbettino Editore, Soveria
Mannelli 1995; Sicilia 102. Caduti nella lotta contro la mafia e per la
democrazia dal 1893 al 1994, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe
Impastato", Palermo 1995; La democrazia bloccata. La strage di Portella
della Ginestra e l'emarginazione delle sinistre, Rubbettino Editore, Soveria
Mannelli 1997; Oltre la legalita'. Appunti per un programma di lavoro in
terra di mafie, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato",
Palermo 1997; L'alleanza e il compromesso. Mafia e politica dai tempi di
Lima e Andreotti ai giorni nostri, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli
1997; Storia del movimento antimafia, Editori Riuniti, Roma 2000; La cosa e
il nome. Materiali per lo studio dei fenomeni premafiosi, Rubbettino,
Soveria Mannelli 2000. Su Umberto Santino cfr. la bibliografia ragionata
"Contro la mafia. Una breve rassegna di alcuni lavori di Umberto Santino"
apparsa su questo stesso foglio nei nn. 931-934]

Con la cattura di Provenzano e' finito un incubo (quello del supercapomafia
onnipotente, al centro di tutte le trame criminali del nostro tempo), e'
finita la farsa (quella della "primula rossa" inafferrabile, nonostante
fosse, come tutti pensavano e dicevano, a due passi da casa, e
inconoscibile, nonostante la pioggia di identikit presentati pure a "Chi
l'ha visto", delle esternazioni che lo davano per morto o dei filmati che lo
reclutavano tra i fantasmi), ma non e' detto che sia finito lo stereotipo
(secondo cui Provenzano avrebbe incarnato l'"altra mafia", quella della
moderazione e della pax mafiosa).
La "pista del bucato" (il latitante da 43 anni e' stato trovato seguendo il
viaggio di un pacco con la biancheria pulita inviato dalla moglie, dalla sua
casa di Corleone) questa volta e' andata in porto e non ci si puo' non
chiedere quante altre piste, in piu' di quattro decenni, sono state percorse
invano o sono state lasciate a meta' o non sono state neppure avviate.
Premono altre domande: chi e' stato realmente Provenzano, chi ha coperto la
sua latitanza, cosa puo' succedere dopo la sua cattura?
Provenzano e' stato presentato come lo stratega e il garante della pax
mafiosa e il campione della moderazione. In realta' e' stato un uomo per
tutte le stagioni: killer con Luciano Liggio in gioventu', stragista con
Riina negli anni '80 e nei primi anni '90, ha riverniciato la moderazione
quando Cosa nostra ha ricevuto dei colpi e bisognava far buon viso a cattivo
gioco. Piu' una scelta obbligata che una vocazione. Un'ennesima
dimostrazione della capacita' della mafia di coniugare continuita' e
trasformazione, rigidita' formali ed elasticita' di fatto.
Chi ha coperto la sua latitanza? Ormai e' il segreto di Pulcinella:
Provenzano e' stato coperto da professionisti, imprenditori, politici,
uomini delle istituzioni. Di parecchi si sanno nome e cognome, qualcuno e'
sotto processo, con varie incriminazioni, che vanno dall'associazione
mafiosa al concorso esterno e al favoreggiamento.
Non so se Provenzano collaborera' (piu' d'uno pensa di no), comunque ora che
e' stato catturato ci sara' modo di aggiungere altri nomi a una lista che e'
gia' abbastanza nutrita. E va ribadito che coloro che hanno garantito una
latitanza cosi' lunga, sono gli stessi o sono amici e colleghi di tutti
coloro che hanno messo in piedi la struttura imprenditoriale-finanziaria e
assicurato proficui collegamenti con il mondo politico e istituzionale.
Ormai tutti, o quasi, parlano di "borghesia mafiosa", espressione che
utilizzo dai lontani anni '70 e che fino a poco tempo fa era considerata
frutto di fantasie estremistiche e di "suggestione", ma si tratta di un
concetto concretissimo che, lungi dal configurare una criminalizzazione
generalizzata, individua in soggetti del mondo delle professioni,
dell'imprenditoria, della pubblica amministrazione, della politica e delle
istituzioni, lo zoccolo duro su cui si regge il fenomeno mafioso. Se la
mafia fosse soltanto qualche migliaio di criminali di professione, sarebbe
certamente un fenomeno grave, ma e' questo legame, storico e attuale, con
questa frazione di classe dominante e con un piu' vasto blocco sociale che
ne fa un protagonista del sistema di accumulazione e di potere.
Avere puntato i riflettori solo su Provenzano e su altri campioni della
mafia militare ha significato ignorare tutto il resto, nonostante che in
ogni occasione il presunto "sommerso" viene a galla: ma si fa finta di non
vederlo.
Un tempo la lotta contro la mafia avveniva soprattutto sul terreno politico;
da decenni la politica ha delegato tutto alla magistratura, rilasciando una
cambiale in bianco quando si tratta di rispondere all'esplosione della
violenza mafiosa, e ritirando la delega quando la violenza si attenua o
viene a cessare; battendo le mani quando si arrestano e condannano capimafia
e gregari e gridando al complotto delle "toghe rosse" quando si comincia a
far luce piu' in profondita'. Quello che e' avvenuto negli ultimi anni va
ben oltre l'oscenita'. Un governo e una maggioranza che hanno teorizzato e
praticato la "legalizzazione dell'illegalita'" e hanno attaccato
frontalmente chi esercita il controllo di legalita', magistrati in testa.
L'illegalita' e' diventata una risorsa, l'impunita' una bandiera. E in
questo contesto si puo' anche arrestare Provenzano, ma l'alt ad andare oltre
e' piu' esplicito che sottinteso. Per averne una riprova si legga la
relazione di maggioranza della Commissione parlamentare antimafia che
esclude il rapporto mafia-politica, ma anche l'opposizione non ha fatto il
suo dovere (non per caso nel 2005 mi sono dimesso da consulente della
Commissione).
Cosa rispondere all'altra domanda che mi ponevo all'inizio: che succedera'
dopo l'arresto di Provenzano? Riprendera' la vocazione stragista, ci sara'
una guerra di successione?
Non e' da escludere, ma credo che parecchi mafiosi abbiano capito che la pax
e' un ottimo affare. Il problema e' un altro: il sistema relazionale che fa
forte l'organizzazione criminale reggera' o sara' incrinato dal quadro
socio-politico che si profila in Sicilia e nel Paese? L'arresto del
capomafia cade in un momento emblematico, che puo' preludere a dei
cambiamenti che possono essere solo marginali e di facciata o delle
autentiche rotture.
C'e' da augurarsi che i giorni a venire portino a un impegno non solo contro
l'organizzazione criminale ma anche contro un sistema di accumulazione e di
dominio, che sappia misurarsi su vari terreni, andando oltre il folklore
delle ricotte della masseria corleonese e l'ermeneutica dei pizzini di un
criminale che si e' inventato un ruolo di maestro di sapienza e sacerdote di
un dio che maschera la ferocia sotto le vesti del paciere.

5. RIFLESSIONE. ROBERTO MANCINI: LA LUNGA TRANSIZIONE ITALIANA
[Ringraziamo Fabio Ragaini (per contatti: grusol at grusol.it) per averci
trasmesso il seguente intervento di Roberto Mancini svolto al convegno "In
cammino, tra memoria e speranza" del 17-19 febbraio 2006 a Milano promosso
dalla Caritas Italiana, il Coordinamento nazionale delle comunita'
d'accoglienza, la Federazione servizi civili e sociali dei salesiani, il
Jesuit Social Network, i missionari comboniani, con le riviste
"Aggiornamenti Sociali", "Il Regno", "Jesus". Roberto Mancini, nato a
Macerata nel 1958, docente di filosofia teoretica e di ermeneutica
filosofica presso la facolta' di lettere e filosofia dell'Universita' di
Macerata, ha dato rilevanti contributi alla riflessione nonviolenta. Tra le
opere di Roberto Mancini: L'uomo quotidiano. Il problema della quotidianita'
nella filosofia marxista contemporanea, Marietti, Casale Monferrato 1985;
Linguaggio e etica. La semiotica trascendentale di Karl Otto Apel, Marietti,
Casale Monferrato 1988; Comunicazione come ecumene. Il significato
antropologico e teologico dell'etica comunicativa, Queriniana, Brescia 1991;
L'ascolto come radice. Teoria dialogica della verita', Edizioni Scientifiche
Italiane, Napoli 1995; Esistenza e gratuita'. Antropologia della
condivisione, Cittadella Editrice, Assisi 1996; Etiche della mondialita'. La
nascita di una coscienza planetaria, Cittadella Editrice, Assisi1997 (in
collaborazione con altri); Il dono del senso. Filosofia come ermeneutica,
Cittadella Editrice, Assisi 1999; Il silenzio, via verso la vita. (Il codice
nascosto. Silenzio e verita'), Edizioni Qiqajon, Magnago 2002; Senso e
futuro della politica. Dalla globalizzazione a un mondo comune, Cittadella
Editrice, Assisi 2002; L'uomo e la comunita', Qiqajon, Magnago 2004; Il
senso del tempo e il suo mistero, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005;
L'amore politico, Cittadella, Assisi 2005]

1. Portarsi altrove
Nel mio intervento vorrei tracciare un quadro sintetico-valutativo della
situazione della societa' e, piu' brevemente, anche della chiesa in Italia
in confronto al cammino dei diritti umani, della pace e di quella che il
Vangelo chiama la giustizia piu' grande (Mt 5, 17-20).
La mia prospettiva di lettura muove da una domanda: puo' una societa'
viaggiare, portarsi altrove da dove si e' collocata come stile della sua
esistenza? Se non si tratta di una migrazione forzata di massa, a quale tipo
di viaggio si puo' pensare?
La societa' italiana non puo' semplicemente contare sulla continuita'
rispetto alle sue migliori tradizioni, ne' tantomeno su false discontinuita'
(quella cosiddetta, finta e insopportabile, de "l'Italia che cambia"); deve
avere anzitutto la coscienza e il coraggio necessari a una partenza, a un
viaggio verso qualcosa di molto diverso da cio' che ci e' abituale. La
transizione e' una trasfigurazione concreta, quotidiana del modo di essere
societa'. Non e' un marciare sul posto, e' un portarsi altrove che ci e'
richiesto dal tempo attuale. Altrove dall'iniquita' e dall'indifferenza,
verso una cura diffusa dei diritti e verso l'esercizio appassionato dei
doveri umani, verso una societa' in cui, come diceva Brecht, "l'uomo sia un
aiuto all'altro uomo".
*
2. Ripiegamento e disgregazione
Il dato iniziale e piu' rilevante, per un'analisi della societa' italiana
oggi, mi sembra quello dell'impatto che su di essa ha avuto e sta avendo la
globalizzazione neocapitalista. Senza tentare qui una descrizione e una
lettura articolata di tale fenomeno, bastera' ricordare che la
globalizzazione, da una parte, erode i legami interpersonali, comunitari e
sociali, generando piuttosto controspinte xenofobe, particolariste,
razziste, leghiste. D'altra parte, essa acutizza e persino produce la
precarieta' delle vite e dei destini umani, costringendo individui, gruppi e
classi sociali a disporsi in difesa in un clima di conflittualita'
permanente e nell'ottica di un crescente autocentramento delle
soggettivita', sia singole che collettive.
Entro una prospettiva di questo genere molti sono presi dentro gli schemi
della lotta per la sopravvivenza e dell'accelerazione dei loro tempo di
reazione utile. Percio' l'incontro, la relazione con gli altri, il dialogo,
la disponibilita' alla solidarieta', le dinamiche di condivisione e
l'impegno per i diritti di tutti e per il bene comune vengono sospinti sullo
sfondo dell'attenzione sociale, se non apertamente considerati un intralcio
al benessere individuale e alla crescita del Pil . L'etica concreta di
questa autocomprensione della societa' e' l'etica di Caino, che reclama il
diritto di abbandono dell'altro al suo destino.
L'impatto di questo modo di essere in societa' e di stare al mondo sul
tessuto sociale e sulla cultura diffusa del nostro paese e' stato spesso
particolarmente negativo e ha determinato fenomeni di ripiegamento egoistico
e di disgregazione degli spazi della solidarieta' sociale.
Dobbiamo cosi' registrare complessivamente una regressione prevalente nel
grado di umanita' presente nella qualita' della convivenza. Indico tre
fenomeni principali che la manifestano:
a. l'offuscamento diffuso nella percezione del valore del legame sociale,
della solidarieta', dei diritti umani, dell'attenzione alle nuove
generazioni. Basti pensare al trattamento riservato alla scuola, alle
persone straniere, alla dignita' del lavoro, a quanti portano il peso di un
disagio psicologico, sociale, fisico. E si pensi anche alla visione della
vita raffigurata dall'industria culturale;
b. la mutazione genetica dell'ordine democratico, gia' avvenuta: il quadro
delle riforme (della giustizia, della Costituzione, dei media, della scuola,
delle norme elettorali, della legittima difesa, dell'accoglienza dei
migranti);
c. l'irrilevanza sociale, culturale e politica in cui sono costrette le
nuove generazioni.
In un quadro simile, risulta scoraggiante il panorama delle iniziative e dei
comportamenti dei partiti, nonche' della vita pubblica in genere. Il mondo
politico dei soggetti partitici e istituzionali appare ripiegato su se
stesso, sui suoi giochi, sulle rivalita' interne, sulla ossessiva ricerca di
visibilita', sul dare risposte alle domande di superficie, piu' facili da
realizzare ma sterili o persino peggiori del male che dicono di voler
combattere.
Lo stato della giustizia, in tutte le sue dimensioni, rappresenta
l'indicatore ricapitolativo del grado di sviluppo umano e civile di un
paese. A uno sguardo d'insieme, chi considera oggi la situazione italiana
ravvisa il profilo di una giustizia neppure puramente retributiva, ma
palesemente arbitraria, punitiva con i deboli, iniqua, che premia
l'illegalita'. E' l'effetto dell'incapacita' di vedere e di assumere una
giustizia piu' grande, la giustizia restitutiva, quella che sistematicamente
ha cura della restituzione della dignita' e dei diritti umani.
L'oscuramento che grava su questa giustizia maggiore impedisce nel contempo
di cogliere in essa l'orizzonte attrattivo di una speranza credibile. Di qui
anche la miopia e l'ambiguita' delle forze di opposizione e dei loro incerti
programmi. Non c'e' alternativa tra la giustizia iniqua e la giustizia
restitutiva. Se questa viene dimenticata, quella trionfa.
In questa situazione anche le energie e le fioriture nel mondo dell'impegno
sociale, dei movimenti e del volontariato subiscono una strozzatura e
rischiano di arrestarsi a una solidarieta' senza giustizia. E' vero che i
processi negativi ora segnalati non esauriscono il quadro della societa'
italiana. Essi sono anzi indicati come gli ostacoli per attuare, invece, una
svolta verso la giustizia restitutiva come prassi sistematica nella societa'
italiana.
L'arcipelago delle soggettivita' di accoglienza, di pace e di impegno civile
per la tutela dei diritti e' vivo e forse piu' consapevole che in passato e
puo' rafforzare i processi di apprendimento di un diverso modo di essere
societa'. Ma appunto questa potenzialita' sara' compromessa se non si agisce
con chiarezza e lucidita' per far maturare non un pensiero unico, ma
l'evidenza collettiva di un ethos dialogico dei valori viventi incarnati
(persone, relazioni, comunita', natura, futuro).
Rispetto al compito di promuovere la maturazione di questo ethos e anche in
rapporto alla lettura delle dinamiche principali della vita sociale nel
nostro paese non si puo' tacere sulla situazione della Chiesa cattolica.
*
3. La Chiesa italiana oggi
Nella valutazione del cammino della Chiesa vanno rilevati anzitutto i
pericoli che possono deformarne la presenza e l'azione. Da questo versante
occorre denunciare, intanto, uno spirito di fondo, tenace, che porta lo
sguardo a volgersi indietro. Cosi' la necessita' di tornare sempre di nuovo
all'essenziale - tipica del cristianesimo - si confonde con la nostalgia del
tempo non secolarizzato. Come se il Medioevo in quanto tale e qualche altra
eta' (ad esempio quella antecedente il 1968) fossero epoche di puro e
cristallino cristianesimo e non stagioni in cui invece, in effetti, il
materialismo della logica di potenza e dello spirito di predominio non fosse
largamente operante.
La linea maggioritaria nell'azione della Cei (si direbbe anche per il tipo
di itinerario instauratosi per giungere alle nomine dei vescovi sino alla
sua attuale composizione), il Progetto culturale e i vari convegni
ecclesiali non sono riusciti, sinora, a imprimere una svolta tale da
configurare una presenza diffusa e chiara per fedelta' e fecondita'
evangeliche in Italia. Per esempio: quale progetto culturale puo'
promuovere - ammesso che una cultura si progetti - una chiesa che puo'
permettersi di "correggere" apertamente il Concilio Vaticano II per farlo
apparire una specie di pericolosa fuga in avanti?
Emerge cosi', sovente, il profilo di una cristianita' certa di se stessa:
conformista, devozionista, sempre compatibile con il nocciolo della
mentalita' borghese, mediatica, spiritualmente centrista, prima che
politicamente, ignara di qualsiasi tensione o differenziazione con la
cultura tipica delle forze di centro-destra, anzi contigua oppure omogenea
rispetto a quella cultura (talora anche nella versione autocentrata e
xenofoba delle Leghe). Non di rado la chiesa appassionata ai temi della
scuola privata, dell'aborto, della regolamentazione della sessualita', ma
abituata a delegare alla Caritas il rapporto con i respinti e gli
impoveriti. Una Chiesa che fatica molto a lasciare che sia la Parola di Dio
la fonte della sua comunione, che fatica ad ascoltare, a specchiarsi, a
leggere insieme Scrittura e quotidianita', ad articolarsi sul territorio in
comunita' vere, aperte, capaci di contribuire alla "giustizia piu' grande".
Una Chiesa simpatica con i potenti e pronta, con quanti giudica irregolari,
a invertire l'indicazione evangelica dell'agire misericordioso come tratto
tipico dei figli e delle figlie di Dio; il suo motto potrebbe essere:
"sacrificio io voglio, e non misericordia" (inversione di Os 6, 6, Mt 9, 13
e 12, 7).
Anche queste osservazioni non vogliono tracciare un quadro da profeti di
sventura, ma indicare cio' che minaccia una reale fioritura di vita comune
evangelica. Quella attestata dal fatto che in tutte le esperienze legate
alla prassi di una "giustizia piu' grande" (volontariato critico, comunita'
di accoglienza, impegno civile per la legalita' costituzionale e contro le
mafie, scuole e movimenti di pace, anticipazioni di economia sociale,
comunita' di confronto del popolo di Dio con la Parola, promotori
dell'ecumenismo intracristiano e interreligioso) c'e' la presenza importante
di cristiani e di cattolici.
*
Conclusione
In un contesto sociale ed ecclesiale simile l'ambiguita' e il pensiero
acritico prevalgono. Si pensi alla contrapposizione laici-cattolici, dove la
laicita' perde il suo riferimento al "popolo" in quanto universalita' della
famiglia umana e creaturale e l'essere cattolici equivale all'appartenere a
un gruppo ideologico in cerca di una sua egemonia.
La chiesa intera dovrebbe arrivare a riconoscere che perdiamo continuamente
di vista cio' per cui vale la pena di vivere. Ci serve un trauma con esito
autocritico, una sospensione, un'interruzione. Quella racchiusa nel "non" di
cio' che Bonhoeffer chiamava cristianesimo non religioso. Bisogna lasciare
che la Parola di Dio e la vita dei respinti ci interrompano.
Credo che da una distanza critica da noi stessi, come cristiani, come
cattolici, potremmo iniziare a vedere la necessita' di partire, di arrivare
insieme all'ascolto della Parola, alla misericordia accolta e comunicata,
alla prassi nonviolenta di restituzione dei diritti degli altri e a quel
movimento di condivisione con la vita dei respinti che e' l'unico luogo da
cui si sprigiona una vera efficacia storica. Lo schiudersi di questo
orizzonte potrebbe farci capire che, con l'umilta' dei servi inutili,
possiamo ancora essere utili a questa societa' in Italia. E che essere
testimoni di Gesu' risorto significa accogliere in noi una diversa qualita'
di esistenza, aprendosi a vivere gia' qui e ora le dinamiche della
resurrezione dal male, ossia da quelle morti sociali, giuridiche, culturali,
affettive, economiche che ci infliggiamo ancora gli uni gli altri.
La speranza della resurrezione con Gesu' Cristo, attestata da Paolo come
valida e assumibile sin d'ora nell'esistenza, squarcia l'universo chiuso
della razionalita' vittimaria che, facendo della morte la verita' ultima
della vita, spinge a esistere ed agire facendo vittime. Oltre questa
disperazione accecata e oltre questa abitudine mortifera, vivere ora con
responsabilita' restitutiva un frammento della vita risorta significa essere
noi stessi, senza trionfalismi o privilegi, fonti di speranza e di
liberazione per i sopraffatti e i resi disperati da una societa'
allegramente e ipocritamente iniqua come la nostra.
Solo accogliendo in noi questa qualita' di esistenza e di azione, come
comunita' e come singoli, si potra' recuperare la vita stessa della Chiesa
come continuita' di una storia di salvezza e come tradizione di sequela di
Cristo. La Chiesa continua in chi vive croce e resurrezione senza cercare
nessuna potenza.

6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

7. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1299 del 18 maggio 2006

Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe

Per non riceverlo piu':
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe

In alternativa e' possibile andare sulla pagina web
http://web.peacelink.it/mailing_admin.html
quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su
"subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).

L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing
list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica
alla pagina web:
http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004
possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web:
http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html

L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la
redazione e': nbawac at tin.it