La nonviolenza e' in cammino. 1190



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1190 del 29 gennaio 2006

Sommario di questo numero:
1. Piero Calamandrei: Epigrafi per donne, uomini e citta' della Resistenza
2. Eduardo Galeano: La seconda nascita della Bolivia
3. Johan Galtung: Alcuni criteri della lotta gandhiana
4. Mario Tronti presenta "La ragazza del secolo scorso" di Rossana Rossanda
5. La "Carta" del Movimento Nonviolento
6. Per saperne di piu'

1. MAESTRI. PIERO CALAMANDREI: EPIGRAFI PER DONNE, UOMINI E CITTA' DELLA
RESISTENZA
[I testi che qui ancora una volta riproponiamo sono estratti dal libro di
discorsi, scritti ed epigrafi di Piero Calamandrei, Uomini e citta' della
Resistenza, edito nel 1955 e successivamente ristampato da Laterza, Bari
1977 (l'edizione da cui citiamo), piu' recentemente riproposto da Linea
d'ombra, Milano 1994, e nuovamente ripubblicato da Laterza in questi giorni.
Piero Calamandrei, nato a Firenze nel 1889 ed ivi deceduto nel 1956,
avvocato, giurista, docente universitario, antifascista limpido ed
intransigente, dopo la Liberazione fu costituente e parlamentare, fondatore
ed animatore della rivista "Il Ponte", impegnato nelle grandi lotte civili]

VIVI E PRESENTI CON NOI
FINCHE' IN LORO
CI RITROVEREMO UNITI

MORTI PER SEMPRE
PER NOSTRA VILTA'
QUANDO FOSSE VERO
CHE SONO MORTI INVANO

(In limine al libro Uomini e citta' della Resistenza)

*

DA QUESTA CASA
OVE NEL 1925
IL PRIMO FOGLIO CLANDESTINO ANTIFASCISTA
DETTE ALLA RESISTENZA LA PAROLA D'ORDINE
NON MOLLARE
FEDELI A QUESTA CONSEGNA
COL PENSIERO E COLL'AZIONE
CARLO E NELLO ROSSELLI
SOFFRENDO CONFINI CARCERI ESILII
IN ITALIA IN FRANCIA IN SPAGNA
MOSSERO CONSAPEVOLI PER DIVERSE VIE
INCONTRO ALL'AGGUATO FASCISTA
CHE LI RICONGIUNSE NEL SACRIFICIO
IL 9 GIUGNO 1937
A BAGNOLES DE L'ORNE
MA INVANO SI ILLUSERO GLI OPRESSORI
DI AVER FATTO LA NOTTE SU QUELLE DUE FRONTI
QUANDO SPUNTO' L'ALBA
SI VIDERO IN ARMI
SU OGNI VETTA D'ITALIA
MILLE E MILLE COL LORO STESSO VOLTO
VOLONTARI DELLE BRIGATE ROSSELLI
CHE SULLA FIAMMA RECAVANO IMPRESSO
GRIDO LANCIATO DA UN POPOLO ALL'AVVENIRE
GIUSTIZIA E LIBERTA'

(Epigrafe sulla casa dei fratelli Rosselli, in Firenze, via Giusti n. 38)

*

GIUSTIZIA E LIBERTA'

PER QUESTO MORIRONO
PER QUESTO VIVONO

(Epigrafe sulla tomba dei fratelli Rosselli, nel cimitero di Trespiano -
Firenze)

*

NON PIU' VILLA TRISTE
SE IN QUESTE MURA
SPIRITI INNOCENTI E FRATERNI
ARMATI SOL DI COSCIENZA
IN FACCIA A SPIE TORTURATORI CARNEFICI
VOLLERO
PER RISCATTARE VERGOGNA
PER RESTITUIR DIGNITA'
PER NON RIVELARE IL COMPAGNO
LANGUIRE SOFFRIRE MORIRE
NON TRADIRE

(Epigrafe sulla villa di via Bolognese, a Firenze - dove fu la sede della
banda Carita' - nella quale Enrico Bocci fu torturato: e che fu chiamata in
quei mesi "Villa triste")

*

GIANFRANCO MATTEI
DOCENTE UNIVERSITARIO DI CHIMICA
NELL'ORA DELL'AZIONE CLANDESTINA
FECE DELLA SUA SCIENZA
ARMA PER LA LIBERTA'
COMUNIONE COL SUO POPOLO
SILENZIOSA SCELTA DEL MARTIRIO

SU QUESTA CASA OVE NACQUE
RIMANGANO INCISE
LE ULTIME PAROLE SCRITTE NEL CARCERE
QUANDO SOTTRASSE AL CARNEFICE
E INVITTA CONSEGNO' ALL'AVVENIRE
LA CERTEZZA DELLA SUA FEDE
"SIATE FORTI - COME IO LO FUI"

Milano 11 dicembre 1916 - Roma febbraio 1944

(Epigrafe sulla casa di Milano, ove nacque l'11 dicembre 1916 Gianfranco
Mattei)

*

LA MADRE

QUANDO LA SERA TORNAVANO DAI CAMPI
SETTE FIGLI ED OTTO COL PADRE
IL SUO SORRISO ATTENDEVA SULL'USCIO
PER ANNUNCIARE CHE IL DESCO ERA PRONTO
MA QUANDO IN UN UNICO SPARO
CADDERO IN SETTE DINANZI A QUEL MURO
LA MADRE DISSE
NON VI RIMPROVERO O FIGLI
D'AVERMI DATO TANTO DOLORE
L'AVETE FATTO PER UN'IDEA
PERCHE' MAI PIU' NEL MONDO ALTRE MADRI
DEBBAN SOFFRIRE LA STESSA MIA PENA
MA CHE CI FACCIO QUI SULLA SOGLIA
SE PIU' LA SERA NON TORNERETE
IL PADRE E' FORTE E RINCUORA I NIPOTI
DOPO UN RACCOLTO NE VIENE UN ALTRO
MA IO SONO SOLTANTO UNA MAMMA
O FIGLI CARI
VENGO CON VOI

(Epigrafe dettata per il busto, collocato nella sala del consiglio del
Comune di Campegine, di Genoveffa Cocconi, madre dei sette fratelli Cervi,
morta di dolore poco dopo la loro fucilazione)

*

A POCHI METRI DALL'ULTIMA CIMA
AVVOLTA NEL NEMBO
QUALCUNO PIU' SAGGIO DISSE SCENDIAMO
MA LIVIO COMANDA
QUANDO UN'IMPRESA SI E' COMINCIATA
NON VALE SAGGEZZA
A TUTTI I COSTI BISOGNA SALIRE

DALLA MONTAGNA NERA
DOPO DIECI ANNI DAL PRIMO CONVEGNO
S'AFFACCIANO LE OMBRE IN VEDETTA
L'HANNO RICONOSCIUTO
SVENTOLANO I VERDI FAZZOLETTI
RICANTAN LE VECCHIE CANZONI
E' LIVIO CHE SALE
E' IL LORO CAPO
CHE PER NON RINUNCIARE ALLA VETTA
TRA I MORTI GIOVANI
GIOVANE ANCH'EGLI
E' VOLUTO RESTARE

ASCIUGHIAMO IL PIANTO
GUARDIAMO SU IN ALTO
IN CERCA DI TE
COME TI VIDERO I TEDESCHI FUGGENTI
FERMO SULLA RUPE
LE SPALLE QUADRATE MONTANARE
LA MASCHIA FRONTE OSTINATA
L'OCCHIO ACCESO DI DOLCE FIEREZZA
FACCI UN CENNO LIVIO
SE VACILLEREMO
A TUTTI I COSTI BISOGNA SALIRE
ANCHE SE QUESTO
E'
MORIRE

(Epigrafe per la morte di Livio Bianco avvenuta nel luglio del 1953, per una
sciagura di montagna)

*

DALL'XI AGOSTO MCMXLIV
NON DONATA MA RICONQUISTATA
A PREZZO DI ROVINE DI TORTURE DI SANGUE
LA LIBERTA'
SOLA MINISTRA DI GIUSTIZIA SOCIALE
PER INSURREZIONE DI POPOLO
PER VITTORIA DEGLI ESERCITI ALLEATI
IN QUESTO PALAZZO DEI PADRI
PIU' ALTO SULLE MACERIE DEI PONTI
HA RIPRESO STANZA
NEI SECOLI

(Epigrafe apposta dopo la liberazione sulla parete di Palazzo Vecchio che
guarda Via dei Gondi, a Firenze)

*

SULLE FOSSE DEL VOSTRO MARTIRIO
NEGLI STESSI CAMPI DI BATTAGLIA
O SUPPLIZIATI DI BELFIORE
O VOLONTARI DI CURTATONE E MONTANARA
DOPO UN SECOLO
MANTOVA VI AFFIDA
QUESTI SUOI CADUTI DELLA GUERRA PARTIGIANA

COME VOI SONO ANDATI INCONTRO ALLA MORTE
A FRONTE ALTA CON PASSO SICURO
SENZA VOLTARSI INDIETRO
ACCOGLIETELI OMBRE FRATERNE
SONO DELLA VOSTRA FAMIGLIA

MUTANO I VOLTI DEI CARNEFICI
RADETZKY O KESSELRING
VARIANO I NOMI DELLE LIBERAZIONI
RISORGIMENTO O RESISTENZA
MA L'ANELITO DEI POPOLI E' UNO
NELLA STORIA DOVE I SECOLI SONO ATTIMI
LE GENERAZIONI SI TRASMETTONO
QUESTA FIAMMA RIBELLE
PATIBOLI E TORTURE NON LA SPENGONO
DOPO CENT'ANNI
QUANDO L'ORA SPUNTA
I CIMITERI CHIAMANO LIBERTA'
DA OGNI TOMBA BALZA UNA GIOVANE SCHIERA
L'AVANZATA RIPRENDE
FINO A CHE OGNI SCHIAVITU' SARA' BANDITA
DAL MONDO PACIFICATO

(Epigrafe murata nella sala del Palazzo Provinciale di Mantova nel primo
decennale della Resistenza, giugno 1954)

*

RITORNO DI KESSELRING

NON E' PIU' VERO NON E' PIU' VERO
O FUCILATI DELLA RESISTENZA
O INNOCENTI ARSI VIVI
DI SANT'ANNA E DI MARZABOTTO
NON E' PIU' VERO
CHE NEL ROGO DEI CASALI
DIETRO LE PORTE INCHIODATE
MADRI E CREATURE
TORCENDOSI TRA LE FIAMME
URLAVANO DISPERATAMENTE PIETA'

AI CAMERATI GUASTATORI
CHE SI GLORIARONO DI QUELLE GRIDA
SIA RESA ALFINE GIUSTIZIA
RIPRENDANO TORCE ED ELMETTI
SI SCHIERINO IN PARATA
ALTRI ROGHI DOVRANNO ESSERE ACCESI
PER LA FELICITA' DEL MONDO

NON PIU' FIORI PER LE VOSTRE TOMBE
SONO STATI TUTTI REQUISITI
PER FARE LA FIORITA
SULLE VIE DEL LORO RITORNO
LI COMANDERA' ANCORA
COLL'ONORE MILITARE
CUCITO IN ORO SUL PETTO
IL CAMERATA KESSELRING
IL VOSTRO ASSASSINO

*

IL MONUMENTO A KESSELRING

LO AVRAI
CAMERATA KESSELRING
IL MONUMENTO CHE PRETENDI DA NOI ITALIANI
MA CON CHE PIETRA SI COSTRUIRA'
A DECIDERLO TOCCA A NOI

NON COI SASSI AFFUMICATI
DEI BORGHI INERMI STRAZIATI DAL TUO STERMINIO
NON COLLA TERRA DEI CIMITERI
DOVE I NOSTRI COMPAGNI GIOVINETTI
RIPOSANO IN SERENITA'
NON COLLA NEVE INVIOLATA DELLE MONTAGNE
CHE PER DUE INVERNI TI SFIDARONO
NON COLLA PRIMAVERA DI QUESTE VALLI
CHE TI VIDE FUGGIRE

MA SOLTANTO COL SILENZIO DEI TORTURATI
PIU' DURO D'OGNI MACIGNO
SOLTANTO CON LA ROCCIA DI QUESTO PATTO
GIURATO FRA UOMINI LIBERI
CHE VOLONTARI SI ADUNARONO
PER DIGNITA' NON PER ODIO
DECISI A RISCATTARE
LA VERGOGNA E IL TERRORE DEL MONDO

SU QUESTE STRADE SE VORRAI TORNARE
AI NOSTRI POSTI CI RITROVERAI
MORTI E VIVI COLLO STESSO IMPEGNO
CHE SI CHIAMA
ORA E SEMPRE
RESISTENZA

(Lapide murata nel Palazzo Comunale di Cuneo il 21 dicembre 1952)

*

ALL'OMBRA DI QUESTE MONTAGNE
IL 12 SETTEMBRE 1943
POCHI RIBELLI QUI CONVENUTI
ARMATI DI FEDE E NON DI GALLONI
FURONO LA PRIMA PATTUGLIA
DELLA RESISTENZA PIEMONTESE
CHE DOPO DUE INVERNI
CON DUCCIO E LIVIO AL COMANDO
PER OGNI CADUTO CENTO SOPRAGGIUNTI
DIVENTO'
L'ESERCITO DI GIUSTIZIA E LIBERTA'
DILAGANTE VITTORIOSO IN PIANURA

NEL PRIMO DECENNALE
I VIVI SALUTANO I MORTI
DORMITE IN PACE COMPAGNI
L'IMPEGNO DI MARCIARE INSIEME
VERSO L'AVVENIRE
NON E' CADUTO

(Epigrafe murata sulla Chiesa di Madonna del Colletto, inaugurata il 27
settembre 1953 con un discorso di Ferruccio Parri)

*

CONTRO OGNI RITORNO

INERMI BORGATE DELL'ALPE
ASILO DI RIFUGIATI
PRESE D'ASSALTO COI LANCIAFIAMME
ARSI VIVI NEL ROGO DEI CASALI
I BAMBINI AVVINGHIATI ALLE MADRI
FOSSE NOTTURNE SCAVATE
DAGLI ASSASSINI IN FUGA
PER NASCONDERVI STRAGI DI TRUCIDATI INNOCENTI
QUESTO VI RIUSCI'

S. TERENZIO BERGIOLA ZERI VINCA
FORNO MOMMIO TRAVERDE S. ANNA S. LEONARDO
SCRIVETE QUESTI NOMI
SON LE VOSTRE VITTORIE
MA ESPUGNARE QUESTE TRINCEE DI MARMO
DI DOVE IL POPOLO APUANO
CAVATORI E PASTORI
E LE LORO DONNE STAFFETTE
TUTTI ARMATI DI FAME E DI LIBERTA'
VI SFIDAVA BEFFARDO DA OGNI CIMA
QUESTO NON VI RIUSCI'
ORA SUL MARE SON TORNATI AL CARICO I VELIERI

E NELLE CAVE I BOATI DELLE MINE
CHIAMAN LAVORO E NON GUERRA
MA QUESTA PACE NON E' OBLIO
STANNO IN VEDETTA
QUESTE MONTAGNE DECORATE DI MEDAGLIE D'ORO
AL VALORE PARTIGIANO
TAGLIENTI COME LAME
IMMACOLATO BALUARDO SEMPRE ALL'ERTA
CONTRO OGNI RITORNO

(Epigrafe scolpita sul marmo della stele commemorativa delle Fosse del
Frigido, inaugurata il 21 ottobre 1954)

*

FANTASMI

NON RAMMARICATEVI
DAI VOSTRI CIMITERI DI MONTAGNA
SE GIU' AL PIANO
NELL'AULA OVE FU GIURATA LA COSTITUZIONE
MURATA COL VOSTRO SANGUE
SONO TORNATI
DA REMOTE CALIGINI
I FANTASMI DELLA VERGOGNA
TROPPO PRESTO LI AVEVAMO DIMENTICATI
E' BENE CHE SIANO ESPOSTI
IN VISTA SU QUESTO PALCO
PERCHE' TUTTO IL POPOLO
RICONOSCA I LORO VOLTI
E SI RICORDI
CHE TUTTO QUESTO FU VERO
CHIEDERANNO LA PAROLA
AVREMO TANTO DA IMPARARE
MANGANELLI PUGNALI PATIBOLI
VENT'ANNI DI RAPINE DUE ANNI DI CARNEFICINE
I BRIGANTI SUGLI SCANNI I GIUSTI ALLA TORTURA
TRIESTE VENDUTA AL TEDESCO
L'ITALIA RIDOTTA UN ROGO
QUESTO SI CHIAMA GOVERNARE
PER FAR GRANDE LA PATRIA
APPRENDEREMO DA FONTE DIRETTA
LA STORIA VISTA DALLA PARTE DEI CARNEFICI
PARLERANNO I DIPLOMATICI DELL'ASSE
I FIERI MINISTRI DI SALO'
APRIRANNO
I LORO ARCHIVI SEGRETI
DI OGNI IMPICCATO SAPREMO LA SEPOLTURA
DI OGNI INCENDIO SI RITROVERA' IL PROTOCOLLO
CIVITELLA SANT'ANNA BOVES MARZABOTTO
TUTTE IN REGOLA
SAPREMO FINALMENTE
QUANTO COSTO' L'ASSASSINIO
DI CARLO E NELLO ROSSELLI
MA FORSE A QUESTO PUNTO
PREFERIRANNO RINUNCIARE ALLA PAROLA
PECCATO
QUESTI GRANDI UOMINI DI STATO
AVREBBERO TANTO DA RACCONTARE

(Epigrafe pubblicata sul "Ponte" dopo le elezioni politiche del 7 giugno
1953)

2. RIFLESSIONE. EDUARDO GALEANO: LA SECONDA NASCITA DELLA BOLIVIA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 27 gennaio 2006. Eduardo Galeano e' nato
nel 1940 a Montevideo (Uruguay); giornalista e scrittore, nel 1973 in
seguito al colpo di stato militare e' stato imprigionato e poi espulso dal
suo paese; ha vissuto lungamente in esilio fino alla caduta della dittatura.
Dotato di una scrittura nitida, pungente, vivacissima, e' un intellettuale
fortemente impegnato nella lotta per i diritti umani e dei popoli. Tra le
sue opere, fondamentali sono: Le vene aperte dell'America Latina,
recentemente ripubblicato da Sperling & Kupfer, Milano; Memoria del fuoco,
Sansoni, Firenze; il recente A testa in giu', Sperling & Kupfer, Milano. Tra
gli altri suoi libri editi in italiano: Guatemala, una rivoluzione in lingua
maya, Laterza, Bari; Voci da un mondo in rivolta, Dedalo, Bari; La conquista
che non scopri' l'America, Manifestolibri, Roma; Las palabras andantes,
Mondadori, Milano]

Il 22 gennaio 2002, Evo fu espulso dal Paradiso, cioe': il deputato Morales
fu espulso dal Parlamento. Il 22 gennaio 2006, in quello stesso luogo
dall'aria sfarzosa, Evo Morales e' stato consacrato presidente della
Bolivia, cioe': la Bolivia comincia a sapere di essere un paese a
maggioranza indigena.
Nel momento dell'espulsione, un deputato indigeno era piu' raro di una mosca
bianca.
Quattro anni dopo, sono molti i legislatori che masticano coca, millenaria
abitudine che era proibita nel sacro recinto parlamentare.
*
Molto prima dell'espulsione di Evo, i suoi, gli indigeni, erano gia' stati
espulsi dalla nazione ufficiale. Non erano figli della Bolivia: erano solo
la sua mano d'opera. Fino a poco piu' di cinquant'anni fa, gli indigeni non
potevano votare e neppure camminare per i viali delle citta'. Con cognizione
di causa Evo, nel suo primo discorso presidenziale, ha detto che gli
indigeni non furono invitati nel 1825 alla fondazione della Bolivia.
Questa e' anche la storia di tutta l'America, compresi gli Stati Uniti. Le
nostre nazioni nacquero sulla fallacia. L'indipendenza dei paesi americani
fu dall'inizio usurpata da una minoranza molto minoritaria.
Tutte le prime Costituzioni, senza eccezione, lasciarono fuori le donne, gli
indigeni, i neri e i poveri in generale.
L'elezione di Evo Morales e', almeno in questo senso, equivalente alla
votazione di Michelle Bachelet. Evo ed Eva. Per la prima volta un indigeno
presidente della Bolivia, per la prima volta una donna presidente del Cile.
E lo stesso si potrebbe dire del Brasile, dove per la prima volta e' nero il
ministro della Cultura. Non ha forse radici africane la cultura che ha
salvato il Brasile dalla tristezza?
In queste terre, malate di razzismo e di maschilismo, non manchera' chi
creda che tutto questo e' scandaloso.
Scandaloso e' che non sia successo prima.
*
Cade la maschera, il volto si palesa e infuria la tempesta.
L'unico linguaggio degno di fede e' quello nato dalla necessita' di dire. Il
piu' grave difetto di Evo consiste nel fatto che la gente gli creda, perche'
trasmette autenticita' perfino quando, parlando spagnolo, che non e' la sua
lingua madre, commette qualche erroruccio. Lo accusano di ignoranza i
dottori che sono abili nell'essere echi di voci aliene. I venditori di
promesse lo accusano di demagogia. Lo accusano di essere un caudillo coloro
che hanno imposto in America un unico Dio, un unico re e un'unica verita'. E
tremano di paura gli assassini degli indigeni, i quali temono che le loro
vittime siano come loro.
*
La Bolivia sembrava essere nulla piu' che lo pseudonimo di coloro che
comandavano in Bolivia, e che la consumavano mentre cantavano l'inno, e
l'umiliazione degli indigeni, resa abitudine, sembrava un destino. Ma negli
ultimi tempi, mesi, anni questo paese ha vissuto in perpetuo stato di
insurrezione popolare. Quel processo di continue ribellioni, che lascio' una
scia di morti, culmino' con la guerra del gas, ma veniva da lontano. Veniva
da lontano ed e' continuato dopo, fino all'elezione di Evo contro ogni
ostacolo.
Con il gas boliviano si stava ripetendo una storia antica di tesori rubati
nel corso di piu' di quattro secoli, da meta' del secolo XVI: l'argento di
Potosi' lascio' una montagna vuota, il salnitro della costa del Pacifico
lascio' una cartina geografica senza mare, lo stagno di Oruro lascio' una
moltitudine di vedove. Questo e solo questo lasciarono.
*
Le rivolte popolari di questi ultimi anni sono state crivellate di
proiettili, ma hanno evitato che il gas evaporasse in mani aliene, ha
deprivatizzato l'acqua a Cochabamba e a La Paz, hanno rovesciato governi
governati da fuori, e hanno detto di no alle tasse sul salario e ad altri
saggi ordini del Fondo monetario internazionale. Dal punto di vista dei
civilizzati mezzi di comunicazione, quelle esplosioni di dignita' popolare
sono state atti di barbarie. L'ho visto, letto, ascoltato mille volte: la
Bolivia e' un paese incomprensibile, ingovernabile, intrattabile,
ingestibile. I giornalisti che lo dicono e lo ripetono sbagliano aggettivo:
dovrebbero confessare che per loro la Bolivia e' un paese invisibile.
*
Non c'e' nulla di strano. Questa cecita' non e' solo una cattiva abitudine
di stranieri arroganti. La Bolivia nacque cieca, incapace di guardarsi,
perche' il razzismo getta polvere negli occhi, ed e' un dato di fatto che
non mancano i boliviani che preferiscono vedersi con gli occhi che li
disprezzano.
Ma non e' un caso che la bandiera indigena delle Ande renda omaggio alla
diversita' del mondo. Secondo la tradizione e' una bandiera nata
dall'incontro dell'arcobaleno femmina con l'arcobaleno maschio, e questo
arcobaleno della terra, che nella lingua indigena si chiama tessuto del
sangue fiammeggiante, ha piu' colori dell'arcobaleno del cielo.

3. MATERIALI. JOHAN GALTUNG: ALCUNI CRITERI DELLA LOTTA GANDHIANA
[Dal libro di Johan Galtung, Gandhi oggi, Edizioni Gruppo Abele, Torino
1987, riproponiamo ancora una volta questa scheda su "Le regole del
comportamento conflittuale secondo Gandhi" (li' alle pp. 120-121, e
commentata dettagliatamente - e criticamente - nelle pagine successive).
Segnaliamo una volta di piu' che quella che segue e' semplicemente una
interpretazione, certamente qualificata, di un aspetto della riflessione
gandhiana, ma che essa non e' esaustiva e soprattutto che altre
interpretazioni sono possibili e sono state date da altrettanto qualificati
studiosi a partire da punti di vista diversi e con formulazioni anche
sensibilmente diverse da quelle di cui fa uso Galtung qui. Del resto lo
stesso Galtung, immediatamente dopo aver proposto questo schema, scrive (p.
122 dell'edizione citata): "Tutto questo non va inteso, naturalmente, in
maniera rigidamente definitoria. Molto lavoro sarebbe necessario per
approfondire le implicazioni di un tale sistema di norme. Possiamo sempre
imparare moltissime cose da Gandhi, non pero' se lo accettiamo senza spirito
critico. C'e' la famosa affermazione in cui Gandhi dice di non essere egli
stesso un  vero gandhiano, e, in molti altri scritti, egli sottolinea di
essere ancora in crescita e afferma che continuera' a crescere anche dopo la
morte, cercando la Verita' e l'Amore". Quanto al modo sommario e
precettistico con cui ha sintetizzato queste "regole del comportamento
conflittuale secondo Gandhi", Galtung aggiunge (p. 122, di seguito): "Una
parola sul metodo che e' stato usato. Senza dubbio e' frammentario: riduce a
pezzi Gandhi, cercando di presentarlo come un catalogo, come un insieme di
direttive. Ma a questa obiezione puo' essere ribattuto che egli stesso lo ha
fatto molto spesso; amava realmente emettere regole e direttive. La
questione e' piuttosto fino a che limite questa interpretazione sia
corretta, e il lettore trovera' che le formulazioni - necessariamente
concise, poiche' sono formulazioni di norme, non brevi trattati - non
riflettono la ricchezza delle espressioni di Gandhi. Esse sono quindi da
considerarsi solamente delle approssimazioni e del resto sarebbe piu'
opportuno cercare di cogliere lo spirito delle indicazioni gandhiane che non
esigere l'esattezza della formulazione linguistica". "D'altra parte -
conclude Galtung -, potrebbe essere vantaggioso per le persone in
conflitto - cio' significa per tutti noi in qualsiasi momento, anche se non
necessariamente ne siamo coscienti - verificare il proprio comportamento,
sia interiore che esteriore, in base a queste norme".
Johan Galtung, nato in Norvegia nel 1930, fondatore e primo direttore
dell'Istituto di ricerca per la pace di Oslo, docente, consulente dell'Onu,
e' a livello mondiale il piu' noto studioso di peace research e una delle
piu' autorevoli figure della nonviolenza. Una bibliografia completa degli
scritti di Galtung e' nel sito della rete "Transcend", il network per la
pace da lui diretto, cui rinviamo: www.transcend.org. Dal quotidiano "Il
manifesto" riprendiamo la seguente scheda su Galtung: "Johan Galtung (Oslo,
1930) e' il piu' insigne teorico dei moderni studi della pace. Fondatore nel
1959 dell''International Peace Research Institute' di Oslo, consigliere
presso le Nazioni Unite, professore onorario in numerose universita', tra
cui la Princeton University e la Freie Universitaet di Berlino, e'
attualmente titolare della cattedra di 'Peace Studies' presso l'Universita'
delle Hawaii. Galtung ha dato vita nel 1964 al 'Journal for Peace Research'
e nel 1987 e' stato insignito del 'Right Livelihood Award' (il cosiddetto
'Premio Nobel alternativo per la pace'). Fondatore e direttore di
'Transcend' (www.transcend.org), un'organizzazione internazionale per la
risoluzione nonviolenta dei conflitti che opera in tutto il mondo, e' il
rettore della Transcend Peace University. Il suo ultimo libro pubblicato in
Italia e' La pace con mezzi pacifici (Esperia Edizioni)".
Mohandas K. Gandhi e' stato della nonviolenza il piu' grande e profondo
pensatore e operatore, cercatore e scopritore; e il fondatore della
nonviolenza come proposta d'intervento politico e sociale e principio
d'organizzazione sociale e politica, come progetto di liberazione e di
convivenza. Nato a Portbandar in India nel 1869, studi legali a Londra,
avvocato, nel 1893 in Sud Africa, qui divenne il leader della lotta contro
la discriminazione degli immigrati indiani ed elaboro' le tecniche della
nonviolenza. Nel 1915 torno' in India e divenne uno dei leader del Partito
del Congresso che si batteva per la liberazione dal colonialismo britannico.
Guido' grandi lotte politiche e sociali affinando sempre piu' la
teoria-prassi nonviolenta e sviluppando precise proposte di organizzazione
economica e sociale in direzione solidale ed egualitaria. Fu assassinato il
30 gennaio del 1948. Sono tanti i meriti ed e' tale la grandezza di
quest'uomo che una volta di piu' occorre ricordare che non va  mitizzato, e
che quindi non vanno occultati limiti, contraddizioni, ed alcuni aspetti
discutibili - che pure vi sono - della sua figura, della sua riflessione,
della sua opera. Opere di Gandhi:  essendo Gandhi un organizzatore, un
giornalista, un politico, un avvocato, un uomo d'azione, oltre che una
natura profondamente religiosa, i suoi scritti devono sempre essere
contestualizzati per non fraintenderli; Gandhi considerava la sua
riflessione in continuo sviluppo, e alla sua autobiografia diede
significativamente il titolo Storia dei miei esperimenti con la verita'. In
italiano l'antologia migliore e' Teoria e pratica della nonviolenza,
Einaudi; si vedano anche: La forza della verita', vol. I, Sonda; Villaggio e
autonomia, Lef; l'autobiografia tradotta col titolo La mia vita per la
liberta', Newton Compton; La resistenza nonviolenta, Newton Compton;
Civilta' occidentale e rinascita dell'India, Movimento Nonviolento; La cura
della natura, Lef; Una guerra senza violenza, Lef (traduzione del primo, e
fondamentale, libro di Gandhi: Satyagraha in South Africa). Altri volumi
sono stati pubblicati da Comunita': la nota e discutibile raccolta di
frammenti Antiche come le montagne; da Sellerio: Tempio di verita'; da
Newton Compton: e tra essi segnaliamo particolarmente Il mio credo, il mio
pensiero, e La voce della verita'; Feltrinelli ha recentemente pubblicato
l'antologia Per la pace, curata e introdotta da Thomas Merton. Altri volumi
ancora sono stati pubblicati dagli stessi e da altri editori. I materiali
della drammatica polemica tra Gandhi, Martin Buber e Judah L. Magnes sono
stati pubblicati sotto il titolo complessivo Devono gli ebrei farsi
massacrare?, in "Micromega" n. 2 del 1991 (e per un acuto commento si veda
il saggio in proposito nel libro di Giuliano Pontara, Guerre, disobbedienza
civile, nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996). Opere su Gandhi:
tra le biografie cfr. B. R. Nanda, Gandhi il mahatma, Mondadori; il recente
accurato lavoro di Judith M. Brown, Gandhi, Il Mulino; il recentissimo libro
di Yogesh Chadha, Gandhi, Mondadori. Tra gli studi cfr. Johan Galtung,
Gandhi oggi, Edizioni Gruppo Abele; Icilio Vecchiotti, Che cosa ha veramente
detto Gandhi, Ubaldini; ed i volumi di Gianni Sofri: Gandhi e Tolstoj, Il
Mulino (in collaborazione con Pier Cesare Bori); Gandhi in Italia, Il
Mulino; Gandhi e l'India, Giunti. Cfr. inoltre: Dennis Dalton, Gandhi, il
Mahatma. Il potere della nonviolenza, Ecig. Una importante testimonianza e'
quella di Vinoba, Gandhi, la via del maestro, Paoline. Per la bibliografia
cfr. anche Gabriele Rossi (a cura di), Mahatma Gandhi; materiali esistenti
nelle biblioteche di Bologna, Comune di Bologna. Altri libri particolarmente
utili disponibili in italiano sono quelli di Lanza del Vasto, William L.
Shirer, Ignatius Jesudasan, George Woodcock, Giorgio Borsa, Enrica Collotti
Pischel, Louis Fischer. Un'agile introduzione e' quella di Ernesto Balducci,
Gandhi, Edizioni cultura della pace. Una interessante sintesi e' quella di
Giulio Girardi, Riscoprire Gandhi, Anterem]

1. I fini e il conflitto
Regola 1.1. Nei conflitti agisci
- Agisci subito
- Agisci qui
- Agisci per il tuo gruppo
- Agisci per identificazione
- Agisci per convinzione
Regola 1.2. Delimita bene il conflitto
- Definisci i tuoi fini chiaramente
- Cerca di capire i fini del tuo avversario
- Metti in evidenza i fini comuni e compatibili
- Descrivi i fatti rilevanti del conflitto in modo obiettivo
Regola 1.3. Adotta un approccio positivo al conflitto
- Dai al conflitto un'accentuazione positiva
- Considera il conflitto come occasione per incontrare l'avversario
- Considera il conflitto come occasione per trasformare la societa'
- Considera il conflitto come occasione per trasformare te stesso
*
2. La lotta conflittuale
Regola 2.1. Agisci in modo nonviolento nei conflitti
- Non offendere o ferire con azioni
- Non offendere o ferire con parole
- Non offendere o ferire con pensieri
- Non danneggiare le proprieta' dell'avversario
- Preferisci la violenza alla codardia
- Fai del bene anche a chi fa il male
Regola 2.2. Agisci in maniera conforme al fine
- Includi sempre un elemento costruttivo
- Usa forme di lotta che ne rivelino il fine
- Agisci apertamente, non segretamente
- Dirigi la lotta verso l'obiettivo corretto
Regola 2.3. Non collaborare con il male
- Non collaborare con una struttura malvagia
- Non collaborare con un ruolo sociale ingiusto
- Non collaborare con un'azione malvagia
- Non collaborare con quelli che collaborano con il male
Regola 2.4. Sii disposto a sacrificarti
- Non fuggire davanti alle punizioni
- Sii disposto a morire se necessario
Regola 2.5. Non polarizzare il conflitto
- Distingui tra antagonismo e antagonista
- Distingui tra persona e ruolo sociale
- mantieni il contatto
- Immedesimati nella posizione del tuo avversario
- Sii flessibile nel delimitare le parti in causa e le loro posizioni
Regola 2.6. Non provocare escalation nel conflitto
- Rimani il piu' leale possibile
- Non provocare e non lasciarti provocare
- Non umiliare e non farti umiliare
- Non ampliare i termini del conflitto
- Usa le forme di condotta piu' miti possibili durante il conflitto
*
3. La risoluzione del conflitto
Regola 3.1. Risolvi i conflitti
- Non continuare la lotta conflittuale per sempre
- Cerca sempre di negoziare con l'avversario
- Cerca di ottenere trasformazioni sociali positive
- Cerca di trasformare gli esseri umani ((te stesso; l'avversario)
Regola 3.2. Insisti sulle cose essenziali, non su quelle marginali
- Non barattare le cose essenziali
- Sii disposto ai compromessi per le cose non essenziali
Regola 3.3. Considerati fallibile
- Ricordati che puoi essere nel torto
- Ammetti apertamente i tuoi errori
- La coerenza nel tempo non e' molto importante
Regola 3.4. Sii generoso nei confronti dell'avversario
- Non sfruttare la debolezza dell'avversario
- Non giudicare l'avversario piu' severamente di te stesso
- Abbi fiducia nel tuo avversario
Regola 3.5. Conversione, non coercizione
- Cerca sempre soluzioni che siano accettabili (per te stesso; per
l'avversario)
- Non forzare mai l'avversario
- Converti l'avversario in un sostenitore della causa.

4. LIBRI. MARIO TRONTI PRESENTA "LA RAGAZZA DEL SECOLO SCORSO" DI ROSSANA
ROSSANDA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 26 gennaio 2006.
Mario Tronti (Roma, 1931), teorico e militante della sinistra italiana,
docente universitario di filosofia, partecipe di rilevanti esperienze di
riflessione e di impegno. Tra le opere di Mario Tronti: Operai e capitale,
Einaudi, Torino 1971; Sull'autonomia del politico, Feltrinelli, Milano 1977;
Il tempo della politica, Editori Riuniti, Roma 1980; Con le spalle al
futuro, Editori Riuniti, Roma 1992; La politica al tramonto, Einaudi, Torino
1998.
Rossana Rossanda e' nata a Pola nel 1924, allieva del filosofo Antonio
Banfi, antifascista, dirigente del Pci (fino alla radiazione nel 1969 per
aver dato vita alla rivista "Il Manifesto" su posizioni di sinistra), in
rapporto con le figure piu' vive della cultura contemporanea, fondatrice del
"Manifesto" (rivista prima, poi quotidiano) su cui tuttora scrive. Impegnata
da sempre nei movimenti, interviene costantemente sugli eventi di piu'
drammatica attualita' e sui temi politici, culturali, morali piu' urgenti.
Tra le opere di Rossana Rossanda: L'anno degli studenti, De Donato, Bari
1968; Le altre, Bompiani, Milano 1979; Un viaggio inutile, o della politica
come educazione sentimentale, Bompiani, Milano 1981; Anche per me. Donna,
persona, memoria, dal 1973 al 1986, Feltrinelli, Milano 1987; con Pietro
Ingrao et alii, Appuntamenti di fine secolo, Manifestolibri, Roma 1995; con
Filippo Gentiloni, La vita breve. Morte, resurrezione, immortalita',
Pratiche, Parma 1996; Note a margine, Bollati Boringhieri, Torino 1996; La
ragazza del secolo scorso, Einaudi, Torino 2005. Ma la maggior parte del
lavoro intellettuale, della testimonianza storica e morale, e della
riflessione e proposta culturale e politica di Rossana Rossanda e' tuttora
dispersa in articoli, saggi e interventi pubblicati in giornali e riviste]

La ragazza del secolo scorso: sbagliero' - il successo del libro dice il
contrario - ma non mi pare un titolo indovinato. Intanto, non di una ragazza
si tratta, ma di una donna. E sappiamo da questo racconto di un io immerso
nel mondo che non fu precoce in Rossana la consapevolezza del suo tempo
tragico: "... presa piu' dal fragore della mente che da quello della
guerra". Francamente, si fa fatica a pensare la giovane Rossanda come "una
ragazza grigia". Mi sono chiesto: perche' questa insistenza su una
adolescenza, e in parte una giovinezza, non politica, prima di piantare
tutto intero il proprio corpo in mezzo ai sentieri interrotti della propria
epoca. E mi sono risposto cosi': tutto il racconto si propone di avvertire,
noi e tutti, che c'e' un'eccedenza della persona rispetto alla figura. La
presenza pubblica non esaurisce la complessita' umana. Anzi, questa entra
spesso in un ombroso conflitto con quella. E quanto piu' si alza il livello
dell'accadimento storico tanto piu' stride la forma della risposta intima. E
l'insoddisfazione emerge forte sempre: o per non aver dato soggettivamente
il necessario, o per la difficolta' delle condizioni oggettive, o per
l'insipienza delle forze in campo. Circola per tutto il libro un'aura di
dolorosa sproporzione tra cio' che si e' e cio' che si fa. Una Stimmung del
Novecento. E siamo sempre li' a cercare di capire se si e' tentato troppo o
se siamo stati noi ad essere troppo poco. Noi, voglio dire la parte entro il
cui destino l'esistenza di Rossana Rossanda si e' a un certo punto iscritta,
con una sorta di decisione penultima. Molti fingono di non capire che il
vero legame di ferro non era quello di un partito con uno Stato, ma quello
di un singolo, una donna, un uomo, con una storia piu' grande.
Piu' del titolo dice la bella foto di copertina. Un'aria perplessa, uno
sguardo diretto, due mani che reggono un volto. A suo modo, un'altra
figurazione della "melanconia", questo prezioso moto dell'animo sensibile,
che solo in questo senso e' la stessa cosa del carisma: chi non lo possiede
non se lo puo' dare. Abbondanti esempi di queste figurazioni - in genere un
volto che poggia su una sola mano - Rossanda ci ha raccontato di aver visto
in una recente mostra a Parigi, che, come tutte le cose che lei frequenta,
non l'aveva soddisfatta.
*
Questo libro e' il racconto di un grande amore andato a male. E' il destino
dei grandi amori. Solo le piccole vicende durano in eterno e in eterno si
ripetono. Quello tra Rossanda e il Pci attraversa tutte le fasi: lo stato
nascente dell'innamoramento, le prime frequentazioni entusiaste, le prime
incomprensioni che rinsaldano il rapporto, l'illusione dell'identificazione,
la scoperta del diverso nell'altro, le reciproche diffidenze,
l'approfondirsi delle differenze, fino alla consapevolezza delle
incompatibilita' e alla soluzione della separazione. Il libro quasi ci vuole
dire che questo esito era oscuramente contenuto negli inizi. Come poteva
quella ragazza del secolo scorso diventare una donna nel Pci del Novecento?
I frammenti di riservata saggezza cosparsi nella prima parte, sull'infanzia,
sull'essere padre e madre e sorella, non fanno presagire il lieto fine. E
non perche' si trattasse di quei comunisti li', ma perche' quel tipo di
sensibilita', formata nel gusto di interessi estetici, vocata ai misteri
della cultura, affascinata dai risvolti dell'interiorita', non si componeva,
sulla lunga durata, a dispetto della scelta razionale, con i duri aridi
ripetitivi compiti della politica quotidiana. L'epoca, poi, aveva lasciato
dietro di se' l'eccezionalita' degli eventi per riprendere il passo normale
dell'ordinaria amministrazione degli avvenimenti.
Eppure, in questo corpo a corpo con i fatti, mediato da una appartenenza di
organizzazione, stupisce di trovare alcuni buchi di memoria o alcuni vuoti
di presenza. Il '56 non risulta essere "l'anno indimenticabile", quello
strappo dentro, quello shock di risveglio dal sonno dogmatico, che fu per
molti di noi e per la gran parte della cultura dell'impegno. Nei primi anni
sessanta, vivendo a Milano, non incontra l'operaismo, di cui per tutto il
libro non c'e' traccia, ne' di ricordi ne' di giudizi. Non perche' quello
fosse un evento, ma un passaggio di rottura, politico e sindacale, si': le
organizzazioni lo guardavano in un modo, lo si poteva guardare in altro
modo. Non compare la scoperta lancinante, creativa, negli stessi anni, della
cultura della crisi, del milieu mitteleuropeo, delle avanguardie artistiche
primo-novecentesche, della sociologia critica, della fenomenologia. Ma
questo stupisce di meno. Dei maestri del sospetto, Rossanda conosce Marx e
Freud. Le manca Nietzsche. Vuole che le manchi.
Sul rapporto tra "la donna del secolo scorso" e il femminismo, soprattutto
quello della differenza, ci sarebbe da aprire un discorso a parte. Rapporto
di amore e odio, di appartenenza conflittuale, di attenzione molto, troppo,
disincantata. E' un terreno minato. Non mi ci avventuro. Non voglio saltare
in aria.
*
Ho fatto fin qui queste considerazioni per sgombrare il campo da aspetti
secondari e puntare quindi al cuore di tenebra del libro. La bellezza di
questo racconto sta altrove. Ho letto sul "Corriere della sera", a firma di
una persona che finora reputavo intelligente, un intervento becero, che
prendeva a pretesto il libro per insultare la persona. L'anticomunismo in
assenza di comunismo, cioe' il senso comune intellettuale oggi corrente, non
sopporta che si parli del Pci senza accendere il rogo sotto i piedi delle
donne e degli uomini che l'hanno frequentato. E non importa se la
frequentazione sia stata ortodossa o eretica. Il peccato, la colpa, il
delitto, rimangono. Se questo libro fosse stato scritto con il Pci ancora
vivo, si puo' giurare che sarebbe stato molto piu' duro e lontano. Oggi
Rossana, interpellata, ha risposto: con questo libro ho voluto difendere la
memoria dei comunisti. Ecco perche', se le parti letterariamente piu' belle
sono i ritratti delle persone, in cui Rossana e' maestra, le pagine
politicamente piu' significative sono i resoconti di vita del collettivo.
"Era il partito pesante... una rete faticosa ma vivente che strutturo' il
popolo di sinistra". Il soggetto di "un'immensa acculturazione", di massa.
Alla sezione di Lambrate, ascoltando il relatore che passava di gradino in
gradino, dal centro del mondo alla periferia di Milano, dall'informazione
alla direttiva: "osservando quei visi in ascolto, pensavo che a ciascuno la
sua propria vicenda cessava di apparire casuale e disperante, prendeva un
suo senso in un quadro mondiale di avanzate o ripiegamenti... Questo, assai
irriso a fine secolo, e' stato il partito che fu anche il mio". C'e' la
cognizione del dolore nella vita pubblica? Si', c'e'. Lo dice quella frase,
a Comitato centrale della radiazione ormai concluso: "non eravamo piu' dei
loro, dei nostri".
"Non si e' comunisti di passaggio", scrive Rossana. E ricorda di Aldo
Natoli, sempre in quel Comitato centrale: "Non c'e' bisogno di una tessera
per essere comunisti". C'e' un filo che lega il libro, e il libro a una
vita, e una vita alla storia. E' vero che il racconto del privato si limita
all'infanzia e all'adolescenza e, quando viene il passaggio sulla scena
pubblica, il resto scompare. Ma proprio questo e' il punto di problema. La
ridicola formula "il personale e' politico", che giustamente non compare in
nessuna pagina, viene qui ritradotta, riarticolata, immersa in una vicenda
altra, dura, grande e terribile. Appunto, il secolo scorso. Mi pare di
capire fin nel profondo le parole e le pause e i silenzi delle arrabbiature
di Rossana, di fronte alle obiezioni, soprattutto femminili, di chi dice: ma
chi ve lo ha fatto fare? "Come far capire che per noi il partito fu una
marcia in piu'? Ci dette la chiave di rapporti illimitati, quelli cui da
soli non si arriva mai, di mondi diversi, di legami fra gente che cercava di
essere uguale, mai seriale, mai dipendente, mai mercificata, mai utilitaria.
Sara' stata un'illusione, un abbaglio, come ebbe a dire qualche tempo fa una
mia amica. Ma una corposa illusione e un solido abbaglio, assai poco
distinguibile da un'umana realta'" (pagina 213).
*
E raccomando di leggere le pagine 221-223. La contraddizione dell'essere
donna e del fare politica. "Diffido dei saperi femminili". Eppure quando
"non sono in gioco io sola - sento uno scarto, un esitare, un ritirarmi. Non
credo che succeda a un maschio...". E poi. Alcune notevoli donne, che
s'erano date da fare per le altre, un bel momento decisero per il futuro di
non fare piu' che per se stesse. "Una di esse se la prendeva con Simone
Weil: ma chi glielo aveva fatto fare di immischiarsi, chi l'aveva chiamata?
Fremetti di collera. E di dubbio. Chi aveva chiamato me, che non ero neanche
Simone Weil? Nessuno... Ero infuriata...". Altre la rimproverano di aver
sacrificato se stessa. "Sacrificata? Ma via. Di una stanza tutta per me non
ho sentito la mancanza avendo per me il mondo e potendo perfino recederne.
Mai ci si realizza come assieme agli altri... Mai si e' meno sacrificati che
in un collettivo che hai scelto e cui ti credi necessaria". Vedere a pagina
296: "Io ero diventata comunista nell'ottobre del 1943 quando mi scoprivo un
fuscello nel precipitare del mondo". Una scelta di ragione. Non una teoria,
per via dei libri che Banfi le mette in mano, ma una parte di se' che si
mette per suo conto in moto. "Come sopportare che i piu' fra coloro che
nascono non abbiano neanche la possibilita' di pensare a chi sono, che
faranno di se', l'avventura umana bruciata in partenza? O c'e' un Dio
tremendo che ti mette alla prova e compensa nell'aldila', o non si puo'
accettare... per questo non avevo lasciato il Pci ne' nel 1948 ne' nel 1956.
I comunisti erano i soli a negare l'inevitabilita' del non umano".
"Non si puo' accettare": questa rimane la ragione di fondo della scelta
politica comunista. Nel Novecento nessun altro ha detto questo cosi'
nettamente. E non sara' il coro dei pentiti, dei transumananti, degli atei
devoti, dei borghesi laici, dei padroni illuminati, a cancellare questa
storia. Se il partito democratico sara' la nuova frontiera
dell'"anticomunismo democratico", se lo facciano. Mobiliteranno un manipolo
di intellettuali prodiani, ma non ri-motiveranno le ragioni di una sinistra
di popolo. Qui sta la differenza tra una forza storica e una trovata
politica. La prima sa liberarsi del passato per superare se stessa, sa
spezzare la continuita' per rivalutare una tradizione. La seconda sa solo
fanciullescamente ricominciare da capo, per ritrovarsi ad essere niente.
*
Scrive Rossana: "Del resto il mio scacco come persona politica e' totale
soltanto da una ventina d'anni". Calcoliamo: da meta' degli anni ottanta.
Dunque lo scacco non fu la frattura di questa persona con il corpo del Pci.
Perche', fuori, il gruppo del "Manifesto", come leggiamo a chiusura del
libro, non cadde nel nulla, cadde anzi in mezzo a un paese in movimento, tra
rivolta giovanile e spallata operaia. La speranza era "di essere ponte tra
quelle idee giovani e la saggezza della vecchia sinistra". Lasciamo stare
che non funziono'. Abbiamo imparato che non tutto quello che storicamente
non ha funzionato era politicamente sbagliato. La verita' e' che la speranza
di mettere insieme vecchia e nuova sinistra c'e' stata finche' c'e' stato il
Pci. E' dopo che diventa disperazione. Oggi verifichiamo, fatti alla mano,
che chiudere con il Pci ha voluto dire coerentemente chiudere con la
sinistra. Magari non c'era questo disegno nelle intenzioni, ma i processi
sono piu' forti dei disegni. E la politica che non controlla i processi, e
non sa guidarli, non e' politica, e' amministrazione. E perche' meta' anni
Ottanta? Perche' quel giorno che, massa di popolo, demmo l'addio a
Berlinguer, celebrammo il funerale del Pci. Il dopo era gia' iscritto in una
storia che non stava piu' nelle nostre mani. Lo scacco e' in tutto quello
che si e' tentato dopo: scaramucce di retroguardia, un insensato agitarsi a
inseguire una cosiddetta modernizzazione o una improbabile rifondazione,
piu' qualche grillo parlante - stiamo parlando di noi - a dire senza che
nessuno ascoltasse.
*
Cara Rossana, non so se avrai voglia di continuare il racconto. Ho
l'impressione che, in questo caso, dovresti tornare a partire da te. Da
quegli anni, il mondo ci e' riprecipitato dentro. Le cose migliori, in
fondo, sono quelle che ci sono capitate in interiore. Ma, a quanto pare,
solo a noi, che sul mondo non abbiamo allentato la presa dell'artiglio
antagonista. E, ci fosse uno, un solo spiraglio, per ricominciare sul serio
nella pratica a combatterlo questo mondo, un attimo di esitazione non ci
passerebbe nemmeno per la testa.

5. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

6. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1190 del 29 gennaio 2006

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