le storie delle donne musulmane da liberare: IL LIBRO CHE FA SCHIFO ALLA RADIO DI TEHERAN



le storie delle donne musulmane da liberare:
IL LIBRO CHE FA SCHIFO ALLA RADIO DI TEHERAN
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Roma. Alla radio di Teheran, la "Voce
della Repubblica islamica", hanno detto in
lingua italiana che il libro di Daniela Santanchè
fa schifo. Che fa passare per schiave
le donne musulmane e quindi non favorisce
il dialogo tra le culture. Che è pieno
"di luoghi comuni, stereotipi e conclusioni
scontate sul mondo musulmano". Non bugie,
falsità, balle clamorose, ma luoghi comuni.
Il luogo comune di Amel, investita
con l'auto da un parente che l'ha sorpresa
per strada senza il velo. O il luogo comune
delle donne islamiche violentate, cui la
sharia raccomanda di suicidarsi, perché sono
ancora più impure di quanto già non siano
essendo nate donne. Anche il luogo comune
dell'infibulazione, che riguarda ogni
anno qualche milione di bambine, quelle
che i parenti vogliono trasformare presto in
belle scatole sigillate, menomate per garantire
all'uomo un acquisto sicuro, qualcosa
di cucito per bene che non riserverà
sorprese per la prima notte di nozze. Racconta
Daniela Santanchè che una ragazza
somala le ha spiegato tutto, l'infibulazione
a otto anni insieme alla sorellina e poi da
grande finalmente medici psicologi e anche
sale operatorie per riuscire a ricostruirsi
la vita. "Da ragazza guardavo tutte
quelle incisioni che avevo nella carne, pensavo:
sono una lapide che cammina".
Il libro della Santanchè ("La donna negata
- Dall'infibulazione alla liberazione",
edizioni Marsilio) fa schifo perché è scritto
da una occidentalissima donna moderna
per le donne musulmane, quindi dal
male per il niente. Racconta le loro storie,
le lascia parlare, spiega la paura, le botte,
le ossa rotte, la negazione di tutto e la morte.
Lei, che lavora da tempo con Souad
Sbai, la presidentessa della Confederazione
delle comunità marocchine in Italia, ha
meticolosamente (per un anno e mezzo)
messo in fila quel che succede, cronache
di giornali, racconti di violenze, analisi di
intellettuali, e tutti i libri usciti sull'argomento
(come quello di Hirsi Ali, la donna
che ha ispirato e scritto gli undici minuti
del film "Submission", per cui il regista
Theo van Gogh è stato ammazzato e sgozzato,
sul cui corpo è stato piantato con il
coltello un biglietto per lei: "La prossima
sei tu"). C'è anche la sua storia, infatti, una
donna che adesso vive scortata e che compare
nel dossier portato in giro per le capitali
rabbiose dell'islam a dimostrare l'oltraggio
a Maometto: nata a Mogadiscio, in
Somalia, infibulata a sei anni, "perché così
diventi una brava musulmana", le diceva
la nonna, scappò prima in Germania e
poi in Olanda, l'unico modo per potere denunciare
gli oltraggi, i suicidi da disperazione,
gli sbagli di una religione che "cammina
nella storia con la faccia rivolta all'indietro".
Da lì continua a chiedere aiuto
all'occidente e all'islam moderato, spiega
che devono mettersi insieme perché
sennò nessuno ce la farà.
Sono storie innegabili, che chiedono almeno
un soprassalto all'Europa, alle femministe,
ai difensori dei diritti umani. Storie
semplici, spesso conosciute perché
identiche ad altre già ascoltate, e non spiegano
mai il silenzio, l'imbarazzo rivestito
da rispetto per le diverse tradizioni culturali,
anche quando spaccano le ossa, chiudono
a chiave in casa, lasciano vivere soltanto
nel terrore rassegnato e nell'ignoranza.
E il velo in testa non è quasi mai
una graziosa civetteria, non è il topless delle
donne occidentali: la realtà è più vicina
a quel che ha scritto la sociologa e antropologa
di origine iraniana Chahdortt Djavann,
il velo è la "stella gialla" delle donne
musulmane, ed è la macchina da guerra
di un sistema ideologico che vorrebbe
imporsi anche in Europa, che chiede scuole
in cui parlare solo arabo e tenere divisi
i maschi dalle femmine, che usa alcune
moschee per predicare altro odio, oltre all'esaltazione
del potere assoluto della società
maschile, come racconta questo libro.
Che fa schifo perché, secondo la radio di
Teheran, attinge soltanto da "un mare di
pregiudizi". Costruiti sulla pelle delle donne,
e oramai accettati, considerati anzi comodamente
tradizione culturale. La Santanchè
fa una serie di proposte serie per
l'istruzione, l'integrazione, l'accoglienza
delle donne maltrattate, le scuole da organizzare.
Dice: "Bisogna rovesciare la mentalità
e i comportamenti che ci hanno guidati
finora". Anche perché l'islam dei moderati
ci chiede con insistenza di non essere
abbandonato a se stesso. (ab)

		
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