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La nonviolenza e' in cammino. 614



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 614 del 17 luglio 2003

Sommario di questo numero:
1. Ileana Montini: se il discorso della comune casa
2. Rino Martinez: oggi a Palermo, in solidarieta' con don Meli
3. Riccardo Orioles: Palermo, undici anni dopo
4. Il 18 luglio a Palermo
5. Un appello per la liberta' di stampa contro la mafia
6. Una lettera aperta sulle violenze di Genova
7. Ida Dominijanni: "Democrazia e diritto" analizza il sistema Berlusconi
8. Chiara Zamboni: la cultura dei diritti e la fine della politica
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. ILEANA MONTINI: SE IL DISCORSO DELLA COMUNE CASA
[Ringraziamo Ileana Montini (per contatti: ileana.montini@tin.it) per questo
intervento. Ileana Montini, prestigiosa intellettuale femminista, gia'
insegnante, e' psicologa e psicoterapeuta. Nata nel 1940 a Pola da genitori
romagnoli, studi a Ravenna e all'Universita' di Urbino, presso la prima
scuola di giornalismo in Italia e poi sociologia; giornalista per
"L'Avvenire d'Italia" diretto da Raniero La Valle; di forte impegno
politico, morale, intellettuale; ha collaborato a, e fatto parte di, varie
redazioni di periodici: della rivista di ricerca e studio del Movimento
Femminile DC, insieme a Tina Anselmi, a Lidia Menapace, a Rosa Russo
Jervolino, a Paola Gaiotti; di "Per la lotta" del Circolo "Jacques Maritain"
di Rimini; della "Nuova Ecologia"; della redazione della rivista "Jesus
Charitas" della "famiglia dei piccoli fratelli e delle piccole sorelle"
insieme a fratel Carlo Carretto; del quotidiano "Il manifesto"; ha
collaborato anche, tra l'altro, con la rivista "Testimonianze" diretta da
padre Ernesto Balducci, a riviste femministe come "Reti", "Lapis", e alla
rivista di pedagogia "Ecole"; attualmente collabora al "Paese delle donne".
Ha partecipato al dissenso cattolico nelle Comunita' di Base; e preso parte
ad alcune delle piu' nitide esperienze di impegno non solo genericamente
politico ma gramscianamente intellettuale e morale della sinistra critica in
Italia. Il suo primo libro e' stato La bambola rotta. Famiglia, chiesa,
scuola nella formazione delle identita' maschile e femminile (Bertani,
Verona 1975), cui ha fatto seguito Parlare con Dacia Maraini (Bertani,
Verona). Nel 1978 e' uscito, presso Ottaviano, Comunione e liberazione nella
cultura della disperazione. Nel 1992, edito dal Cite lombardo, e' uscito un
libro che racconta un'esperienza per la prevenzione dei drop-out di cui ha
redatto il progetto e  curato la supervisione delle operatrici: titolo: "...
ho qualche cosa anch'io di bello: affezionatrice di ogni cosa". Recentemente
ha scritto la prefazione del libro di Nicoletta Crocella, Attraverso il
silenzio (Stelle cadenti, Bassano (Vt) 2002) che racconta l'esperienza del
Laboratorio psicopedagogico delle differenze di Brescia, luogo di formazione
psicopedagogica delle insegnanti e delle donne che operano nelle relazioni
d'aiuto, laboratorio nato a Brescia da un progetto di Ileana Montini e con
alcune donne alla fine degli anni ottanta, preceduto dalla fondazione,
insieme ad altre donne, della "Universita' delle donne Simone de Beauvoir".
Su Ileana Montini, la sua opera, la sua pratica, la sua riflessione, hanno
scritto pagine intense e illuminanti, anche di calda amicizia, Lidia
Menapace e Rossana Rossanda]
Mi piacerebbe che chi si e' dato da fare per il tema della giustizia, della
guerra in Iraq, ecc., organizzasse i cittadini per protestare contro la
mancata messa in opera  del "Programma nazionale per la lotta alla siccita'
e alla desertificazione", documento deliberato dal Cipe  nel dicembre del
1999 e presto dimenticato con buona pace di tutti, opposizione al completo.
Il governo non ha mai convocato il comitato nazionale che, nella risoluzione
del Cipe, avrebbe dovuto dare le indicazioni guida del progetto. Forse,
almeno in parte, si sarebbe evitata la catastrofe attuale della siccita' che
fa seguito al cambiamento del clima.
E' probabile che il prossimo futuro ci riservi amare sorprese per quanto
riguarda le risorse idriche del Paese e del pianeta.
E' probabile che, come gli esperti vanno scrivendo e dicendo, le prossime
guerre si faranno per la proprieta' dell'acqua. I ricchi cercheranno di
possedere le riserve di questo bene non infinito e i poveri patiranno
ovunque la sete.
Ma le "battaglie", le "lotte" (si continua a usare il linguaggio militare),
la "militanza" e le convocazioni pubbliche si preferira' farle contro le
armi e i soldati, ma piu' o meno mai per le problematiche ambientali.
La sinistra, compresa appunto la nuova sinistra, resta debole - o marxista
vetero - a questo proposito. L'antropocentrismo e' ancora la base teorica e
programmatica di ogni impegno.
Infatti, neppure il governo di centro-sinistra ha saputo fare una politica
pratica di programma e sensibilizzazione a favore delle energie alternative.
In Italia la regione che ha maggiore impianti di energia solare e' l'Alto
Adige. E l'Austria ne ha di piu' dell'Italia. Ci supera persino la Turchia
dove sono diffusi i pannelli solari per l'acqua calda. Sulla ancora rossa
costa romagnola le seconde case, i bagni, non sanno neppure dell'esistenza
del solare.
Le discussioni politiche di questi giorni sui rischi di blocchi del flusso
di energia elettrica a causa della siccita', evitano di fare emergere questo
dato di fatto.
I verdi, d'altronde, si limitano alle conferenze stampa del loro attuale
leader al posto di una prassi politica di mobilitazione sul territorio.
Neppure noi donne, noi donne dell'antico femminismo sembriamo tanto
sensibili a questi temi che sono i piu' vicini - direi essenziali - alla
vita quotidiana.

2. INIZIATIVE. RINO MARTINEZ: OGGI A PALERMO, IN SOLIDARIETA' CON DON MELI
[Da Rino Martinez (per contatti: rinomartinez1@tin.it) riceviamo e
diffondiamo. rino martinez, cantautore ed educatore, opera nella
solidarieta' concreta a Palermo. Don Baldassarre Meli, da vent'anni parroco
dell'Albergheria, e' uno degli eroi palermitani della lotta contro la mafia
e per l'umanita']
Giovedi' 17 luglio 2003, alle  ore 18, sit-in e marcia da piazza Politeama a
Santa Chiara, a Palermo.
Tutte le comunita' degli immigrati presenti a Palermo, unitamente alle
associazioni ed ai movimenti impegnati con spirito costruttivo e gandhiano
per la difesa dei diritti umani, per la difesa della dignita' dei bambini,
degli emarginati e degli ultimi, si sono dati appuntamento giovedi'
pomeriggio a piazza Politeama per un significativo gesto di solidarieta' nei
confronti di don Baldassare Meli e Santa Chiara.
Chiediamo di dare continuita' all'esperienza vitale di don Meli,
affiancandolo per un altro significativo periodo di tempo al suo successore.
Don Baldassare Meli e' una figura che incarna i grandi valori di liberta',
solidarieta', giustizia, rispetto della dignita' umana ed amore assoluto per
il prossimo. Un autentico salesiano, un uomo mite, saggio, aperto ai bisogni
reali della gente. Don Meli e' per noi tutti un grande riferimento,
patrimonio e memoria storica della citta', una citta' che rischia ancora una
volta di privarsi di risorse umane importantissime, figure che hanno
garantito capacita', conoscenza del territorio e dei suoi gravi problemi.
In un momento in cui e' necessario dare adeguate risposte al risorgere della
mafia, delle terribili violenze sessuali sui minori, al malcostume ed
all'imperversare della droga, si rischia l'impoverimento e l'azzeramento di
figure positive e di riferimento.
In questa importante e significativa azione di solidarieta' a favore di don
Baldassare Meli non siamo soli; attraverso documenti ufficiali hanno
espresso la loro solidarieta' il sindaco di Palermo, il consiglio comunale
di Palermo e buona parte dei consiglieri della Provincia di Palermo, ed
ancora centinaia di cittadini.
Insieme in cammino, per il bene della nostra citta'.
Per il "Comitato pro Santa Chiara": Rino Martinez (cantautore, educatore),
Fausto Amato (avvocato), Vincenzo Lo Re (avvocato), Renata Ardizzone
(volontaria), le associazioni degli immigrati.
Per informazioni e contatti: tel. 3471986569 o anche 0916254269, e-mail:
rinomartinez1@tin.it, o anche: amato.gugliuzzo@virgilio.it

3. MEMORIA. RICCARDO ORIOLES: PALERMO, UNDICI ANNI DOPO
[Da "Tanto per abbaiare" n. 187 del 14 luglio 2003 riprendiamo questa serie
di testi. Riccardo Orioles (per contatti: riccardoorioles@libero.it) e'
giornalista eccellente ed esempio pressoche' unico di rigore morale e
intellettuale (e quindi di limpido impegno civile); militante antimafia tra
i piu' lucidi e coraggiosi, ha preso parte con Pippo Fava all'esperienza de
"I Siciliani", poi e' stato tra i fondatori del settimanale "Avvenimenti";
ha formato al giornalismo d'inchiesta e d'impegno civile moltissimi giovani.
Per gli utenti della rete telematica vi e' la possibilita' di leggere una
raccolta dei suoi scritti (curata dallo stesso autore) nel libro elettronico
Allonsanfan. Storie di un'altra sinistra. Sempre in rete e' possibile
leggere una sua raccolta di traduzioni di lirici greci, ed altri suoi lavori
di analisi (e lotta) politica e culturale, giornalistici e letterari. Due
ampi profili di Riccardo Orioles sono in due libri di Nando Dalla Chiesa,
Storie (Einaudi, Torino 1990), e Storie eretiche di cittadini perbene
(Einaudi, Torino 1999)]
"Qui e' nato Paolo Borsellino".
La scritta, su un bel cartello giallo a bordo nero, e' in via della
Vetriera, nel cuore della Kalsa, a Palermo.
Veniva da un quartiere povero, Paolo Borsellino. Cosa c'e' sotto la scritta?
Un bel cumulo d'immondizia, ormai abituale. Periodicamente, i cittadini le
danno fuoco, visto che il camion del comune non passa mai.
*
"Affetto e solidarieta'".
Vengono manifestati dai rappresentanti degli industriali siciliani al
presidente della regione, coinvolto nella solita inchiesta mafia-politica.
Non si chiama piu' Ciancimino (il tempo passa) ma la faccenda e' sempre la
stessa: giudici senza criterio istigati dai communisti. E il politico
giustamente s'offende e protesta limpida innocenza.
*
"Questo prete se ne deve andare".
Don Baldassarre Meli da vent'anni e' il parroco dell'Albergheria. Vennero i
mafiosi a spacciargli droga davanti all'oratorio e lui li mise in fuga a
cazzotti. Vennero i disperati da paesi lontani, emigranti per fame come noi
siciliani, e lui gli dette un tetto e gli cerco' un lavoro. Vennero gli
usurai mafiosi a raccogliere i bambini poveri del quartiere, a venderli ai
pedofili in cambio dei debiti non pagati: don Meli difese selvaggiamente i
picciriddi, denuncio' i pedofili e li mando' in galera.
Adesso, sta facendo le valige. I superiori hanno deciso che c'e' stato anche
troppo, un prete come don Meli, a Palermo. Via, trasferito. "Sopire,
troncare... padre reverendissimo, lei m'intende".
Non c'e' piu' l'antimafia e la rete a difendere preti come don Meli.
Lui stringe i pugni, impotente. Che fine faranno, adesso, i suoi bambini?
*
Questa e' Palermo, undici anni dopo.
Dei nostri antichi maestri alcuni - quelli a cui volevamo piu' bene, quelli
di cui ci fidavamo come un ragazzo si fida d'un buon professore - hanno
cambiato bandiera. A difendere i politici inquisiti oggi s'alza pure la voce
di padre Pintacuda. Noi non osiamo giudicare: ognuno risponde a se stesso e
alla coscienza sua. Ma voi, ragazzi, tenete duro, per l'amor di Dio.
*
I nostri soldati.
19 luglio 1992. Catalano Agostino, Cosina Walter, Loi Emanuela, Li Muli
Vincenzo, Traina Claudio: caduti combattendo per il popolo siciliano contro
la dittatura politico-mafiosa.
*
Promemoria.
Sabato 19 alle 20,30, nell'aula magna di palazzo Steri a Palermo,
presentazione del libro "Giustizia e Verita'": gli scritti inediti di Paolo
Borsellino. Presenti: Gian Carlo Caselli, don Luigi Ciotti, Rita Borsellino,
Giorgio Bongiovanni. Organizzano: Facolta' di Lettere, Libera, Antimafia
Duemila.

4. INCONTRI. IL 18 LUGLIO A PALERMO
[Riceviamo e diffondiamo; ai promotori dell'appello e dell'incontro (Arci,
Centro di documentazione "G. Impastato", Libera, Palermo anno uno)
esprimiamo naturalmente la nostra piena solidarieta']
Nel luglio 2001, in seguito a due sentenze del Tribunale civile di Palermo
che condannavano Claudio Riolo e Umberto Santino a risarcire,
rispettivamente, Francesco Musotto e Calogero Mannino per diffamazione,
abbiamo avviato una campagna per la liberta' di stampa nella lotta contro la
mafia. Abbiamo rilevato la nuova abitudine assunta da molti esponenti
politici della prima o della seconda repubblica che, coinvolti a torto o
ragione in disavventure giudiziarie, cercano di far pagare il conto delle
loro "sfortune" a chi esercita, per professione o per impegno antimafia, i
diritti di cronaca e di critica garantiti dall'articolo 21 della
Costituzione. Abbiamo denunziato l'uso distorto e strumentale del ricorso ai
procedimenti civili per risarcimento danni da diffamazione a mezzo stampa,
che invece di tutelare l'onorabilita' delle persone rischia d'instaurare un
clima d'intimidazione nei confronti di chiunque intenda far conoscere,
commentare o studiare il persistente fenomeno delle contiguita' tra
politica, mafia e affari. Abbiamo rivendicato il diritto e il dovere di
sottoporre l'operato di chi ricopre cariche pubbliche o ruoli
rappresentativi al vaglio critico dell'opinione pubblica, con la
consapevolezza che ciascun politico ha una responsabilita' aggiuntiva
rispetto agli altri cittadini nella misura in cui coinvolge la credibilita'
delle istituzioni.
A distanza di due anni si sono moltiplicate le richieste di risarcimenti
milionari o, addirittura, miliardari nei confronti di giornalisti, studiosi
e familiari delle vittime. Sono aumentate anche le condanne emesse dai
giudici, soprattutto in ambito civilistico, che risentono spesso di una
concezione angusta e formalistica della tutela della reputazione
individuale, poco sensibile all'esigenza di un giusto contemperamento con
l'interesse pubblico all'esercizio della critica politica. In particolare la
Prima Sezione Civile della Corte d'Appello di Palermo ha recentemente
confermato la condanna di Claudio Riolo a risarcire Francesco Musotto per un
vecchio articolo pubblicato nel '94, nel quale si commentava criticamente la
decisione del Presidente della Provincia, nonche' avvocato penalista, di
mantenere la difesa di un suo cliente, imputato nel processo per la strage
di Capaci, mentre l'ente locale si costituiva parte civile nello stesso
processo. Si tratta di una condanna molto pesante, che si e' gia' tradotta
nel pignoramento di un quinto dello stipendio per l'intera vita lavorativa
e, addirittura, dell'indennita' di fine rapporto fino al completamento della
cifra di 140 milioni di lire, con l'aggiunta ulteriore delle spese del
giudizio di secondo grado.
Se e' lecito criticare le sentenze senza delegittimare i giudici, come ha
piu' volte affermato il Consiglio Superiore della Magistratura, vorremmo
esprimere il nostro disappunto e la nostra preoccupazione. Innanzitutto
perche' condividiamo e facciamo nostre le critiche e le analisi contenute
nell'articolo, che riteniamo fondate su fatti veri e incontestabili,
espresse in forma sarcastica ma civile e finalizzate ad un obiettivo di
evidente interesse pubblico, quello di sollecitare partiti e istituzioni a
tenere alta la guardia contro i tentativi di condizionamento mafioso. In
secondo luogo perche' temiamo che l'effetto di questa e di altre analoghe
condanne possa, indipendentemente dalla volonta' dei giudici che le hanno
emesse, inibire l'esercizio della liberta' di stampa e del diritto di
critica politica contribuendo ad un rischioso restringimento degli spazi
democratici.
In particolare, sul terreno della lotta contro la mafia, la piena liberta'
d'informazione e di opinione e' indispensabile per individuare e
stigmatizzare tutti quei comportamenti che configurino delle responsabilita'
politiche e morali, indipendentemente dall'accertamento di eventuali
responsabilita' penali che spetta esclusivamente alla magistratura.
Il principio di distinzione tra responsabilita' politica e responsabilita'
penale, approvato dalla Commissione parlamentare antimafia nel 1993 con una
larghissima e inedita maggioranza (Dc, Pds, Psi, Lega, Rc, Pri, Pli, Psdi,
Verdi, Rete) ma rimasto purtroppo inapplicato, stabiliva che il Parlamento
ed i partiti, sulla base di fatti accertati che non necessariamente
costituiscono reato, potessero comminare delle precise sanzioni politiche,
"consistenti nella stigmatizzazione dell'operato e, nei casi piu' gravi,
nell'allontanamento del responsabile dalle funzioni esercitate".
L'applicazione rigorosa ed imparziale di questo principio, che rappresenta
l'esatto opposto del cosiddetto "giustizialismo", potrebbe risolvere
l'annoso conflitto tra politica e magistratura, giacche' eviterebbe di
rimandare ogni giudizio politico all'esito delle decisioni penali. Se
l'autorita' politica facesse autonomamente il proprio dovere non ci sarebbe
alcuna delega di fatto ai giudici, che potrebbero cosi' lavorare con
maggiore serenita' e indipendenza.
E' del tutto evidente che questa fondamentale distinzione presuppone la
massima liberta' di cronaca e di critica, giacche', come ha affermato la
stessa Commissione parlamentare, "il presupposto per muovere una
contestazione di responsabilita' politica e' la conoscibilita' di fatti o di
vicende che a quella contestazione possono dar luogo; se non si conosce, non
si e' in grado di esercitare alcun controllo".
Se proviamo ad applicare questi principi alle attuali vicende giudiziarie
che coinvolgono anche i massimi vertici del Governo siciliano, apparira'
chiaro che le eventuali dimissioni del Presidente Cuffaro non dovrebbero
dipendere dal fatto che abbia ricevuto o meno un avviso di garanzia, ma
dalla valutazione sull'inaffidabilita' di un uomo politico che, quantomeno,
ha dimostrato ripetutamente di non saper scegliere i propri collaboratori.
Come chiarisce, ancora una volta, la Commissione parlamentare antimafia, "se
la persona di fiducia di un uomo politico compie atti di grave scorrettezza
o di rilevanza penale, l'uomo politico non risponde dei fatti commessi dalla
persona di fiducia, ma risponde per aver dato prova di non saper scegliere o
di non aver accertato o di aver tollerato comportamenti scorretti". Cosi'
come, per fare altri esempi, se un Ministro, un Sindaco o un Presidente di
Provincia partecipa a cene elettorali, battesimi e matrimoni organizzati da
personaggi mafiosi, o se nella sua casa di campagna si riuniscono boss
latitanti o si nascondono armi delle cosche, le ipotesi possibili sono solo
due: o ne e' consapevole e quindi complice, oppure e' inconsapevole ma
inaffidabile. In ogni caso spetta esclusivamente alla magistratura stabilire
se il suo comportamento abbia o meno una rilevanza penale, ma e' compito
della politica valutare, senza strumentalizzazioni di parte e in nome
dell'interesse generale, se il personaggio in questione sia adeguato o meno
a svolgere le funzioni politiche cui e' preposto. Ed e' altrettanto evidente
che spetta a tutti i cittadini, e in particolare ai giornalisti e agli
studiosi, il diritto e il dovere di far conoscere, criticare e analizzare
liberamente i comportamenti degli uomini pubblici, che devono essere
trasparenti e sottoposti al massimo controllo democratico.
Ci proponiamo, pertanto, di rilanciare una campagna di sensibilizzazione e
di mobilitazione dell'opinione pubblica per:
a) sollecitare le forze politiche e istituzionali ad elaborare un codice di
autoregolamentazione comune, che si ispiri alle proposte della commissione
parlamentare antimafia del '93 sulla distinzione tra responsabilita'
politica e responsabilita' penale;
b) rivendicare una nuova regolamentazione legislativa in materia di
diffamazione, che ristabilisca un giusto equilibrio tra diritto di cronaca e
di critica e tutela della persona, e che uniformi procedimento penale e
procedimento civile per impedirne un uso distorto e strumentale;
c) riaprire la sottoscrizione, avviata nel 2001,  per il fondo di
solidarieta' in difesa della liberta' di stampa nell'ambito della lotta
contro la mafia (il fondo, gestito dal coordinamento delle associazioni
promotrici e da un comitato di garanti, composto da Rita Borsellino, Luigi
Ciotti e Valentino Parlato, ha raccolto piu' di quaranta milioni di lire e
viene gia' utilizzato in sostegno di Riolo). Per sottoscrivere si puo'
utilizzare il c/c postale n.10690907, intestato a Centro siciliano di
documentazione "Giuseppe Impastato", via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo,
specificando nella causale: "Campagna per la liberta' di stampa nella lotta
contro la mafia".
Per informazioni: sito: www.centroimpastato.it, tel. 0916259789, fax:
091348997, e-mail: csdgi@tin.it, libera.palermo@inwind.it
Su queste proposte vorremmo avviare una discussione e un confronto con i
cittadini, i movimenti, le associazioni e le forze politiche in una
assemblea cittadina, che si terra' a Palermo venerdi' 18 luglio, alle ore
21, presso l'oratorio di Santa Chiara, in piazza S. Chiara 11 (nei pressi di
piazza Bologni).
Arci, Centro di documentazione "G. Impastato", Libera, Palermo anno uno.

5. APPELLI. UN APPELLO PER LA LIBERTA' DI STAMPA NELLA LOTTA CONTRO LA MAFIA
[Riproduciamo ancora una volta questo appello del 2001, invitando tutti i
nostri interlocutori ad aderire ad esso ed a contribuire finanziariamente al
fondo di solidarieta' che esso propone]
Due recenti sentenze di primo grado del Tribunale civile di Palermo hanno
condannato Claudio Riolo, politologo presso l'Universita' di Palermo, e
Umberto Santino, presidente del Centro siciliano di documentazione "Giuseppe
Impastato", al risarcimento danni da diffamazione a mezzo stampa.
Riolo ha pubblicato sulla rivista mensile "Narcomafie", nel novembre '94, un
articolo di commento critico alla decisione di Francesco Musotto, presidente
della Provincia di Palermo e avvocato penalista, di mantenere la difesa di
un suo cliente, imputato nel processo per la strage di Capaci, mentre l'ente
locale si costituiva parte civile nello stesso processo. L'articolo,
ritenuto diffamatorio dal Musotto che ha chiesto 700 milioni di
risarcimento, e' stato ripubblicato nel maggio '95 su "Narcomafie" e sul
quotidiano "Il manifesto" a firma di 28 autorevoli esponenti del mondo
politico e culturale, che lo hanno sottoscritto "condividendone in pieno i
contenuti e ritenendolo legittima espressione dell'esercizio della liberta'
di stampa, di opinione e di critica politica". Tuttavia Musotto non ha
querelato ne' citato in giudizio nessuno dei nuovi firmatari e, dopo quasi
sei anni di lungaggini processuali, Riolo e' stato condannato a pagare
complessivamente 118 milioni.
A sua volta, l'ex ministro Calogero Mannino ha chiesto una riparazione
pecuniaria di 200 milioni a Umberto Santino, ritenendosi diffamato per la
pubblicazione di alcuni stralci di un "testo anonimo" nel libro "L'alleanza
e il compromesso" edito nel '97.  Nonostante l'autore si fosse limitato ad
analizzare criticamente quel documento, prendendone le distanze con
l'affermazione esplicita che esso proviene "piu' o meno direttamente da
ambienti mafiosi", e nonostante quel testo, circolato nel '92 subito dopo la
strage di Capaci, fosse gia' stato integralmente e ripetutamente pubblicato
da altri, Santino e' stato condannato a pagare circa 20 milioni. Due
miliardi e', invece, la richiesta di risarcimento rivolta dallo stesso ex
ministro ad Alfredo Galasso, docente di diritto civile presso l'Universita'
di Palermo, per aver riportato il medesimo testo anonimo nel libro "La mafia
politica", pubblicato nel '93. Ma il procedimento e' ancora in corso e si
attende la conclusione.
Questi fatti non rappresentano dei casi isolati, ma si inquadrano in una
preoccupante tendenza generale alla limitazione del "diritto di manifestare
liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo
di diffusione" garantito dall'articolo 21 della nostra Costituzione. Negli
ultimi anni, parallelamente ad un preoccupante processo di concentrazione
della proprieta' dei mezzi di comunicazione di massa, gli attacchi dei
poteri forti alla liberta' di informazione e di opinione si sono
moltiplicati, e cio' e' tanto piu' grave e significativo quando esponenti
della prima o della seconda repubblica, coinvolti a torto o ragione in
procedimenti penali, cercano di far pagare il conto delle loro "sfortune" a
chi esercita per professione o per impegno antimafia il diritto di cronaca e
di critica.
In particolare stiamo assistendo ad un crescente uso indiscriminato del
ricorso ai procedimenti civili per risarcimento danni da diffamazione a
mezzo stampa. Il procedimento civile, infatti, offre una serie di vantaggi
rispetto a quello penale: il risarcimento danni puo' essere chiesto a
distanza di cinque anni dai fatti, mentre per sporgere querela non si
possono superare i novanta giorni;  nel civile si puo' ottenere la condanna
del presunto diffamatore senza l'onere di dover dimostrare l'esistenza del
reato di diffamazione; e', per di piu', possibile ottenere risarcimenti
sproporzionati per "danno morale" anche quando non si riesca a dimostrare
l'esistenza di un effettivo "danno patrimoniale"; la condanna, infine, e'
immediatamente esecutiva, senza dover attendere l'espletazione di tutti i
gradi del giudizio.  Oltre a tutto cio' il giudizio civile comporta un minor
clamore rispetto a quello penale, clamore che comunque e' sempre
controproducente anche per il presunto "diffamato".
Si sono, pertanto, moltiplicate le richieste di risarcimenti miliardari nei
confronti di giornalisti, studiosi e familiari delle vittime (basti, qui,
ricordare i 20 miliardi chiesti da Berlusconi a Luttazzi, Freccero e
Travaglio per la trasmissione televisiva Satyricon, o il miliardo chiesto da
Mannino a Giuseppina La Torre per alcune interviste rilasciate nel '95, o
ancora il miliardo e 150 milioni chiesti da Musotto ad Attilio Bolzoni per
gli articoli su "Repubblica" riguardanti le sue traversie giudiziarie del
'95)  il cui effetto non e' la legittima tutela dell'onorabilita' della
persona, ma l'instaurazione di un clima d'intimidazione nei confronti di
chiunque intenda far conoscere, commentare o studiare il persistente
fenomeno delle contiguita' tra politica, mafia e affari.
Con questo appello intendiamo rivendicare con forza il diritto e il dovere
di sottoporre l'operato di chi ricopra cariche pubbliche o ruoli
rappresentativi al vaglio critico dell'opinione pubblica, con la
consapevolezza che ciascun politico ha una responsabilita' aggiuntiva
rispetto agli altri cittadini nella misura in cui coinvolge la credibilita'
delle istituzioni. In particolare, sul terreno della lotta contro la mafia,
la piena liberta' d'informazione e di opinione e' indispensabile per
individuare e stigmatizzare tutti quei comportamenti che configurino delle
responsabilita' politiche e morali, indipendentemente dall'accertamento di
eventuali responsabilita' penali che spetta esclusivamente alla
magistratura.
Ci proponiamo, pertanto, di avviare una campagna di sensibilizzazione e di
mobilitazione dell'opinione pubblica per la realizzazione dei seguenti
obiettivi:
a) una nuova regolamentazione legislativa in materia di "diffamazione", che
ristabilisca un giusto equilibrio tra diritto di cronaca e di critica e
tutela della persona, e che uniformi procedimento penale e procedimento
civile per impedirne un uso distorto e strumentale;
b) la costituzione di un fondo di solidarieta' tramite la sottoscrizione del
presente appello (ad ogni firma corrispondera' la sottoscrizione di una
quota minima di centomila lire); il fondo sara' utilizzato, a cominciare
dalle due condanne citate, per difendere la liberta' di informazione, di
opinione e di ricerca limitatamente all'ambito della lotta contro la mafia
(sara' gestito, sulla base di un regolamento, da un comitato di garanti, di
cui faranno parte, tra gli altri, Rita Borsellino, Luigi Ciotti e Valentino
Parlato).
Per sottoscrivere l'appello si puo' utilizzare il c/c postale n. 10690907,
intestato a Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", via
Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, specificando nella causale: "Campagna per
la liberta' di stampa nella lotta contro la mafia".
Per comunicazioni e informazioni: tel. 091333773 (Miro Barbaro c/o Arci) o
0916259789, fax: 091348997, e-mail: csdgi@tin.it (c/o Centro Impastato).
I promotori: Arci, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato",
Centro sociale "San Francesco Saverio", Il manifesto, Libera, Mezzocielo,
Micromega, Narcomafie, Palermo anno uno, Promemoria Palermo, Scuola di
formazione etico-politica "Giovanni Falcone", Segno, Uisp.
Prime adesioni: Arcidonna, Associazione Italia-Nicaragua di Viterbo,
Associazione Nuova Generazione, Associazione palermitana della Stampa,
Cepes, Circolo Arci "Due strade" di Firenze, Cooperativa teatrale Dioniso,
Gruppo Abele, Gruppo Solidarieta' di Ancona, Istituto Gramsci Siciliano,
Meridiana, Movimento d'azione "Giustizia e Liberta'" di Torino, Nuvole, Unci
siciliana.
Giovanni Abbagnato, Laura Abbozzo, Accardi Tina, Valeria Ajovalasit,
Leonardo Alagna, Antonella Albino, Anna Alleruzzo, Nicola Alosi, Gabriella
Alu', Emilio Arcuri, Flora Arcuri, Francesca Arici, Fabio Armao, Massimo
Attanasio, Fulvio Attina', Cristiana Balzano, Giuseppe Barbera, Marzia
Barbera, Letizia Battaglia, Walter Bellomo, Sabrina Benenati,  Franco
Berlanda, Gianfranco Bergesio, Angelo Bertucci, Monica Bertucci, Daniele
Billitteri, Pia Blandano, Antonio Blandino, Roberto Blandino, Sergio
Blandino, Luigi Bobbio, Francesco Bonanno, Tommaso Bonavita, Giorgio
Bongiovanni, Diego Bonsangue, Paola Bonsangue, Maria Donatella Borsellino,
Aldo Brigaglia, Anna Brigiano, Giovanni Burgio, Roberta Bussolari,
Margherita Cacioppo, Carlo Calabro', Rita Calapso, Luigi Calderaro, Rino
Calderaro, Giorgio Calderoni, Letizia Calio', Rosolino Camarda, Angelica
Camassa, Rita Camisani, Orazio Cancila, Augusto Canonico, Antonino
Caponnetto, Antonio Caputo, Vincenza Capirsi, Antonio Caputo, Bruno Carbone,
Renata Carloni, Rino Cascio, Luciana Castellina, Dario Castiglione, Giusi
Catalfamo, Giusto Catania, Augusto Cavadi, Luigi Cavallaio, Filomena
Cavallone, Franco Cazzola, Bruno Celano, Mario Centorrino, Furio Cerutti,
Marta Cimino (gruppo Ausl 6), Anna Maria Ciancimino, Gaetano Cipolla, Nicola
Cipolla, Giuseppe Cipriani, Salvo Ciulla,  Emilia Colajanni, Amalia
Collisani, Claudio Collova', Piero Corrao, Rita Coscarella, Aldo Costa,
Giacomo Costadura, Antonello Cracolici, Quintina Crespino, Amelia
Crisantino, Mari D'Agostino, Nando dalla Chiesa, Pasquale D'Andretta, Nicola
De Domenico, Anne Clemence de Grolee, Donatella Della Porta, Franca De
Mauro, Raffaella De Pasquale, Gabriella Di Buono, Maria Di Carlo, Alberto Di
Paola, Sergio Di Vita, Davide Fais, Amedeo Falci, Giulia Fanara, Gaetana
Farfaglio, Maria Luisa Farfaglio, Francesco Farsetta, Nino Fasullo, Silvio
Fasullo, M. Cristina Fatta Del Bosco, Claudio Fava, Fausto Fava, Donatella
Favalli, Giovanni Ferro, Anna Ficarra, Michele Figurelli, Giuseppe Filardo,
Paolo Flores D'Arcais, Pietro Folena, Francesco Forgione, Alfio Foti,
Antonella Franchina, Rosa Fucarino, Mose' Galluzzo, Costantino Garraffa,
Aldo Garzia, Mario Genco, Vincenzo Gervasi, Antonio Giaimo, Francesca
Giannone, Domenico Giannopolo, Marco Tullio Giordana, Amalia Giovenco,
Giovanni Giudice, Luciana Grasso, Marina Grasso, Salvatore Grasso, Emidio
Greco, Gioacchino Greco, Sabina Grimaudo, gruppo Assessorato Regionale
Bilancio, gruppo Neurologia II, gruppo psichiatria ex Usl 59 (E. Cardinale,
G. Cascio, A. Favara, M. Raspante), gruppo specializzandi di Psichiatria,
Carlotta Guarascio, Maurizio Guarneri, Vincenzo Guarrasi, Umberto Gulli,
Gaetano Gullo, Maria Immordino, Gabriella Indovina, Serena Indovina,
Antonino Infranca, Leonardo Insinua, Daniele La Barbera, Giovanni La Fiura,
Teresa La Rocca, Margherita Lauro, Raniero La Valle, Giancarlo Licata,
Giovanni Li Cheri, Salvo Lipari, Umberto Lo Faso, Bibi Loffredo, Santo
Lombino, Lorenzo Lo Piccolo, Chiara Lumia, Giuseppe Lumia, Salvatore Lupo,
Simona Mafai, Giulio Mangano, Giandomenico Maniscalco, Maria Maniscalco,
Giovanni Marci', Giuseppe Carlo Marino, Giacomo Marramao, Francesca Martino,
Oreste Massari, Alfio Mastropaolo, Antonio Mastropaolo, Luigi Mastropaolo,
Teresa Mastropaolo, Tecla Mazzarese, Antonio Mazzeo, Elena Medi, Mariangela
Melato, Pierpaolo Melis, Ernesto Melluso, Dario Miceli, Vincenzo Mignosi,
Igor Mineo, Claudia Mirto, Salvo Mirto, Gisella Mizio, Giuseppe Molinari,
Eva Montalbano, Andrea monte, Diletta Monte, Gabriello Montemagno, Titti
Morello, Patrizia Muccioli, Daniela Musumeci, Pietro Nastasi, Vera Nastasi,
Laura Nastri, Franco Nicastro, Rita Nicoletti, Salvatore Nicosia, Gaspare
Nuccio, Gianluca Onorato, Antonio Ortoleva, Delia Parrinello, Beatrice
Pasciuta, Marini Pasini, Dino Paternostro, Marco Pavone, Cristina Pecoraro,
Fulvio Pedone, Nicola Petrucci, Paolo Pezzino, Patrizia Picciotto, Federico
Piccoli, Vincenzo Pinello, Rosanna Pirajno, Franco Piro, Marco Pirrone,
Maurizio Pizzuto, Rosalba Pugliesi, Danelia Raia, Annibale Raineri, Gianna
Ratto, Olga Ravelli, Francesco Renda, Alfonso Riccardo, Elio Rindone,
Alessandro Riolo, Fernando Riolo, Francesca Riolo, Pietro Riolo, Salvatore
Rizzo, Santi Rizzo, Nino Rocca, Stefano Rocca, Massimo Roccella, Riccardo
Romano, Giovanni Rosciglione, Roberto Rovelli, Giovanni Ruffino, Gabriella
Russo, Giovanni Russo Spena, Giovanna Sagona, Bice Salatiello, Giuseppe
Salemi, Roberto Salerno, Leonardo Samona', Giovanni Santangelo, Giovanni
Savettieri, Salvatore Savoia, Giuseppe Pacifico Scamardella, Renato Scarpa,
Elio Sciarrino, Silvana Sciarrino, Rocco Sciarrone, Franca Serafino, Armando
Sorrentino, Carmelo Sottile, Pietro Spalla, Luca Spatocco, Antonino
Spotorno, Sergio Staino, Corrado Stajano, Salvatore Stira, Maria Vittoria
Strazzeri, Giovanna Tarantino, Liliana Tedesco, Marina Terrana, Filippo
Terranova, Giacomo Terranova, Giovanna Tornabene, Nicola Tranfaglia, Maria
Trezzo, Alberto Tulumello, Diamante Turri, Michele Tutone, Mirella Urso,
Salvo Vaccaio, Giacomo Vaiarelli, Fulvio Vassallo, Silvana Vecchio, Nichi
Vendola, Emanuele Villa, Vittorio Villa, Franco Viola, Paolo Viola, Piero
Violante, Maria Letizia Vittorelli, Marco Wigi, Gianfranco Zanna.

6. DOCUMENTAZIONE. UNA LETTERA APERTA SULLE VIOLENZE DI GENOVA
[Da vari interlocutori riceviamo e diffondiamo. Come e' noto in relazione
alle gravissime violenze di Genova questo foglio si e' associato alla
denuncia delle gravissime responsabilita' criminali - che devono essere
penalmente perseguite - di autorita' ed apparenenti alle forze dell'ordine;
ma a differenza di molti altri non ha mai sottaciuto, oltre alle
responsabilita' ugualmente criminali di piccoli gruppi di manifestanti
verosimilmente anche infiltrati da provocatori - come sempre avviene in
questi contesti -, le diffuse responsabilita' morali, anch'esse assai gravi,
di non piccoli ne' marginali settori e portavoce dei movimenti impegnati
nelle manifestazioni di quelle giornate]
Alla cortese attenzione di: Gianni De Gennaro, capo della Polizia di Stato,
Vincenzo Canterini, comandante del I reparto mobile di Roma, Roberto
Castelli, ministro della Giustizia, Francesco Colucci, ex questore di Genova
Gentili signori,
Vi scriviamo a nome del Comitato verita' e giustizia per Genova e del
Comitato piazza Carlo Giuliani, per invitarVi ad un incontro pubblico che si
svolgera' a Genova il 19 luglio prossimo.
Sin dal 2001, assieme ad altri autorevoli rappresentanti delle Istituzioni,
avete dichiarato di essere fermamente disposti a voler fare chiarezza sui
fatti del luglio 2001, e pertanto saremmo interessati alla vostra presenza
nel pomeriggio del 19 luglio, per fare luce su alcuni interrogativi rimasti
ancora in sospeso dopo due anni.
*
Signor Castelli,
come mai nella Caserma di Bolzaneto il Ministero della Giustizia ha proibito
che gli arrestati potessero comunicare con i loro familiari e con i loro
avvocati, con i rappresentanti di Ambasciate e Consolati, cosi' come e'
garantito dal codice di procedura penale? E' possibile che in futuro,
davanti a situazioni analoghe, il Ministero che Lei rappresenta decida di
emanare nuovamente un divieto del genere oppure si puo' escludere il
ripetersi di questa scelta?
Come mai molti manifestanti sono rimasti a Bolzaneto, per piu' di 24 ore in
attesa di essere trasferiti in carcere, per quella che doveva essere, come
da Lei dichiarato al Comitato Parlamentare d'Indagine, una permanenza di
poche ore in attesa del trasferimento?
Perche' i manifestanti sono stati obbligati a rimanere per molte ore in
piedi con le braccia alzate contro un muro, senza acqua, senza cibo, senza
coperte, senza sapere dove si trovassero e perche'?
Come mai Lei ha dichiarato davanti al Comitato Parlamentare d'Indagine che
"Il campo di concentramento e' oggettivamente un termine che non ha
un'accezione negativa di per se'"?
*
Signor Canterini,
come mai in una intervista del 16 gennaio ha richiesto un'inchiesta
parlamentare sui fatti di Genova per chiarire tra l'altro "la presenza di
esponenti politici in una sala operativa e non nell'altra"?
Come mai gli uomini del Primo Reparto Mobile da Lei guidato hanno raccontato
che al termine dell'operazione effettuata all'interno della scuola
Pertini/Diaz gli agenti del Nucleo Prevenzione Crimine "si inquadravano con
noi, ma dopo un po' se la sono svignata"?
*
Signor Colucci,
come mai a distanza di due anni non risulta che nessuno dei poliziotti
coinvolti nei fatti di Genova abbia subito provvedimenti disciplinari?
Questo non e' accaduto neppure in palese flagranza di reato, quando il
vicecapo della Digos di Genova Alessandro Perugini e' stato filmato dalle
telecamere mentre assieme ad altri poliziotti a viso coperto si accanisce
contro un giovane disarmato, che verra' ferito con una grave tumefazione
dell'occhio sinistro? Per emanare dei provvedimenti disciplinari a carico di
funzionari di Polizia sono necessarie delle sentenze definitive da parte
della magistratura oppure e' nei Suoi poteri disporre delle sanzioni anche
in assenza di una verita' giudiziaria definitiva?
Se e' vera quest'ultima ipotesi, come mai non ha ritenuto opportuno
sollecitare dei provvedimenti almeno per il caso eclatante di Perugini? Come
mai non sono stati emanati dei provvedimenti disciplinari neppure per i
funzionari di Polizia che in piazza Alimonda hanno permesso che due
camionette si ritrovassero isolate, perdendo il contatto con il resto delle
Forze dell'Ordine presenti nella zona?
*
Signor De Gennaro,
il Questore Fioriolli ha dichiarato che tra venerdi' 20 luglio e sabato 21
sono stati lanciati 6.152 candelotti lacrimogeni. Tutto cio' rientra nella
normale gestione dell'ordine pubblico oppure e' una violazione della
circolare da Lei emanata nel febbraio 2001, in base alla quale i lacrimogeni
"devono essere considerati rimedio estremo per fronteggiare situazioni di
particolare gravita' non altrimenti gestibili, anche in considerazione del
forte impatto che provocano sulla folla"? Visto che questi lanci di
lacrimogeni sono avvenuti su due cortei autorizzati, rispettivamente in via
Tolemaide il venerdi' 20 e in corso Italia il sabato 21, come mai tutti
questi lacrimogeni sono stati lanciati in situazioni dove non era garantita
ai manifestanti una possibilita' di rapido deflusso? Lei ritiene che questo
sia in contrasto con la circolare interna del Dipartimento di Pubblica
Sicurezza intitolata "Note sui servizi di Ordine Pubblico" e datata 1969,
dove si dichiara testualmente che "gli artifici lacrimogeni non debbono
essere lanciati verso una folla radunata in localita' che non abbia vie di
rapido deflusso"?
Ed inoltre vorremmo sapere come ha potuto scrivere al "Secolo XIX" di
Genova, il 30 dicembre 2002, che la gestione dell'ordine pubblico a Genova
e' stata "complessivamente corretta ed efficace", come mai a Genova sono
stati esplosi almeno 18 colpi da arma da fuoco, mentre Lei aveva dichiarato
prima del G8 che nessun colpo sarebbe stato sparato?
Per provare a rispondere assieme a tutte queste domande, ci permettiamo di
sollecitare la Vostra presenza in occasione dell'incontro pubblico che si
svolgera' sabato 19 luglio dalle 15 alle 18 presso la Sala Mercato del
Teatro Modena a Sampierdarena. Per una risposta affermativa al nostro invito
confidiamo nella Vostra sensibilita' democratica, nella Vostra
disponibilita' al confronto e nel fatto che Voi non abbiate nulla da
nascondere di fronte all'opinione pubblica, che sara' sicuramente
interessata a tutto cio' che vorrete comunicarle.
Cordiali Saluti,
Per il Comitato verita' e giustizia per Genova: la presidente, Enrica
Bartesaghi (www.veritagiustizia.it)
Per il Comitato piazza Carlo Giuliani: il presidente, Giuseppe Coscione
(www.piazzacarlogiuliani.org)

7. RIFLESSIONE. IDA DOMINIJANNI: "DEMOCRAZIA E DIRITTO" ANALIZZA IL SISTEMA
BERLUSCONI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 15 luglio 2003. Ida Dominijanni (per
contatti:  idomini@ilmanifesto.it) e' una prestigiosa intellettuale
femminista]
Altri tre anni? si chiedeva nell'editoriale del "Manifesto" di domenica
Rossana Rossanda di fronte al rischio assai concreto che l'opposizione
dissolva in una visione contemplativa della democrazia dell'alternanza
qualunque strategia di contrasto attivo del governo Berlusconi e dei danni
che sta provocando sul tessuto economico, sociale, politico, costituzionale
del paese.
Il fatto e' che per contrastare attivamente ed efficacemente Berlusconi
bisognerebbe avere un'idea credibile di che cos'e' il berlusconismo e a
quale morfologia economica e antropologia sociale corrisponda, al di qua e
al di la' dei fuochi d'artificio emanati un giorno si' e l'altro pure dalla
persona (nel senso dell'uomo e della maschera) del premier. In mancanza di
questa idea, di cui nel discorso dell'opposizione (parlamentare nonche', a
mio modesto avviso, di movimento) non si vede neanche l'ombra, l'ideologia
dell'alternanza, correlato diretto della religione della democrazia
elettorale, serve all'opposizione per prendere tempo e per evitare di
interrogarsi sulla risposta che essa dovrebbe elaborare al mutamento sociale
che il Cavaliere rappresenta perversamente.
*
Questa premessa fa da sfondo implicito all'ultimo numero della rivista
"Democrazia e diritto", che inaugura la nuova serie diretta da Umberto
Allegretti per l'appunto con un esercizio a piu' voci del Sistema
Berlusconi: per "sistema" intendendosi, spiega il neodirettore, "qualcosa
non di estemporaneo e di episodico ma di organico e solidale in tutte le sue
parti, un cambiamento che investe l'intera societa' e l'intero ordinamento
italiano e che deve essere indagato in tutte le sue dimensioni". Detto in
altri termini: per capire l'esito della transizione italiana e' ora di
uscire da quella retorica pubblica, condivisa a destra e a sinistra, che ha
preteso di leggerla unicamente nella chiave del sistema politico, con gli
occhi bendati di fronte alle dinamiche economiche e culturali del
capitalismo e della societa' italiani.
"Democrazia e diritto" prende il "sistema Berlusconi" di petto e lo seziona
con ampio impiego di competenze specialistiche in tutte le sue parti, dalle
politiche del lavoro, dell'ambiente, della ricerca ai tentativi di riforma
costituzionale alle piraterie nell'informazione; ne risulta un catalogo
completo che meriterebbe di essere segnalato in tutti i suoi capitoli, e che
ciascuno puo' consultare secondo le sue esigenze. Qui mi limito a segnalare
quelli piu' innovativi ai fini dell'inversione della retorica politica di
cui sopra, o meglio quelli che riattivano - pur senza dichiararlo - una
feconda linea di analisi del berlusconismo come creatura politica del
postfordismo all'italiana, che non manco' ai tempi della scesa in campo di
Berlusconi (mi viene in mente un volume collettaneo italo-francese curato da
Alisa Del Re, l'Italie postmoderne, del '94), ma e' stata sovrastata lungo
il decennio o dalla ricerca di ricette di ingegneria politica e
istituzionale volte a "normalizzare" la nuova destra, o all'opposto dalle
grida di scandalo contro "l'anomalia" italiana e la sua inemendabile
immoralita'.
*
E' bene invece ripartire da alcuni dati di realta', come quelli che in
"Democrazia e diritto" fornisce il sociologo Aldo Bonomi a sostegno della
sua diagnosi del "sistema Berlusconi" come "convivenza di ipermodernita' e
nostalgia, massimo di innovazione e massimo di modernita'" radicata nella
"citta' infinita" che si estende fra Varese, Orio e il Serio, un laboratorio
politico del "glocale" con la villa di Arcore nel cuore della Brianza, la
sede della Lega ad Affori in Comasina, e Tremonti commercialista dei nuovi
ricchi locali. 4 milioni di abitanti, 3.850.000 autoveicoli, 460.000
imprese, 1.600.000 posti di lavoro; poli della circolazione di merci,
persone, informazioni e saperi come Malpensa 2000, l'universita' di
filosofia del San Raffaele, il distretto tecnologico di Vimercate, e intorno
megastore, megasale cinematografiche e tutto il catalogo dei "non luoghi"
del consumo postmoderno.
Qui la mutazione antropologica che segna il passaggio dal fordismo al
postfordismo, dall'operaio massa al lavoratore autonomo che ha introiettato
l'etica neocapitalistica competitiva e privatistica, e' cosa compiuta. Qui
la decomposizione del lavoro fra forme di neo-schiavitu', neo-baratto e
autosfruttamento e' cosa solidificata. Qui il panorama sociale era pronto al
messaggio del "presidente-operaio": "fate tutti come me e ce la farete".
Infatti quel messaggio e' passato, ma attenzione: grazie non all'abilita'
del media-man, bensi' alla competenza dell'imprenditore televisivo, che le
trasformazioni del processo produttivo e della virtual society le aveva
sperimentate di persona nella sua azienda. Morale: "Il fenomeno Berlusconi
rimanda a una profonda riflessione su cosa sia oggi il capitalismo italiano
e la composizione sociale conseguente", e o la sinistra torna a esercitarsi
nell'arte di analizzarli e di trovare delle risposte proprie o Berlusconi
continuera' a incassare i profitti della sua specularita' al modello sociale
che rappresenta.
*
E su questo specchio si sofferma con acutezza il saggio di Franco Cassano,
che apre il numero della rivista gettando a sua volta alcune sonde sul nuovo
"popolo" emerso nell'Italia post-novecentesca: piccoli commercianti e
piccoli imprenditori, avvocati e giovani broker, pensionati con la casa
allargata abusivamente, piccoli imprenditori in quotidiana guerriglia con le
tasse, commercianti in quotidiana lotta con gli scontrini fiscali. Tutti
uniti dalla diffidenza verso quell'etica del pubblico di cui la sinistra e'
storicamente portatrice, e che viene ora percepita come barriera moralista e
repressiva al fai-da-te. Siamo precisamente in quel cuore dell'illegalita'
di massa autoassolutoria su cui si e' impiantato il messaggio antilegale,
anticomunista e antipolitico della Casa delle liberta', che Cassano
ribattezza appropriatamente "Casa delle licenze".
*
Siamo anche sul basamento sociale duro e oscuro di quello stravolgimento
costituzionale incardinato sul conflitto d'interessi, che Ferrajoli analizza
con la consueta maestria in tutti i suoi risvolti nel suo contributo. E
siamo, altresi', sul basamento sociale della relazione pericolosissima che
Berlusconi ha stabilito con l'America di Bush e relativi uomini d'affari,
stravolgendo la tradizione della politica estera italiana sulla base di
interessi economici piu' che politici (ne parla Rita Di Leo in una
ricostruzione preziosa della spaccatura Europa-Usa sull'Iraq).
Io pero' voglio chiudere con uno spunto di Cassano, che efficacemente
paragona il "nessuno mi puo' giudicare" di Berlusconi al "nessuno mi puo'
giudicare" di Caterina Caselli anni '60: dove allora c'era l'esigenza di
liberta' di una generazione (femminile) nel passaggio dall'Italia rurale
all'Italia industriale moderna, oggi c'e' pretesa di licenza nel passaggio
dall'Italia industriale moderna all'Italia postfordista postmoderna. Si puo'
e si deve aggiungere che l'Italia non avrebbe partorito Berlusconi, se a
quell'esigenza di liberta' la sinistra avesse prestato maggiore ascolto e se
ne avesse saputo fare una risorsa su cui investire invece di percepirla come
un'oscura minaccia da tenere paternalisticamente a bada. Li' stava il nodo,
fra anni '60 e anni '70, ed e' quel nodo che la sinistra si rifiuta ancora
oggi di sciogliere.

8. RIFLESSIONE. CHIARA ZAMBONI: LA CULTURA DEI DIRITTI E LA FINE DELLA
POLITICA
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it)
riprendiamo il seguente articolo apparso su "L'Unita'" del 12 luglio 2003.
Chiara Zamboni e' docente di filosofia del linguaggio all'Universita' di
Verona, partecipa alla comunita' filosofica femminile di "Diotima". Tra le
opere di Chiara Zamboni: Favole e immagini della matematica, Adriatica,
1984; Interrogando la cosa. Riflessioni a partire da Martin Heidegger e
Simone Weil, IPL, 1993; L'azione perfetta, Centro Virginia Woolf, Roma 1994;
La filosofia donna, Demetra, Colognola ai Colli (Vr) 1997. Va da se' che la
premessa di questa riflessione e' l'impegno a lottare per il pieno
riconoscimento e la concreta assicurazione dei diritti fondamentali a tutte
e tutti coloro che ne vengono esclusi da pratiche violente, di
sopraffazione, discriminatorie]
Ricevo una lettera dal Circolo Pink di Verona, associazione di gay e
lesbiche. Tema: mostrare che i diritti degli e delle omosessuali non sono
una faccenda privata, ma che si tratta di una questione di riconoscimento di
diritto alla cittadinanza.
Nella lettera viene ricordato che "nel 1995 sono passate nel Comune di
Verona, come fosse niente, delle mozioni che discriminavano le persone
omosessuali. In quel caso si arrivo' a dire che: 'I diritti dei gay e delle
lesbiche non hanno diritto di cittadinanza in una societa' civile'". Si
tratto' di un atto molto violento della giunta di allora, che poi ha perso
le elezioni, nei confronti di una comunita' che si era mossa in modo attento
anche a questioni legate all'esperienza omosessuale in rapporto a quella
religiosa. La giunta escludeva il diritto alla cittadinanza, la lettera dei
gay e delle lesbiche lo vuole. Sia da una parte che dall'altra cio' che e'
in gioco e' dunque questo.
C'e' oggi un'insistenza sul diritto alla cittadinanza che ha radici
storiche. E' una parola che viene adoperata soprattutto in rapporto agli
immigrati senza permesso di soggiorno. I patti di Schengen tra i diversi
stati europei hanno definito chi aveva diritto a chiamarsi cittadino europeo
e chi no e ha rafforzato l'idea di confine chiuso che include ed esclude.
Che costruisce l'identita' di chi e' dentro, definendo per differenza
l'identita' dell'escluso.
Considero giusta la battaglia delle donne e degli uomini immigrati per avere
una condizione di vita che abbia dignita' e senso. Cosi' come mi sembra
sacrosanto che i gay e le lesbiche chiedano di poter visitare la compagna o
il compagno malato in ospedale - come i familiari - e di poter mantenere una
casa che avevano in comune, perche' ci sono legami d'amore e d'affetto che
si formano nel tempo e che hanno una forza simbolica diversa da quella della
famiglia ma altrettanto profonda. Ritengo invece pericoloso l'uso della
parola "diritto di cittadinanza" esteso a queste questioni.
E' pericoloso perche' pone lo Stato e le sue norme come fonte di identita'
personale e di gruppo. Si sarebbe cittadini dello Stato - o locale o
europeo - o non si avrebbe esistenza, o meglio si cadrebbe in un privato
ingoiante, senza forma, una mezza realta' che e' come nulla.
Forse per me e' piu' facile capire il pericolo di questa espressione per il
fatto che sono una donna e molte donne sanno che, se il patriarcato le
rinchiudeva nell'ambito del privato, non e' certo, oggi, nella dimensione
pubblica della cittadinanza, definita da pratiche maschili, che trovano lo
spazio per una loro esistenza libera, che piuttosto va e viene attraverso
questi confini. Lo slittamento di senso avvenuto da un po' di tempo, per il
quale ha valore solo cio' che ha dimensione di cittadinanza, rende come
unica posizione di esistenza significativa l'area che il diritto e lo stato
definiscono. Ed il resto? Una mia amica che insegna diritto un giorno mi ha
detto: prima siamo cittadine e cittadini, poi donne e uomini. E' paradossale
quest'inversione. Che io, sul piano dell'essere, sia prima cittadina e poi
donna, solo la rivoluzione francese ed Hegel l'avrebbero sottoscritto in
modo cosi' definitivo.
Mi sono chiesta quale sia il bisogno nascosto che muove molte e molti a
chiedere un riconoscimento del proprio essere nella forma del diritto di
cittadinanza. Un'amica tempo fa mi ha aiutato a capire. Perche', mi ha
chiesto, vuoi portare tutto alla luce di una visibilita' pubblica il tuo
esserci nel mondo? Non e' che forse vuoi che quello che fai e vivi - tra
privato e pubblico - venga assolto come buono, togliendoti dall'angoscia e
dal senso di colpa che il rischio dell'agire nel mondo porta con se'? Non e'
forse che vorresti un'istanza, un tribunale piu' alto, che non fa che
riprodurre quello che noi ci immaginiamo del ruolo di un tempo dei nostri
genitori? Uno sguardo superiore, che ti dicesse che in fondo sei "una brava
figliola", assolvendoti?
Si sa invece che un po' di segreto, una zona in ombra della nostra vita e'
cio' che le permette di essere creativa, perche' si accetta il rischio che
non tutto sia visibile e assolvibile da tribunale piu' alto.
Non c'e' niente di piu' del richiedere un diritto per gruppi sociali
marginali che incastra in una identita' rigida. Occorre dichiararsi gay, ad
esempio, per avere dei diritti in quanto omosessuali, ma qual e' il confine
preciso tra omosessualita' e eterosessualita' nella storia lunga e a zig zag
della vita di una donna o di un uomo? Quanto la solitudine sessuale puo'
essere un momento formativo nella vita individuale? Foucault aveva ragione:
il potere produce comportamenti ritagliando identita' e portandole a
discorso, separandole dal fluire mobile dell'esperienza. In Europa, se con
la Controriforma era la chiesa a creare identita' prima inesistenti, ora,
nello stato laico, e' la cultura dei diritti che contribuisce a costruire
identita' e a produrre comportamenti riconoscibili. Ci si dichiara
"qualcosa" e si scorpora tutto cio' che non vi rientra.
La frammentazione in tante identita' e la cultura dei diritti, che asseconda
e allo stesso tempo provoca tutto questo, vanno di pari passo con la fine
della politica. Ricordo Alexander Langer, altoatesino di lingua tedesca,
ecologista, uomo sensibile alla politica: mi ha molto fatto ragionare il suo
rifiuto al censimento con la dichiarazione obbligatoria di appartenenza
linguistica che l'Altoadige aveva imposto. Il dichiararsi di lingua tedesca,
accanto a coloro che si dichiaravano di lingua italiana o ladina, gli
avrebbe portato dei vantaggi in termini di diritti. Sosteneva, pero', che lo
scambio vivo con le donne e gli uomini altoatesini, a partire dalle loro
differenze di lingua e cultura, aveva un valore politico e un effetto
culturale piu' ricco che non richiudersi - ognuno - nelle proprie case
identitarie per una manciata di benefici istituzionali. Arroccandosi nel
proprio, non si incontra piu' l'altro. Non ci si imbatte piu' in quel limite
a se', che ci toglie dall'onnipotenza, ci conduce alla necessita' e al
piacere di modificarci e che fa il tessuto primo dell'agire politico.
Nell'attuale dibattito se l'Europa deve essere l'Europa dei diritti o quella
della sicurezza contro il terrorismo, io non mi sento neanche "tirata" dalla
parte dei diritti di cittadinanza, nonostante che buona parte della sinistra
indichi questa come la scelta ovvia da seguire. Strada da aprire mi sembra
piuttosto quella di una politica che sappia portare ad un guadagno condiviso
le relazioni di differenza. Cio' comporta piu' rischio? Piu' senso di colpa?
Certo, ma anche piu' piacere e gusto del vivere.

9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

10. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben@libero.it;
angelaebeppe@libero.it; mir@peacelink.it, sudest@iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
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LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
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Numero 614 del 17 luglio 2003