La nonviolenza e' in cammino. 969



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 969 del 22 giugno 2005

Sommario di questo numero:
1. Martin Luther King: Un tamburo maggiore per la rettitudine
2. Fulvio Cesare Manara: Studiare Martin Luther King
3. Tadatoshi Akiba: Per un mondo denuclearizzato
4. Maria G. Di Rienzo: Mukhtar Mai
5. Bruna Peyrot: Alle radici dell'esperienza di Porto Alegre (parte quinta e
conclusiva)
6. Con "Qualevita", all'ascolto di Alphonse e Rachel Goettmann
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'

1. MAESTRI. MARTIN LUTHER KING: UN TAMBURO MAGGIORE PER LA RETTITUDINE
[Ringraziamo Fulvio Cesare Manara (per contatti: philosophe0 at tin.it) per
averci messo a disposizione l'antologia di scritti e discorsi di Martin
Luther King da lui curata, Memoria di un volto: Martin Luther King,
Dipartimento per l'educazione alla nonviolenza delle Acli di Bergamo,
Bergamo 2002, che reca sue traduzioni di discorsi e scritti del grande
maestro della nonviolenza. Il testo seguente e' la traduzione di "The Drum
Major Instinct", sermone pronunciato nella chiesa battista di Ebenezer,
Atlanta, il 4 febbraio 1968.
Martin Luther King, nato ad Atlanta in Georgia nel 1929, laureatosi
all'Universita' di Boston nel 1954 con una tesi sul teologo Paul Tillich, lo
stesso anno si stabilisce, come pastore battista, a Montgomery nell'Alabama.
Dal 1955 (il primo dicembre accade la vicenda di Rosa Parks) guida la lotta
nonviolenta contro la discriminazione razziale, intervenendo in varie parti
degli Usa. Premio Nobel per la pace nel 1964, piu' volte oggetto di
attentati e repressione, muore assassinato nel 1968. Opere di Martin Luther
King: tra i testi piu' noti: La forza di amare, Sei, Torino 1967, 1994
(edizione italiana curata da Ernesto Balducci); Lettera dal carcere di
Birmingham - Pellegrinaggio alla nonviolenza, Movimento Nonviolento, Verona
1993; L'"altro" Martin Luther King, Claudiana, Torino 1993 (antologia a cura
di Paolo Naso); "I have a dream", Mondadori, Milano 2001; cfr. anche: Marcia
verso la liberta', Ando', Palermo 1968; Lettera dal carcere, La Locusta,
Vicenza 1968; Il fronte della coscienza, Sei, Torino 1968; Perche' non
possiamo aspettare, Ando', Palermo 1970; Dove stiamo andando, verso il caos
o la comunita'?, Sei, Torino 1970. Presso la University of California Press,
e' in via di pubblicazione l'intera raccolta degli scritti di Martin Luther
King, a cura di Clayborne Carson (che lavora alla Stanford University). Sono
usciti sinora cinque volumi (di quattordici previsti): 1. Called to Serve
(January 1929 - June 1951); 2. Rediscovering Precious Values (July 1951 -
November 1955); 3. Birth of a New Age (December 1955 - December 1956); 4.
Symbol of the Movement (January 1957 - December 1958); 5. Threshold of a New
Decade (January 1959 - December 1960); ulteriori informazioni nel sito:
www.stanford.edu/group/King/ Opere su Martin Luther King: Arnulf Zitelmann,
Non mi piegherete. Vita di Martin Luther King, Feltrinelli, Milano 1996;
Sandra Cavallucci, Martin Luther King, Mondadori, Milano 2004. Esistono
altri testi in italiano (ad esempio Hubert Gerbeau, Martin Luther King,
Cittadella, Assisi 1973), ma quelli a nostra conoscenza sono perlopiu' di
non particolare valore: sarebbe invece assai necessario uno studio critico
approfondito della figura, della riflessione e dell'azione di Martin Luther
King (anche contestualizzandole e confrontandole con altre contemporanee
personalita', riflessioni ed esperienze di resistenza antirazzista in
America). Una introduzione sintetica e' in "Azione nonviolenta" dell'aprile
1998 (alle pp. 3-9), con una buona bibliografia essenziale.
Fulvio Cesare Manara e' un prestigioso studioso e amico della nonviolenza;
nato a Bergamo il 29 giugno 1958, coniugato con tre figli, laureato in
filosofia presso l'Universita' degli studi di Milano discutendo la tesi
"Fides falsa. Il concetto di eresia in Tommaso d'Aquino", ha frquentato
seminari di ricerca e studio presso vari enti: il Program on Nonviolent
Sanctions della Harvard University, la Western Michigan University, la
American Philosophical Association (Central Division), e la Albert Einstein
Institution (Cambridge, Ma, Usa), perfezionato a Padova in didattica della
filosofia, ricercatore esterno della Fondazione Tovini presso il
Dipartimento di filosofia dell'Universita' di Padova, dove conduce una
ricerca sul laboratorio di filosofia. Nell'anno accademico 2004-2005 insegna
religioni e diritti dell'uomo al Master di II livello dell'Universita' degli
Studi di Bergamo. Nel settore della didattica della filosofia insegna
filosofia e storia nei licei statali; opera quale formatore di formatori e
interviene in corsi di formazione promossi da istituti superiori in varie
parti d'Italia ed in seminari e corsi promossi dal Ministero e da altre
agenzie (la piu' recente attivita' e' la funzione di moderatore in due forum
della Sfi per l'Indire); ha collaborato al laboratorio di didattica della
filosofia presso la Siss Veneto; e' membro del consiglio direttivo e della
commissione didattica nazionale della Societa' filosofica italiana; suo
campo di sperimentazione e di indagine e' la comunita' di ricerca filosofica
e il laboratorio di filosofia; collabora in qualita' di redattore a
"Comunicazione filosofica. Rivista telematica di ricerca e didattica
filosofica" (sito: www.getnet.it/sfi/013.html); collabora in qualita' di
formatore esterno al corso di perfezionamento in filosofia e didattica della
filosofia dell'Universita' degli Studi di Bari, e al corso di
perfezionamento in metodologia dell'insegnamento filosofico presso
l'Universita' degli Studi di Padova. Nel settore disciplinare della
didattica della filosofia ha pubblicato una quindicina di saggi e alcune
recensioni, oltre al volume Comunita' di ricerca e iniziazione al
filosofare. Appunti per una nuova didattica della filosofia, Lampi di
Stampa, Milano 2004. Nel settore degli studi sulla nonviolenza si occupa
continuativamente di etica della nonviolenza, settore in cui ha pubblicato
una ventina tra saggi e articoli; opera quale formatore con esperienza di
metodologia attiva: addestrato nelle competenze dell'ascolto attivo e della
gestione del lavoro di gruppo, grazie ad una esperienza ventennale di
animazione e facilitazione di gruppi, anima a sua volta all'ascolto attivo,
ad una gestione di gruppo centrata sulla leadership partecipativa ed alla
trasformazione nonviolenta dei conflitti; sta completando un volume in cui
raccogliera' una serie di saggi sull'opera gandhiana. Dal 2002 e'
collaboratore della cattedra di pedagogia sociale dell'Universita' degli
studi di Bergamo, ove si occupa in particolare del tema della trasformazione
nonviolenta dei conflitti]

Ogni tanto, immagino, tutti noi pensiamo in modo realistico al giorno in cui
resteremo vittime di quello che e' il definitivo comune denominatore della
vita: quella cosa che chiamiamo morte. Tutti noi ci pensiamo. E di tanto in
tanto io penso alla mia morte, e penso al mio funerale. Non ci penso in
maniera morbosa. Di tanto in tanto mi domando: "Che cosa vorrei che
di­cessero?". E stamani lascio a voi la parola.
Quel giorno mi piacerebbe che si dicesse: Martin Luther King junior ha
cercato di dedicare la vita a servire gli altri.
Quel giorno mi piacerebbe che si dicesse: Martin Luther King junior ha
cercato di amare qualcuno.
Vorrei che diceste, quel giorno, che ho cercato di essere giusto sulla
questione della guerra.
Quel giorno vorrei che poteste dire che ho davvero cercato di dar da
man­giare agli affamati.
E vorrei che poteste dire, quel giorno, che nella mia vita ho davvero
cercato di vestire gli ignudi.
Vorrei che diceste, quel giorno, che ho davvero cercato, nella mia vita, di
visitare i carcerati.
Vorrei che diceste che ho cercato di amare e servire l'umanita'.
Si', se volete dire che sono stato un tamburo maggiore, dite che sono stato
un tamburo maggiore per la giustizia. Dite che sono stato un tamburo
maggiore per la pace. Sono stato un tamburo maggiore per la rettitudine.
E tutte le altre cose di superficie non conteranno. Non avro' denaro da
lasciare dietro di me. Non avro' le cose belle e lussuose della vita da
lasciare dietro di me. Ma io voglio avere soltanto una vita impegnata da
lasciarmi alle spalle. Ed e' tutto quel che volevo dire.
Se riesco ad aiutare qualcuno mentre passo, se riesco a rallegrare qualcu­no
con una parola o con un canto, se riesco a mostrare a qualcuno che sta
andando nella direzione sbagliata, allora non saro' vissuto invano. Se
riesco a fare il mio dovere come dovrebbe un cristiano, se riesco a portare
la salvez­za a un mondo che e' stato plasmato, se riesco a diffondere il
messaggio come il Maestro ha insegnato, allora la mia vita non sara' stata
invano.

2. RICERCHE. FULVIO CESARE MANARA: STUDIARE MARTIN LUTHER KING
[Ringraziamo Fulvio Cesare Manara (per contatti: philosophe0 at tin.it) anche
per questo intervento]

Di Martin Luther King, come di Gandhi, sono note al largo pubblico piu' che
altro le "immaginette" che ne dipingono un profilo a dir poco agiografico.
Non ci dobbiamo stancare di promuovere una conoscenza piu' autentica di
queste persone che hanno cercato nella loro vita e nel loro pensiero la
nonviolenza, sperimentando le modalita' creative dell'azione nonviolenta.
Un esempio per comprendere quanto Martin Luther King sia assente da una
comprensione diffusa lo si puo' ottenere semplicemente guardando a quanto
delle sue opere e' mantenuto in circolazione dagli editori nel nostro paese.
Si trova facilmente il celeberrimo La forza di amare, ma, a chi volesse
andare un po' oltre, non risulta altrettanto semplice l'impresa di
documentarsi: ad esempio riprendendo l'interesse che una parte dell'editoria
italiana manifesto' alla fine degli anni sessanta mettendo in circolazione
altre traduzioni, di opere di sicuro interesse, come Marcia verso la
liberta' (Ando', Palermo 1968) - che e' il resoconto che egli pubblico' agli
inizi del 1959 sull'esperienza di lotta a Montgomery -; Lettera dal carcere
(La locusta, Vicenza 1968); Il fronte della coscienza (Sei, Torino 1968),
Perche' non possiamo aspettare (Ando', Palermo 1970), Dove stiamo andando,
verso il caos o la comunita'? (Sei, Torino 1970).
Negli Stati Uniti centinaia di articoli, libri e dissertazioni continuano ad
essere prodotti su King e il movimento per i diritti civili. Da noi non
giunge nemmeno l'eco di questo fermento, come che sia. E' necessario che
anche in Italia giovani studiosi e persone interessate progettino ricerca
attorno alla raccolta dei suoi scritti.
*
Una equipe (guidata dallo storico Clayborne Carson) sta raccogliendo ed
editando presso la Stanford University: The Papers of Martin Luther King jr.
di cui sono previsti quattordici volumi, e finora sono apparsi, presso la
University of California Press:
1. Called to Serve (January 1929 - June 1951);
2. Rediscovering Precious Values (July 1951 - November 1955);
3. Birth of a New Age (December 1955 - December 1956);
4. Symbol of the Movement (January 1957 - December 1958);
5. Threshold of a New Decade (January 1959 - December 1960).
Si tratta di un lavoro di estrema importanza, com'e' ovvio.
Il "MLK Papers Project" ha realizzato il piu' esteso inventario sinora
prodotto comprensivo dei sermoni, dei discorsi, delle dichiarazioni
pubbliche, oltre che dei manoscritti e degli scritti pubblicati, cosi' da
realizzare un catalogo informatico di quasi seimila schede (e verra'
aggiornato per ogni successivo ritrovamento). In queste schede ogni
ricercatore puo' reperire informazioni utili ad identificare i documenti e
la loro collocazione archivistica in originale. Una selezione di queste
appare nei volumi a stampa.
Gia' sin d'ora e' possibile studiare e conoscere approfonditamente le tracce
scritte che Martin Luther King ha lasciato vivendo le campagne di
disubbidienza civile e azione nonviolenta a Montgomery, in Alabama, ad
esempio, che hanno rappresentato il punto di svolta piu' significativo nella
"conversione" alla nonviolenza e nella determinazione all'azione diretta
nonviolenta in questo straordinario testimone.
A chi volesse cominciare ad approfondire la storia di Martin Luther King, e
leggesse l'inglese, suggerisco di esplorare le ben documentate ed ampie
pagine biografiche che l'equipe di Stanford ha messo in rete, all'indirizzo:
www.stanford.edu/group/King/about_king/

3. TESTMONIANZE. TADATOSHI AKIBA: PER UN MONDO DENUCLEARIZZATO
[Dalla mailing list dei "Beati i costruttori di pace" (per contatti:
beati at liste.beati.org) riprendiamo i seguenti brani del discorso pronunciato
il 6 agosto 2004 da Tadatoshi Akiba, sindaco della citta' di Hiroshima]

"Niente crescera' per 75 anni". Sono passati 59 anni da quel 6 agosto,
quando la citta' di Hiroshima fu cancellata, obliterata. Centinaia di
migliaia di persone furono uccise all'istante. Recentemente, alcune decine
di cadaveri di persone sono riaffiorati sull'isola di Ninoshima, rinnovando
cosi' l'ammonimento all'umanita' intera: gli orrori delle bombe atomiche e
la mostruosita' della guerra negano ogni speranza di futuro. Purtroppo, gli
esseri umani non possiedono parole adatte ad esprimere adeguatamente
l'orrore di quelli eventi. E cosi' la maggior parte dell'umanita' volta le
spalle ai testimoni sopravvissuti ed alle loro coraggiose denuncie.
In questi mesi che ci separano dal sessantesimo anniversario dobbiamo
ritrovare il ciclo ed i ritmi della trama comune che lega la specie umana
alla natura del pianeta e ritornare al punto di partenza: l'esperienza
devastante delle esplosioni atomiche.
E' ora il tempo di piantare nuovi semi di speranza per far crescere un
movimento che abbia una visione di futuro.
A questo scopo, la citta' di Hiroshima, insieme alla Coalizione dei Sindaci
per la Pace con piu' di 600 membri in 109 Paesi e regioni, dichiara che il
periodo che ci separa dal 9 agosto 2005 sara' per noi l'Anno di Memoria e
Azione per un Mondo Denuclearizzato. Nostro obiettivo e' far sbocciare un
magnifico fiore in occasione del settantacinquesimo anniversario delle
esplosioni atomiche: la totale e globale messa al bando di tutti gli
armamenti nucleari entro l'anno 2020. Solo allora potremo dire di avere
risuscitato la speranza di vita su questo pianeta "dove niente cresce".
In memoria di Hiroshima e Nagasaki, ci impegniamo a compiere ogni azione
possibile nel corso dei prossimi mesi per garantire che il sessantesimo
anniversario dei bombardamenti atomici possa rappresentare un primo momento
concreto di speranza per un mondo dal quale tutte le armi nucleari saranno
messe al bando.
In umilta', offriamo questo nostro impegno affinche' tutte le vittime delle
bombe atomiche possano finalmente riposare in pace.

4. DIRITTI. MARIA G. DI RIENZO: MUKHTAR MAI
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici
di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista,
giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto
rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento
di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel
movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta'
e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza; e' coautrice
dell'importante libro: Monica Lanfranco, Maria G. Di Rienzo (a cura di),
Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003]

Forse ricordate Mukhtar Mai, un'insegnante pakistana che ha ora 30 anni.
Dopo aver subito uno stupro di gruppo per ordine degli anziani del villaggio
di Meeranwalla, nel Punjab, la giovane donna sconvolse il paese portando il
suo caso davanti ai tribunali. Le persecuzioni subite da Mukhtar Mai non
sono finite.
Nel pomeriggio del 14 giugno, la donna ha annunciato durante una conferenza
stampa a Islamabad che il suo viaggio all'estero, da tempo pianificato,
veniva sospeso a causa dei problemi di salute della madre. Naturalmente
nessuno le ha creduto: i giornalisti presenti sapevano bene che la
presentazione all'estero del Centro antiviolenza messo in piedi da Mukhtar
dopo lo stupro sarebbe stata molto imbarazzante per il governo di Pervez
Musharraf. Durante gli ultimi sette mesi, secondo i dati forniti dalla
Commissione indipendente per i diritti umani del Pakistan, 151 donne hanno
subito stupri di gruppo e 176 sono state uccise per motivi "d'onore". La
narrazione delle esperienze di Mai fuori dal paese avrebbe messo sotto i
riflettori internazionali le brutali violazioni che le donne subiscono in
Pakistan.
Tre anni fa, in giugno, 14 uomini della tribu' Mastoi stuprarono
volontariamente Mai come punizione diretta al suo fratellino dodicenne,
Abdul Shakoor, che era stato visto passeggiare assieme ad una ragazzina
Mastoi. La decisione fu presa dal tribunale del villaggio (jirga, o
consiglio degli anziani) per preservare l'onore della tribu'. Mukhtar fu
convocata davanti a questa corte, dove tento' di scusare il fratello, ma la
violenza carnale nei suoi confronti era gia' stata decisa. Dopo la sua
consumazione, Mukhtar Mai fu condotta in parata, nuda, sotto gli occhi di
centinaia di persone. Alla fine, a suo padre fu concesso coprirla in qualche
modo con uno scialle e di portarla a casa. Successivamente giro' la notizia
che la giovane donna si fosse suicidata bevendo del pesticida; nessuno
l'avrebbe biasimata, se lo avesse fatto davvero, perche' era quanto ci si
aspettava da lei.
Ma Mukhtar Mai, nubile ed appartenente ad una famiglia di bassa casta, non
mostro' sottomissione e chiese giustizia. La meta' dei suoi stupratori sono
stati dapprima processati e condannati, poi il vento ha cominciato a girare:
il 10 giugno scorso, il tribunale di Lahore ha rifiutato di estendere la
mite sentenza di 90 giorni di detenzione a 12 dei 14 imputati, che sono a
piede libero. Il caso e' andato in appello. Tutto quello che gli altri due
aggressori di Mai devono fare e' pagare una cauzione di 600 sterline, e
saranno liberi anch'essi. Pare che il problema sia "l'evidenza" dei fatti,
anche se ci sono 150 testimoni che possono essere chiamati in tribunale a
raccontare cio' che hanno visto.
Nel villaggio dove Mai vive, le case degli stupratori stanno proprio di
fronte alla sua: puo' guardarli in faccia ogni giorno, e mentre i suoi
tormentatori sono in liberta', alla giovane che e' diventata un simbolo del
coraggio e dei diritti umani delle donne in Pakistan viene impedito di
lasciare il paese. Con il denaro offertole in prima istanza dal tribunale,
quale compensazione, Mukhtar ha aperto due scuole nel villaggio,
iscrivendovi alcuni dei figli dei suoi stupratori, per mostrare che non
voleva vendetta, ma giustizia. Grazie alle donazioni che le sono giunte
dall'estero, ha poi aperto un Centro antiviolenza per le donne vittime di
abusi, e comperato un furgone che funge da ambulanza per tutta la zona. La
prima tappa del suo viaggio sarebbero stati gli Usa, ma la prospettiva di
Mukhtar Mai che riceveva applausi in auditorium stranieri ha sconvolto i
politici di Islamabad. La visita negli Usa era programmata per sabato;
giovedi' Mai e' stata confinata agli arresti domiciliari. Quando ha tentato
di uscire, la polizia le ha puntato contro i fucili. Tre donne poliziotto si
sono installate nella sua casa, seguendola anche nel gabinetto. Dopo che
aveva rilasciato due interviste telefoniche, la polizia le ha tolto la
linea. Il nome di Mai, si e' scoperto, sta su una lista nera che e'
normalmente riservata agli estremisti politici e che si chiama "Exit Control
List". Gli aeroporti sono stati messi sull'avviso di non permettere a
Mukhtar Mai di salire su qualunque aereo. Inoltre, mentre era agli arresti,
venerdi' il tribunale ha lasciato andare i suoi aggressori; normalmente, i
tribunali pakistani non lavorano di venerdi' e la loro azione sa di
calcolata intimidazione nei confronti della donna. L'ultima richiesta, in
ordine di tempo, di tenere Mai nel paese viene addirittura dall'ambasciatore
pakistano a Washington, Jahangir Karamat. Lunedi' notte la donna e' stata
portata dalla polizia alla capitale, dove e' stata costretta a firmare
documenti per riottenere il passaporto dall'ambasciata statunitense che
avrebbe dovuto vistarlo. Alle richieste su perche' viene trattata in questo
modo si e' risposto che e' "per la sua protezione".
Ora Mukhtar Mai ha saputo che il presidente Musharraf avrebbe detto di
essere personalmente "molto arrabbiato" con lei, e c'e' quindi la
possibilita' che il governo la faccia "sparire". Non c'e' da stupirsi che
abbia dichiarato di non intraprendere piu' il viaggio all'estero di propria
volonta', a causa dei problemi di salute della madre; quest'ultima,
raggiunta dalle attiviste per i diritti delle donne, e' apparsa terrorizzata
quanto la figlia. Ne' c'e' da stupirsi che Mai sia imbarazzante per il
governo del generale Musharraf, che spaccia se stesso quale leader moderno,
oppositore degli estremismi e propugnatore di un Islam "illuminato". La sua
reazione, di fronte al caso di Mai, e' stata in primo luogo la soppressione
di ogni informazione al proposito tramite la pressione sugli editori dei
media pakistani. Ha minacciato una reporter dicendole che l'avrebbe
schiaffeggiata di persona per aver pubblicato i dettagli della vicenda di
Mai su un magazine internazionale. Purtroppo per lui, la giornalista e' Asma
Jahangir, attivista per i diritti umani delle donne e speciale
rappresentante Onu in Pakistan per i diritti umani.
Musharraf ha cominciato presto ad opporsi ai diritti delle donne,
quest'anno. Notevole il caso, ad esempio, di una tribu' del Baluchistan che
si e' rivoltata dopo che un capitano dell'esercito aveva stuprato la
dottoressa che lavorava da loro per la compagnia statale del gas, alle
installazioni nel deserto. Il locale capo tribale ha insistito perche' il
capitano potesse provare la propria innocenza camminando sui carboni
ardenti, ma al di la' di questa richiesta inaccettabile l'uomo non e' stato
portato in giudizio da nessuna parte. La sua famiglia ha potenti legami
nell'esercito e il presidente Musharraf ha pubblicamente dichiarato che il
capitano, per quanto lui ne sa, e' innocente. Le autorita' hanno
incoraggiato la dottoressa a lasciare il paese: una scelta che Mai,
insegnante di villaggio, non ha.
Il partito di governo bolla come "non patriottici" i sostenitori di Mai ed
il ministro dell'Interno ha dichiarato che: "Le persone che lavorano per le
ong sono disposte a dire qualsiasi cosa dopo un bicchiere di whisky a cena,
e divorano la gente innocente come avvoltoi".
E' difficile giustificare punizioni medievali e violazioni estreme dei
diritti umani davanti all'opinione pubblica internazionale; se il Pakistan
non conserva l'immagine di paradiso dell'Islam moderato potrebbero soffrirne
gli investimenti dall'estero, e di conseguenza i conti in banca degli uomini
al governo e degli investitori stranieri. Percio' Mukhtar Mai, simbolo allo
stesso tempo della vittimizzazione, della forza e della resistenza delle
donne pakistane non deve andare a raccontare la sua storia fuori dal paese.
Percio' ve l'ho raccontata io.

5. ESPERIENZE. BRUNA PEYROT: ALLE RADICI DELL'ESPERIENZA DI PORTO ALEGRE
(PARTE QUINTA E CONCLUSIVA)
[Ringraziamo Bruna Peyrot (per contatti: brunapeyrot at terra.com.br) per
averci messo a disposizione il capitolo quarto, "La sceta della politica",
del suo libro La democrazia nel Brasile di Lula. Tarso Genro: da esiliato a
ministro, Citta' Aperta Edizioni, Troina (En) 2004.
Bruna Peyrot, torinese, scrittrice, studiosa di storica sociale, conduce da
anni ricerche sulle identita' e le memorie culturali; collaboratrice di
periodici e riviste, vincitrice di premi letterari, autrice di vari libri;
vive attualmente in Brasile. Si interessa da anni al rapporto
politica-spiritualita' che emerge da molti dei suoi libri, prima dedicati
alla identita' e alla storia di valdesi italiani, poi all'area
latinoamericana nella quale si e' occupata e si occupa della genesi dei
processi democratici. Tra le sue opere: La roccia dove Dio chiama. Viaggio
nella memoria valdese fra oralita' e scrittura, Forni, 1990; Vite discrete.
Corpi e immagini di donne valdesi, Rosenberg & Sellier, 1993; Storia di una
curatrice d'anime, Giunti, 1995; Prigioniere della Torre. Dall'assolutismo
alla tolleranza nel Settecento francese, Giunti, 1997; Dalla Scrittura alle
scritture, Rosenberg & Sellier, 1998; Una donna nomade: Miriam Castiglione,
una protestante in Puglia, Edizioni Lavoro, 2000; Mujeres. Donne colombiane
fra politica e spiritualita', Citta' Aperta, 2002; La democrazia nel Brasile
di Lula. Tarso Genro: da esiliato a ministro, Citta' Aperta, 2004.
Per richiedere il libro alla casa editrice: Citta' Aperta Edizioni, via
Conte Ruggero 73, 94018 Troina (En), tel. 0935653530, fax: 0935650234.
Segnaliamo ai lettori che per esigenze grafiche legate alla diffusione per
via informatica del nostro foglio, i termini brasiliani sono stati
semplificati abolendo tutti gli accenti all'interno delle parole e
sostituendo tutti i caratteri con particolarita' grafiche non tipiche della
lingua italiana; questo rende la trascrizione di quei termini non fedele ma
semplicemente orientativa. I conoscitori della soave lingua
portoghese-brasiliana sapranno intuire le soluzioni adeguate, con tutti gli
altri ci scusiamo]

5. Porto Alegre: una cittadinanza simbolica
In un mondo globalizzato, la citta' puo' rappresentare uno spazio che
restituisca aspetti di identita' comunitaria. Il quartiere, la piazza del
centro storico, il palazzo del comune, la cattedrale sono segni che marcano
l'appartenenza. Il documento finale dell'incontro di Barcellona (1999), a
cinquant'anni dalla Dichiarazione universale dei Diritti Umani delle Nazioni
Unite, dichiara la citta' "uno dei principali attori per la promozione dello
sviluppo duraturo e per la difesa dei diritti umani interdipendenti e
indivisibili". Luoghi dove si consuma la maggior parte delle risorse del
pianeta, le citta' rispecchiano la sperequazione sociale fra chi ha le
possibilita' di accedervi e chi e' emarginato nei quartieri degradati. Per
questo motivo, il loro governo e' sempre di piu' un problema di equita'
sociale.
Se Sao Paulo e' una citta' cresciuta in verticale, con grattacieli bianchi e
scheletrici, affastellati come le tombe di un cimitero ebraico, che
dirompono da angoli remoti per rubarsi lo spazio a vicenda; se Rio, la
"citta' meravigliosa", condensa il sole sin dentro i suoi vicoli piu'
sperduti; se Brasilia offre l'eleganza di quartieri pensati al tavolo di una
grande architetto, Porto Alegre e' diventata la coscienza di un luogo inteso
come spazio "ove prende corpo la coscienza di se'" (50). "Quel" luogo,
infatti, ha catalizzato la speranza mondiale di singoli, movimenti,
istituzioni che intendono rispondere alla globalizzazione spersonalizzante
con una nuova capacita' di "fare" ed "essere" comunita' oltre le frontiere
geografiche.
Porto Alegre non e' stata la prima citta' a sperimentare forme di democrazia
popolare, ne' in Brasile ne' nel mondo. Altre storie simili si stanno
sperimentando in India (Kerala), Angola, Spagna (cintura di Barcellona, con
l'esempio piu' avanzato di Sant Feliu de Llobregat), Germania
(Nordrhein-Westfalen e Foresta nera), Argentina, Costarica, Ecuador,
Honduras, Messico, Uruguay, Peru' (Villa El Salvador) (51), Colombia
(Pasto), Gran Bretagna, Francia (Morsang sur Orge, Saint Denis, Bobigny,
Petit Bourg...), Italia (52), ecc.
Tuttavia, Porto Alegre rappresenta lo statuto di un luogo, dove gli
"abitanti" sono davvero "residenti", dove il "locale" circoscrive una
sovranita' che riabilita la cittadinanza, dove i governi riconoscono i
"grumi di desiderio collettivo" (53), indispensabili a riconciliare uno
spazio spogliato del racconto del suo senso. La cittadinanza, infatti,
significa un sentimento di appartenenza unito a un certo grado di
partecipazione di tutti nel patrimonio che la nazione, lo stato, la regione,
il comune sono stati capaci di accumulare nel corso della sua storia.
Lo statuto dei luoghi e' legato alla loro "sostenibilita'", alla loro
capacita' di capire e controllare cio' che in essi accade, dall'economia
alla politica, dalla cultura alla difesa dell'ambiente. La loro importanza
va in parallelo a quella acquisita da sindaci e governatori, i "primi
cittadini" che li rappresentano. Non a caso Tarso, che scrive mentre fa
politica, e' da sindaco che ha redatto 21 tesi per la creazione di una
politica democratica e socialista (54) che riassumono, con esemplare
chiarezza, il ragionamento che, tesi per tesi, sviluppera' successivamente
in libri separati. Il suo centro, in estrema sintesi, e' il seguente: lo
Stato oggi e' incapace di rappresentare le domande che sorgono dalla
societa', travagliata dalle diseguaglianze sociali. In questa crisi, i
governi locali assumono un importante ruolo politico di vicinanza alla
popolazione. Nello stesso tempo, il mondo del lavoro e' "chiuso", la classe
operaia sfaldata con l'avvento delle nuove forme che hanno polarizzato i
rapporti fra societa' formale e informale e abolito le frontiere
tradizionali fra i paesi. Negli interstizi di questi complessi processi,
sono nati nuovi soggetti sociali che devono fare i conti con forme di
dominazione culturale e politica, piu' difficili da contrastare di quelle
degli antichi conflitti di classe. L'anelito, tuttavia, al riscatto della
propria cittadinanza resta il medesimo, anzi si confronta con uno Stato
incapace di accoglierlo. La soluzione sta nel capovolgere democraticamente
la relazione fra Stato e societa' (tesi 14), dando voce e potere alla
rappresentanza delle migliaia di organizzazioni locali, regionali, nazionali
e internazionali autoorganizzate (tesi 12) in uno spirito di cogestione
mista statale-non statale che riconosca ai "movimenti" dei cittadini lo
spazio per essere il primo embrione di organizzazione democratica.
In questo contesto, mentre Olivio propose il Forum dei parlamentari, Tarso
avvio' il Forum degli amministratori locali. Sono queste cariche
istituzionali, infatti, a interpretare la ritrovata vicinanza con i
cittadini, soprattutto i sindaci che, in Europa e in America Latina, stanno
attraversando una stagione di interessante protagonismo sociale e che a
Porto Alegre, la "Bologna" del Brasile, si sono riuniti intorno alla "Carta
del nuovo Municipio". Progetto che riunisce studiosi e amministratori nella
ricerca di un'attivazione politica "dal basso", che ospiti nuove reti di
solidarieta' e coalizioni in vista di uno sviluppo locale concertato, questa
proposta ha fatto si' che l'esperienza di Porto Alegre non rimanesse "isola
perduta in un immenso oceano neoliberale" (55). La  "Carta del nuovo
Municipio" (56) ha mirato a ricreare in molti luoghi un "nuovo municipio"
mirante "a trasformare gli enti locali da luoghi di amministrazione
burocratica in laboratori di autogoverno... in cui sia attiva e determinante
la figura del produttore-abitante che si prende cura di un luogo attraverso
la propria attivita' produttiva" (57). Recuperando la capacita' di decisione
e i saperi locali come momento di partecipazione politica alle scelte della
gestione economica e ambientale, la Carta e' un manifesto-simbolo, nel senso
dato al "manifesto" da Boaventura de Sousa Santos, "un programma di alleanze
chiare, dettagliate e inequivocabili" (58). Fu, tuttavia, al secondo
incontro del gennaio 2002, che il Forum degli amministratori locali,
dedicato all'inclusione sociale, visse  momenti  di grandi interrogativi. Da
poco erano stati uccisi due sindaci - Celso Daniel di Santo Andre' e Antonio
da Costa Santos di Campinas - impegnati in prima linea nel loro programma di
"globalizzare la democrazia; ricostruire, con nuove modalita', la sfera
pubblica; valorizzare le diversita' culturali; condividere le
responsabilita' e ridurre le diseguaglianze sociali, a cominciare
dall'estensione dei diritti di cittadinanza" (59).
Far incontrare i sindaci per una "globalizzazione dal basso", ha implicato
un convinto investimento organizzativo nel quale il Comune di Porto Alegre
e' stato in prima fila. Figure controverse in ogni parte del mondo,
rappresentano una lunghissima stagione di notabili che invece di fare gli
interessi delle comunita' hanno alimentato le reti clientelari intorno al
"potente", favorite da isolamento geografico, scarsita' di beni
indispensabili (terra, acqua, lavoro) e inconsapevolezza dei diritti civici.
La "politica della scarsita'", specie in America Latina, ha reso l'individuo
eterno debitore e prigioniero del suo benefattore.
Parlare dei sindaci significa aprire un capitolo interessante di
collaborazione con l'Italia, dove, soprattutto dagli anni Novanta, ondate
normative hanno "personalizzato" (60) il ruolo dei sindaci, sia con la legge
142/'90 sulle autonomie locali, sia con la Legge 81/'93 sull'elezione
diretta. I sindaci italiani hanno riscoperto una loro dimensione,
soprattutto nelle grandi citta', che li ha resi protagonisti su molte
tematiche di convivenza sociale come la sicurezza, la solidarieta', la
difesa del patrimonio locale. Alle tre edizioni del Forum degli
amministratori locali di Porto Alegre hanno partecipato molti italiani,
sindaci e presidenti di regione e provincia che hanno aderito al "Cantiere
del Nuovo Municipio" (61).
Da Porto Alegre e' nata  una nuova grammatica del governo locale. I Forum
hanno composto una narrazione "globale" da contrapporre alla trasformazione,
altrettanto globale, di tutti gli aspetti della vita - terra, foreste,
acqua, salute, pensieri, corpi... -  in merce: "un altro mondo e'
possibile". Porto Alegre ha potuto accogliere questo grido per tanti motivi:
contiene la storia delle diseguaglianze di un'America Latina oberata dal
debito estero, raccoglie un accumulo storico di resistenze al potere delle
elite, realizza un'identita' di frontiera densa di relazioni oltre i confini
geografici ed etnici, ed e' stata laboratorio politico del Pt. Si potrebbe
affermare che Porto Alegre ha fatto da eco ad altri laboratori che in tutto
il mondo cercano la bellezza di una societa' solidale. Ha anche aggiunto
qualcosa in piu' a queste aspirazioni di giustizia, pace e riconoscimento
umano. Ha aperto un dibattito profondo sulla cultura amministrativa,
sottovalutata dalle tradizioni marxiste, sopravvalutata da quelle liberali,
e sul ruolo dello Stato come regolatore dell'incontro-scontro fra societa'
civile e mercato. I sindaci del Brasile, con i colleghi europei e asiatici -
l'Africa non e' ancora molto presente in questa ricerca - hanno creato le
premesse per quella che hanno definito una "transizione democratica", che
sostituisca le pratiche antiche legate alla dominazione patrimoniale
burocratica di fazendeiros e caudillos.
Il Bilancio Partecipato e' stato lo strumento che ha permesso un intenso
confronto internazionale sul modo di produrre cittadinanza attiva, un
obiettivo indicato anche dall'Agenda 21, riferimento per lo sviluppo
sostenibile nel XXI Secolo, firmato, nel 1992, dai 173 paesi presenti alla
Conferenza delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo.
Sono, in ogni caso i Forum sociali mondiali ad aver lanciato Porto Alegre
come nome-bandiera nel mondo, esempio di pratica cosmopolita e sede di piu'
incontri: fra teorie e prassi, fra rappresentanti e rappresentati, fra
movimenti e istituzioni, fra singoli e gruppi, fra etnie, uomini e donne,
centri e periferie. L'"invenzione" del Forum prese forma nell'ufficio di
Bernard Cassen. A conversare, nel febbraio 2000, con il direttore di "Le
Monde Diplomatique" e presidente di Attac France (62) furono due personaggi
cruciali per il suo futuro: Oded Grajew e Chico Whitaker. Il primo,
israeliano emigrato in Brasile all'eta' di quattordici, aveva aperto una
fabbrica di giocattoli che poi decise di vendere a una multinazionale
americana per dedicarsi all'etica imprenditoriale con due piccole
fondazioni: Ethos e Civis. Il secondo, brasiliano, gia' responsabile della
comunicazione per "Justica e Paz" del suo paese, e' ora consigliere speciale
di Lula. L'appoggio istituzionale fu subito dato da Olivio Dutra,
governatore dello Stato di Rio Grande do Sul, e da Tarso Genro, sindaco di
Porto Alegre,  che finanziarono quasi la meta' delle spese. Tutti avevano
concordato nella necessita' di creare uno spazio per un'"internazionale
ribelle" (63) che facesse scattare una rottura geografica e simbolica nei
confronti di un altro luogo emblematico: Davos. In questa cittadina sulle
montagne svizzere si ripeteva annualmente, dal 1971, l'incontro del G8, il
gruppo dei paesi piu' potenti del mondo. Per rappresentare un controluogo,
il Brasile era perfetto: insieme di modernita' e poverta', percorsi
democratici e passati autoritari, ben esprimeva il destino di tutta
l'America Latina. Porto Alegre, poi, citta' ormai riconosciuta a livello
mondiale per la sua capacita' di buone pratiche governative, poteva ospitare
la speranza di un mondo nuovo e diverso.
Il primo Forum si apri' lo stesso giorno dell'incontro di Davos, il 25
gennaio 2001. Si convoco' per denunciare le spese per gli armamenti, la
distruzione del verde del pianeta, il dominio delle banche sulle economie, i
regimi totalitari, il furto della terra dei latifondisti, e le casseforti
degli oltre mille piu' ricchi del globo che possiedono tanto denaro quanto
ne producono in un intero anno i due miliardi e mezzo di uomini piu' poveri
della terra, cioe' quasi la meta' dell'umanita'.
Il secondo Forum si interrogo' soprattutto su come costruire un sistema di
beni e servizi per tutti e su come svelare il "mistero del capitale" (64)
che definisce "poveri" i paesi ricchi di materie prime che continua a
depredare. Come contrastarne l'invasione globale? Azioni come quella della
distruzione dei campi transgenici della Monsanto di Nao Me Toque, da parte
dei Sem Terra, divisero i delegati proprio sulle differenze, non solo
linguistiche fra forza e violenza.
Se il primo Forum rese visibile la rabbia disobbediente di 25.000 delegati
di 117 paesi, riuniti in 400 seminari, il secondo, tenutosi nel febbraio
2002 fu un Forum di approfondimento, con 100.000 convenuti da 131 paesi e
1.700 gruppi di lavoro. Nel mezzo, l'assassinio di Carlo Giuliani a Genova
in occasione del G8, aveva imposto un confronto piu' serrato fra "le molte
lingue della sinistra" (65) che devono "tradursi" anche nel proprio cortile
di casa. Per questo, si dice, e' bene fra un Forum e l'altro capire come far
avanzare le "costituenti locali", una sfida difficile per i limiti degli
enti locali e i vincoli della logica elettorale, ma anche per le difficolta'
ad allargare un tavolo costituente alla partecipazione di attori deboli,
spesso abituati a vivere schiacciati nella loro diversita'.
Dal secondo Forum cominciarono a circolare titoli metaforici su Porto
Alegre, tappa ormai imprescindibile di un cammino che aveva lasciato la sua
traccia, fra luoghi scelti e luoghi imposti, da Seattle a Montreal,
Washington, Genova, Davos, Praga, Porto Alegre, Firenze, Parigi, Cancun,
fino a Mumbai e oltre ancora: "la nuova polis nasce a Porto Alegre", "Un
parlamento per i popoli", "Il Popolo di Porto Alegre", "Movimento dei
movimenti", "Porto Alegre e' la nostra capitale permanente della speranza"
(66).
Al terzo Forum, nel gennaio 2003, con 20.763 delegati in rappresentanza di
5.717 organizzazioni e 156 paesi, e la presenza di oltre 30.000 persone,
l'"essere" luogo si e' manifestato ancora di piu'. Anche negozianti, taxisti
e albergatori di Porto Alegre hanno gioito per l'evento: fonte di profitto
non indifferente. Al Gigantinho, al Campeggio giovanile sulle rive della
Guaiba, alla Puc (Pontificia Universidade Catolica), agli Armazem, gli ex
magazzini del porto, sedi di incontro e di musica, si percepivano con molta
chiarezza le due societa', quella dei mercatini liberi, casalinghi, ricchi
di idee e iniziative, espressione di un forte radicamento regionale, e
quella del libero mercato, in quel momento rappresentata a Davos. Allora,
"per essere liberi basta volare a Porto Alegre"? (67) Si sarebbe detto di
si' a un rapido giro turistico per la citta': dalla cultura alla politica,
dai nudisti in liberta' ai seguaci del rito del sole, dal movimento operaio
ai Sem Terra, dai liberi pensatori alle istituzioni, dagli organizzati ai
non organizzati, insomma c'erano proprio tutti, in un incontro effettivo
delle diversita' di cui si e' sperimentato la convivenza.
La stessa variegatezza si riprodusse nei 1.700 laboratori previsti dal
programma: una lista lunghissima di temi e storie, segno di fertile
produzione politica di base, tanti piccoli "locali" che insistono nel
rendersi visibili, realta' impegnate in lotte importanti: dai diritti civili
all'ambiente, dalla casa al cibo, convinte di poter realizzare "un altro
mondo possibile". Il problema resta come coordinare tanta diversita',
renderla efficace nell'ottenere gli obiettivi che si prefigge, evitando
scollature fra politiche riformiste e movimenti, mantenere una visione del
mondo condivisa e potenziare le reti di comunicazione. Senza internet il Fsm
non sarebbe esistito. Su questo mondo in festa precipito' l'incubo della
guerra di Bush in Medio Oriente, resa ancor piu' coinvolgente da un
documentario sulla Escuela de las Americas di Fort Benning in Georgia, oggi
nominata Western Hemisphere Institute for Security Cooperation, ma sempre
diretta dal generale John Le Moyne, un luogo dove, soprattutto negli anni
Cinquanta, i nordamericani hanno addestrato torturatori come Noriega di
Panama. Soltanto la presenza di Lula, neo eletto presidente del Brasile,
alla spianata del Por do Sol, ha ridonato fiducia in un "nuovo mondo
possibile". Un altro presidente ha partecipato di sua iniziativa al Forum:
il venezuelano Hugo Chavez che ha parlato per quattro ore filate al
Parlamento di Rio Grande do Sul, accompagnato dal nuovo governatore Germano
Rigotto, mentre i suoi sostenitori distribuivano il libretto blu della
Costituzione venezuelana, per dimostrare che Chavez era stato eletto
democraticamente.
Il Forum sociale mondiale, dopo tre edizioni, ha vinto nelle opinioni della
gente. Cosi' almeno da un sondaggio Gallup (68) che scopre il desiderio
della maggioranza degli intervistati (il 56%) di andare verso il mondo
sognato da Porto Alegre. Ma sono i leader della societa' civile a ricevere
maggior fiducia, seguiti dai dirigenti religiosi e dalle Nazioni Unite.
Porto Alegre, dunque, oltre alla propria storia latinoamericana, rappresenta
ormai un "nodo" importante della storia mondiale. Bastera' il Memorial
creato al Museo storico della citta' per cominciare a fermare la memoria di
una coraggiosa citta'-mondo? Porto Alegre ha reso evidente una dimensione
che non sara' indifferente nei prossimi decenni, sia in politica che nella
galassia culturale: un passaggio epocale "dalla coscienza di classe alla
coscienza di luogo" (69).
*
Note
50. Bonomi A., Il trionfo della moltitudine. Forme e conflitti della
societa' che viene, Torino, Bollati Boringhieri, 2002, p. 26.
51. Velasquez Quispe J., La democrazia di Villa El Salvador in "Carta", 3-9
ottobre 2002, n. 37.
52. Nel contesto italiano, la geografia delle istanze partecipative e'
vasta: Grottammare (Ascoli Piceno), Venezia, Napoli, Piacenza, Empoli,
Follonica (Grosseto), Torino, Padova, Jesi e Roma, dove a esperienze piu'
istituzionali (Municipi, Contratti di quartiere, ecc.) si affiancano reti di
Comitati locali, come quella per i Piani Regolatori Partecipati. Il convegno
"Esperienze partecipative in Italia", svolto a Roma il 4 e 5 aprile 2003
presso la Facolta' di Ingegneria de La Sapienza, ne ha evidenziato la grande
ricchezza propositiva. Una storia particolare e' quella di Pieve Emanuele
(Milano) descritta in Paolo Filippi, Il bilancio partecipativo: ipotesi
applicative nell'ordinamento degli enti locali, Tesi di laurea sostenuta
presso la Facolta' di Economia, Universita' Ca' Foscari di Venezia, relatore
prof. Giuseppe Marcon, a. a. 2002/2003. Altre esperienze di Bilancio
Partecipato in Sullo P. L. (a cura di), La democrazia possibile, Napoli,
Intra Moenia, 2002, p. 342 e ss.
53. Magnaghi A., Il progetto locale, Torino, Bollati Boringhieri, 2000, p.
98.
54. Genro T. 21 Teses para a Criacao de uma Politica democratica e
socialista, in Genro T. (a cura di), Porto da cidadania, Porto Alegre, Artes
e Oficios, 1977. Gli articoli, le interviste, i saggi sul tema sono molti.
Fra gli altri, si segnala Genro T., Orcamento participativo e democracia, in
Genro T., De Souza U., Orcamento participativo. A experiencia de Porto
Alegre, Editora Fundacao Perseu Abramo, 1997, p. 32. Traduzione italiana di
Giovanni Allegretti,  Ricciardi S. (a cura di), Genro T., Ubiratan De Souza
U., Il Bilancio partecipativo. L'esperienza di Porto Alegre, Limbiate
(Milano), 2002.
55. Dutra O., Benevides M.V., Orcamento participativo e socialismo, Sao
Paulo,  Fundacao Perseu Abramo, 2001, p. 17.
56. Fu presentata al terzo Forum sociale mondiale di Porto Alegre del
gennaio 2002, dal Lapei (Laboratorio di progettazione ecologica degli
insediamenti), coordinato da Alberto Magnaghi dell'Universita' di Firenze,
con il Lpe (Laboratorio di progettazione ecologica del territorio) del
Politecnico di Milano e dalla rete "Territorialista", in un workshop su
"Sviluppo locale autosostenibile: ruolo e compiti dei nuovi municipi, e
valorizzazione delle reti sociali di attori locali per una globalizzazione
dal basso". In seguito, furono invitati a sottoscrivere la Carta in primo
luogo gli amministratori, poi studiosi, ricercatori ed operatori sociali,
ecc.
57. Sullo P. (a cura di), La democrazia possibile, Napoli, Intra Moenia,
2002, p. 24.
58. Boaventura De Sousa Santos, La caida del Angelus Novus. Ensayos para una
nueva teoria social y una nueva pratica politica, Bogota', Ilsa-Universidad
Nacional de Colombia, 2003, p. 91.
59. Dichiarazione conclusiva del Forum mondiale delle autorita' locali per
l'inclusione sociale, 30 gennaio 2002.
60. Segatori R., I Sindaci. Storia e sociologica dell'amministrazione locale
in Italia dall'Unita' a oggi, Roma, Donzelli,  2003,  p. 115.
61. Molte associazioni si sono fatte carico di iniziative in merito. L'Anci
(Associazione nazionale comuni italiani) ha patrocinato un'iniziativa di
pace in Palestina con l'espediente di alcune partite di calcio con
formazioni miste di ebrei e arabi, coinvolgendo i sindaci di Nazareth,
Rishon, Le-Zion, Acco, Betlemme e Beit Sahour. Cfr. Paolo Fontanelli, I
sindaci hanno dato un calcio alla guerra, "l'Unita'", 23 settembre 2003. Il
Glocal Forum di Roma del sindaco Walter Veltroni, riunisce una cinquantina
di sindaci dell'area mediterranea. Cfr. "l'Unita'", 20 maggio 2003. Le
esperienze "neo-municipaliste" della Lombardia, legate ai "piani regolatori"
consorziati fra comuni, sono impegnate a salvaguardare corridoi ecologici,
parchi, turismo fluviale e "filtri verdi" nelle aree di compensazione
ambientale. Altra iniziativa e' quella di un piccolo comune della cintura
torinese, Grugliasco, che tiene le riunioni del consiglio comunale a
rotazione nelle sette borgate del paese. Cfr. "La Stampa", 29 ottobre 2003.
E come non ricordare, infine, il gran risveglio culturale della Torino di
Diego Novelli, della Roma dell'assessore alla cultura Renato Nicolini, della
Catania di Enzo Bianco, della Bologna di Renato Zangheri per non nominare
che alcune delle cento citta' identificate con il proprio sindaco.
62. Cassen B., Prefazione, in Claudio Jampaglia, Thomas Bendinelli (a cura
di), Porto Alegre. Il forum sociale mondiale, Milano, Feltrinelli, 2002, p.
7.
63. Ramonet I., Porto Alegre, in "Le monde diplomatique", 16 gennaio 2001.
64. Dal titolo omonimo di un famoso libro di Hernando De Soto, economista
peruviano, Milano, Garzanti, 2001.
65. Amato G., Global, no global. Le molte lingue della sinistra, "l'Unita'",
23 gennaio 2002.
66. In ordine i titoli sono apparsi in: Cannavo' S., Porto Alegre. Capitale
dei movimenti. Percorsi e progetti di un movimento globale, Roma,
Manifestolibri, 2002, p. 27; "Manifesto" 6 febbraio 20.02;  "l'Unita'" 6
febbraio 2002; Sader E., Porto Alegre per sempre, in "Latinoamerica",
gennaio 2003, n. 82.
67. Barcellona P., Per essere liberi basta volare a Porto Alegre,
"l'Unita'", 6 maggio 2003.
68. Pianta M., Si arrende il Forum dei ricchi, "Il Manifesto", 22 gennaio
2003.
69. Magnaghi A., Il progetto locale, cit., p. 232.
(Parte quinta - Fine)

6. RIVISTE. CON "QUALEVITA", ALL'ASCOLTO DI ALPHONSE E RACHEL GOETTMANN
Abbonarsi a "Qualevita" e' un modo per sostenere la nonviolenza. Ponendosi
all'ascolto della lezione di Alphonse e Rachel Goettmann.
*
"Chi si arricchisce si appropria di cio' che non gli appartiene e
impoverisce suo fratello" (Alphonse e Rachel Goettmann, Le malattie
dell'anima. Diagnosi e terapia, Edizioni Qualevita, Torre dei Nolfi (Aq)
2004, p. 112).
*
"Qualevita" e' il bel bimestrale di riflessione e informazione nonviolenta
che insieme ad "Azione nonviolenta", "Mosaico di pace", "Quaderni
satyagraha" e poche altre riviste e' una delle voci piu' qualificate della
nonviolenza nel nostro paese. Ma e' anche una casa editrice che pubblica
libri appassionanti e utilissimi, e che ogni anno mette a disposizione con
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di cui disponiamo.
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2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), specificando nella causale "abbonamento a
'Qualevita'".

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

8. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 969 del 22 giugno 2005

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