«Al Family Day ci sarò. Per testimoniare il mio "per sempre"»



«Al Family Day ci sarò. Per testimoniare il mio "per sempre"»

di Claudia Palazzo Grassi

Eccomi qui a scrivere qualcosa sul perché noi, mio marito, i nostri sei figli e io stessa proveremo a esserci il 12 maggio a Roma. Proveremo ad esserci nonostante sia Fabio sia io non abbiamo alcuna attitudine alle manifestazioni pubbliche e di piazza e, ancora meno, a mostrarci come casi rari, così come ci capita di essere ogni tanto considerati dato il numero significativo di persone che compongono la nostra realtà famigliare. Forse ciò che ci piacerebbe emergesse a Roma è proprio questo: che la famiglia, grande o piccola, giovane o vecchia, non sia considerata un "caso raro", un fatto di cui ci si ricorda, e neppure sempre, in occasione delle campagne elettorali. La famiglia è davvero la cellula fondamentale della nostra società, è ciò da cui parte il progetto che forma e consegna alla comunità stessa cittadini appassionati, futuri sposi, padri e madri, professionisti e lavoratori impegnati su cui uno Stato può affidare con fiducia il proprio futuro.

Già, la famiglia, quell’impegno grande e meraviglioso che mio marito e io abbiamo assunto ormai quasi 14 anni fa in una bellissima giornata di sole, all’interno di una radiosa chiesa milanese addobbata a festa per l’occasione. Un progetto che già animava i nostri discorsi di fidanzati, un po’ pazzi ma innamoratissimi, probabilmente come tutti i fidanzati, che nella gioia e nella fretta di legarci – 4 mesi soltanto è durata l’attesa –, ci siamo passati soltanto "le cose fondamentali", trascurando forse un po’ la casa e il suo arredamento, il viaggio di nozze e tutto ciò che preme a chi si avvia a compiere un passo così importante. Comunque le idee fondamentali, quelle cioè sulle quali si sarebbe costruito il nostro futuro e intorno alle quali si sarebbe mosso poi tutto il resto, quelle c’erano ed erano sostanzialmente due: che ci amavamo e che ci saremmo amati per tutta la vita; che saremmo stati aperti a un numero di figli conosciuto solo da Dio e dalla natura, e che quindi, chiunque fosse arrivato, in qualsiasi momento e con qualsiasi caratteristica, sarebbe stato accolto con tutto l’amore di cui saremmo stati capaci, consapevoli di realizzare così ciò che di fatto caratterizza in modo unico e irripetibile la famiglia stessa rispetto a tutte le altre aggregazioni umane. In essa infatti ciascuna persona è accolta, considerata e amata unicamente per se stessa, indipendentemente da ciò che sarà in grado di avere e di fare, e, a sua volta, impara veramente a donare amore e a costruire un intenso tessuto di relazioni improntate alla più assoluta gratuità.

E così quella solare mattina di settembre di quasi quattordici anni fa la nostra famiglia, in un atto reciproco di assoluta, incondizionata, totale fiducia e donazione, è salpata con tutto l’entusiasmo della nostra giovane età e di quell’amore che allora ci toglieva il respiro. Dico "allora" ma dovrei dire anche adesso, anche se il respiro non è solo l’amore a togliercelo. L’apertura alla vita e a tutta la meraviglia che essa porta con sé si è concretizzata in un esercito di cinque maschi e una femmina che riempiono di voci, di urla e di giochi appassionati la nostra casa e con la stessa commozione e gioia con cui ciascuno di loro è stato accolto, loro stessi si sono fatti protagonisti di esultanza quando mio marito ed io abbiamo comunicato l’arrivo, davvero inatteso, del settimo.

Qualche volte mi è venuto da dire a Fabio che non avremmo mai potuto neppure immaginare allora quello che sarebbe stato di noi in seguito. Però, anche allora come ora, ci credevamo. Credevamo che quel "per sempre" pronunciato come promessa avrebbe messo un sigillo indelebile alla nostra unione e avrebbe traghettato noi e i nostri figli in mezzo a quelle innumerevoli difficoltà che la vita insieme comporta. Perché poi, nella convivenza quotidiana, sono le mie e le sue cose che ci urtano... Se lasciassimo fare agli eventi il loro corso, la nostra vita complicata ci porterebbe a un reciproco logorio, a un profondo, forse irrecuperabile, disagio. Eppure proprio quando tutto sembra più difficile, chiediamo al nostro cuore e alla nostra mente, sostenuti entrambi anche da un pensiero soprannaturale, di far riaffiorare il senso di quella promessa "eterna" che seriamente ci siamo scambiati e arriva così quello sforzo, che ogni istante diventa più semplice e bello, di sorriderci, qualche volta anche di riderci sopra e, da parte mia, la voglia di fargli capire che in realtà a casa lo aspettiamo, perché, come mi ricordava un giorno un saggio filosofo, soltanto "a casa" l’essere umano torna perché solo lì è veramente atteso. In una casa in cui non proviamo a nascondere, e comunque non ce la faremmo, i nostri limiti, le nostre fragilità e i nostri errori, uniti all’impegno per correggerli, doniamo ai nostri figli la sicurezza che viene dalla cura e dall’amore di chi li ha generati. L’impegno era chiaro anche allora: non si trattava solo di "farli", ci siamo impegnati insieme a crescerli e ad educarli, a far venire fuori da ciascuno di loro tutto il bene che come essere umani unici e irripetibili, perché è questo il miracolo che anche una famiglia numerosa non può dimenticare, ciascuno di loro unico e irripetibile, un "possibile" che il nostro amore ha reso reale.

Qualche giorno fa una amica mi raccontava delle difficoltà matrimoniali di una conoscente comune e del suo ormai disinteresse a far sì che le cose assumessero un altro corso. Ho pensato subito a Fabio e a me e, non appena mi è stato possibile, gli ho comunicato il mio pensiero: non era tanto importante il fatto che discutessimo, e qualche volta pure tanto, quanto piuttosto che tutte e due, in ogni istante, conservassimo l’impegno, la voglia di allora: quella cioè di uscire da questa vita migliori e insieme! Ho pensato allora a Roma e a come l’incontro del 12 maggio in questa meravigliosa città possa proprio rappresentare l’opportunità di scoprirsi e di scoprire in quanti siamo a crederci e a volerci impegnare sul serio sulla nostra famiglia e su tutte le altre famiglie forti, nella diversità delle caratteristiche e della circostanze, di quell’identità comune che ci deve rendere protagonisti di una battaglia positiva di affermazione di valori e di ideali, di esigenze e di necessità che attendono una risposta anche da chi ha assunto politicamente impegni e responsabilità pubbliche su questo fronte. A mio marito e a me non piace gridare, ci piace invece parlare, dialogare, ridere… e a Roma, se ci saremo – e faremo il possibile per esserci – ci saremo con fatica ma con gioia, con entusiasmo e con fiducia convinti di una testimonianza che possa aiutare a guardare con fiducia a quel mondo che per i nostri figli e per tutti i figli vogliamo e dobbiamo consegnare migliore.