legge 194 : Libere? NO, SOLE



Libere? NO, SOLE

Troppe donne ancora oggi decidono di interrompere la gravidanza perché non hanno nessuno che le aiuti. Per sostenerle basterebbe "copiare" i volontari.

Nel parlare comune di questa società affrettata, che sempre meno è disposta a fermarsi per mettere in discussione quello che pare ovvio e logico, c’è un aspetto, tra i tanti messi in campo dal dibattito riaccesosi sull’inizio della vita e i suoi "dintorni", che rischia di essere dato per scontato.

È il sottinteso che lascia intendere come l’aborto risolva, in modo doloroso e anche drammatico, un "problema". Come se, finita la riflessione sulla scelta e deciso per l’interruzione, il problema, di una gravidanza indesiderata, inaspettata o "impossibile" da accettare, poi non ci fosse più. Ma siccome il problema è un bambino che avrebbe potuto esserci e non c’è stato, quello che accade è ben diverso, come raccontano le mamme, passate attraverso il dolore lungo e indimenticabile dell’aborto, a cui abbiamo dato voce in questa Ventottesima Giornata per la vita. Una scelta per ribadire a gran voce che troppo spesso la tanto invocata "libertà" concessa alle donne si trasforma in una grande solitudine, in cui la decisione di abortire pare l’unica possibile, portando con sé una sofferenza e un rimpianto che tingeranno la vita da lì in avanti, per sempre.

E pensare che in moltissimi casi basterebbe una mano tesa, come hanno dimostrato i Centri di aiuto alla vita sparsi in tutta Italia, che in 15 anni hanno aiutato oltre 60.000 mamme a fermarsi prima di rinunciare al figlio.

Cambiare idea all’ultimo momento

Oltre 7.000 di loro avevano già il documento per l’aborto. Per loro qualsiasi forma di "prevenzione" di cui parla la legge 194 non era evidentemente bastata. Ma l’aiuto del volontariato, di cui tanto si discute in questi giorni di presentazione dell’indagine parlamentare conoscitiva sull’applicazione della legge, sì. C’è da domandarsi se la prevenzione vada intesa in altro modo, in qualcosa di più e di diverso che la prevenzione delle gravidanze, come si fa sempre più, lasciando intendere che, quando il figlio indesiderato c’è, l’unica via è fermarlo.

«Il tema della libertà è da capovolgere completamente», commenta Marina Casini, ricercatrice di bioetica all’Università Cattolica. «Va affrontato nella prospettiva di una nuova liberazione femminile: quella di poter non abortire. Le donne devono essere finalmente libere di accogliere i propri figli, libere da tutto ciò che impedisce e ostacola questa accoglienza. Prima di tutto occorre dare la libertà dall’idea che l’aborto è inevitabile, come insegna il motto dei Centri di aiuto alla vita, quando ricorda che le difficoltà della vita non si superano sopprimendola».

È significativo che il tema della prevenzione venga sottolineato e specificato anche nel documento conclusivo dell’Indagine conoscitiva sull’applicazione della legge 194, «un concetto nuovo e più ampio di prevenzione», spiega Marina Casini, figlia del carismatico e instancabile presidente del Movimento per la vita Carlo Casini, «che è anche postconcezionale, specifica e concreta. Specifica perché tiene conto di quello "specifico", unico e irripetibile bambino e della sua "specifica" mamma; e concreta, perché è attuata offrendo concrete alternative all’interruzione, sostenendo la donna, condividendo insieme a lei la situazione, attraverso forme di collaborazione del volontariato con i consultori pubblici. In attuazione, fra l’altro, della legge e tenendo conto del principio di preferenza per la nascita».

Renata Maderna